La Voce 24

Sulla mobilitazione delle masse popolari:
concentramento di forze e dispersione di forze

Metodo di lavoro
mercoledì 28 marzo 2007.
 

Con il presente articolo continuiamo lo studio sulla mobilitazione delle masse popolari, attingendo alla ricca e multiforme esperienza accumulata in quest’ambito dalla “carovana del (nuovo)PCI”. La mobilitazione delle masse popolari costituisce una componente imprescindibile della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Il (nuovo)PCI per raggiungere il suo obiettivo deve unire nelle sue fila tutti o almeno gran parte degli operai avanzati e, attraverso la loro opera e il loro esempio, deve orientare, mobilitare e dirigere gran parte delle masse popolari. Il bilancio dell’esperienza, l’analisi, l’elaborazione di criteri e principi nel campo della mobilitazione delle masse popolari richiede quindi la massima attenzione da parte dell’avanguardia rivoluzionaria.

Nel lavoro di consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI e nel lavoro per l’accumulazione delle forze rivoluzionarie intorno al partito, dunque nella guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata in corso nel nostro paese, ci troviamo spesso di fronte alla contraddizione tra concentramento di forze (molte forze riunite in una zona che esercitano una pressione decisiva) e dispersione di forze (estensione su un raggio più ampio della nostra influenza attraverso l’azione di piccoli gruppi di compagni); tra fare il lavoro in un ambito ristretto e cercare di influenzare e orientare un ambito più largo possibile; tra lavorare per esempi-tipo e lavorare per appelli generali. Si tratta di una contraddizione reale, che ci tocca anche se noi l’ignoriamo o cerchiamo di evitarla. L’unica soluzione costruttiva è prenderne atto e trattarla, comprendere la sua natura e dirigere la nostra attività in conformità alle leggi che governano la contraddizione. Alcuni compagni sono spontaneamente unilaterali: seguono o l’uno o l’altro metodo in base alla situazione in cui sono capitati. Se sono ben radicati, si concentrano unicamente sul radicarsi ancora di più. Se non sono radicati, concentrano tutte le loro energie sul lanciare appelli generali, cercare di espandere l’influenza su un raggio ancora più grande. A volte i seguaci unilaterali di un metodo sono insofferenti verso i seguaci unilaterali dell’altro, sopportano a fatica le sollecitazioni dei seguaci unilaterali del metodo opposto. A volte i seguaci di un metodo di fatto boicottano i seguaci dell’altro, oggettivamente ostacolano il lavoro dei seguaci dell’altro metodo. Non si tratta neanche di optare per una soluzione eclettica: un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Si tratta di capire in modo pratico come combinare i due metodi nel modo più adatto in ogni caso specifico. Si tratta di praticare un metodo di lavoro che combini i due metodi chiarendo caso per caso, sul concreto, quale dei due è principale e quale è ausiliario, come l’uno può e deve servire l’altro. Concentramento delle forze e dispersione delle forze sono due situazioni distinte, con caratteristiche proprie, ma collegate l’una all’altra in quanto lo sviluppo dell’una determina lo sviluppo dell’altra.

Nel movimento comunista che sta rinascendo nel nostro paese noi non abbiamo ancora condotto uno studio scientifico su queste due situazioni, sulle loro caratteristiche e sul rapporto che intercorre tra esse. Questo limite ha fatto sì che la combinazione tra concentramento di forze e dispersione di forze non venisse presa in considerazione nel lavoro rivoluzionario e si attuasse in maniera spontanea. Certo, ci sono dei casi in cui la combinazione delle due componenti è avvenuta in maniera eccellente - sebbene non fosse sostenuta da una concezione scientifica (ossia non fosse una combinazione cosciente e organizzata, sostenuta da un’analisi delle due situazioni, da una linea sulla loro combinazione, da un piano di lavoro, da sistematici bilanci ed elaborazione di principi e criteri per condurre la combinazione delle due situazioni ad un livello più elevato del tutto possibile). Il fatto che in alcune situazioni la combinazione tra le due componenti sia avvenuta in maniera eccellente nonostante l’assenza di una concezione scientifica e organica al riguardo, non deve sorprenderci: le idee per lo più, e in misura maggiore quanto più andiamo indietro nella storia dell’umanità, inseguono la realtà e non viceversa - come invece sostengono i metafisici e gli idealisti.(1) Ma avere coscienza di quello che si fa e conoscere le leggi del lavoro che si svolge, permette di ridurre le sconfitte, fare del successo la norma, lavorare ad un livello superiore, fare cose migliori, in tempi più brevi, con minore dispendio di energie e risorse.

