Antonio Gramsci

QUADERNO 15 - Nota 35 - Storia dei 45 cavalieri ungheresi

1933: (miscellanea)
lunedì 11 giugno 2007.
 
Indice degli scritti di Antonio Gramsci
disponibili nel sito de La Voce
§ (35). Passato e presente. Storia dei 45 cavalieri ungheresi. Ettore Ciccotti, durante il governo Giolitti di prima del 1914 , soleva spesso ricordare un episodio della guerra dei Trent’Anni: pare che 45 cavalieri ungheresi si fossero stabiliti nelle Fiandre e, poiché la popolazione era stata disarmata e demoralizzata dalla lunga guerra, siano riusciti per oltre sei mesi a tiranneggiare il paese. In realtà, in ogni occasione è possibile che sorgano “45 cavalieri ungheresi”, là dove non esiste un sistema protettivo delle popolazioni inermi, disperse, costrette al lavoro per vivere e quindi non in grado, in ogni momento, di respingere gli assalti, le scorrerie, le depredazioni, i colpi di mano eseguiti con un certo spirito di sistema e con un minimo di previsione “strategica”. Eppure a quasi tutti pare impossibile che una situazione come questa da “45 cavalieri ungheresi” possa mai verificarsi: e in questa “miscredenza” è da vedere un documento di innocenza [ingenuità] politica. Elementi di tale “miscredenza” sono specialmente una serie di “feticismi”, di idoli, prima fra tutti quello del “popolo” sempre fremente e generoso contro i tiranni e le oppressioni. Ma forse che, proporzionalmente, sono più numerosi gli inglesi in India di quanto fossero i cavalieri ungheresi nelle Fiandre? E ancora: gli inglesi hanno i loro seguaci fra gli indiani, quelli che stanno sempre col più forte, non solo, ma anche dei seguaci “consapevoli”, coscienti, ecc. Non si capisce che in ogni situazione politica la parte attiva è sempre una minoranza, e che se questa, quando è seguita dalle moltitudini, non organizza stabilmente questo seguito, e viene dispersa, per un’occasione qualsiasi propizia alla minoranza avversa, tutto l’apparecchio si sfascia e se ne forma uno nuovo, in cui le vecchie moltitudini non contano nulla e non possono più muoversi e operare. Ciò che si chiamava “massa” è stata polverizzata in tanti atomi senza volontà e orientamento e una nuova “massa” si forma, anche se di volume inferiore alla prima, ma più compatta e resistente, che ha la funzione di impedire che la primitiva massa si riformi e diventi efficiente. Tuttavia molti continuano a richiamarsi a questo fantasma del passato, lo immaginano sempre esistente, sempre fremente ecc. Così il Mazzini immaginava sempre l’Italia del ‘48 come un’entità permanente che occorreva solo indurre, con qualche artifizio, a ritornare in piazza ecc. L’errore è anche legato a un’assenza di “sperimentalità”: il politico realista, che conosce le difficoltà di organizzare una volontà collettiva, non è portato a credere facilmente che essa si riformi meccanicamente dopo che si è disgregata. L’ideologo, che, come il cuculo, ha posto le uova in un nido già preparato e non sa costruire nidi, pensa che le volontà collettive siano un dato di fatto naturalistico, che sbocciano e si sviluppano per ragioni insite nelle cose ecc.