Martin Lutero - Supplemento al n. 3 de La Voce

03 Tre piani inclinati

Comunicato
giovedì 16 maggio 2002.
 

[I commenti e i chiarimenti aggiunti dal curatore nel testo sono tra parentesi quadre. La titolazione, i corsivi, i neretti e le note sono del curatore.]

 

[3. Tre piani inclinati]

La prevenzione del conflitto è la linea su cui avviene lo scontro proletariato/BI ai fini di garantire la governabilità. Le regole della contrattazione, le regole della rappresentanza e la regolamentazione del diritto di sciopero sono piani inclinati su cui la prevenzione del conflitto può scivolare e fallire. Sono perciò aspetti di riferimento per condurre l’opera di revisione legislativa.

E’ infatti al Ministero della Funzione Pubblica, con Bassanini, nell’Esecutivo Prodi, che Massimo D’Antona elabora la normativa sulla rappresentanza sindacale dei lavoratori per il pubblico impiego. Essa sarà, nelle sue linee generali, modello di riferimento anche per la legge sulla rappresentanza nel privato, un modello sperimentato nella sua capacità di garantire la prevalenza del sindacato confederale negli organismi rappresentativi aziendali.

Mentre è con l’Esecutivo D’Alema che Massimo D’Antona lavora alla modifica della legge 146 sulla regolamentazione del diritto di sciopero in quei settori strategici che vengono definiti "servizi pubblici essenziali". La revisione è diretta ad inasprire ed estendere le pene per chi viola le regole. A questo risultato si intende però arrivare dopo aver dato basi più solide, almeno nel settore pubblico, alla legittimazione dei sindacati che accettano di subordinare il diritto di sciopero agli interessi del capitale, mascherati da diritti fondamentali di cui sarebbe portatrice la "categoria degli utenti". [T]

Con la modifica della legge 146 si intende affiancare il processo di privatizzazione e di liberalizzazione in corso di settori come quello dei trasporti e più in generale dei settori che hanno una funzione infrastrutturale. La privatizzazione e la liberalizzazione, oltre ad abbattere i costi nel trasporto delle merci, possono svolgere un ruolo importante nelle politiche UE di sostegno alla concorrenza del capitale monopolistico europeo,

- in generale, per il ruolo del trasporto delle merci nell’attuale sistema di produzione incentrato sulla segmentazione e delocalizzazione del ciclo e nelle attuali dimensioni dei mercati,

- nello specifico, per la funzione di traino che i settori infrastrutturali possono svolgere nell’investimento di capitali.

La nuova legge dovrebbe servire a superare i limiti mostrati dalla 146, soprattutto nell’effettiva comminazione delle sanzioni e dovrebbe funzionare efficacemente da fattore di contenimento e di prevenzione del conflitto in settori che costituiscono poli di attrazione oggettivamente rischiosi per la governabilità perché i rispettivi lavoratori hanno una forza contrattuale potenziale superiore a quella dei lavoratori degli altri settori.

In questo scontro politico generale entro cui, secondo le intenzioni della borghesia e del suo Stato, si dovrà pervenire a ridimensionare in modo drastico il diritto di sciopero, l’aggressione della NATO alla Jugoslavia ha costituito, per il sindacato confederale con la CGIL in testa, l’occasione per cercare di sfruttare le contraddizioni presenti in seno alla classe operaia in questa fase. Il sindacato confederale ha invitato i settori che avevano annunciato azioni di lotta a rinunciare a realizzarle e ha promosso iniziative di solidarietà e prese di posizione, per trarre vantaggio sia dall’atto di lealismo nei confronti dello Stato in guerra sia dalla subordinazione degli interessi del proletariato a supposti superiori "interessi dell’umanità", più concretamente agli interessi della BI e della borghesia concorrenziale.[BC] Esse infatti traggono entrambe vantaggio sia dall’assoggettamento della Jugoslavia sia dalla subordinazione del proletariato nazionale. Con ciò il sindacato confederale ha cercato di realizzare il duplice obiettivo di affermare che la lotta dei lavoratori per i propri interessi è subordinata ad altre istanze e di indurre i lavoratori ad esprimere un consenso all’intervento dello Stato.