L’obiettivo di questo articolo è aiutare e spronare i nostri compagni a mettere fine alla pratica artigianale, a superare anche in questo campo lo spontaneismo che ritarda il processo rivoluzionario e giova solo al nemico di classe! Nostra intenzione è prendere in mano l’esperienza fin qui accumulata in questo campo, relazionarci scientificamente ad essa e condurre uno studio attraverso cui mettere in evidenza le caratteristiche delle due situazioni (concentramento e dispersione di forze), il rapporto che intercorre tra loro ed elaborare criteri e principi per poter sviluppare la loro combinazione nel modo più efficace possibile.

Per concentramento di forze intendiamo un aggregato sociale (fabbrica, azienda, scuola, università, paese, quartiere, città, zona, ecc.) in cui i comunisti hanno condotto un lavoro in profondità, di radicamento e hanno creato una situazione tale da avere un’influenza notevole e una notevole capacità di mobilitazione, organizzazione e direzione della masse popolari in esso presenti. In questo aggregato sociale le masse popolari sono molto aggregate intorno ai comunisti e da questi vengono in larga misura orientate, mobilitate e dirette.

Per dispersione di forze intendiamo una situazione in cui l’attività dei comunisti consiste principalmente nel consolidare ed estendere su un ampio raggio la loro influenza (a livello cittadino, provinciale, regionale, nazionale, internazionale), attraverso l’utilizzo di appelli generali (favoriti dalla facilità degli strumenti: periodici, comunicati, internet, ecc.). In questa situazione operano comunisti singoli o organizzati in piccoli gruppi, con molti contatti. I numerosi contatti però sono dispersi su un ampio raggio, non sono concentrati in un aggregato sociale e, salvo qualche eccezione, non interagiscono tra di loro. I comunisti in questo caso non sono radicati nelle masse popolari della zona in cui operano. Questa è la situazione che oggi ancora prevale in seno al movimento comunista del nostro paese, per via della storia che abbiamo alle spalle.

Siamo quindi davanti a due situazioni molto diverse tra loro, che presentano fenomeni differenti. Per comprendere meglio la differenza che intercorre tra le due, possiamo utilizzare un esempio molto semplice, che però riteniamo renda bene l’idea. La differenza che intercorre tra il concentramento di forze e la dispersione di forze, quindi tra un lavoro in profondità e un lavoro in estensione, è la stessa differenza che intercorre tra una foresta e un insieme di alberi collocati ad una notevole distanza l’uno dall’altro. La diversa distribuzione degli alberi sulla superficie terrestre ne cambia la funzione e quindi le caratteristiche, anche se la quantità di alberi è la stessa nelle due diverse situazioni. La differente distribuzione produce una diversa qualità.

Ambedue le componenti (concentramento di forze e dispersione di forze) hanno un’importanza fondamentale nel lavoro di mobilitazione delle masse popolari, di sviluppo del loro orientamento comunista, di sviluppo, in sintesi, dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie. Più esattamente, le due componenti sono i due poli di una contraddizione la quale muove lo sviluppo del consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI, della formazione e dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie intorno al partito: della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata in corso nel nostro paese.

Fatta questa precisazione, evidenziato quindi che il lavoro in profondità in un aggregato sociale (concentramento di forze) e il lavoro in estensione per appelli generali (dispersione di forze) rappresentano le due componenti di una stessa, importantissima contraddizione, va da sé che ogni atteggiamento unilaterale che sostenga, presenti ed esalti uno dei due aspetti come il solo aspetto necessario per condurre la politica rivoluzionaria, risulta essere un concezione erronea, a-dialettica, scollata dalla realtà, destinata a portare al fallimento e alla sconfitta. In altre parole, una deviazione.

