Cristoforo Colombo

    La crisi per sovrapproduzione generale di capitale

Capitolo 1° - Il movimento economico della società
martedì 15 agosto 2006.
 

Pippo Assan

Cristoforo Colombo

-  Capitolo 1° - Il movimento economico della società


La crisi per sovrapproduzione generale di capitale

La crisi per sovrapproduzione generale di capitale

La crisi per sovrapproduzione generale di capitale si ha quando il plusvalore prodotto in un ciclo di valorizzazione è più di quanto possa essere impiegato con profitto, come nuovo capitale che si compenetra con quello preesistente, nel successivo ciclo di produzione: acquisto di mezzi di produzione e di forza-lavoro, conduzione del processo lavorativo, vendita delle merci prodotte.

La crisi per sovrapproduzione generale di capitale è diversa, per le cause che la determinano, per le possibilità di gestione da parte delle Pubbliche Autorità e per le soluzioni, dalle altre crisi tipiche del modo di produzione capitalistico, cioè le crisi per sovrapproduzione di merci, le crisi per sottoconsumo di merci, le crisi per sproporzione tra settori produttivi, le crisi strutturali. In essa tuttavia si manifestano tutti i fenomeni di queste quattro crisi, in sostanza la massa dei nuovi investimenti non è adeguata al capitale esistente e quindi la domanda di merci non è adeguata all’offerta di merci, e si hanno tutti i tentativi di soluzione corrispondenti alle quattro crisi considerate. Stante però la causa diversa del suo prodursi, questi tentativi non approdano a nulla.

Solo a causa della massa di forme antitetiche dell’unità sociale esistenti nelle attuali società imperialiste e aventi appunto la funzione di far fronte alle tendenze più distruttive delle contraddizioni del modo di produzione capitalista, la crisi per sovrapproduzione generale di capitale non si è ancora manifestata finora nel collasso generale del processo produttivo. Esse hanno finora offerto al capitale eccedente una serie successiva di possibilità di valorizzarsi attraverso la creazione e la moltiplicazione del denaro e dei titoli finanziari, cioè di una massa di titoli di credito. Ciò ha portato alla formazione di una massa crescente di capitale monetario, di capitale che non entra mai nel processo di sfruttamento diretto della forza-lavoro ma cerca di valorizzarsi e si valorizza attraverso un’ulteriore creazione di denaro, attraverso l’ulteriore gonfiamento della massa di denaro. E questo ha finora permesso che il capitale impiegato direttamente nello sfruttamento della forza-lavoro potesse compiere abbastanza regolarmente il suo processo di valorizzazione e quindi ha evitato lo sconvolgimento del processo di produzione e di riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza.

La valorizzazione puramente monetaria del capitale eccedente ha però comportato anche l’eliminazione di alcune di quelle istituzioni che permettendo appunto tale valorizzazione, evitavano che il capitale eccedente si riversasse nel settore produttivo sconvolgendolo. In conclusione negli anni 70 e 80 la crisi di sovrapproduzione generale di capitale ha almeno in parte sgomberato la strada dagli ostacoli che ne impedivano la soluzione effettiva consistente nella distruzione di una quantità adeguata di capitale. I circoli dominanti hanno chiamato deregulation questa eliminazione di ostacoli alla crisi e l’hanno presentata come soluzione della crisi, perchè ogni rimozione di ostacoli consentiva la valorizzazione di alcuni capitali e quindi era per quei settori un momentaneo sollievo dalla crisi.

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L’inizio della nuova crisi per sovrapproduzione generale di capitale finora, oltre al gonfiamento delle attività finanziarie e della massa di capitale monetario, ha significato soprattutto

-  rallentamento dei ritmi di crescita della produzione in vari settori,

-  riduzione del ritmo di crescita del commercio internazionale,

-  aumento del protezionismo commerciale da parte dei singoli Stati,

-  acutizzazione della concorrenza in campo commerciale e finanziario,

-  ristrutturazione tecnologica e finanziaria,

-  concentrazione del capitale,

-  squilibri crescenti delle bilance commerciali e dei pagamenti dei paesi principali mediati finora da accordi tra le autorità economiche e politiche dei 7 maggiori stati imperialisti,

-  gonfiamento dei debiti pubblici nei paesi principali,

-  tensioni nel campo dei debiti esteri.

Nella vita delle masse l’inizio della crisi ha finora prodotto:

-  insicurezza del posto di lavoro (l’unione dialettica tra occupato e disoccupato che il prof. Negri negava è la trasformazione dell’occupato di oggi in disoccupato di domani: altro che garantito, che escogitata dalle teste d’uovo della SPD!),

-  disoccupazione, specie per giovani, donne, handicappati e minoranze,

-  riduzione dei salari (tagli della scala mobile e di istituti simili),

-  limitazione dei diritti dei lavoratori sul posto di lavoro (limitazione dello statuto dei lavoratori, limitazioni del diritto di sciopero con codici di autoregolamentazione e con misure legali, precettazioni, limitazioni del diritto d’organizzazione e di rappresentanza),

-  intensificazione dei ritmi di lavoro e peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie dei lavoratori,

-  decentramento produttivo,

-  tagli sulle : servizio sanitario nazionale, assegni familiari, scuola,

-  riduzione in campo assistenziale e pensionistico,

-  devastazione dell’ambiente.

Le manifestazioni della crisi avutesi finora non sono che l’inizio. Finora e ancora per un po’ godremo

-  dell’effetto procrastinatorio delle istituzioni create negli anni passati,

-  delle scorte accumulate negli anni del benessere, per quanto riguarda le condizioni di vita,

-  della possibilità di spostare ora in un paese ora in un altro gli effetti più acuti della crisi, esistente finchè i contrasti economici non si saranno tradotti in contrasti politici, cioè tra Stati.

Ogni analisi delle cause della crisi e ogni proposta di che tenga conto solo o principalmente di fenomeni nazionali, è fuoristrada. La crisi e i suoi effetti non sono un fenomeno solo italiano; in Italia grazie a problemi politici (tra cui le bande e il bisogno immediato di ) le cose sono state rallentate.

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L’inizio e lo sviluppo della crisi, l’inversione del corso economico avvenuto negli anni 70 ha avuto anche la sua espressione culturale. La cultura borghese progressista si è fortemente indebolita a vantaggio di una riedizione della cultura borghese reazionaria. Come già avvenuto nei decenni precedenti la 2° Guerra Mondiale, la borghesia ripesca, ridipinge, rilancia e presenta come novità dell’ultima ora tutte le culture reazionarie. La relativizzazione della conoscenza ridotta a sensazione e sentire individuale, lo scetticismo e l’agnosticismo sono assunti dalla cultura borghese progressista, nella misura in cui sopravvive, come denominatori comuni delle sue varie manifestazioni.

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