La Voce n. 23
luglio 2006 - anno VIII

I numeri, la quantità e lo stile di lavoro

giovedì 13 luglio 2006.
 

I numeri, la quantità e lo stile di lavoro

Per avere un indice sicuro e preciso della bontà del nostro stile di lavoro in tutti i campi dell’attività di partito, basta guardare a come facciamo l’amministrazione o, meglio ancora, a come teniamo la contabilità o come gestiamo le scorte, i magazzini (di pezzi di propaganda, di strumenti, ecc.). In questi campi gli obiettivi sono quantitativamente ben definiti; le spese sono previste e diventano vincolanti; la raccolta e il trasferimento dei fondi, la registrazione delle entrate e delle uscite: tutto questo può essere verificato e controllato con precisione. Il pressappochismo, la superficialità, l’incu-ria, la trascuratezza, l’indifferenza, la mancanza di precisione e di progettualità, ecc. risaltano di per se stesse. Basta essere abbastanza onesti e volonterosi da tenerne conto, da non nasconderlo, da non mentire almeno a se stessi. E mostrano chiaramente qual è il nostro stile di lavoro. Lo stesso vale per la gestione e la contabilità dei magazzini: entrate, uscite, giacenze. Tutto risulta: o quadra o non quadra. Risulta chiaramente se abbiamo idee chiare o no, se abbiamo chiare le priorità, cosa è principale e cosa è secondario; se teniamo o no conto di tutti i fattori più importanti: insomma se siamo materialisti dialettici oppure schematici (dogmatici) o spontaneisti (pressappochisti, sofisti).

Negli altri campi d’attività noi impieghiamo grossomodo lo stesso stile di lavoro, ma i risultati sono meno netti e, soprattutto, è meno netta la loro causa. Entrano in gioco numerosi fattori che non dipendono da noi o che ne dipendono solo in parte. Possiamo scaricare su di essi la responsabilità dei risultati scadenti della nostra attività, e in effetti in molti casi è vero che non dipendono da noi! A parità di stile di lavoro da parte nostra, essi possono peggiorare o migliorare di molto i risultati e mascherare la qualità del nostro stile di lavoro. Esso invece emerge chiaramente in alcuni campi: quelli dell’amministrazione finanziaria, della gestione dei magazzini, della contabilità. Ma anche ad esempio dal numero di errori di un testo, dalla pulizia dei locali, ecc.

La chiarezza e la forza di convinzione di una spiegazione, la coerenza logica dell’ar-gomentazione (dell’esposizione) in un discorso o in uno scritto, l’esattezza e bontà di una traduzione, l’attenzione nei rapporti organizzativi (con compagni, con elementi avanzati, con le masse), il profilo di un compagno, la valutazione delle sue caratteristiche, la completezza e profondità di un’inchiesta, la definizione della linea da seguire in una data attività o situazione, l’analisi della situazione, la giustezza del bilancio di un rapporto di forze, la comprensione e assimilazione di una tesi e di una parola d’ordine, la valutazione dei risultati del nostro lavoro, la coerenza interna dei nostri piani di lavoro e la corrispondenza di essi con la nostra linea: ognuno di questi lavori e altri ancora sono fatti con lo stesso stile di lavoro, sono frutto dello stesso stile di lavoro con cui teniamo la contabilità, facciamo l’amministrazione, gestiamo i magazzini. Il nostro stile di lavoro ha un ruolo determinante e si ripercuote sui risultati che otteniamo. Ma la connessione è meno evidente, netta, univoca e diretta che in questi campi. Nei primi campi la qualità del nostro lavoro è meno rilevabile e meno misurabile. Gli effetti dei nostri errori sono attribuibili a decine di altre cause diverse dallo stile di lavoro. Gli obiettivi e i fattori in gioco sono definiti con meno precisione, in modo più vago: e spesso data la loro natura non è possibile fare altrimenti.

La risposta delle masse, delle organizzazioni e strutture e degli individui su cui agiamo, dei compagni che dirigiamo, la capacità dei nostri dirigenti, ecc. sono altrettanti fattori che influenzano i risultati del nostro lavoro e mascherano l’effetto del nostro stile di lavoro. Possiamo, anche in buona fede, considerarli come spiegazione e giustificazione principale dei nostri “cattivi raccolti”. L’amministrazione, la contabilità e la gestione dei magazzini mettono invece in luce spietatamente la qualità del nostro stile di lavoro. Quindi sono estremamente utili per la critica e l’autocritica dello stile di lavoro, per criticare il nostro stile di lavoro, per valutare più giustamente il nostro stile di lavoro in tutti i campi e capire più giustamente le cause vere dei risultati che otteniamo.

Ci sono compagni che hanno uno stile di lavoro buono o discreto, ma nelle stesse situazioni e a parità di altre condizioni ottengono risultati meno buoni di altri compagni. In questo caso è certo che la causa del male sta nella loro concezione del mondo. Ai fini pratici, di direzione e di formazione, è infatti importante distinguere bene lo stile di lavoro dalla concezione del mondo e prestare a entrambi l’attenzione che meritano. Alcune FSRS, alcuni personaggi e anche alcuni nostri compagni addebitano alla classe operaia, alle masse popolari o alle circostanze la sterilità dei loro sforzi, mentre in realtà essa è dovuta alla loro concezione del mondo o al loro stile di lavoro. Ed è da questi che bisogna partire per ottenere risultati più abbondanti.

Tonia N.