La Voce 19

14 - Il Partito e le elezioni di aprile

giovedì 1 marzo 2007.
 

Secondo fronte

Il Partito e le elezioni di aprile

Che i comunisti conducano un’attività indipendente dai partiti borghesi nel “teatrino della politica” borghese è nell’attuale situazione

-  sia il modo migliore di sfruttare l’attività politica dei partiti e gruppi borghesi per accumulare forze rivoluzionarie,

-  sia una delle vie più efficaci per influire sull’attività politica della borghesia, cioè in qualche misura indebolire la sua azione ostile agli interessi immediati e strategici della classe operaia e delle masse popolari.

Questa considerazione è alla base della linea che il Partito oggi, nella fase di difensiva strategica della guerra popolare rivoluzionaria, segue su quello che abbiamo chiamato secondo fronte della politica rivoluzionaria. Essendo noi ancora deboli, dobbiamo usare con arte la forza della borghesia a nostro favore.

Ogni campagna elettorale deve quindi essere (e, per questo aspetto, la cosa vale di regola per ogni altra iniziativa sul secondo fronte),

-  sia una campagna di propaganda: per rafforzare nelle masse popolari la coscienza che “fare dell’Italia un nuovo paese socialista” è la sintesi di tutte le lotte particolari che esse conducono contro questo o quell’aspetto dell’oppressione borghese ed è la parola d’ordine generale che meglio contribuisce nel concreto a rafforzare ogni lotta particolare e a creare le condizioni più favorevoli alla sua vittoria;

-  sia una campagna di organizzazione: per creare nuovi contatti del Partito con individui e ambienti e rafforzare i contatti già esistenti, per promuovere la formazione o il rafforzamento delle organizzazioni di massa, per migliorare la capacità dei nostri compagni nel lavoro di massa.

Questa è la linea che il Partito segue e che ogni Comitato di Partito deve seguire, realizzandola nel modo migliore in ogni situazione concreta. (1)

Di regola, queste campagne si possono condurre meglio se sosteniamo liste e candidati che, anche se non sono direttamente legati al Partito, almeno si dichiarano comunisti, cioè si dichiarano anche loro d’accordo con l’obiettivo di “fare dell’Italia un nuovo paese socialista”. Quando non ci sono liste e candidati di questo genere, il Partito deve in ogni elezione decidere quale lista e quali candidati sostenere. Il criterio principale è fare la scelta che gli consente di condurre meglio quelle due campagne. Non importa se i candidati e i titolari della lista sono o no d’accordo con la nostra scelta di sostenerli. L’eventuale loro pubblico rifiuto del nostro dichiarato appoggio, darebbe certamente luogo a chiarificazioni politicamente interessanti e istruttive per gli elementi avanzati delle masse popolari, quindi potrebbe essere per noi proficuo.

Seguendo questa linea, il successo della partecipazione di un CdP a una campagna elettorale non è legato alle promesse e agli impegni dei candidati, sulla cui serietà attualmente abbiamo poca o nessuna sicurezza. Che i candidati che noi sosteniamo siano eletti o meno, che tengano o meno fede alle loro promesse e impegni, è un’altra questione. Restano comunque acquisiti i risultati ottenuti dal Partito e dal movimento comunista con la campagna elettorale: elevamento della coscienza delle masse popolari (in particolare degli elementi avanzati), rafforzamento delle organizzazioni di massa, rafforzamento della sinistra delle FSRS, rafforzamento organizzativo del Partito, rafforzamento ideologico e politico del Partito. L’attività complessiva del Partito è poi la garanzia che queste posizioni conquistate nella campagna elettorale non andranno perse, ma saranno punti di partenza per un ulteriore sviluppo. Una campagna elettorale condotta con pochi risultati, è come una battaglia conclusa senza vittoria: se sappiamo farne uso, diventa un’utile esercitazione per le nostre truppe.

Certamente è importante prendere nota dei risultati elettorali e controllare, meglio possibile e senza alterare in alcun modo la verità, quali e quanti elettori seguono le nostre indicazioni di voto. Avremo così un altro elemento per capire qual è attualmente l’influenza del Partito tra le masse popolari (che è la forma più blanda e più ampia di legame del Partito con le masse popolari). Anche i risultati ottenuti dai singoli partiti borghesi spesso ci forniscono utili indicazioni sullo stato d’animo delle masse popolari e sulle influenze che subiscono. Quindi considerarli è utile per definire meglio le nostre tattiche.

