Martin Lutero - Supplemento al n. 3 de La Voce

10 L’instabilità del quadro politico-istituzionale

Comunicato
mercoledì 15 maggio 2002.
 

[I commenti e i chiarimenti aggiunti dal curatore nel testo sono tra parentesi quadre. La titolazione, i corsivi, i neretti e le note sono del curatore.]

 

[10. L’instabilità del quadro politico-istituzionale]

L’affermazione del progetto di riforma del sistema economico-sociale e di ridefinizione del ruolo dello Stato nell’economia tramite le politiche neocorporative, ha dato sì risposta alla contraddizione prioritaria ed d’emergenza, ma è avvenuta in un contesto di permanente instabilità del quadro politico-istituzionale. L’instabilità però non ha affatto impedito allo Stato di effettuare quei passaggi politici che costituivano interessi vitali per la frazione dominante della BI.

Fonte di instabilità è il ruolo dell’Esecutivo. Il suo ruolo è stato rafforzato con la riforma della Presidenza del Consiglio e gradualmente incrementato con forzature rispetto al rapporto con la dialettica parlamentare tramite: gli strumenti della decretazione, il ricorso alla fiducia, l’introduzione del voto palese, i vincoli di copertura finanziaria per gli emendamenti, le deleghe legislative, ecc. Il suo ruolo si è ulteriormente rafforzato di fronte alla crisi della rappresentanza politica [Parlamento]. Tuttavia non essendo sancito formalmente, il rapporto dell’Esecutivo con le forze politiche di maggioranza è attraversato da instabilità.

Permane infatti la difficoltà a formare maggioranze di governo omogenee e stabili e, nonostante l’introduzione di un sistema elettorale maggioritario, non c’è stata una semplificazione del quadro politico. Gli schieramenti politici odierni non sono equivalenti (intercambiabili) né rispetto al riconoscimento della sede neocorporativa né nel rapporto con il sindacato confederale. Questa disparità sottopone l’impianto neocorporativo, non nel suo contenuto ma per il sistema di relazioni e per l’equilibrio che lo deve sostenere, al rischio di essere rimesso in discussione in relazione al prevalere o meno di un determinato equilibrio parlamentare, oppure lo eleva a criterio selettivo dell’equilibrio parlamentare abilitato a dominare in contrasto con il sistema formale che prevede l’intercambiabilità, la possibilità di alternanza. Questo costituisce un elemento di contraddizione nella governabilità, stante che la sede neocorporativa ha assunto un particolare ruolo istituzionale e una particolare importanza nel far avanzare gli interessi della BI.

La ridefinizione dei poteri locali, avvenuta con la riforma della legge elettorale per i Comuni e per le Regioni e con i provvedimenti tesi a rafforzare il decentramento amministrativo e il federalismo fiscale, non ha una collocazione istituzionale definitiva. Ciò impedisce a questi poteri di esercitare un ruolo stabile e funzionale alla possibilità di utilizzare le significative diversità economico-sociali, come fattore di frammentazione del conflitto di classe e di ricomposizione corporativa degli interessi sociali su una base di mediazioni locali basate sulla unità di interessi tra le varie classi a migliorare la competitività dell’economia della zona.[F]

In questi anni si è evidenziata la difficoltà da parte del quadro politico di fare passi avanti nella riforma istituzionale. Le realizzazioni su questo piano hanno riguardato solo la riforma elettorale e sono state introdotte tramite forzature maturate all’esterno delle sedi parlamentari [referendum]. Il fallimento della Bicamerale D’Alema ha dimostrato che è impossibile isolare il piano delle riforme istituzionali dallo scontro di classe e dai suoi riflessi sul quadro politico-parlamentare. La frammentazione del quadro politico deriva dalla difficoltà, che permane nonostante l’introduzione del sistema maggioritario, di combinare 1. il posizionamento delle principali forze politiche intorno agli interessi della BI e 2. la rappresentanza di interessi sociali di altre classi in modo da raggiungere un consenso ampio tale da eliminare la pressione degli interessi non omologabili.

Il PRC e la Lega esprimono questa contraddizione, ma esprimono anche la necessità e la funzione di garantire, attraverso la rappresentanza in sede parlamentare, l’istituzionalizzazione di istanze di classe o di interessi particolaristici della borghesia concorrenziale.[BC] Per il PRC è stato significativo il ruolo svolto di unire settori del movimento di classe intorno agli indirizzi politici antiproletari del governo Prodi.

Altro aspetto critico è l’affermazione di soggetti politici, quali FI, AN e Lega, estranei al vecchio "arco delle forze costituzionali", con un personale politico che, non essendosi selezionato nella fase storica precedente, mostra di non essere idoneo a rapportarsi ai caratteri della vecchia mediazione politica quale si è storicamente definita e quindi ad esprimere un governo capace di intervenire su di essa in modo calibrato. Il governo del Polo e le posizioni assunte rispetto alla Bicamerale per le riforme hanno dimostrato che questo schieramento non solo è incapace di garantire il governo dell’economia e il governo del conflitto di classe, ma è anche incapace di far coincidere il proprio interesse particolare con l’affermazione dell’interesse della frazione dominante della BI come interesse generale. Ciò si è manifestato apertamente con le ambigue posizioni rispetto ai passaggi dell’UEM. Questa contraddizione è acuita dall’anomalia della figura di Berlusconi e del suo gruppo di potere, ma è soprattutto legata all’estraneità di questo schieramento alla sede neocorporativa e a componenti sociali che organizzino e rappresentino gli interessi di importanti settori proletari legandoli agli interessi della borghesia.

