Comunicato del 3 ottobre 2008
Quarto anniversario della fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano

Bando al panico!

La soluzione della crisi sta solo nelle nostre mani!
giovedì 2 ottobre 2008.
 

(PNG) La borghesia imperialista e il Vaticano impongono alle masse popolari una crisi dolorosa e cercano di seminare paura e confusione! I lavoratori organizzati possono rovesciare contro la borghesia imperialista e il Vaticano la crisi che essi ci impongono!

 

Non possiamo aspettarci niente di buono dalla borghesia e dal clero.
La soluzione della crisi sta solo nelle nostre mani!

 

Il Partito comunista richiama i suoi organismi e ogni suo membro, tutti i comunisti e i lavoratori avanzati, a non lasciarsi prendere dal panico e a portare tra gli operai e le masse popolari un messaggio di speranza e l’appello alla mobilitazione e alla lotta contro la borghesia!

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Bando al panico!

La soluzione della crisi sta solo nelle nostre mani!

Comunicato del 3 ottobre 2008
Quarto anniversario della fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano

 

La crisi dimostra che il capitalismo non ha futuro.

Le masse popolari possono far fronte alla crisi, rovesciare contro la borghesia imperialista e il Vaticano il disastro che essi cercano di imporre alle masse, possono instaurare il socialismo.

 

Le masse popolari organizzate, i lavoratori organizzati guidati dai comunisti sono completamente in grado di prendere in mano il paese, riorganizzare su basi socialiste le attività economiche, dare una prospettiva e assicurare una vita dignitosa a ogni uomo e a ogni donna disposti a dare il loro contributo al lavoro comune.

 

La forza dei padroni, del Vaticano, dei loro accoliti e manutengoli sta solo nella confusione che seminano tra i lavoratori, nella collaborazione dei sindacalisti di regime, nel fatto che i lavoratori mancano di un orientamento giusto e unitario, di un’organizzazione ramificata e salda, di una direzione decisa a vincere. Ma possiamo costruire tutto questo!

 

Nessuno ce lo regalerà. Tutte queste cose dobbiamo costruircele e a questo servono i comunisti. Bisogna che nel corso delle lotte di questi giorni i lavoratori più avanzati e i comunisti si uniscano, costituiscano Comitati di Partito, rafforzino ogni comitato e organismo di resistenza, diffondano e incoraggino ogni forma di organizzazione dei lavoratori, spieghino alla massa dei lavoratori che è possibile vincere, che in definitiva i padroni hanno bisogno di sottomettere i lavoratori, mentre in definitiva i lavoratori possono fare a meno dei padroni. Strategicamente i lavoratori sono forti. Strategicamente i padroni e i loro complici sono deboli. Bisogna tradurre il rapporto di forza strategico nei rapporti di forza in ogni singolo scontro. A questo servono l’orientamento, l’organizzazione e la direzione che i Comitati di Partito promuovono.

La lotta per instaurare il socialismo è il contesto necessario anche per resistere, per difendere le vecchie conquiste e strapparne di nuove, per togliere libertà d’azione agli speculatori, per contrastare la brama di denaro e di potere dei capitalisti, del clero e degli altri notabili, per far ridurre i prezzi e aumentare i salari, per impedire licenziamenti, pignoramenti e sfratti, per assicurare a tutti condizioni dignitose di vita, per far fronte al razzismo e all’emarginazione, per mettere a tacere i fascisti.

 

L’instaurazione del socialismo è la via d’uscita dal marasma materiale, politico, sociale, intellettuale, morale e ambientale in cui la borghesia ha condotto l’umanità.

Il sistema sociale capitalista e lo sforzo della borghesia, del clero e delle altre classi sfruttatrici di prolungarne l’esistenza sono la causa principale dei mali che oggi affliggono l’umanità. Sono anche l’unico vero impedimento alla loro soluzione.

Solo l’organizzazione dei lavoratori e la loro lotta senza riserve e senza quartiere contro queste classi giorno dopo giorno e in ogni campo ci condurranno a instaurare il socialismo.

Questo è il compito che noi comunisti ci proponiamo!

 

Facciamo appello a ogni lavoratore avanzato, alle donne più generose, ai giovani più coraggiosi perché si uniscano a noi per realizzare questo compito!

 

Uniamoci sempre più profondamente ai popoli che da un capo all’altro del mondo resistono alla guerra di sterminio non dichiarata perpetrata dalla borghesia imperialista e dalle altre forze reazionarie!

 

La crisi mostra che i lavoratori e i popoli oppressi di tutto il mondo hanno lo stesso nemico!

 

Che i lavoratori, le donne, i giovani più avanzati si arruolino nelle fila del Partito comunista, degli organismi della resistenza e delle organizzazioni di massa e contribuiscano alla rinascita del movimento comunista!

 

Rafforzare la struttura clandestina centrale del (nuovo)Partito comunista italiano, moltiplicare il numero dei Comitati di Partito clandestini e migliorare il loro funzionamento, sviluppare il lavoro sui quattro fronti indicati dal Piano Generale di Lavoro!

 

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!

 

Viva il (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Visti gli avvenimenti in corso, anticipiamo in questo comunicato un articolo che comparirà sul prossimo numero di La Voce . In esso viene spiegato da dove viene la crisi attuale, quale è il contesto e quali i possibili sviluppi, come i comunisti, gli operai e il resto delle masse popolari possono rovesciare contro la borghesia imperialista e il Vaticano la crisi che essi cercano di imporre alle masse popolari.


Supplemento a La Voce n. 30

Instaurare il socialismo!

È la sola via realistica per uscire definitivamente dalla crisi!

 (Articolo di Ernesto V. per La Voce n. 30)

 

La crisi del sistema capitalista mondiale è entrata in una fase acuta.