A elezioni avvenute, la nostra partecipazione al “teatrino della politica” borghese cambia forma. Deve diventare

-  interventi di propaganda sul numero più ampio possibile di temi che le forze borghesi in un modo o nell’altro portano all’attenzione delle masse popolari, per mostrare, chiaramente e nel modo più semplice e accessibile di cui siamo capaci, quali sono gli interessi delle varie classi; per mostrare come la borghesia imperialista usa il tema per dividere le masse popolari (la borghesia cerca sempre di trasformare la contraddizione tra il suo ordinamento sociale e gli interessi delle masse popolari in contraddizioni tra classi e gruppi delle masse popolari); per mostrare come contrasti apparentemente insolubili tra gruppi delle masse popolari sono insolubili solo a causa della comune oppressione della borghesia imperialista che subiamo;

-  interventi di propaganda per far risaltare il contrasto tra le promesse e gli impegni elettorali dei partiti borghesi e dei singoli eletti e la loro attività politica o amministrativa: non dobbiamo concedere tregua agli esponenti politici della borghesia. Possiamo rivoltare il sistema elettorale della borghesia contro di lei. È vero che, squalificato un suo esponente, la borghesia ne manderà avanti un altro: ma chi si arresta a questa considerazione liquidatoria dimentica che, se siamo noi comunisti ad averlo squalificato, le masse popolari hanno imparato che il Partito sa smascherare e noi abbiamo imparato a smascherare.

I compagni eletti devono ovviamente distinguersi in questi due tipi di interventi. Devono assumere in questi interventi un ruolo particolare, fornendo al Partito gli strumenti e le informazioni migliori e seguendo fedelmente e creativamente le indicazioni del Partito. Dobbiamo misurare l’amicizia degli eletti, di qualunque lista siano, con il Partito, dal loro comportamento rispetto a questi due interventi: quanto li favoriscono e quanto li ostacolano.

L’insieme di tutte queste attività è un’ottima scuola di formazione politica per chi le compie, e crea un grande campo per il lavoro di organizzazione: contatti del Partito da creare o rafforzare e mobilitazione e organizzazione delle masse popolari.

Quanto alla attività degli eletti che condividono l’orientamento ideologico e politico del Partito, essi devono mirare a elevare il livello di coscienza e di organizzazione della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari e a rafforzare il Partito. Non devono farsi vincolare dall’esigenza di far funzionare gli organismi elettivi, di far loro adempiere i compiti previsti dall’ordinamento politico della borghesia, i loro compiti istituzionali. Questi organismi, benché elettivi e quali che siano le condizioni in cui si svolgono le elezioni, anche se le elezioni si svolgessero nel più assoluto rispetto dell’eguaglianza di diritti dei candidati e anche se nel funzionamento degli organismi si osservassero scrupolosamente tutte le leggi, 1. sono strumenti della dittatura della borghesia imperialista: devono imporre alle masse l’ordinamento sociale capitalista, la subordinazione dei loro interessi e dei loro bisogni al rispetto della proprietà dei capitalisti e alla loro iniziativa economica e 2. sono strumenti della controrivoluzione preventiva. (2) Dobbiamo approfittare di ogni occasione e appiglio per rafforzare anche tra le masse popolari la coscienza di questi loro ruoli, con argomenti semplici e con esempi. Persino la stampa e la TV borghesi ne forniscono quotidianamente. I riformisti e revisionisti cercano di nascondere o far rapidamente dimenticare ogni episodio o avvenimento che mostra questi ruoli delle istituzioni elettive (oltre che degli altri organi dello Stato), di rafforzare tra le masse popolari la convinzione che “tutto sommato” quelle istituzioni sono espressione della volontà popolare, si occupano “anche” degli interessi generali e che è utile alle masse popolari che “funzionino bene”. Noi comunisti al contrario dobbiamo mettere in mostra e ricordare costantemente ogni episodio e avvenimento che mostra e conferma i loro ruoli principali ed essenziali, da cui non è loro permesso prescindere: essere organi della dittatura borghese sulle masse popolari e organi della controrivoluzione preventiva. I poteri di ogni organo elettivo si arrestano dove si scontrano con la proprietà privata e l’iniziativa economica privata dei capitalisti e con le esigenze della “sicurezza nazionale”.