La linea seguita dalla CGIL nell’aggressione della NATO alla Jugoslavia è stata quella di fare assumere con gesti concreti ai lavoratori italiani una posizione nel contrasto tra Jugoslavia e secessionismo kosovaro-imperialismo NATO, per sfruttare ogni minima possibilità di attiva legittimazione dell’intervento bellico. Il segretario della CGIL, Cofferati, ha dichiarato che questa aggressione è una "necessità contingente". Ciò si colloca all’interno di una posizione più generale che preme sul governo italiano e che, rivendicando una funzione attiva dell’Europa nell’area balcanica, chiede che l’Europa stessa si attrezzi politicamente, istituzionalmente e militarmente a svolgerla assieme agli USA. Questa linea seguita dal sindacato confederale ha mostrato bene quanto esso anche in questo campo assuma una posizione antiproletaria. Tuttavia questa posizione non ha trovato seguito nel proletariato: esso è sì su una posizione difensiva, ma non è disposto a farsi strumento della propria oppressione.

L’adozione di una normativa che ridimensioni il diritto di sciopero è strettamente connessa alla definizione per legge delle regole della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. È una condizione necessaria perché le sanzioni siano applicabili e funzionino come strumento reale di prevenzione del conflitto. Infatti le sanzioni servono effettivamente a prevenire il conflitto solo se appare indiscutibile che il complesso dei lavoratori è d’accordo a rafforzare le sanzioni e che sono i lavoratori stessi che criminalizzano le iniziative di lotta. Per creare questa apparenza, è indispensabile cancellare ogni dubbio sull’attendibilità degli strumenti formali di verifica dell’entità di una forza sociale come quella del sindacato confederale, che non si manifesta esercitandosi in azioni di lotta e che non può derogare dal ruolo di quinta colonna dello Stato e della borghesia nei luoghi di lavoro.

La definizione del quadro delle norme sulla "rappresentanza sindacale dei lavoratori", con le necessarie modifiche al testo in discussione in Parlamento, è a sua volta anche la base su cui questo Esecutivo intende sciogliere il nodo della struttura della contrattazione e renderla tale che la contrattazione aziendale o locale possa assumere il peso che gli si vuole dare in modo che il salario e le condizioni di impiego della forza-lavoro, nel quadro delle compatibilità economiche, siano strettamente legati agli obiettivi e alle sorti del capitale (qualità, produttività, redditività). Il nodo della struttura della contrattazione va sciolto in modo tale che sia certa la complementarità tra la contrattazione centrale e la contrattazione aziendale, tra la rappresentanza associativa (di categoria e confederale, storicamente in massima parte in mano a CGIL-CISL-UIL) e la rappresentanza nei luoghi di lavoro, nell’intreccio e nella subordinazione del secondo livello al primo, affinché siano rese solide le basi di un sistema di relazioni industriali fondato 1. sulla dipendenza in linea di principio della variabile forza-lavoro dal capitale e 2. sulla politica neocorporativa come quadro generale del governo delle contraddizioni sociali e di classe.

Massimo D’Antona ha affrontato questi tre nodi (contrattazione, rappresentanza, diritto di sciopero) con l’organicità di un uomo politico che sintetizza il legame tra la maggioranza politica e il sindacato confederale. Ciò gli ha fatto svolgere un ruolo di perno nell’equilibrio politico dominante [EPD] e gli è valso un incarico decisivo.

Nella sfera delle responsabilità di Massimo D’Antona, per il ruolo che il Ministero del Lavoro è approdato a svolgere e intende svolgere nella riforma economico-sociale, rientrano anche materie come la flessibilizzazione e l’incentivazione del part-time, strumenti per spianare la strada alla precarizzazione del lavoro, per superare lo strumento del prepensionamento e per affrontare il nodo delle pensioni d’anzianità. L’attacco alle conquiste storiche del proletariato, come presupposto di una subordinazione strutturale della forza-lavoro al capitale, viene cinicamente giustificato con ragioni di equità e di tutela sociale per le categorie di salariati arrivate di recente sul mercato del lavoro e più precarie. La spinta alla trasformazione del vecchio quadro normativo, quadro a cui queste categorie sono parzialmente sottratte attraverso l’impiego di forme contrattuali e giuridiche specifiche, è stata canalizzata e focalizzata, nell’operato di Massimo D’Antona, verso una politica neocorporativa caratterizzata dalla costruzione di metodi e di obiettivi comuni tra Esecutivo e parti sociali, così che, nelle scelte e nelle decisioni concrete, l’Esecutivo sia vincolato, in modo formalmente legittimo, dalle istanze provenienti dagli interessi antagonisti, in un contesto in cui le finalità sociali, in riferimento alle quali metodi e obiettivi si definiscono, sono ovviamente date e immutabili e coincidono strutturalmente con le finalità della frazione dominante della BI. [GV]