Cristoforo Colombo

I prigionieri politici

Capitolo 5° - I compiti e la struttura del partito comunista
martedì 15 agosto 2006.
 

5. I compiti e la struttura del partito comunista

-  I prigionieri politici


I prigionieri politici

L’esistenza dei prigionieri politici è diventato e rimarrà un dato costitutivo del regime politico del nostro paese e degli altri paesi dell’Europa Occidentale. Il loro numero è destinato a crescere. La loro esistenza è un aspetto delle varie trasformazioni che via via subiranno le società borghesi dell’Europa Occidentale man mano che vanno verso la rivoluzione.

Dobbiamo trattare l’esistenza dei prigionieri politici come un aspetto della lotta politica, un terreno dello scontro politico. In ciò dobbiamo avere presente che la condizione di prigionia è, salvo eccezioni, il terreno in cui il rapporto di forza è più favorevole al nemico. Dobbiamo assolutamente romperere con una concezione soggettivista, individualista, «dimostrativa», romantica e «da disperati» del ruolo dei prigionieri. Il prigioniero politico è un combattente in mano al nemico, non può contare che sulle sue forze, sulle forze del partito e sulle forze del movimento popolare. Deve dare tutto il contributo che può dare allo sviluppo del movimento e del partito.

L’esistenza dei prigionieri politici è oggi uno degli elementi di contraddizione nel regime politico del paese, sono la smentita materiale della pace sociale. Il partito deve lavorare su questa contraddizione. Non importa che per noi sia chiaro che il regime del paese è fondato sull’oppressione e sulla repressione. Il nostro compito è farlo diventare patrimonio di massa.

La solidarietà con i prigionieri politici è una delle attività elementari, di massa attraverso cui si costruisce l’unità del popolo e si diffonde la coscienza dell’antagonismo: il partito deve sostenere le iniziative di solidarietà popolare con i prigionieri politici, che sono inoltre un mezzo di rafforzamento e di tutela dei prigionieri politici.

Il partito deve operare perchè i prigionieri politici, anche non appartenenti al partito, abbiano un morale alto, usino il periodo di carcerazione per migliorare la loro formazione, diano al movimento di massa il contributo che possono dare approfittando della loro condizione e operino essi stessi per rafforzare la solidarietà popolare nei loro confronti. Bisogna evitare l’isolamento dei prigionieri politici.

I prigionieri membri del partito devono avere costantemente dalle loro unità direttive precise sulla loro attività. Bisogna evitare che un membro del partito prigioniero sia abbandonato a se stesso. Egli deve ricevere e seguire le direttive della sua unità, anche per tutto quanto riguarda il suo comportamento processuale e in carcere. Ogni membro del partito deve essere messo in condizione di sapersi orientare da solo in caso di cattura.

I prigionieri non costituiscono organizzazioni di base del partito, ma si organizzano in collettivi di membri e non membri.

L’appartenenza al partito è un segreto del singolo prigioniero e della sua unità di partito.

Il partito opera per la liberazione dei prigionieri politici. I prigionieri politici scarcerati non devono, in linea generale, essere inseriti in strutture clandestine del partito.