Cristoforo Colombo

Il programma del partito comunista

Capitolo 5° - I compiti e la struttura del partito comunista
martedì 15 agosto 2006.
 

4. I compiti e la struttura del partito comunista

-  Il programma del partito comunista


Il programma del partito comunista

Per unire in partito gruppi e compagni ora sparsi, per la formazione dei membri del partito, per il legame tra il partito e le masse è essenziale la chiara formulazione del programma del partito: che cosa vogliono i comunisti, per che cosa combattono.

Il partito è l’unione di lotta di quanti combattono per lo stesso obiettivo, hanno un programma comune. La lotta contro il settarismo e per l’unità con le masse passa attraverso la definizione del nostro programma. Ogni membro del partito deve essere messo in condizione di sapere chiaramente per che cosa e perchè combattiamo. Dobbiamo fare tutti gli sforzi affinchè tra le masse sia noto, più ampiamene possibile e più precisamente possibile, per che cosa e perchè combattiamo. Ciò vale oggi dieci volte di più che tirar giù uno dei tanti servi del regime.

Il fatto di essere restii a propagandare tra le masse il nostro programma, come anche i problemi della strategia e della tattica del movimento rivoluzionario, è un indice della nostra debolezza, ma è anche un fattore che mantiene e aggrava la nostra debolezza e il nostro isolamento dalle masse. Noi permettiamo che tra le masse si sappia di noi solo quello che la borghesia dice: non è un gran favore che facciamo alla borghesia?

L’elaborazione del programma del partito è anche analisi delle classi della società italiana, perchè questa deriva dalla comprensione dei ruoli determinati dal meccanismo produttivo della società, quindi dei rapporti in cui sono collocate le persone nell’attività di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza.

Il programma del partito deve comprendere:

-  il bilancio del movimento operaio e delle rivoluzioni proletarie nel nostro secolo e in particolare il bilancio dell’esperienza dell’URSS e dei paesi dell’Europa Orientale,

-  il bilancio della storia del nostro paese,

-  la sintesi della struttura economica e politica del nostro paese,

-  l’analisi di classe e delle forme del movimento di trasformazione della società italiana,

-  i compiti di trasformazione della società del nostro paese che ci proponiamo.

I compiti di trasformazione della società che i comunisti si propongono sono, uno per uno, ciò di cui è gravida la società attuale e quindi la loro enunciazione e spiegazione costituisce anche la nostra analisi critica della società attuale. A 150 anni da Il Manifesto e a 60 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre i singoli obiettivi vanno specificati in relazione alla società attuale. Dopo decenni di revisionismo e di opportunismo ammantati di marxismo e di comunismo, è indispensabile ridare contenuto ad espressioni abusate e quindi svuotate.

Le parti centrali di questi compiti sono

-  la dittatura del proletariato in campo politico, chiarendo bene che non siamo per la «democrazia» proprio perchè siamo per la costruzione della società dell’eguaglianza,

-  la socializzazione delle forze produttive chiarendo le misure immediate, contemporanee alla conquista del potere, per il suo avviamento, in cosa si distingue dalle tante società statali proprie del capitalismo monopolistico di stato e perchè è l’unica soluzione possibile ai «guai» del capitalismo.

Più il capitalismo è storicamente superato, più ampiamente si sviluppa e si manifesta il carattere distruttivo del capitalismo. Proprio approfittando di questo, le sue conseguenze (la guerra, l’inquinamento, la distruzione dell’ecosistema, i rischi di alcune applicazione dei progressi scientifici e tecnologici, la distruzione di intere popolazioni per carestia ed epidemia, i genocidi, la diplomazia segreta condotta a suon di attentati e di operazioni da malavita, la falsificazione sistematica delle informazioni e l’intossicazione dell’opinione pubblica, l’abbrutimento culturale di massa e la «cultura di morte e distruzione», la rinascita del misticismo e del clericalismo) vengono presentate dalla borghesia come problemi «generalmente umani», comuni a tutti gli uomini, come nuovi flagelli di dio e catastrofi naturali che accomunano tutti gli uomini. Il partito deve mettere il proletariato alla testa della lotta contro queste conseguenze della sopravvivenza del rapporto di capitale, conducendola nell’unica forma efficace: come lotta per la trasformazione dei rapporti di produzione, forte del fatto che altrimenti la lotta si riduce a chiacchiera impotente e a diversione terroristica delle masse in direzione della religione. La nostra epoca è l’epoca della maturità della rivoluzione proletaria (non l’epoca della «maturità del comunismo», come cianciarono in compagnia Negri e la Rossanda!) e il nostro programma deve mettere in luce la connessione necessaria tra rivoluzione proletaria, superamento del rapporto di produzione capitalistico ed eliminazione delle conseguenze della sopravvivenza di questo.