In tutto il sistema imperialista mondiale il capitale speculativo è l’elemento più dinamico (dirigente) di tutto il capitale finanziario e il capitale finanziario domina il capitale produttivo. Per capire la storia dell’economia nel nostro tempo, bisogna ben distinguere nel capitale queste tre componenti (vedasi Manifesto Programma , nota 42). I tre tipi di capitale (speculativo, finanziario e produttivo) sono distinti e seguono leggi diverse, ma sono anche inestricabilmente connessi e i loro proprietari formano un’unica e sola classe sociale. Sono nel mondo reale della società capitalista, quello che la Trinità è nel mondo immaginario della teologia cattolica. I movimenti di uno, se sono di un certo tipo e superano determinate dimensioni, si ripercuotono sugli altri. Da alcuni decenni in qua la speculazione ha prolungato la vita del capitale produttivo che oramai non può più vivere senza la speculazione. Ora però la crisi delle società speculatrici ha trascinato nella crisi le banche, le altre aziende di credito e le istituzioni finanziarie. Le due crisi a loro volta stanno provocando la crisi del capitale produttivo, quindi dell’economia reale: cioè dell’insieme di attività e aziende che producono beni e servizi e che nella società borghese esistono principalmente come corpo materiale del capitale produttivo. A sua volta la crisi economica alimenta la crisi politica, rende instabili le istituzioni e gli schieramenti politici. La crisi culturale, l’incertezza su cosa succede e su cosa fare, dilaga in tutte le classi sociali e turba miliardi di persone.

 

Benché in decadenza, gli USA costituiscono ancora il centro politico e culturale del sistema imperialista mondiale. L’insofferenza del dominio della borghesia imperialista USA è sempre più diffusa e forte nella borghesia imperialista di tutto il mondo, ma la prima è ancora il suo centro mondiale di aggregazione, quella che in ogni campo conduce le danze, quella contro la quale, quando è unita, nessun gruppo imperialista, né in Europa né altrove, osa ancora porsi apertamente e sistematicamente. La popolazione degli USA è solo il 5% della popolazione mondiale, ma la sua attività economica costituisce ancora il 20% di tutta l’economia monetaria mondiale (la popolazione della Cina costituisce il 25% della popolazione mondiale, ma la sua attività economica costituisce ancora oggi meno del 10% dell’economia monetaria mondiale). Negli USA hanno sede società che dirigono molte attività economiche in altri paesi. Col suo disavanzo commerciale con l’estero (da alcuni decenni le importazioni superano le esportazioni) l’economia reale USA tira l’economia reale (quindi la valorizzazione del capitale produttivo) del resto del mondo. Dalle autorità USA dipende il dollaro, che è ancora oggi la principale moneta fiduciaria usata nel mondo. New York e Chicago costituiscono con Londra il trio delle più importanti piazze della finanza mondiale. Ricchi, capitalisti e speculatori del resto del mondo partecipano sistematicamente e su grande scala alle attività finanziarie e alle speculazioni negli USA. Quello che succede negli USA ha quindi una grande influenza a livello mondiale. Sulla falsariga di quello che è successo negli USA, è relativamente facile comprendere gli avvenimenti del resto del mondo e anche del nostro paese.

 

1. Storie dell’ultimo anno

 

Circa un anno fa negli USA è esplosa la bolla della speculazione sulla costruzione di case d’abitazione finanziata con mutui ipotecari. Da alcuni anni negli USA la bolla dei mutui ipotecari alimentava la speculazione finanziaria con il pullulare di titoli derivati dai mutui ipotecari, ma tirava anche l’economia reale (i consumi e gli investimenti). Protagonisti della bolla erano le società finanziarie: fondi di investimento, banche d’affari, fondi pensione (l’alternativa alla previdenza sociale), fondi mutualistici (l’alternativa alla sanità pubblica), banche ordinarie. Le autorità pubbliche con gli alti affitti e la riduzione dell’edilizia pubblica e popolare obbligavano tutti a fare mutui per avere una casa. Le autorità morali incitavano tutti a diventare padroni di casa: Bush intonava inni a “un paese di proprietari” e all’estero Berlusconi, Sarkozy e soci facevano coro. La banca centrale USA (la FED) alimentava la bolla e tutto il resto della speculazione e dell’attività finanziaria, fornendo agli speculatori, a basso interesse, tutto il danaro che volevano. Dirigenti delle società protagoniste, imprenditori e risparmiatori, chiese e prelati, criminali e ricchi di ogni genere, enti di beneficenza e pubbliche amministrazioni, chiunque disponeva di danaro, di relazioni o di credito cercava di approfittarne. Gli azionisti pretendevano dividendi annui di almeno il 15% del capitale investito in azioni: gli amministratori ricorrevano a ogni manovra (ristrutturazioni, licenziamenti, acquisizioni, fusioni, delocalizzazioni, manipolazione dell’informazione e dei bilanci, ecc.) per far aumentare il corso delle azioni in borsa. I salari stagnavano, i diritti dei lavoratori erano ristretti, i ritmi di lavoro crescevano, il numero dei dipendenti diminuiva, ma la quotazione delle azioni saliva e le fortune personali degli amministratori e dei dirigenti non avevano limiti. Berlusconi è uno dei beneficiati di questo corso delle cose.

Ma la nuova suprema arte era la compravendita a termine (allo scoperto) di titoli finanziari: qui la libertà era completa, minimi i depositi di garanzia imposti dalla legge. (*) Le plusvalenze sulla compravendita di titoli finanziari salivano alle stelle. I direttori di questa orchestra accumulavano rapidamente colossali fortune personali.