Quanto ai contrasti e alle differenze tra partiti, gruppi e individui della politica borghese, noi non neghiamo che esistano. Da una parte dobbiamo mostrare alle masse popolari che nonostante tutti i contrasti e le differenze che li dividono, essi restano tutti chiusi, per le loro idee, per i loro progetti e soprattutto per la loro pratica, nell’orizzonte della società borghese, delle sue concezioni, abitudini e comportamenti mercantili, capitalisti e di oppressione di classe. Essi tutti hanno l’ordinamento borghese, le “leggi naturali” (le “leggi oggettive”) del capitalismo, la proprietà privata dei capitalisti e la loro iniziativa economica individuale come limite che non valicano. Neanche concepiscono che si possa valicare questo limite. Noi invece dobbiamo non perdere occasione per mostrare che è proprio il rispetto di questo limite invalicabile che strozza le masse popolari e impedisce ogni soluzione positiva per tutto l’insieme delle masse popolari, dei contrasti e delle strozzature che la società borghese ha creato: dall’inquinamento alla criminalità, dalla disoccupazione all’emigrazione, dall’ignoranza alla grettezza morale. Dall’altra parte dobbiamo sfruttare ed educare le masse popolari a sfruttare i contrasti tra partiti, gruppi e individui della borghesia, le loro differenze e la concorrenza che essi si fanno l’un l’altro, per strappare per le masse popolari concessioni e vantaggi più o meno precari, misure per quanto temporanee e parziali in contrasto con gli interessi della borghesia. (3) Per impedire che si uniscano contro le masse popolari e il movimento comunista, per neutralizzare il loro livore antipopolare e anticomunista, per ostacolare la repressione, per rafforzare il movimento comunista e il Partito. (4)

I neorevisionisti (PRC, PDCI, Verdi e sinistra DS) e alcune FSRS traducono questa giusta esigenza del movimento comunista nell’esortazione ad appoggiare i borghesi meno cattivi, i partiti e gli esponenti di sinistra della borghesia contro i gruppi più oltranzisti e fascisti e contro gli esponenti di destra della borghesia. Oggi concretamente traducono la lotta contro la banda Berlusconi nell’esortazione a rafforzare elettoralmente il circo Prodi. (5)

Alcune FSRS sono convinte che per stabilire e rafforzare i legami con le masse popolari bisogna essere moderati. Bisogna quasi confondersi con la borghesia di sinistra, in pratica aderire al circo Prodi. (6) Sono convinte che i loro legami con le masse popolari sono deboli perché esse avrebbero vedute e obiettivi “troppo rivoluzionari” mentre le masse popolari sarebbero arretrate e di destra. Non ricordano che le masse popolari hanno perso la fiducia che avevano nei comunisti come loro dirigenti quando e perché i comunisti (in realtà la combinazione dei revisionisti camuffati da comunisti e dei comunisti dogmatici incapaci di far fronte ai revisionisti) le hanno condotte alla rovina e alla sconfitta di fronte alla borghesia. Non ricordano che la mobilitazione reazionaria delle masse popolari prende piede proprio perché noi siamo incapaci di rimontare la china, siamo troppo moderati, troppo poco rivoluzionari e comunisti, troppo influenzati dalla borghesia. (7)