 

Ricorriamo ancora una volta all’utilizzo di esempi per sostenere le nostre tesi.

Esempio 1 - Supponiamo che si conduca unicamente il lavoro nei concentramenti di forze, senza combinare con esso il lavoro di orientamento su ampio raggio attraverso appelli generali. Cosa genererebbero questa concezione e questo metodo di lavoro? Porterebbe, ovviamente con tempi e modi specifici caso per caso, alla dissoluzione dello stesso concentramento di forze: le masse popolari ad un certo punto smetterebbero infatti di seguirci, perché la nostra incapacità di costruire e alimentare il legame irrinunciabile e fondamentale tra il particolare e il generale, dunque tra il concentramento di forze e il contesto che lo circonda (su scala cittadina, provinciale, regionale, nazionale e internazionale), renderebbe il concentramento di forze una realtà senza alleati, isolata, vulnerabile davanti ai colpi e alle manovre del nemico di classe. Così come l’accumulo quantitativo di vittorie produce una situazione qualitativamente superiore, l’accumulo quantitativo di sconfitte produce a sua volta una situazione qualitativamente inferiore, una regressione. Nel caso in analisi, regredire vorrebbe dire che le masse popolari si allontanano da noi e il concentramento di forze si dissolve. La storia del vecchio movimento comunista fornisce centinaia di esempi anche su questo punto, dimostrando la necessità del collegamento tra il concentramento di forze e il contesto che lo circonda. Comune di Parigi (1871): l’assenza di unione tra il proletariato parigino e il resto del proletariato francese e le masse contadine (lavoratori autonomi) permise al nemico di classe di circondare la città con forze di gran lunga superiori rispetto alle forze rivoluzionarie e di massacrare gli insorti. Occupazione delle fabbriche di Torino nel 1920: l’assenza di legame tra il proletariato torinese e il resto del proletariato italiano permise al nemico di classe l’accerchiamento della città e il soffocamento della rivolta, come Antonio Gramsci a posteriori ha ben mostrato, analizzando gli avvenimenti torinesi del 1920. Sulla contraddizione interna ad un fenomeno (in questo caso la contraddizione che determina lo sviluppo o il regresso / dispersione del concentramento di forze) agiscono sempre anche le condizioni esterne che circondano il fenomeno. Compito dei comunisti è intervenire sulla contraddizione interna presente nei fenomeni e gestirla, dirigerla in maniera tale da permetterle di trasformare a suo favore le condizioni esterne. Nel caso del concentramento di forze il giusto metodo per trattare rapporto interno-esterno, è l’unione del particolare con il generale, del concentramento di forze con la realtà che lo circonda, attraverso l’utilizzo degli appelli generali ad ampio raggio e la creazione di contatti e relazioni che espandono l’orientamento comunista.