Compravendita a termine (allo scoperto) di titoli finanziari
La compravendita a termine (detta anche allo scoperto) di titoli finanziari è un gioco d’azzardo che si compone dei due movimenti del tipo seguente.
Uno speculatore A che possiede 1 milione di $ fa con un altro operatore B un contratto. Con questo A si impegna ad acquistare da B a una data fissata determinati titoli finanziari xy e a pagarli 100 milioni di $. Come garanzia del suo impegno, A deposita 1 milione di $ presso la Borsa (la misura della garanzia è stabilita dalla legge o dai regolamenti di Borsa). Supponiamo che, alla data convenuta, in Borsa quei titoli finanziari xy costino 200 milioni di $. A si fa prestare per poche ore dalla Banca 100 milioni, paga a B i 100 milioni convenuti, prende i titoli xy e li vende a 200 milioni di $ (è il corso del momento). Rende alla Banca i 100 milioni avuti in prestito con il relativo interesse per un giorno e si ritrova ora con quasi 100 milioni di $, a fronte del milione che ha dovuto impegnare per garanzia.
A ha giocato al rialzo e ha visto giusto su come a termine sarebbe evoluto in Borsa il corso dei titoli xy. B per questa volta ha perso.
In alternativa uno speculatore X che possiede 1 milione di $ fa con un altro operatore Y un contratto. Con questo X si impegna a vendere a Y a una data fissata determinati titoli finanziari wz che Y gli pagherà 100 milioni di $. Come garanzia del suo impegno X deposita 1 milione di $ presso la Borsa. Supponiamo che, alla data convenuta, in Borsa quei titoli finanziari wz costino 10 milioni di $. A si fa prestare per poche ore dalla Banca 10 milioni di $, compra in Borsa i titoli finanziari wz convenuti pagandoli 10 milioni (è il loro corso del momento) e li cede a Y in cambio di 100 milioni di $. Rende alla Banca i 10 milioni avuti in prestito con il relativo interesse per un giorno e si ritrova ora con quasi 90 milioni di $, a fronte del milione che ha dovuto impegnare per garanzia.
X ha giocato al ribasso e ha visto giusto su come a termine sarebbe evoluto in Borsa il corso dei titoli wz. Y per questa volta ha perso.
In ambedue i casi, 1 milione di $ è servito come perno su cui far leva per scambi dell’ordine di 100 volte tanto, con la compiacente e remunerata collaborazione della Borsa, della Banca e dello Stato (che stabilisce leggi e regolamenti e tutela l’esecuzione dei contratti). Le Organizzazioni Criminali fanno girare anch’esse grandi e improvvise fortune, ma operano a un ordine di grandezza decisamente inferiore a quello a cui si opera in Borsa e hanno un diverso rapporto con la Banca e lo Stato
Che in giochi e scommesse del genere girino giornalmente cifre superiori al prodotto annuo di tutta l’economia monetaria del mondo la quale ammonta a circa 60.000 miliardi di $, che l’economia reale del mondo dipenda da questi giochi d’azzardo, sembra assurdo a noi. Ma questo è il capitalismo di oggi, che appunto è assurdo per la nostra mentalità, ma nonostante ciò è reale e regola la nostra vita, finché non instauriamo il socialismo.

Perché la bolla dei mutui ipotecari è esplosa?

Come tutte le bolle speculative, essa prima o poi doveva esplodere. Perché è esplosa proprio in quel momento e in quel modo, è questione che appartiene a quelle cose, che sono decisive per la vita di milioni di persone, di cui però neanche nel più democratico paese borghese del mondo i protagonisti, gli intimi che sanno e gli attori del teatrino della politica borghese parlano al pubblico, tanto meno sinceramente e onestamente. Noi comunisti oggi non siamo ancora abbastanza forti da riuscire a penetrare il segreto di cui i briganti che guidano il mondo borghese circondano le loro losche attività economiche e politiche. Non siamo quindi in grado di dire se la bolla è scoppiata perché la situazione è sfuggita di mano ai furfanti che l’animavano o se alcuni di essi hanno deciso di prendere la guida del movimento, non aspettare che esplodesse, ma far precipitare nei tempi e nelle condizioni per loro più favorevoli, ad esempio aumentando il tasso d’interesse della banca centrale o creando un qualche allarme, quello che prima o poi sarebbe comunque avvenuto.

Per capire cosa succede nel mondo, non dobbiamo immaginare gli speculatori, le autorità politiche, civili e religiose, i ricchi e i notabili della società borghese a nostra immagine: sarebbe essere soggettivisti. Dobbiamo capire come sono, studiando come si comportano.

Per ricostruire in modo verosimile gli avvenimenti, bisogna capire la natura dei personaggi che, con i loro comportamenti, consapevolmente o meno li hanno determinati. La società borghese si sviluppa, come ogni altro fenomeno, secondo leggi determinate. Gli uomini non le inventano, ma le scoprono e le applicano. La società evolve tramite le azioni delle persone che la compongono. Queste a loro volta, consapevolmente o meno, sono educate ad avere sentimenti, mentalità e comportamenti conformi al ruolo che devono svolgere. I borghesi e i loro accoliti applicano le leggi che corrispondono alla natura della società borghese e le trovano naturali e giuste anche se sono ancora le leggi della giungla. Non ne riconoscono altre.

Chi comanda oggi nel mondo, è gente che è abituata a usare milioni di uomini per realizzare profitti. Se ne sbatte della sofferenza e del benessere delle masse popolari. Sono degli sfruttatori. Sono gente abituata a far schiattare di fatica, a licenziare, a mandare migliaia e milioni di uomini a morire e a uccidere in guerre da cui loro contano di ricavare ricchezza e potere. È gente formata alla scuola di secoli di sfruttamento e di disprezzo verso le masse popolari, di lotte sanguinose come la Prima e la Seconda Guerra Mondiale da cui i vincitori hanno effettivamente ricavato ricchezza e potere. Per loro l’obiettivo non è evitare crisi e guerre, ma guadagnarci e uscirne vincitori. È gente abituata a considerare la fatica e la vita dei lavoratori solo per quello che costano a loro, per quello che loro ne possono ricavare. Gente cinica che considera naturale godersi la vita, vivere nel lusso e nello sfarzo, fare una vita raffinata per arti e spettacoli sul sudore e sul sangue dei lavoratori. Le loro ville vivono grazie ai tuguri, il loro sfarzo grazie al fango. Per obbligarli a curarsi delle condizioni igieniche e sanitarie e della sicurezza dei lavoratori, bisogna che siano sicuri che l’incidente o la malattia gli costa di più di quanto gli costa la prevenzione. Il disprezzo per i lavoratori, la corruzione, la repressione, il razzismo e la guerra sono per loro cose naturali, sono le ruote su cui avanza la civiltà umana: ed in effetti così è stato per alcuni millenni. I loro preti dicono che i poveri così si conquistano il paradiso. La divisione dell’umanità in classi sociali, per loro è legge di natura. La carriera degli uomini politici borghesi è tanto più brillante, quanto più alto è il grado a cui incarnano simili virtù, le virtù del perfetto sfruttatore. Normalmente vivono e prosperano sacrificando felicità, benessere, salute e vita delle masse popolari. Tutto quanto di raffinato, evoluto e progredito gli sfruttatori hanno creato nel corso di alcuni millenni, lo hanno creato sacrificando le masse popolari che hanno sempre il più possibile escluso dal godimento dei risultati dei propri sacrifici. Se l’interesse lo esige, è normale che gli sfruttatori delle masse popolari si aggrediscano e si sbranino anche tra loro, come i cannibali di un tempo.

