La Voce 25

Lavoratore precario

manchette
giovedì 26 aprile 2007.
 
Dal collettivo aziendale di nuovo al “domicilio privato”

Quando nella primavera del 1969 a Milano un corteo di studenti guidato da Mario Capanna fece irruzione nell’AlfaRomeo per raggiungere gli operai in lotta, il sig. Lunardi, presidente dell’Alfa (che pure era proprietà dell’IRI), denunciò Capanna e compagni per “violazione di domicilio”. A tal punto il capitalista considerava sua proprietà personale l’azienda.

Al culmine della fase del “capitalismo dal volto umano”, le concezioni e il diritto erano un po’ evoluti. L’azienda aveva fatto un po’ di strada ed era un po’ più considerata come un collettivo di lavoratori. I lavoratori in azienda non erano più “in casa del padrone”. L’azienda era il loro luogo di lavoro. Nell’azienda i lavoratori avevano determinati diritti individuali e collettivi, che lottando avevano conquistato e che lo Statuto dei lavoratori (1970) aveva almeno in parte riconosciuto.

La trasformazione in corso sta riportando, ad un livello superiore (negazione della negazione, non semplice ritorno indietro), le cose al tempo che fu. L’azienda sarà un meccanismo proprietà del capitalista. Il lavoratore vi accederà quando il meccanismo avrà bisogno di lui, per il tempo in cui ne avrà bisogno e solo per compiere l’attività di cui l’azienda avrà bisogno. Finita la sua prestazione, uscirà e rientrerà nella folla di lavoratori ognuno alla ricerca di un meccanismo che abbia bisogno di lui.

Questa utopia della borghesia contrasta con il carattere sociale del sistema produttivo e dell’intera attività umana. Fino a che punto la borghesia riuscirà a imporla?

Lo deciderà la lotta di classe