Il ragionamento semplicistico dei neorevisionisti (e di alcune FSRS al loro seguito) è grossomodo questo: “Le decisioni politiche e amministrative dipendono dai numeri in Parlamento e nei Consigli (regionali, comunali, ecc.). I partiti borghesi di sinistra (ma in generale dicono semplicemente “i partiti di sinistra”) sono meno cattivi dei partiti (borghesi) di destra. Se hanno la maggioranza in Parlamento (e nei Consigli regionali, comunali, ecc.), l’attività dello Stato, delle regioni, dei Comuni sarà più favorevole (meno ostile) alla masse popolari”. La linea dei neorevisionisti è quindi una linea fallimentare, una variante del cretinismo parlamentare: della fede sciocca che le decisioni politiche della borghesia siano prese dai Parlamenti, dai Consigli regionali e comunali. Basta considerare che la banda Berlusconi in Parlamento dal 2001 in qua ha avuto una comoda maggioranza. Perché allora non ha attuato il “programma comune” della borghesia (eliminazione delle conquiste delle masse popolari in patria e partecipazione alla grande al saccheggio dei paesi oppressi e degli ex paesi socialisti) nel modo radicale in cui la banda si era impegnata ad attuarlo, nel modo per il quale il grosso della borghesia (il Vaticano, la Confindustria, la Mafia, gli Agnelli, i gruppi imperialisti franco-tedeschi, i sionisti, i gruppi imperialisti USA) gli aveva affidato nel 2001 il governo del paese? Sono gli scioperi e le proteste nelle fabbriche, nelle aziende, nelle piazze e nelle scuole e non la forza della “opposizione parlamentare” degli attuali associati nel circo Prodi che hanno indotto la borghesia a dare l’altolà alla banda Berlusconi a cui essa aveva affidato il governo del paese. Per rafforzare il contrasto della borghesia di sinistra con la borghesia di destra ci vuole un movimento comunista indipendente dalla borghesia (in particolare indipendente dalla borghesia di sinistra) e forte. La borghesia di sinistra sarà tanto più di sinistra, tanto più “popolare” e tanto più forte rispetto alla borghesia di destra, quanto più il movimento comunista sarà indipendente dalla borghesia e forte. Durante l’ascesa del movimento comunista nella seconda metà del secolo XIX abbiamo visto papi (Leone XIII), nobili reazionari (Bismark) e capitalisti atteggiarsi a protettori degli operai e a filantropi. Durante la Resistenza e dopo la sua vittoria 60 anni fa, abbiamo visto non solo borghesi e professori, dai Pirelli agli Olivetti, ma persino papi, cardinali, vescovi, preti, suore e chierichetti (Dossetti, Fanfani, La Pira, ecc.) correre dietro ai lavoratori, scimmiottare i comunisti e promettere agli operai persino il paradiso in terra oltre a quello celeste con cui fino allora avevano tacitato le loro pecorelle e fare concessioni prima impensabili, pur di staccarli da un movimento comunista che sembrava loro minacciosamente inarrestabile. L’esperienza dei più che 150 anni di movimento comunista conferma questa legge. Tutta la storia politica dell’Europa Occidentale dal 1848 in qua lo mostra chiaramente a chiunque si prende la briga di studiarla. Alla fine degli anni ’30 del secolo scorso l’Unione Sovietica e l’Internazionale Comunista riuscirono addirittura a portare gli opposti schieramenti imperialisti (l’Asse Berlino-Roma-Tokyo da una parte e lo schieramento anglosassone e francese dall’altra) a cercare l’alleanza dell’URSS e del movimento comunista e a scontrarsi tra di loro, nonostante i mille legami finanziari, commerciali, politici e culturali che univano i gruppi imperialisti di tutti questi paesi e il loro comune forsennato e cinico anticomunismo. La nostra presenza nel “teatrino della politica” borghese, quanto più sarà indipendente dai partiti e gruppi borghesi e forte, tanto più obbligherà gli esponenti della sinistra borghese a rincorrerci e a fare promesse contronatura (contro la natura della borghesia, contrarie agli interessi della borghesia e quindi destinate ad essere mantenute il meno possibile, distorte il più possibile e cancellate appena possibile) alle masse popolari, tanto più taglierà l’erba sotto i piedi ai demagoghi della destra borghese e ai promotori della mobilitazione reazionaria delle masse, tanto più porterà tutta la borghesia a cercare compromessi (per lei rovinosi) con le masse popolari, a fare concessioni (per la borghesia veri e propri letti di costrizione, “lacci e lacciuoli” come diceva il defunto Guido Carli). L’attività dei comunisti nel “teatrino della politica” borghese, se è veramente indipendente dai partiti e gruppi borghesi e dall’influenza ideologica e politica della borghesia, mette in difficoltà tutti i partiti borghesi: obbliga la borghesia di sinistra a spostarsi sempre più a sinistra, a contrapporsi con più forza alla borghesia di destra, fino a cercare di far concorrenza ai comunisti sul terreno della soddisfazione degli interessi delle masse popolari (cioè afferma l’influenza dei comunisti nel campo borghese); crea ostacoli alla demagogia della borghesia di destra, alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari; obbliga tutta la borghesia a prendere posizione per la sinistra o per la destra. Quanto più noi saremo indipendenti da essa e forti, tanto più la borghesia cercherà di evitare di ripetere l’esperienza per lei fallimentare del fascismo e della mobilitazione reazionaria delle masse popolari. E quanto più noi saremo indipendenti da essa e forti, tanto più rovinoso sarà per lei ricorrervi, quando prima o poi vi ricorrerà come estremo tentativo di salvarsi dalla china su cui l’avremo trascinata. Al contrario, un movimento comunista semidipendente dalla borghesia, conciliante con i suoi interessi, largamente influenzato dalla borghesia e debole, lascia la borghesia libera di cercare di soddisfare i suoi appetiti, di fare i suoi interessi, di infierire contro le masse popolari. Tutto il corso dei rapporti di classe a partire dagli anni ’70 in qua lo conferma: in Italia, negli altri paesi imperialisti e nel resto del mondo.