La crisi attuale è una calamità per le masse popolari, come lo furono le crisi passate, come lo furono le guerre (ad esempio la Prima e la Seconda Guerra Mondiale) a cui i nostri padri sono stati costretti e come lo è in questo momento la guerra per le masse popolari che la subiscono in Iraq, in Palestina, in Afghanistan, negli altri paesi sottoposti ad aggressione e occupazione. Per i ricchi, per i capitalisti, per i prelati e per gli altri notabili della società borghese la crisi è un avvenimento come la guerra: ognuno di loro può ricavarne ricchezza e potere, cerca di farlo e conta di riuscirci. Il loro atteggiamento di fronte alla crisi è radicalmente diverso da quello delle masse popolari che la subiscono.

 

Quali che siano state le operazioni concrete per cui nell’estate del 2007 la bolla dei mutui ipotecari incominciò a sgonfiarsi, è comunque certo che, mentre alcune società finanziarie e alcuni fondi colavano a picco, per alcuni furfanti lo scoppio della bolla fu una pacchia e vi hanno costruito una fortuna economica. Ad esempio, il fondo d’investimento Paulson & Co (casuale l’omonimia con Henry Paulson, il Segretario di Stato al Tesoro USA, che comunque prima di diventare ministro era uno dei grandi capi della banca d’affari Goldman Sachs, l’unica delle cinque grandi banche d’affari USA finora sopravvissuta) nel 2007 valeva solo 7 miliardi di dollari ed era classificato al 69° posto nell’elenco dei fondi speculativi in base al loro valore. Un anno dopo valeva 35 miliardi di dollari (quindi in un anno ha realizzato una valorizzazione media del 400%) ed era classificato al 4° posto. Alan Greenspan, l’ex governatore della FED, lavora per Paulson & Co!

Certo è anche che politicamente il gruppo di teocon (conservatori fondamentalisti cristiani, in gran parte evangelici) che ha portato Bush alla presidenza, sta facendo il diavolo a quattro per sfruttare politicamente la crisi e coalizzare gli elettori americani attorno a sé, in nome della salvezza dell’economia americana, come fece dopo l’11 settembre 2001 (attacco aereo alle Torri Gemelle e al Pentagono) in nome della guerra al terrorismo. “L’America aveva bisogno di uno shock, per smetterla con il lassismo morale e dare il meglio di sé”, proclamò uno dei massimi telepredicatori USA.

Certo è anche che l’amministrazione USA all’estero sta approfittando della crisi per rimettere in riga gruppi politici ed economici fattisi troppo esigenti. 

 

L’esplosione della bolla speculativa dei mutui ipotecari iniziata l’anno scorso è stata l’innesco che ha precipitato la crisi attuale dell’intero sistema finanziario USA e mondiale e la connessa crisi economica generale. Quando la bolla dei mutui ipotecari incominciò a sgonfiarsi, una massa di capitale speculativo si riversò nella speculazione sulle materie prime (petrolio, derrate alimentari, altre materie prime). Ma la nuova bolla per sua natura non poteva né può svolgere il ruolo svolto dalla precedente: alimentare la speculazione finanziaria e tirare anche l’economia reale USA. Infatti la speculazione sulle materie prime comporta direttamente, immediatamente e a livello generale non l’aumento ma la riduzione del potere d’acquisto e dei consumi per la massa della popolazione (i lavoratori e i pensionati). Comporta un aumento dei costi per le aziende produttive di beni e servizi. Queste a loro volta propagano a catena l’aumento dei prezzi e causano così un’ulteriore più larga riduzione del potere d’acquisto della massa dei lavoratori e dei pensionati e la loro insolvenza.

Da anni anche negli USA l’aumento del credito bancario sopperiva alla stagnazione dei salari e alla riduzione dei servizi pubblici (previdenza, sanità, scuola, ecc.). Lavoratori e pensionati ricorrevano ai debiti per fare quello che non potevano più fare con i salari. L’insolvenza dei lavoratori ha provocato la crisi del credito: le banche non fanno credito o lo fanno solo con garanzie che la massa della popolazione non può fornire e con commissioni e interessi da strozzini. Mentre i costi salgono, alcune aziende restano senza credito, altre devono anche pagare somme crescenti alle banche. Le aziende aumentano a cascata i prezzi di beni e di servizi. I consumi calano e le rate dei mutui e le bollette salgono. Le riduzioni fiscali ai ricchi non compensano la diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati: i ricchi spendono già tanto quanto vogliono. Le aziende riducono la produzione.

Insomma la bolla della speculazione sulle materie prime strozza l’economia reale: il complesso di strutture e attività con cui i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi producono beni e servizi, tramite le quali ricevono il reddito con cui acquistano beni e servizi e pagano affitti, mutui, bollette e tasse. Per chi conosce l’attuale regime politico USA (vedasi Manifesto Programma , pagg. 46-56), è chiaro che la borghesia imperialista USA per mantenere il potere deve incrementare l’economia reale, almeno negli USA. In caso contrario dovrebbe modificare il regime politico del paese e ricorrere a misure estreme, a qualche impresa che mobilita, distrae e nutre la massa della popolazione americana, come la guerra su grande scala.

Nelle concrete circostanze attuali degli USA e degli altri paesi imperialisti, la riduzione del potere d’acquisto della massa della popolazione, quindi la riduzione dei consumi di massa, riduce l’economia reale e compromette la valorizzazione del capitale produttivo. 

La produzione di lusso, benché in continua e grande espansione, non basta a tirare l’economia reale e tanto meno può bastare quanto più i salari dei lavoratori addetti sono bassi e stagnanti.

La spesa pubblica, nonostante il continuo aumento della spesa militare e l’estensione delle guerre, oggi non è quella che tira l’economia reale né quella che alimenta l’attività finanziaria (quasi ovunque il debito pubblico è già alto e il deficit annuo dell’amministrazione pubblica anche).