Infine, altra causa di instabilità è l’impossibilità di azzerare i soggetti politici conformandosi al criterio della opportunità di introdurre formule di ingegneria istituzionale. È il caso ad esempio del PPI. Questo partito è l’erede di quella componente della DC che più di tutte ha rappresentato gli interessi della frazione dominante della BI, in equilibrio tra interessi atlantici ed europei, che ha inquadrato intorno ad essi componenti sociali quali la CISL, primo tra i sindacati a proporsi in un ruolo neocorporativo e a rinnovarlo con il coinvolgimento dell’associazionismo e della finanza cattolici, che ha espresso il suo ruolo anche attraverso le massime figure istituzionali.

Le modificazioni dell’assetto politico-istituzionale derivano quindi dal processo politico collegato agli sviluppi dello scontro di classe e alle contraddizioni prodotte dal governo dell’economia e dal governo del conflitto sociale.

1. - Ovviamente lo scontro politico non ha un rapporto meccanico con lo scontro di classe: vi è un ruolo attivo e offensivo dei soggetti politici. Si tratta piuttosto di un riflesso dialettico sulla sede politico-istituzionale che ha una autonomia relativa rispetto ai rapporti di forza tra le classi.

2. - Il quadro politico-istituzionale non è riducibile a semplificazioni bipartitiche: quindi il processo politico si snoda intorno alla difficoltà di costruire due coalizioni non solo entrambe idonee a sostenere una dinamica di alternanza tra equilibri politici di governo, ma entrambe anche in grado di mantenere la continuità dell’azione del governo intorno agli interessi della frazione dominante della BI, una continuità adeguata ai rapporti di forza reali tra le classi: a questo fine occorre che le coalizioni siano equivalenti rispetto alla sede neocorporativa.

3. - Il compimento del processo politico ha come premessa il posizionamento comune di tutte le forze politiche intorno ai nodi congiunturali dello scontro politico tra le classi: ora il posizionamento è già comune per quanto riguarda la posizione dell’Italia intorno ai passaggi che ne riguardavano il ruolo nelle politiche centrali dell’imperialismo, ma è invece ancora irrisolto per quel che attiene al piano interno e alla politica economica.

Un ruolo particolare in questi anni è stato svolto dal PDS. Esso ha sostenuto organicamente le politiche di riforma economico-sociale e di forzatura degli assetti politici. All’interno del PDS è D’Alema che ha operato alla costruzione degli equilibri politici che hanno sostituito il governo Berlusconi e ricondotto l’opposizione di classe al governo Berlusconi in un ambito funzionale all’esercizio di un ruolo di governo.

La paralisi della Bicamerale presieduta da D’Alema ha inferto un colpo significativo alla sua presunzione di riuscire a riordinare l’intero assetto costituzionale e istituzionale in piena autonomia dalla sede parlamentare, dalle contraddizioni derivanti dallo scontro di classe e dagli effetti dell’operato dell’Esecutivo.

La responsabilità assunta dal suo governo con il pieno impegno dell’Italia nell’attacco alla Jugoslavia ha rilanciato il ruolo di D’Alema e dei DS in generale. Egli ha gestito le continue forzature con un’articolata tattica di progressive ratifiche parlamentari al coinvolgimento delle forze armate italiane nella infame e folle aggressione al popolo Jugoslavo. D’Alema ha la volontà politica di andare fino in fondo, consapevole sia del rischio che eventuali segnali di debolezza farebbero correre a un equilibrio politico strutturalmente fragile sia del processo di selezione che è in corso all’interno della NATO.

Il PPI, per il ruolo del suo personale politico, ha spesso formulato le basi per la definizione di passaggi corrispondenti ai reali equilibri parlamentari e quindi in grado di affermarsi. Tuttavia la coalizione di centro-sinistra, come maggioranza politica e come coalizione dell’Ulivo, non costituisce una formula politica stabile, né si potrà istituzionalizzare la il metodo della unificazione della coalizione intorno alla designazione del personaggio che viene candidato a fare il Presidente del Consiglio come sintesi dell’equilibrio politico raggiunto all’interno della coalizione stessa. Già la caduta del governo Prodi e l’uscita del PRC dalla maggioranza dimostrarono che non era ancora completato il processo di trasformazione delle forze e delle formule politiche. Lo ha riconfermato il successivo definirsi del progetto Prodi-Di Pietro [i Democratici dell’Asinello], teso non solo ad una semplificazione del quadro politico, ma anche ad assumere un ruolo in essa definendo un soggetto di centro-sinistra che superasse gli attuali partiti che compongono la coalizione dell’Ulivo. L’incarico di Prodi alla Presidenza della Commissione Europea ha però ridimensionato in modo sostanziale questo progetto.

4. - Il processo di trasformazione infine resta incerto a causa della difficoltà che la coalizione di centro-sinistra incontra nel tradurre le scelte politiche di chiaro connotato antiproletario adottate dal suo Esecutivo, in formazione di un consenso elettorale sufficiente ad ottenere una maggioranza parlamentare. Dapprima la ricerca di semplificazione attraverso l’accentuazione del meccanismo elettorale maggioritario si è scontrato con l’esito referendario [Referendum del 18 aprile ‘99 sulla modifica della legge elettorale in senso maggioritario, naufragato per l’insufficiente partecipazione degli elettori], decretando il concludersi di una stagione di forzature extraparlamentari legittimate con il voto referendario. Poi la compattezza della coalizione ha subito una frattura con l’elezione di Ciampi alla Presidenza della Repubblica (13 maggio 1999) e si è determinata una ridefinizione dei rapporti politici interni a vantaggio dei DS. Si è quindi riaperta la prospettiva di riforme istituzionali.