È ovvio ma, date le circostanze e il peso che ha avuto e ha la funesta concezione della “via parlamentare al socialismo”, è il caso di ricordarlo, che sia l’indipendenza dalla borghesia del nostro intervento nel “teatrino della politica” borghese sia la sua efficacia sono strettamente dipendenti dalla nostra forza rivoluzionaria: dalla nostra esistenza indipendente dalla volontà e dagli sforzi della borghesia per soffocarci, dalla giustezza della nostra strategia, dal nostro legame con la classe operaia e con le masse popolari, dalla giustezza della nostra linea. L’intervento nel “teatrino della politica” borghese è un effetto, non la fonte della nostra forza rivoluzionaria. Benché a sua volta oggi esso sia uno strumento per accrescere la nostra forza rivoluzionaria e abbia valore e importanza (in una parola, sia giusto) solo finché ci serve a questo scopo. (8)

Alcune FSRS recalcitrano ad intervenire nel “teatrino della politica” borghese, a partecipare alle campagne elettorali e ai lavori degli organismi elettivi dello Stato borghese così come sono ostili al carattere clandestino del partito comunista. Non riescono a concepire un ampio lavoro pubblico dei comunisti in ogni campo della vita sociale perché non riescono a concepire un partito comunista realmente indipendente dalla borghesia sul piano politico, ideologico e organizzativo. Oscillano tra opportunismo (subordinazione) e settarismo (nessun compromesso, nessun gradualismo, “tutto e subito”). Quello che essi al massimo arrivano a concepire è un partito di opposizione radicale, “senza compromessi”, “senza se e senza ma”, alla politica borghese. Ma il partito comunista non è semplicemente un partito di opposizione per quanto radicale alla società borghese. Non è un appendice della società borghese. Non è la semplice negazione della società borghese. La sua concezione e le sue parole d’ordine non sono solo “No a qualcosa” o “Contro qualcosa”. Il Partito comunista è il nucleo costruttore e generatore della nuova società. È il centro del nuovo potere, dello Stato della dittatura del proletariato.

Il Partito comunista è ben più, è altra cosa che il suo lavoro elettorale e parlamentare. Come è altro e ben più del suo lavoro sindacale e di ogni altro lavoro che esso svolge nella società borghese, fondandosi su questo o quel suo aspetto contraddittorio e portando la contraddizione al suo limite estremo. Il Partito comunista manda suoi distaccamenti in ogni campo della società attuale o usa come suoi distaccamenti la sinistra che esiste in ogni ambito della società attuale, per fare il suo lavoro rivoluzionario, secondo il metodo della linea di massa. Niente e nessun o riesce a impedire a un partito comunista clandestino che ha assimilato il materialismo dialettico di svolgere questo suo lavoro.

Per il Partito comunista, l’intervento nel “teatrino della politica” borghese è uno degli aspetti del “lavoro legale del partito illegale”, del “lavoro pubblico del partito clandestino”. È un aspetto della nostra politica rivoluzionaria. Per questo il Partito appoggia tutte le FSRS e i compagni che presentano liste comuniste o che comunque nel “teatrino della politica” borghese si fanno portavoce, in qualche misura coerenti e onesti, degli interessi delle masse popolari. Che ne siano consapevoli o no, che ne siano convinti o meno, quelle FSRS e quei compagni attuano la politica del Partito. Perché la politica del Partito è la politica della difesa e dell’affermazione degli interessi strategici e degli interessi immediati della classe operaia e del resto delle masse popolari. È questo che unisce al Partito ogni FSRS e ogni compagno che lotta con una qualche coerenza e onestà per gli interessi delle masse popolari. Il Partito è la punta più avanzata, più solida, più coerente, più lungimirante e il retroterra sicuro e resistente a ogni attacco borghese, di tutto lo schieramento della classe operaia e delle masse popolari, di tutto quanto di organizzato, di cosciente, di sano le masse popolari mettono in campo contro la borghesia e il suo ordinamento sociale che le soffoca.

Umberto C.