Esempio 2 - Supponiamo ora che alcuni compagni conducano unicamente il lavoro per appelli generali finalizzato ad estendere su ampio raggio l’influenza e l’orientamento comunista, senza combinarlo con il lavoro che crea concentramenti di forze o con il lavoro che altri svolgono in concentramenti di forze. Cosa genererebbero questa concezione e questo metodo di lavoro? Ci si ritroverebbe staccati dalle masse, con scarsa influenza sul movimento delle masse e sulla lotta di classe. Il gruppetto di comunisti diventerebbe un circoletto guidato dalla concezione propria dei lavoratori autonomi e degli artigiani. Abituati a lavorare da soli, più per impulsi propri che per rispondere alle richieste e ai bisogni del movimento delle masse, non svilupperebbero un rapporto da organismo (collettivo) con le masse. Il gruppetto di comunisti diventerebbe dunque l’esatto contrario di ciò che deve essere un collettivo comunista: l’intellettuale organico del suo ambiente, a stretto contatto con le masse, in grado di ascoltare il loro stato d’animo e le loro rivendicazioni, elaborarli e tradurli in linee politiche che, fatte proprie dalle masse, sono fattori di vittoria nella lotta immediata e funzionali per il raggiungimento dell’obiettivo strategico (fare dell’Italia un nuovo paese socialista). Solo così i comunisti possono affermarsi come avanguardia. Agire diversamente significa intraprendere la strada che porterà inevitabilmente alla conclusione che “le masse sono arretrate e ignoranti”. Ci si espone così a tutte le forme di deviazioni soggettiviste e alle sirene della capitolazione davanti al nemico di classe. Il distacco dalle masse faciliterebbe inoltre il lavoro repressivo condotto dalla borghesia imperialista. Il lavoro per appelli generali su ampio raggio è efficace solo se legato indissolubilmente a degli esempi-tipo, che mostrano in maniera chiara la validità della proposta lanciata con l’appello. La lotta contro la persecuzione del (nuovo)PCI ci fornisce ancora una volta materiale prezioso per ricavare insegnamenti. Supponiamo che al comunicato realizzato il 19 luglio 2005 dall’associazione francese ADEEL per denunciare l’arresto del compagno Angelo D’Arcangeli, collaboratore della Delegazione della CP, non fosse seguito un lavoro per mobilitare le masse popolari del paese di origine del compagno: cosa sarebbe successo? Il comunicato dell’ADEEL avrebbe avuto la valenza di una semplice nota informativa, pressoché inutile ai fini della liberazione del compagno. Dopo aver informato, sarebbe caduto nel vuoto. La pressione sulle Autorità sarebbe stata nulla. Al contrario, chi ha raccolto l’appello generale proveniente dalla Francia e dato il via alla mobilitazione nel paese di origine del compagno, ha dato forza anche all’appello lanciato dall’ADEEL. Altre organizzazioni in altre realtà italiane lo hanno a loro volta raccolto, organizzando iniziative e lanciando a loro volta altri appelli generali. La mobilitazione in Francia ha risentito degli sviluppi della mobilitazione in Italia e si è rafforzata. Rafforzandosi la mobilitazione in Francia, anche la mobilitazione in Italia si è estesa e ha coinvolto, attraverso altri appelli generali, altri paesi sulla scena internazionale. Dunque, la dinamica è stata la seguente: appello generale, inizio mobilitazione in un concentramento di forza (che si è elevato ad esempio-tipo), nuovi appelli generali, inizio mobilitazione in altri concentramenti di forze, nuovi appelli generali, rafforzamento mobilitazione in corso nei concentramenti di forze ed estensione della mobilitazione ad altre realtà.

Emerge in maniera chiara che lo sviluppo del consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI, dell’accumulazione di forze intorno al partito, in sintesi, lo sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata in corso nel nostro paese, dipendono dalla giusta combinazione tra il lavoro condotto nei concentramenti di forze e il lavoro condotto per appelli generali ad ampio raggio, dal legame tra il particolare e il generale. Il cuore che pulsa e alimenta tutto il processo è il lavoro condotto nei concentramenti di forze poiché è il punto più alto della mobilitazione delle masse popolari in questa fase, il nostro punto di forza e di maggiore influenza; gli appelli generali ad ampio raggio sono il sistema arterioso che lega i differenti concentramenti di forze e, allo stesso tempo, i concentramenti di forze con altre realtà. Ogni battaglia data a livello locale (nei concentramenti di forze) deve essere prevista e scatenata avendo di mira non solo il rafforzamento dell’ambito locale, ma l’estensione dell’influenza e dell’azione di orientamento a livello generale, che avviene attraverso la mediazione degli appelli ad ampio raggio. Cosi come ogni appello generale lanciato su ampio raggio, deve essere lanciato con la consapevolezza che troverà la sua efficacia solo se raccolto e applicato nei concentramenti di forze. Appelli generali senza esempi-tipo positivi e dirompenti sono poco più che parole al vento

Bisogna valorizzare appieno i concentramenti di forze esistenti (come esperienze da cui attingere, come esempi da far conoscere e amare, come fonte di compagni e di risorse). Allo stesso tempo bisogna lavorare per moltiplicare il numero dei concentramenti di forze. Per raggiungere questo obiettivo, riteniamo che sia opportuno soffermare la nostra analisi sui concentramenti di forze - le loro caratteristiche e il metodo di lavoro da seguire per costruirli. 