Nei maggiori paesi imperialisti le esportazioni non possono assumere il ruolo svolto dalla bolla dei mutui ipotecari e tirare l’economia reale, perché da anni le delocalizzazioni, la produzione a basso costo all’estero (Cina, India, Europa Orientale, Messico, ecc.) e le importazioni sono una risorsa vitale per la borghesia imperialista in generale e per quella USA in particolare.

 

Con la crisi in corso, una massa crescente di salariati, di proletari che vivevano del proprio salario, si trova in miseria, senza lavoro o con potere d’acquisto ridotto. Molti lavoratori autonomi sono in difficoltà, si indebitano o chiudono. Ora non si possono più fare neanche le spese che si facevano a credito. Bisogna tagliare sul livello di vita. Pagare bollette e mutui diventa più difficile o impossibile. I pignoramenti aumentano. È il momento d’oro per enti di beneficenza, per opere caritative, per patronati e per associazioni di assistenza. I dirigenti del già citato fondo d’investimento Paulson & Co hanno dato 15 milioni di $ all’associazione Center for Responsible Lending (Centro per un indebitamento ragionevole) che assiste le famiglie a cui è stata sequestrata la casa per insolvenza.

I padroni dichiarano fallimento o licenziano. Il fallimento di un’azienda non vuole dire miseria per i capitalisti: una cosa è l’azienda e un’altra il capitalista. Le aziende falliscono, i lavoratori si ritrovano in strada e i creditori si devono arrangiare. Ma proprietari, dirigenti e grandi azionisti personalmente fanno affari d’oro e una vita di lusso. Chiedete quanto prende Augusto Fantozzi, nominato commissario liquidatore di Alitalia! Sul fallimento di Alitalia, Roberto Colaninno e i suoi complici stanno montando un nuovo affare: un’occasione d’oro per loro, visto che il traffico aereo è in crescita esponenziale (per ora).

L’economia finanziaria (la finanziarizzazione dell’economia) è anche questo. La sorte dei capitalisti è slegata dalla sorte delle loro aziende. Le aziende falliscono, gli stracci volano, i ricchi se la spassano.

Questa è a grandi linee la storia dell’ultimo anno.

 

2. Gli avvenimenti di oggi

 

Come ogni avvenimento concreto, anche lo sconvolgimento economico di questi giorni ha una sua storia particolare, anche se in realtà è solo una riproduzione di un processo di lungo respiro. Ogni protagonista vanta meriti e lancia accuse agli altri protagonisti per questa o quella manovra. Ma la determinata e concreta successione di manovre, operazioni, truffe, affari e avvenimenti attraverso cui i capitalisti e i loro amministratori, i loro uomini politici e le loro autorità pubbliche ci hanno portato nel pantano attuale, ha solo dato una forma concreta al processo storico che è in corso da trent’anni: la seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. La ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale era stata compiuta nell’ambito del sistema capitalista e con la collaborazione di una parte crescente del movimento comunista (rinuncia ad instaurare il socialismo nei paesi imperialisti, coesistenza pacifica, freno alle rivoluzioni antimperialiste di liberazione nazionale, via democratica al socialismo, riforme di struttura, ecc.). Ricostruire aveva quindi voluto dire accumulare nuovamente capitale. Fino a quando il capitale si è gonfiato a un punto tale che da quel momento in poi aumentare la produzione di merci (beni o servizi, investimenti o consumi) non è più bastato ai capitalisti per valorizzare tutto il capitale accumulato. I capitalisti hanno allora allargato sempre più le operazioni finanziarie (finanziarizzazione, privatizzazione, ecc.) e, su questa base, le operazioni speculative.

La mondializzazione ha fornito una provvidenziale ma provvisoria boccata d’ossigeno. La collaborazione col sistema imperialista mondiale e poi il crollo (1989) dell’Unione Sovietica e degli altri paesi socialisti dell’Europa Orientale corrosi da 30 anni di politiche revisioniste, l’apertura (1978) della Repubblica Popolare Cinese al sistema imperialista mondiale, l’imposizione (piano Brady, 1989) ai paesi del terzo mondo (ai paesi semicoloniali ancora dipendenti dai paesi imperialisti, ai vecchi paesi coloniali d’Asia, d’Africa e dell’America Latina che si erano liberati solo a metà ed erano sempre meno appoggiati dal campo socialista) di aprire le loro frontiere ai capitalisti e agli altri agenti del sistema imperialista mondiale e di lasciare loro libertà di saccheggiare le risorse naturali e di sfruttare i lavoratori locali, il coinvolgimento negli affari delle elite di alcuni di questi paesi (principalmente prima dei paesi grandi produttori di petrolio o di altre materie prime e poi della Cina, della Russia, dell’India, del Brasile, del Sud Africa e di alcuni altri), l’eliminazione graduale delle conquiste di civiltà e di benessere dei lavoratori dei paesi imperialisti (politiche dei sacrifici, assistenza sanitaria e pensione private, edilizia privata, mercificazione e privatizzazione dei servizi pubblici, istruzione e cultura a pagamento, compatibilità, moderazione salariale, concertazione, compartecipazione agli utili, ecc.): ecco le componenti principali che nei trent’anni che ci stanno alle spalle hanno prolungato la vita del sistema imperialista mondiale, hanno di fase in fase provvisoriamente parato o attenuato le conseguenze più catastrofiche della sua crisi storica, hanno continuamente spostato da un settore a un altro, da una regione a un’altra, da un paese a un altro, da un punto a un altro il peso maggiore della crisi (creando e rafforzando contrasti tra paesi, popoli, nazioni, gruppi delle masse popolari). Gli strumenti di politica economica e finanziaria di cui i capitalisti si sono dotati da quando è incominciata l’epoca imperialista (le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale, vedasi Manifesto Programma , nota 46) consentono loro una certa libertà di manovra rispetto alle “leggi naturali” del modo di produzione capitalista. Soprattutto consentono di farle esprimere in forme nuove: per questo oggi la destra borghese, campione della libertà dei capitalisti e dei ricchi, appare come innovatrice e creatrice, rivoluzionaria rispetto alla sinistra borghese che appare come conservatrice.