Note

1. Per applicare la stessa linea, in ogni situazione concreta bisogna creativamente trovare soluzioni specifiche, adatte alla situazione. Ci è ad esempio giunta notizia che un compagno ha rifiutato di eseguire la direttiva di contattare un esponente di una FSRS suo compagno di lavoro, perché costui sul posto di lavoro è un noto sindacalista corrotto e quindi tra i due vi è contrapposizione quotidiana. È evidente che in una situazione del genere, per applicare la giusta linea comune, chi dirige non deve essere tanto schematico (dogmatico, poco attento alla particolarità della situazione e alla sue diverse facce) da incaricare il compagno che contrasta personalmente ogni giorno il sindacalista corrotto di contattarlo personalmente e che il compagno incaricato non doveva essere tanto individualista da rifiutare personalmente di eseguire la direttiva senza contestare il metodo di direzione e forse anche la direttiva stessa, chiunque fosse incaricato di attuarla. È il contatto con quel sindacalista corrotto il modo più indicato per contattare quella FSRS? Chi di noi è la persona più adatta a stabilire un contatto con lui? Così un comunista deve porre il problema.

2. In regime borghese, cioè finché la borghesia è classe dirigente, le campagne elettorali e le elezioni sono dominate dal denaro e la borghesia ne possiede in misura illimitata. Berlusconi è un caso esemplare. In pochi giorni grazie al suo denaro ha montato un partito e lo tiene in pugno, come tiene in pugno i suoi complici e alleati. La borghesia, grazie alla posizione che occupa nella società civile, può ricorrere e normalmente ricorre a imbrogli, mistificazioni e a mille altri trucchi che hanno trasformato le campagne elettorali in operazioni di manipolazione delle masse popolari, come normali campagne pubblicitarie. Tutto questo è vero, va sempre ricordato e va puntualmente denunciato. Ma vi è dell’altro.

In regime borghese, cioè finché la borghesia è classe dirigente, ogni organismo per quanto elettivo, è subordinato agli imperativi della “sicurezza nazionale”. Dipende dal prefetto, deve collaborare con gli organi di polizia e con le altre istituzioni dello Stato, i suoi membri sono vincolati ai doveri di pubblici ufficiali e sono per legge obbligati a collaborare con le altre autorità. Per le sue risorse dipende da banchieri e finanzieri. La borghesia e i ricchi hanno in esso un ruolo di gran lunga superiore al loro numero. Anche tutto questo è vero, va sempre ricordato e va puntualmente denunciato. Ma vi è ancora dell’altro. Noi lottiamo e dobbiamo lottare per la più assoluta eguaglianza di diritti politici, per la più ampia democrazia in senso borghese. Ma la più ampia democrazia politica non cancella la divisione in classi e le sue mille manifestazioni. Lotta per la più assoluta eguaglianza di diritti politici e lotta per il socialismo sono due lotte distinte in linea di principio, anche se vi sono mille legami nella pratica tra le due lotte, al punto che per opporsi alla lotta per il socialismo la borghesia ha dovuto e deve andare anche contro la democrazia borghese.

Gli organismi rappresentativi per loro natura sono espressione di una società fatta di individui e gruppi aventi interessi contrapposti che devono trovare una composizione, sono per loro natura espressione della società borghese. Hanno poteri limitati dagli altri organi dello Stato (esecutivo, magistratura, pubblica amministrazione), dalla proprietà privata dei capitalisti, dalla loro iniziativa economica privata e dall’ordinamento sociale borghese. Non possono in nessun caso funzionare come organismi promotori dell’emancipazione del proletariato e delle masse popolari dalla borghesia e della scomparsa della divisione della società in classi di sfruttati e sfruttatori.

Un comunista che non capisce tutto questo, che lo dimentica, che non approfitta della sua posizione di membro di un organo elettivo per denunciare tutto questo con esempi e con parole semplici e alla portata di tutti, che si preoccupa di far funzionare simili organi perché servirebbero alle masse popolari, viene meno ai suoi compiti e prepara, coscientemente o meno poco importa, il terreno per la collaborazione di classe, che in realtà è subordinazione delle masse popolari alla borghesia. Quel che le masse popolari strappano alla borghesia lo strappano perché le fanno paura. La borghesia cede alle masse popolari tanto più quanto più ha paura del peggio. Ogni giorno abbiamo sotto gli occhi (dall’asilo alle ferrovie, dall’aria che respiriamo al cibo che mangiamo) quello che fanno gli organi elettivi che funzionano, quando il movimento comunista è debole e la borghesia non ha paura. Ciò che decide è la mobilitazione delle masse popolari, la loro organizzazione e il loro orientamento. Ogni comunista membro di organismi elettivi deve impiegare tutte le risorse del suo ruolo per promuovere la mobilitazione, l’organizzazione delle masse popolari e per orientarle contro la borghesia e il suo ordinamento sociale. Questa è anche la via per le maggiori conquiste immediate, che sono comunque frenate e limitate dal limite posto non dal cattivo funzionamento degli organismi elettivi, ma dalla proprietà privata dei capitalisti e dal rispetto della loro iniziativa privata. Il cattivo funzionamento è l’effetto, non la causa del dominio della borghesia.

