La Voce 5

Elezioni e lotta di classe

mercoledì 12 luglio 2000.
 

L’intervento del compagno FG pubblicato nella Tribuna libera dei n. 23/24 e 25 di Rapporti Sociali ha messo il dito in un problema che bisogna affrontare chiaramente, formulando meglio alcune parti del Progetto di Manifesto Programma in modo che il Manifesto Programma del futuro Partito non possa dare luogo ad equivoci su questioni in cui l’esperienza del movimento comunista ha già indicato la strada.

FG spazia su molti temi, favorito dal fatto che il PMP “non tratta in modo esauriente la via alla rivoluzione socialista e la natura e le caratteristiche del nuovo partito comunista” come dice esplicitamente la SN dei CARC nella sua Presentazione. Nel n. 1 de La Voce la CP ha preso nettamente posizione sui due temi e ha via via illustrato, precisato e per alcuni versi sviluppato le sue tesi sui due temi. Non sto quindi a tornare su questo. Vengo ad alcuni altri temi affrontati da FG.

Certamente occorre togliere dal Manifesto Programma finale ogni accenno che vincoli il futuro partito a non partecipare (o che lo obblighi a partecipare comunque) al parlamento o alle altre istituzioni elettive dello Stato borghese. È una questione in cui il partito deve poter decidere di volta in volta a seconda della convenienza per la nostra causa, vale a dire a seconda della situazione concreta. Lenin e i suoi hanno praticato il boicottaggio delle elezioni parlamentari o vi hanno partecipato a secondo dei casi concreti. Deve essere chiaro che noi non siamo astensionisti di principio. Dato che il parlamentarismo ha contribuito grandemente a deviare il vecchio PCI (e partiti comunisti di altri paesi imperialisti), le FSRS hanno paura del Parlamento e delle elezioni (“chi si è scottato, ha paura anche dell’acqua fredda”). Il MP non deve lasciare dubbi in proposito. Noi non abbiamo schemi tattici fissi. “Gli opportunisti si limitano a servirsi in tutti i casi di uno schema fisso, preso in prestito da uno speciale periodo del socialismo tedesco. ‘Noi dobbiamo usare gli organismi rappresentativi. Il Parlamento è un organismo rappresentativo. Quindi boicottarlo è anarchismo, noi dobbiamo andare in Parlamento’. A tale sillogismo infantile si riducevano sempre tutti i ragionamenti dei menscevichi su questo tema”. Così scriveva Lenin nell’agosto del 1906, dopo lo scioglimento della prima Duma, quando passò dal boicottaggio alla partecipazione alle elezioni. Il Partito dovrà valutare le cose secondo le circostanze concrete, fermo restando che il suo compito non è far funzionare bene il Parlamento, far fare dal Parlamento buone leggi, far eleggere dal Parlamento un buon governo, ma raccogliere, educare e accumulare forze rivoluzionarie, nell’ambito di una strategia di guerra popolare prolungata di lunga durata. Il Partito non deve diventare un partito parlamentare più a sinistra del PRC. Semplicemente perché non è possibile. Non perché il PRC sia molto a sinistra. Ma perché una sinistra borghese può esistere solo se esiste un movimento comunista potente. E il movimento comunista è potente se è forte tra le masse popolari e non opera attraverso il Parlamento che in via del tutto subordinata (tale che la sua eventuale esclusione sia più di danno alla borghesia che al movimento comunista). Non solo il PRC ha fatto fiasco, ma prima di lui hanno fatto fiasco tutti gli altri tentativi di creare partiti parlamentari a sinistra della sinistra borghese (cioè in Italia, a sinistra del PCI): PSIUP, PdUP, DP e i tentativi minori. Non è un caso! Il partito parlamentare più a sinistra è il partito della borghesia di sinistra (cioè riformatrice, disposta a fare qualche concessione) ed essa esiste solo se esiste un movimento comunista forte. Il partito comunista può avere in Parlamento solo dei portavoce e degli ambasciatori. Questa è una lezione della storia.

Il Partito deve partecipare alle elezioni e al Parlamento tutte le volte che ciò è utile all’accumulazione delle forze. E questo benché la trasformazione dello Stato della democrazia borghese in Stato della controrivoluzione preventiva sia un fatto compiuto e non solo una tendenza, come dimostra ... la proposta di Relazione della Commissione stragi della XII Legislatura redatta dal sen. DS Giovanni Pellegrino, Il terrorismo, le stragi e il contesto storico-politico ! FG sbaglia quando dice che è ancora solo una tendenza. Come spiega FG il fatto che non riesce ad esistere un partito parlamentare a sinistra della sinistra borghese? La democrazia borghese era, nella pratica, qualcosa di diverso dai regimi borghesi attuali: il denaro e i corpi e le attività extralegali della borghesia non avevano nella lotta politica della borghesia contro la classe operaia il ruolo che hanno oggi. Ovviamente noi dobbiamo difendere con le unghie e con i denti tutti i diritti che abbiamo conquistato e dobbiamo lottare senza tregua per rendere effettivi per ogni membro delle masse popolari questi diritti e per estenderli, avendo ben presente che il godimento effettivo dei diritti democratici da parte delle masse popolari è incompatibile con la sopravvivenza del capitalismo. Ma, detto di passaggio, difendere i diritti democratici delle masse è cosa diversa dal difendere le attuali istituzioni del regime.

FG sbaglia anche quando afferma che “la questione delle alleanze è strettamente connessa a quella dell’utilizzo delle contraddizioni interne della borghesia”. Gli alleati della classe operaia sono gli altri proletari (in sostanza i dipendenti delle imprese private non capitaliste e i pubblici dipendenti) e il resto delle masse popolari.(1) Queste sono classi che non appartengono alla borghesia e quindi la loro esistenza non deriva dalle contraddizioni in seno alla borghesia. Le contraddizioni in seno alla borghesia nascono dalla concorrenza tra gruppi imperialisti e dal contrasto tra i gruppi imperialisti su quale è il modo più vantaggioso ed efficace per far fronte al movimento comunista (in breve tra destra e sinistra borghese: una contraddizione che si apre significativamente solo se il movimento comunista è abbastanza forte). Se partiamo con la tesi che la classe operaia si allea con una parte della borghesia, ovviamente con la borghesia di sinistra, si chiude con l’uso della presenza in Parlamento per contribuire ad accumulare le forze rivoluzionarie e in generale si chiude con l’autonomia politica della classe operaia. Gli eventuali parlamentari della classe operaia sarebbero infatti vincolati ad appoggiare la sinistra borghese (che in Parlamento è sempre più forte dei parlamentari comunisti), cioè a fare una politica parlamentare riformista (e fallimentare).

No! I nostri alleati sono i proletari non operai e i lavoratori autonomi. I nostri eventuali parlamentari devono appoggiare la raccolta delle forze rivoluzionarie di queste classi, il fronte delle forze rivoluzionarie. Allora sarà la borghesia di sinistra, parlamentare e no, che correrà dietro al movimento comunista per fregarlo con concessioni. Questo indebolirà la borghesia nel suo complesso e ci faciliterà la vittoria. Il partito comunista deve valutare la sua eventuale partecipazione ad elezioni e a parlamenti alla luce di queste concezioni e per questi compiti.

Rosa L.

 


NOTE

 

1. Si veda Analisi di classe della società italiana , cap. 3.2 del PMP. Utile su questo tema è anche la serie di articoli sulla politica di classe pubblicati sui n. 1÷5 di quest’anno di Resistenza .