 

Da anni il capitalismo va avanti di bolla speculativa in bolla speculativa. Non è accrescendo l’economia reale che una parte crescente del capitale si valorizza, cioè aumenta di valore. I suoi proprietari (individui o società) individualmente si arricchiscono con profitti fittizi ricavati dalla speculazione finanziaria (le plusvalenze nella compravendita di titoli finanziari). Le attività finanziarie crescono come una bolla di sapone. Alcuni esperti calcolano che ogni giorno gli scambi di titoli finanziari ammontano a un valore eguale a quello dello scambio annuale di merci. Aumentano il tipo e il numero dei titoli finanziari in circolazione, i prezzi dei titoli finanziari crescono, fino al collasso: chi ha guadagnato ha guadagnato, chi ha perso ha perso. Scoppiata una bolla, il capitale speculativo si getta su un altro campo d’azione e dopo un po’ ne crea un’altra. Le operazioni finanziarie hanno preso una dimensione crescente nell’attività economica, sono diventate un ingranaggio essenziale della vita del capitale. Con l’appoggio o il beneplacito delle autorità e di “quelli che contano” (i notabili) e con la benedizione dei loro preti, banche e società finanziarie si sono moltiplicate e si sono lanciate nelle attività speculative. Ognuna ha prodotto e venduto nuovi titoli. Qualcuno li ha acquistati a prezzi astronomici, poniamo a 100. La crisi significa che oggi chi li ha in mano, se ha bisogno di denaro contante, li vende a prezzi stracciati, poniamo a 1: le proporzioni da 1 a 100 sono del tutto realistiche, basta controllare di quanto è variata la quotazione in borsa di alcuni titoli negli ultimi sei mesi. I titoli deprezzati li acquistano quelli che sono convinti che al prezzo a cui sono saranno un ottimo affare, le stesse aziende che li hanno prodotti e venduti a 100 o le autorità che “mettono in opera interventi di salvataggio”. In definitiva a questo punto qualcuno, società o individuo, ha incassato 100 e qualcuno ha perso 99. In questo gioco d’azzardo i capitalisti, i loro amministratori, le loro pubbliche autorità, i loro uomini politici e i loro sindacalisti di regime hanno coinvolto anche i risparmi di gente comune e gli accantonamenti per le pensioni. Solo pochi mesi fa, e allora c’era il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti, autorità e sindacalisti di regime hanno cercato di indurre anche i lavoratori del nostro paese a depositare i loro risparmi (il TFR) in fondi pensione (vedasi Comunicati CP 20 luglio 2007 e 8 settembre 2007).

 

In conclusione, i capitalisti e le autorità del loro regime hanno costruito un castello di carte, hanno creato un vortice di attività finanziarie in cui hanno coinvolto aziende produttive di beni e servizi, risparmiatori, lavoratori autonomi e lavoratori salariati.

Ora questo castello di carte crolla, il vortice si spezza. “In un sistema finanziario le crisi sono inevitabili come i terremoti nei territori posti lungo una faglia. Quello che non si sa con sicurezza è quando e come l’evento si produrrà”, dichiara oggi Martin Wolf, un economista che scrive sull’autorevole organo borghese Financial Times .

I capitalisti si erano gettati sempre più nel gioco d’azzardo delle operazioni finanziarie. Ma questo loro gioco d’azzardo coinvolgeva, anzi teneva in piedi anche l’economia reale e ora in pezzi va proprio l’economia reale. Tutta la vita economica della popolazione è sconvolta. Di seguito alla vita economica, sono sconvolte le istituzioni e relazioni politiche e culturali.

 

3. Per limitare i danni, occorre lottare per instaurare il socialismo

 

La crisi di questi giorni segna un salto di qualità, un aggravamento che impone anche ai capitalisti e alle loro autorità la ricerca di nuove vie per mantenere in vita il loro ordinamento sociale. È poco probabile che il sistema si riprenda solo grazie a una qualche nuova bolla speculativa, che dia fiato a nuove operazioni finanziarie e speculative e che sulla loro scia rilanci l’economia reale del capitale produttivo. Lo sconquasso pare sia andato troppo in là per una soluzione del tipo di quelle imboccate dopo lo scoppio delle precedenti bolle speculative. La crisi del 1987 era stata molto grave, ma non del livello dell’attuale. Quanto al paragone con la grande crisi di quasi 80 anni fa, quella del 1929, bisogna aver ben presente che in proposito si raccontano molte favole. A quella grande crisi non posero fine le misure di politica economica adottate dalle autorità borghesi. Né quelle prese dai regimi borghesi fascisti (Mussolini) e nazisti (Hitler), né quelle prese dai regimi borghesi democratici e in particolare negli USA da F.D. Roosevelt con il New Deal. L’economia reale si riprese solo grazie al riarmo, alla Seconda Guerra Mondiale, alla grande distruzione di uomini e cose e di capitale che essa produsse e alla ricostruzione postbellica a cui quella distruzione sgombrò il terreno.

Distruggere per sgomberare il terreno alla ricostruzione, ricostruire fino a dover distruggere: è un processo assurdo, ma l’assurdità non sta nel pensiero. Sta nella realtà del modo di produzione capitalista, nelle leggi che sono proprie alla sua natura, nelle sue “leggi naturali”. Il modo di produzione capitalista oramai è obsoleto, ha fatto il suo tempo. L’umanità ha raggiunto il massimo di progresso e sviluppo che poteva raggiungere con esso. Il modo di produzione capitalista sopravvive a se stesso. Il prolungamento della sua esistenza impedisce l’ulteriore progresso dell’umanità, ha fatto sbandare l’umanità e porta l’umanità a distruggere se stessa e il pianeta.

 

Uomini politici e altri notabili di regime propongono rimedi e terrorizzano la popolazione. “Le cose vanno male, andranno sempre peggio. Ma possono anche andare un po’ meglio, addirittura bene, se fate come noi diciamo”. A questo si riduce oggi la saggezza degli uomini politici borghesi, di destra o di sinistra che siano. È importante notare che fino a ieri, quelli di destra con arroganza e baldanza, quelli di sinistra con mestizia e rincrescimento,  tutti dicevano che non c’era nulla da fare, che bisognava privatizzare, lasciar licenziare e delocalizzare, lasciar fallire le aziende: “è il mercato”, “è la globalizzazione”. Ora dicono l’opposto: che lo Stato può e deve salvare le banche e le società finanziarie che i banchieri fanno fallire. Ma le banche e le società finanziarie salvate, poi non farebbero che ricominciare il gioco. È quello che già oggi cercano di continuare a fare. Gente che fino a ieri sembrava non essersi accorta che si andava al fallimento, ora insegna come lo Stato deve fare per salvare dal fallimento. Gente che fino a ieri diceva che le autorità politiche non potevano fare nulla in economia, ora si propongono come dirigenti politici per attuare la loro politica di salvatori dell’economia.