3. Noi marxisti dal tempo di Marx abbiamo chiaro quali sono le leggi del modo di produzione capitalista. Ma altrettanto ci è chiaro che non vi é alcuna muraglia cinese valida per tutti i casi e per tutti i tempi che divide ciò a cui è possibile costringere la borghesia finché essa resta classe dirigente della società, da ciò a cui è impossibile costringerla, benché esistano cose economicamente impossibili (come spiega Lenin, in Intorno a una caricatura del marxismo (1916) in Opere vol. 23) e benché, anche in questo campo, la quantità giunta ad un certo livello si trasformi in qualità. Pensiamo ad esempio alla riduzione dell’orario di lavoro. Il capitalista per sua natura tende ad allungare indefinitamente la giornata lavorativa. Se non si capisce questa legge del modo di produzione capitalista molti fenomeni della società borghese sono inspiegabili. Di fatto però in Europa Occidentale nel corso di 150 anni gli operai hanno imposto ai capitalisti, che tuttavia continuano ad essere classe dirigente, la riduzione della durata legale del lavoro da 15 e anche più ore al giorno a 40 e in alcuni casi anche a 35 ore settimanali, certamente con alti e bassi e con scostamenti da settore a settore e tra durata legale e durata reale. Tanto ogni legge di un dato modo di produzione è chiaramente e univocamente definita, altrettanto indefinito è a priori il risultato a cui in un dato caso concreto darà luogo la concreta combinazione delle varie leggi, dei vari modi di produzione e dei vari fattori sociali in presenza. Prendete una molla: fino a che punto essa possa essere compressa dipenderà dalla forza che la comprime, benché sia altrettanto sicuro che essa si espanderà appena si allenta la forza che la comprime, che la sua resistenza aumenterà con la compressione e che oltre una data compressione essa subirà deformazioni non reversibili. Una cosa è il “programma comune” della borghesia imperialista in questa fase, un’altra cosa è in che misura le consentiamo di realizzarlo. E uno dei fattori chiave del successo o insuccesso delle lotte rivendicative è l’esistenza di un vero e forte partito comunista.

4. Anche a parità di risultato immediato, è radicalmente diverso ai fini dell’emancipazione delle masse popolari dalla classe dominante l’effetto reale di una conquista strappata e imposta dalle masse popolari per via rivoluzionaria, con l’azione diretta delle masse (la mobilitazione, lo sciopero, la protesta, la dimostrazione, ecc.), intimidendo i padroni e amministrata il più possibile da esse stesse e l’effetto reale della stessa conquista concessa dalla classe dominante per calcolo di convenienza, a seguito di manovre interne alla classe dominante, attraverso la mediazione del partito riformista, amministrata dalla stessa classe dominante, usata da essa come esca per distogliere le masse dalla lotta rivoluzionaria e distorta da essa per far valere in forma diversa i suoi interessi contro le masse popolari e ribadire in forma diversa le catene che le tengono sottomesse. Noi comunisti dobbiamo ovviamente mirare in ogni circostanza a portare le masse a procedere per via rivoluzionaria. È la via che più rafforza le masse e meglio funziona da scuola di comunismo. La riassunzione di un lavoratore licenziato ottenuta con una manifestazione o uno sciopero, ai fini dell’emancipazione dei lavoratori dai capitalisti vale mille volte la stessa riassunzione ottenuta con un procedimento giudiziario. Di questa differenza reale dobbiamo tener sempre conto in tutta la nostra azione nel “teatrino della politica” borghese. Denunciare uno scandalo pubblicamente, ai fini dell’emancipazione delle masse popolari dalla classe dominante vale mille volte ottenere riparazione minacciando in privata sede la denuncia dello scandalo.