 

Analizzando i vari concentramenti di forze oggi esistenti nel nostro paese, sono cinque le principali caratteristiche comuni che essi presentano.

1. I comunisti provengono dalle masse popolari del posto, ne fanno parte e si sono conquistati il loro riconoscimento attraverso le mille lotte affrontate a loro fianco e anche attraverso la loro resistenza alla repressione.

2. Si tratta di contesti geografici o sociali piccoli: o perché sono paesi e città con non molti abitanti; o perché, nel caso in cui sono grandi metropoli, i comunisti hanno iniziato la loro attività in un contesto relativamente piccolo, ad esempio il movimento dei disoccupati, si sono affermati in esso come dirigenti ed esso è il loro principale bacino e punto di forza.

3. Tutti i concentramenti di forze presentano un ampio sistema di relazioni personali pre-esistenti al lavoro politico svolto dai comunisti (parentele, amicizie, conoscenze). Questo è dovuto al fatto che i comunisti provengono dalle masse popolari del posto, ne fanno parte e che i contesti in questione sono contesti piccoli. Il lavoro svolto dai comunisti ha trasformato questo ampio sistema di relazioni, elevandolo politicamente: in alcuni casi lo ha trasformato da ostacolo al progresso sociale in strumento di progresso sociale.

4. Il legame dei comunisti con le masse popolari del posto inizialmente si è sviluppato lottando su un punto specifico, su uno specifico settore e/o rivendicazione. In alcuni casi, ad esempio, riscontriamo che il lavoro svolto inizialmente dai comunisti è stato all’interno delle masse studentesche, con il sostegno e l’elaborazione delle rivendicazioni da esse avanzate, generando la successiva unione degli studenti con la più ampia realtà locale, contro la chiusura di una fabbrica. In altri casi, riscontriamo che l’intervento dei comunisti inizialmente si è sviluppato principalmente nel campo della difesa dei valori della Resistenza e dell’attività anti-fascista. In altri casi, l’intervento inizialmente si è concentrato principalmente nell’ambito della lotta per il lavoro, all’interno del movimento dei disoccupati.

5. I comunisti hanno avuto la capacità di progredire in base al progresso della situazione, facendo proprie posizioni ideologiche più avanzate, legandosi più strettamente al movimento nazionale e internazionale per la rinascita del movimento comunista, facendo crescere tutti i compagni migliori e disposti a crescere, creando per questi nuove e più elevate forme organizzative man mano che la situazione rendeva possibile e necessario un salto qualitativo. Questo ha permesso ai comunisti di svolgere con continuità un ruolo di avanguardia. In altre parole, il rafforzamento del legame dei comunisti con il lavoro di costruzione del (nuovo)PCI ha rafforzato il loro ruolo e la loro egemonia sull’aggregato sociale in cui operano. Il loro ruolo e la loro egemonia sono cresciuti con lo sviluppo del loro contributo alla costruzione del nuovo potere autonomo e antagonista a quello della borghesia imperialista: cioè del loro contributo alla costruzione del (nuovo)PCI e alla guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata in corso nel nostro paese. È la fase storica in cui viviamo che determina questa dinamica. Siamo nell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie: la costruzione del partito è un’esigenza storica poiché necessaria per il superamento del sistema capitalista. Per questo ogni avanzamento in questa direzione ci permette di rafforzare ed estendere la nostra influenza sulle masse popolari che ci circondano. Ogni avanzamento in questa direzione ha infatti delle ripercussioni positive sulle masse popolari che ci circondano e corrisponde alle loro esigenze. Solo innalzando la punta delle piramide (dunque avanzando nella costruzione del partito) si può estende la superficie della sue base (le masse popolari su cui esercitiamo l’influenza). Tutti coloro che rinviano ad un domani indefinito il proprio contributo alla costruzione del partito, sono destinati a disperdere tutte le forze che fin qui hanno accumulato.