Per loro, salvataggio delle società finanziarie e delle banche vuol dire salvare gli affari di aziende che hanno arricchito fondatori e amministratori e ora sono sull’orlo del fallimento. Mantenere in piedi il gioco d’azzardo che ci ha messo nei guai, salvo regolarlo. Il ché equivale a dire che si deve moralizzare il vizio, rendere virtuosa la prostituzione e la pedofilia, legalizzare l’omicidio: cose che non rendono migliore la vita delle vittime. Vuol dire lasciare la direzione della nostra vita nelle mani di chi ce l’ha rovinata.

 

Finanzieri, banchieri, dirigenti, amministratori, esperti, affaristi, criminali, notabili, prelati, intrallazzatori e alti funzionari pubblici e privati sono responsabili di quello che sta succedendo. Per aver fatto, collaborato, coperto, approfittato o lasciato fare. Hanno messo la massa della popolazione nei guai. Gli stessi si presentano oggi anche come depositari delle formule di salvataggio. Prima hanno fatto affari avvalendosi dell’autorità di cui disponevano. Ora che ci hanno messo nei guai, hanno la faccia tosta di chiedere ancora fiducia, delega e sacrifici. Vogliono mantenere la loro autorità e imporre le loro cure. Promettono di porre rimedio ai guai che in realtà loro stessi o i loro complici hanno creato. I piromani si propongono come pompieri e vorrebbero imporre alle loro vittime cosa fare per uscire dall’incendio che essi hanno acceso. I più brillanti scaricano la responsabilità sui loro complici nello stesso sistema di potere. I più sfrontati si propongono come amici del popolo, salvatori della patria e moralizzatori: metteranno ordine e regole dove ieri loro stessi hanno imposto, esaltato o tollerato la libertà del mercato, ossia la libertà loro e dei loro soci d’affari. Cercano di sfruttare politicamente a loro favore e a favore del loro campo lo shock della crisi economica: fare in modo che induca le masse popolari a cercare rifugio e speranza sotto la loro direzione. Insomma cercano di sfruttare la crisi economica come fattore di disciplina e coesione sociale, come negli USA sfruttarono l’attacco dell’11 settembre 2001.

 

Allora basta lasciare colare a picco le aziende finanziarie e le banche e punire così i responsabili di tanto disastro?

È quello che propongono Michael Moore e con lui altri illustri personaggi della sinistra non comunista. “Che anche i ricchi piangano”, per dirla con le parole che due anni fa usava Bertinotti. La galera per i banchieri e gli speculatori responsabili di tanto disastro invoca anche Nick Leeson, che venne giudicato responsabile del fallimento della banca d’affari britannica Barings nel 1995 (un buco di 1.1 miliardi di €) e per questo si è fatto 3 anni (sì, solo tre!) di carcere.

Questi personaggi autorevoli e probabilmente (almeno in molti casi) anche personalmente onesti, propongono programmi campati in aria. Non tengono conto che nel capitalismo le aziende produttive dipendono dalle banche che a loro volta sono una parte del sistema finanziario. Non tengono conto che senza le bolle speculative l’economia reale del capitale produttivo non sta più in piedi. Non si chiedono come mai da alcuni decenni l’economia capitalista mondiale va avanti da una bolla speculativa a un’altra, da dove vengono le bolle speculative, quale è la loro ragion d’essere.

I loro programmi, se anche sono frutto di sincera indignazione, in realtà distolgono l’attenzione e la mobilitazione dalla sola soluzione realistica, possibile e radicale: instaurare il socialismo. Se restiamo a quello che essi propongono, prima o poi dovremo concludere che non c’è nulla da fare. Chi vuole restare nel capitalismo prima o poi, in un modo o nell’altro si rassegnerà a salvare banche e società finanziarie facendo valere la buona ragione (vera finché restiamo nel capitalismo) che il loro fallimento trascina nella rovina anche le aziende produttive e che meglio un’economia zoppa piuttosto che una stagnazione senza fine. Alla fin fine seguirà la borghesia imperialista nella mobilitazione reazionaria e nella guerra imperialista.

La storia che abbiamo alle spalle ha fatto sì che oggi l’umanità è legata a un cadavere: o ci liberiamo dal cadavere a cui siamo legati, o siamo costretti a tenerlo in piedi. Punire i capitalisti non basta. Ridicolo poi chiedere ai complici degli speculatori di punire gli speculatori. Se lasciamo i capitalisti alla direzione della nostra vita, in definitiva noi dipendiamo da loro e non possiamo spaventarli più che tanto, dobbiamo in larga misura subire anche i loro comportamenti e i loro capricci. Per uscire positivamente da questo pantano, i lavoratori devono organizzarsi e organizzare la loro vita senza i capitalisti, non dipendere più dai capitalisti e questo si chiama instaurare il socialismo.

La realtà ci ha posto di fronte a questo dilemma: o instaurare il socialismo o subire il capitalismo più o meno così come è, proseguire nella corsa alla distruzione dell’umanità e del pianeta a cui esso nella sua decadenza ci porta.

 

Con la crisi attuale il mondo è entrato in una fase di accresciuta turbolenza politica e di più grave sbandamento intellettuale e morale. I sacrifici delle masse popolari intesi solo come ulteriore riduzione dei consumi, non possono che aggravare la crisi. Il capitale produttivo deve produrre ma anche vendere e nei grandi paesi imperialisti i consumi delle masse popolari sono il suo maggiore mercato di smercio. Si ha qui il paradosso con cui nel capitalismo si scontra anche ogni politica ecologica: il capitalismo per stare in piedi deve aumentare illimitatamente la produzione e la vendita di beni e servizi.

La crisi attuale ha inoltre gravi conseguenze politiche.

L’Unione Europea o farà un passo avanti nella coesione politica (quindi nella contrapposizione agli USA) o ogni Stato cercherà di far fronte agli eventi per conto proprio e l’UE si sfascerà.