5. Vedi Le tre deviazioni in La Voce n. 9 pag. 54-60 (novembre 2001).

6. Si veda ad esempio la linea di confluenza elettorale nel circo Prodi adottata per le prossime regionali del 3 e 4 aprile dall’Associazione L’Altra Lombardia
-  Su la Testa
. Beninteso tra dichiarazioni di “critica radicale all’impostazione verticistica e programmaticamente moderata che alcune componenti [notate bene: “alcune”, non quelle che dirigono il circo - ndr) della coalizione democratica hanno dato e danno alle loro battaglie politiche” (Comunicato dell’Associazione in data 11.01.05). Questa Associazione aveva partecipato alle precedenti regionali del 2000 con lo slogan “centro-destra e centro-sinistra due facce della stessa medaglia”. Ora ha “leggermente” modificato la sua vecchia posizione. Ora l’Associazione afferma che “centro-destra e centro-sinistra spesso finiscono per essere due facce della stessa medaglia”. E naturalmente gli “associati” si propongono di evitare al centro-sinistra di “finire” per essere l’altra faccia della medaglia borghese. Essi fanno leva sulla forza delle loro esortazioni e sul “passato sia pure breve del candidato presidente Sarfatti nelle file dell’estrema sinistra”, cioè sulla presente personale natura di pentito, di transfuga del candidato presidente del circo Prodi: natura personale che Sarfatti condivide con tanti esponenti del centro-destra e del centro-sinistra. Come se fossero i reconditi personali sentimenti (per di più del lontano passato) del presidente della Regione che decidono della condotta del governo della Regione. In realtà centro-destra e centro-sinistra non “finiscono per essere due facce della stessa medaglia”. Essi “iniziano” essendo due espressioni complementari della stessa classe dominante. Lo sono per la loro natura e nessuna esortazione e nessun “passato giovanile” di uno o più suoi esponenti li possono sottrarre ad essa. D’altra parte, proprio per essere due espressioni complementari, sono anche due espressioni diverse. Lo erano ieri, come lo sono oggi, come lo saranno domani. La loro diversità sarà tanto maggiore, quanto più il movimento comunista sarà indipendente dalla borghesia, quanto meno sarà influenzato da essa e quanto più sarà forte. Quando la Resistenza divenne forte, persino alcuni preti divennero partigiani e persino Agnelli e Pirelli aprirono la loro borsa anche per le formazioni partigiane. Come si vede, il semplicismo estremista di ieri non salva dall’opportunismo di oggi. La realtà può essere compresa e trasformata, ma bisogna usare il materialismo dialettico come metodo di conoscenza e di trasformazione. Bisogna considerare che in politica gli interessi di classe prevalgono sulle inclinazioni individuali: non ci vengono ogni giorno proposti, in questo clima di riabilitazione del fascismo, esempi di borghesi, membri di una classe che aveva affidato il potere al nazismo, restati personalmente amici di ebrei e tanti altri casi di “virtù private” in esponenti di regimi criminali? Bisogna insomma ragionare da comunisti, per riuscire a tenere conto della varietà e contraddittorietà della realtà e lavorare efficacemente a trasformarla.

7. Considerate le FSRS che si distinguono poco da partiti e associazioni borghesi. Se non vi è un movimento rivoluzionario forte che ha centri promotori diversi da loro, esse hanno in linea generale partita persa perché la borghesia sul suo terreno dispone di mezzi ed esperienza maggiori. È una legge che si osserva chiaramente nel terreno sindacale. L’opposizione delle FSRS opportuniste e antipartito alla direzione borghese dei sindacati è di regola perdente.

8. La logica dialettica distingue chiaramente, sia nel processo generale sia in ogni momento concreto del processo, l’elemento dirigente dall’elemento diretto, la causa dall’effetto, ecc. ma altrettanto chiaramente riconosce che ciò che nel processo generale è l’elemento dirigente, in una fase concreta del processo può diventare l’elemento diretto e viceversa. Chi non riconosce queste leggi della dialettica materialista, o resta dogmaticamente aggrappato all’ordine delle cose definito una volta per tutte per il processo generale o si riduce a dire che “i due elementi si influenzano l’un l’altro”: cioè all’indeterminatezza e alla confusione proprie dell’eclettico e dell’opportunista. Per approfondimenti sulla logica dialettica, sommamente necessaria per condurre con successo il nostro intervento nel “teatrino della politica” borghese, rimando a Mao Tse-tung, Sulla contraddizione (1937), in Opere di Mao Tse-tung vol. 5.