 

Il rapporto di forze che si crea in questi contesti è molto favorevole ai comunisti. Questo è dimostrato da due elementi in particolare, se analizziamo le contraddizioni generate nel campo nemico (il campo della borghesia imperialista).

1. I partiti borghesi, in particolare i partiti della sinistra borghese e l’aristocrazia operaia, hanno grandi difficoltà nel gestire il rapporto con i comunisti per via della loro influenza sulle masse popolari del posto e del loro legame con esse (legame che va dalla simpatia al sostegno attivo - è bene individuarli sempre come due livelli distinti: distinta infatti è la loro natura e specifico il tipo di intervento da svilupparvi). I partiti borghesi di sinistra e l’aristocrazia operaia nei confronti dei comunisti alternano tentativi di isolamento ad espressioni di “amicizia” e ricerca di collaborazione.

2. Gli apparati repressivi dello Stato, dato il rapporto di forze in campo, hanno anch’essi grandi difficoltà nell’intraprendere il loro infame lavoro, camminano sul filo del rasoio, ricorrono solo in casi sporadici alla repressione aperta.

 

Le caratteristiche comuni emerse dall’analisi fatta, mostrano che in realtà è possibile creare ovunque (fabbrica, azienda, scuola, università, paese, quartiere, città, ecc) un concentramento di forze, se si sviluppa un lavoro minuzioso, paziente, tenace e lungimirante. Tenendo conto della specificità di ogni caso, diventa possibile ricavare principi generali, applicabili in qualsiasi aggregato sociale per elevarlo a concentramento di forze. Più esattamente, riteniamo che i principi guida nel lavoro di costruzione di un concentramento di forze siano i seguenti.

1. Individuare, attraverso l’inchiesta, l’aggregato sociale in cui i comunisti sono già legati organicamente con le masse popolari (fabbrica, se il comunista in questione lavora in fabbrica e possiede un ampio sistema di relazioni in essa; quartiere, se questo è il contesto in cui si presenta l’ampio sistema di relazioni; università; paese; ecc.). 

2. Intervenire inizialmente sulla rivendicazione più sentita espressa da questo aggregato sociale (lotta per la casa, lotta per la creazione di spazi ricreativi, lotta per il lavoro, lotta per la difesa della scuola pubblica e laica, anti-fascismo, ecc.).

3. Rispondere alle evoluzioni che si producono in questi aggregati sociali con evoluzioni ideologiche e organizzative, le quali permettano a tutti gli elementi più avanzati di progredire, senza perdere, allo stesso tempo, il contatto con gli elementi con meno coscienza politica e di continuare ad esercitare su di loro un ruolo di direzione. Applicare quindi con consapevolezza il principio che “il rafforzamento del legame dei comunisti con le masse è determinato dal rafforzamento del loro contributo alla costruzione del (nuovo)PCI e alla guerra popolare rivoluzionaria in corso nel nostro paese” ed utilizzare come principale metodo di direzione la linea di massa.

4. Quando il lavoro condotto in questo aggregato sociale giunge ad un certo livello, quando cioè i comunisti vengono riconosciuti come punti di riferimento e acquistano una capacità di mobilitazione delle masse popolari presenti in esso, bisogna lavorare per produrre un salto qualitativo, ossia bisogna cercare di rafforzare il rapporto esistente tra questo aggregato sociale e la realtà che lo circonda (in alcuni casi, come già detto, questo salto qualitativo si è prodotto attraverso l’uscita degli studenti, sotto la direzione dei comunisti, dal semplice contesto scolastico, affiancando gli operai in lotta contro la chiusura della fabbrica in cui lavoravano). In questo modo si estende l’influenza dei comunisti su un contesto più ampio, facendo leva sul loro punto di forza: l’aggregato sociale in cui sono già riconosciuti. Ma anche qui, come tutte le cose in natura, il processo non si sviluppa solo in senso unilaterale: estendendo l’influenza dei comunisti in altri settori e realtà, si rafforza anche l’influenza dei comunisti nell’aggregato sociale dove sono già riconosciuti e, allo stesso tempo, rafforzando i rapporti tra l’aggregato sociale in cui già si interviene da tempo e la realtà che lo circonda, si gettano le basi per far continuare ad esistere ed evolvere questo aggregato sociale come soggetto politico: se si è isolati si viene infatti sconfitti.