Nell’epoca in cui la borghesia coltivò il progetto di costruire nei paesi imperialisti una società del benessere, essa ha prodotto fattori aggiuntivi di crisi, di paralisi e di decadenza della società.

La borghesia non poteva tollerare né tantomeno promuovere in massa negli individui un atteggiamento attivo, costruttivo e responsabile verso se stessi, la propria vita privata e sociale e la società, adeguato alla connessione reale esistente tra gli individui di tutto il mondo: ciò era incompatibile con la continuazione e la sopravvivenza dell’appropriazione privata dei mezzi e delle condizioni della produzione, quindi con la sopravvivenza del dominio sociale della borghesia. Molte delle concessioni che la borghesia ha fatto alle masse nell’ambito di quel progetto hanno dato luogo, e non poteva essere altrimenti, ad uno sviluppo distruttivo di vizi e di comportamenti asociali, ad uno sviluppo quantitativo, nel senso che sono stati estesi alle masse, dei comportamenti di spreco e di sopraffazione propri della classe dominante, ma che diventando di massa si sono resi da sé soli fattori aggiuntivi di crisi: il consumismo alimentare, energetico e di altri beni, l’uso forsennato di risorse non rinnovabili, la distruzione dell’ambiente e delle specie animali e vegetali, l’inquinamento dell’ambiente dovuto al consumismo che si aggiunge a quello dei settori produttivi, la prevaricazione contro i gruppi più deboli (i bambini ed i giovani che si sentono di peso, gli anziani abbandonati o uccisi, le donne mercificate, le minoranze razziali e nazionali emarginate o eliminate), lo sfruttamento commerciale e la violenza dei rapporti tra i sessi, la diffusione di culture di morte, della droga e della prostituzione.

La lotta del proletariato su questi problemi è un aspetto della lotta per la propria emancipazione e per il superamento del rapporto di capitale. La lotta per il comunismo è anche lotta per l’eliminazione delle conseguenze della sopravvivenza e della putrefazione della società borghese. Quindi il partito mette nel suo programma la lotta e l’eliminazione di esse.

L’obiettivo immediato del partito non è quello di soffocare, impedire, sostituire le iniziative che su questo terreno vari gruppi sociali sviluppano in termini interclassisti. Il fatto che istituzioni e gruppi sociali affrontino questi problemi è un indice di quanto il dominio di classe della borghesia sia debole e storicamente superato. Il fatto che li affrontino in termini interclassisti è inevitabile. A noi è utile che essi promuovano iniziative contro la guerra, l’inquinamento, il genocidio, le condizioni antiigieniche e di rischio sul lavoro. Chiunque farà suoi con sincerità e determinazione questi obiettivi finirà per collaborare con noi e per combattere la borghesia. Essi mobilitano su questo terreno ceti e gruppi che noi non possiamo né mobilitare né orientare direttamente. Noi dobbiamo proporci di mobilitare in questi campi il proletariato, di fare di esso la forza che, proprio perchè combatte contro il regime capitalista, combatte contro tutte le singole conseguenze della sua sopravvivenza storica, che colpiscono «tutti», con lungimiranza, coerenza, efficacia, decisione e proprio in questo modo orienta di fatto gli altri, li costringe a venirci dietro impegnandosi più a fondo sui problemi se non altro per contenderci tra le masse il terreno. E’ solo la mancanza di un centro promotore della lotta del proletariato per il potere che nelle società imperialiste ha fatto sì e fa sì che quelle lotte incoerenti e limitate diventino fattore di diversione. Proprio perchè sono il partito della lotta armata, della distruzione della borghesia e della rivoluzione, le bande possono invece trarre profitto anche dalle lotte incoerenti e limitate di gruppi sociali non proletari. Chi combatte contro le conseguenze del regime borghese, porta acqua al mulino di chi combatte con coerenza e lungimiranza, con determinazione e secondo una linea giusta contro il regime borghese.

La battaglia per la costituzione del partito è in primo luogo battaglia per l’elaborazione del programma e l’unità attorno ad esso. Proporre, discutere, fare tutte le valutazioni e riflessioni necessarie per arrivare alla formulazione comune del bilancio del movimento rivoluzionario e delle nostre esperienze, dell’analisi delle dinamiche economiche e politiche della società e alla formulazione comune dei nostri obiettivi è un elemento della costituzione del partito. Il nostro programma deve essere reso noto e discusso tra le masse già nel corso della sua elaborazione nella forma più ampia possibile, sfruttando tutte le possibilità che le contraddizioni della società borghese ci offre. Anche l’elaborazione del programma è un elemento di costruzione del nostro rapporto di unità con le masse. I compagni che si ostinano a condurre l’elaborazione del programma nel segreto dei conciliaboli non si rendono conto dell’enorme favore che fanno alla borghesia che così non è costretta a ricorrere alla repressione del dibattito sul programma del partito?