La crisi attuale porta un grave colpo alla preminenza economica degli imperialisti USA nel mondo: quindi o essi trovano modo di imporre nel mondo un loro rafforzato potere politico o perdono tutto. La borghesia USA non potrà più tenere in piedi il suo potere sui lavoratori e sul resto delle masse popolari americane grazie ai sovrapprofitti che estorceva dal resto del mondo in base alla supremazia economica e politica che aveva stabilito con la Seconda Guerra Mondiale. Il regime di controrivoluzione preventiva che abbiamo conosciuto nei decenni passati nei paesi imperialisti e in particolare negli USA, implica anche che la massa della popolazione riesca a soddisfare, ad un livello corrispondente alla cultura e alle abitudini correnti, i bisogni elementari della vita: alimentazione, casa, riscaldamento, assistenza sanitaria, scolarizzazione, lavoro, relazioni sociali, ecc. (vedasi Manifesto Programma , pagg. 46-56). Disoccupazione, sfratti, miseria, insicurezza e malavita se continuano ad allargarsi anziché essere riassorbiti rapidamente o spostati da un paese a un altro, da un gruppo sociale a un altro, destabilizzano in modo irreparabile il sistema politico attuale. La crisi in corso sconvolge perfino negli USA il regime di controrivoluzione preventiva.

Quindi le contraddizioni tra il campo della borghesia imperialista e il campo delle masse popolari, le contraddizioni interne alle masse popolari e le contraddizioni tra gruppi borghesi interagiranno e si acuiranno. La lotta per sopravvivere alle conseguenze della crisi è inevitabile e sarà una lotta all’altezza dei mali in cui la borghesia imperialista ci ha gettati. Le vecchie vie, le vecchie pratiche e le vecchie soluzioni non tengono più. Occorrono soluzioni adeguate alla gravità della situazione. Ogni speranza di una evoluzione tranquilla del mondo è senza fondamento. Per non subire la crisi, dobbiamo approfittarne per la rinascita del movimento comunista e l’instaurazione del socialismo.

 

L’aggravamento della crisi apre una fase di turbamento e smarrimento. Comunque le masse popolari non possono continuare a vivere come prima. Le vie possibili sono due e sono in contesa tra di loro.

1. Da una parte la borghesia cercherà di ricavare dall’aggravamento della crisi economica nuova forza per la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. La borghesia cercherà di mobilitare una parte adeguata dei lavoratori a combattere contro altri lavoratori, masse popolari contro masse popolari, per trovare nel saccheggio e nella sottomissione di altri paesi o popolazioni la soluzione ai propri mali. L’espansione della guerra imperialista darebbe autorità ai governi, fornirebbe nuovi grandi terreni d’affari ai capitalisti e creerebbe per la borghesia condizioni favorevoli a imporre le propria disciplina alle masse popolari. Una parte crescente della borghesia già la vede in fondo come un’occasione d’oro.

2. Dall’altra noi comunisti dobbiamo mobilitare le nostre forze per prevenire o comunque battere e sorpassare l’azione della borghesia e mobilitare le masse popolari contro la borghesia imperialista e i suoi alleati e complici per instaurare il socialismo e porre fine al modo di produzione capitalista. Sta a noi comunisti

- sia mobilitare le masse per imporre alla borghesia misure di salvataggio degli interessi elementari e immediati delle masse popolari (lotte contro il carovita, contro la disoccupazione, contro i pignoramenti, per salari minimi garantiti, ecc.),

- sia trovare i modi efficaci per condurre le masse popolari sulla via dell’instaurazione del socialismo.

Le due cose sono strettamente connesse.

Senza lotta per instaurare il socialismo la lotta per la difesa degli interessi immediati delle masse popolari non è credibile, non è realistica, sottostà ai ricatti dei capitalisti, non mobilita e quindi è perdente, crea divisioni all’interno delle masse popolari e prima o poi viene presa in mano da gruppi fascisti o clericali asserviti alla borghesia e lascia la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Di fronte a un potente movimento di rivendicazioni, i capitalisti, se non si sentono abbastanza forti per reprimerlo con la forza, ripiegano sul boicottaggio economico. Allora noi dobbiamo essere preparati ad approfittare del loro boicottaggio per fare altri passi avanti, mobilitare e dirigere le masse popolari a prendere in mano e riorganizzare esse stesse le loro attività economiche: e questo si chiama instaurare il socialismo. Solo a questa condizione il ricatto dei capitalisti non sarà efficace e si ritorcerà contro di loro.

Senza lotta per la difesa degli interessi elementari e immediati, l’instaurazione del socialismo non diventa un programma attuale e immediato di organizzazione e mobilitazione delle masse popolari, decade a vuoto slogan, non mobilita le forze necessarie alla realizzazione dell’obiettivo, lascia spazio ai gruppi fascisti o clericali asserviti alla borghesia e alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

 

A questa contesa nessuno può sfuggire, che ne sia o no consapevole. A noi comunisti l’aggravamento della crisi conferma che la situazione continuerà ad essere rivoluzionaria. In altre parole il disordine e i contrasti tra i gruppi che compongono le classi dominanti e il malcontento e la resistenza delle masse popolari continueranno a fornire combustibile al fuoco della rivoluzione proletaria. Se noi comunisti siamo capaci di attizzarlo e accudirlo, esso divamperà fino a distruggere finalmente l’attuale ordinamento sociale e creare un nuovo mondo. Noi siamo contrari alla crisi, non la temiamo, la combattiamo. Non seminiamo paura tra le masse popolari. Al contrario, di fronte alla crisi che la borghesia impone alle masse popolari, chiamiamo le masse a non lasciarsi prendere dal panico, indichiamo la via di una lotta coraggiosa e tenace, conduciamo le masse popolari a lottare fino a instaurare il socialismo.

 

Promuovere la coscienza e l’organizzazione della classe operaia perché instauri il socialismo!

 

Sostenere ogni gruppo delle masse popolari che si mobilita contro la borghesia imperialista per far valere i propri interessi, promuoverne l’organizzazione e dirigere la lotta fino alla vittoria!

 

Fare di ogni lotta una scuola di comunismo!

Ernesto V.