Sintetizzando: la creazione di un concentramento di forze è il risultato di un insieme di accumuli quantitativi e salti qualitativi (che certamente avvengono secondo le caratteristiche e le contraddizioni specifiche del contesto in cui si interviene). I comunisti partono da un determinato aggregato sociale, intervengono in esso con scienza conquistando la simpatia e il sostegno delle masse popolari che lo compongono, lavorano per mettere in relazione questo aggregato sociale con altri contesti (altri aggregati sociali), creano una superiore sintesi tra i differenti aggregati sociali: questo è il processo della creazione del concentramento di forze. 

Ancora una volta l’analisi scientifica della realtà dimostra che la chiave del nostro sviluppo risiede nella nostra concezione del mondo e nel nostro metodo di lavoro. Siamo noi che intervenendo nelle realtà determiniamo lo sviluppo dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie intorno al partito e della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Nulla cade dal cielo. E niente è a noi inaccessibile se ricaviamo e padroneggiamo le leggi della realtà. Al lavoro, quindi, compagni!

 

Claudio G.

NOTE

 

1. Nella storia, l’essere umano ha, in misura maggiore quanto più andiamo indietro nella storia dell’umanità, sempre fatto le cose prima istintivamente, spontaneamente e solo in
un secondo momento coscientemente, scientificamente. Dopo aver ripetuto la stessa azione un determinato numero di volte (accumulo quantitativo) e attraverso attività di successive elaborazioni che accompagnano l’azione pratica, gli uomini hanno
raggiunto una comprensione più elevata dell’azione stessa e del suo ruolo e sono arrivati così ad effettuarla con una consapevolezza tale da incidere in misura decisiva sull’azione (salto qualitativo). Vediamo alcuni esempi.

L’uomo ha cominciato a costruire case che avevano una certa stabilità molto prima che Newton scoprisse la forza di gravità e la elevasse a scienza.

L’uomo ha cominciato ad utilizzare la leva, molto prima che Archimede scoprisse le leggi proprie della leva e le elevasse a scienza.

Gli uomini hanno imparato ad orientarsi in mare molto prima di sapere che la Terra fosse rotonda.

Gli operai hanno iniziato a ribellarsi ai padroni e al loro Stato, ancor prima che Marx ed Engels sviluppassero l’analisi scientifica del capitalismo e della lotta di classe.

Il partito bolscevico condusse la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata e applicò la linea di massa e la lotta tra le due linee senza aver di esse una concezione scientifica e organica - che venne elaborata solo dal compagno Mao anni dopo. Ciò che permise al partito bolscevico di applicare correttamente una strategia (la GPL di LD), un metodo di direzione (la linea di massa) e uno strumento per lottare contro l’influenza della borghesia all’interno del partito (la lotta tra le due linee) di cui non aveva una concezione scientifica e organica, fu la capacità di analisi e applicazione del materialismo dialettico da parte del compagno Lenin e del gruppo dirigente bolscevico. La loro pratica era più avanzata della loro teoria, della loro concezione del mondo.

La realtà è sempre più ricca della teoria. Chi analizza la realtà con scienza si trova ad avere una pratica che inizialmente è più avanzata della sua teoria. Il processo pratica-teoria-pratica che gli uomini, di generazione in generazione, hanno compiuto nella loro storia plurimillenaria e di cui noi siamo lo stadio attuale, in una certa misura e in modo particolare viene ripercorso da ogni individuo, a partire dalla sua nascita (e in un certo modo anche prima, perché la relazione dell’individuo con il mondo esterno inizia certamente prima della nascita). Se si ha capacità di analisi, si comprende che quel “qualcosa” emette un profumo delicato e necessita di determinate cure e attenzioni ancor prima di sapere che è un particolare vegetale e chiamarlo rosa.

Lo stesso processo è avvenuto in quei compagni che hanno combinato in maniera eccellente il concentramento di forze con la dispersione di forze - pur non avendo di essi un’analisi scientifica.