La Voce 28 - marzo 2008

03.01 - Compagni, all’attacco!

Problemi di metodo
mercoledì 5 marzo 2008.
 
Il fattore decisivo del consolidamento e rafforzamento del Partito è un livello superiore di assimilazione del materialismo dialettico come metodo per conoscere il mondo e come guida per trasformarlo

Per la rinascita del movimento comunista!

Per approfittare della crisi della sinistra borghese!

La situazione è favorevole, il raccolto può essere abbondante!

Molti compagni e organismi lavorano assiduamente per la rinascita del movimento comunista. Ma sono frenati, scoraggiati o comunque incerti quanto al risultato del loro lavoro. Impressione diffusa è che i risultati sono scarsi. È vero che i risultati sono scarsi? Se è vero, quali sono i motivi?

Un primo aspetto della questione che dobbiamo considerare è che nel valutare il movimento di massa predomina in molti compagni lo spontaneismo: una concezione del movimento sociale in cui tutto o quasi tutto è spontaneo e niente o poco è il risultato dell’opera di propaganda, agitazione, organizzazione e mobilitazione, in breve del lavoro che i comunisti svolgono tra le masse. Questi compagni sono contenti della mobilitazione di massa, della quantità delle masse che aderiscono e spesso anche del livello di coscienza che le masse esprimono, delle parole d’ordine che le masse inalberano e in cui sintetizzano gli obiettivi della loro lotta e le loro aspirazioni. Quando indicano le cause di tanta mobilitazione, elencano lo sfruttamento, il peggioramento delle condizioni, cioè l’esperienza diretta e diffusa delle masse stesse. Alcuni compagni aggiungono l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria: questa infatti ha suscitato una coscienza diffusa dei propri diritti, che in realtà [Engels, AntiDühring ] è coscienza diffusa di alcuni aspetti della società che l’umanità oggi può costruire (dei presupposti del futuro che esistono nella società attuale), di alcuni aspetti della società che le masse hanno cercato di costruire durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (nei primi paesi socialisti e con le conquiste strappate alla borghesia, al clero e alle altre classi dominanti nei paesi imperialisti e nei paesi oppressi), di alcuni aspetti che la società del futuro avrà e deve avere, cioè della società comunista (infatti in generale quei “diritti” nel passato non sono mai esistiti, non sono mai stati praticati, non sono mai stati sanciti da usi, costumi o leggi). Alcuni compagni aggiungono l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria anche nel senso che questa ha creato anche una diffusa capacità organizzativa, che la crisi del movimento comunista, la dissoluzione di gran parte delle istituzioni (partiti, sindacati e altre organizzazioni di massa, Stati) che esso aveva suscitato, non hanno completamente cancellato. Pochi sono i compagni che sistematicamente indicano tra le cause e i fattori del movimento delle masse popolari la diffusa opera di propaganda, agitazione, organizzazione e mobilitazione che migliaia di comunisti e di lavoratori avanzati compiono tra le masse e che cercano di valutare, misurare l’efficacia di quest’opera con sistemi e indici affidabili, riscontrabili. Per concludere: molti compagni hanno ancora una concezione dello sviluppo del movimento di massa in cui l’effetto del lato cosciente e della formazione della coscienza, delle idee e dell’avanguardia che le elabora e le diffonde, è sottovalutato o assente (i compagni non hanno assimilato abbastanza gli insegnamenti che Lenin ha esposto nel Che fare? ). Quindi sottovalutano l’effetto della loro propria attività. L’altro lato della medaglia è che questi compagni dedicano poca attenzione alla loro propria azione, la curano poco, sono faciloni e trascurati nell’elaborare, scegliere, lanciare parole d’ordine, promuovere, organizzare e svolgere azioni di propaganda e di agitazione; trascurano il lavoro organizzativo: stabilire relazioni con nuovi compagni, assegnare loro dei compiti, curare la loro formazione, reclutarli. Lo spontaneismo spinge al disfattismo e al liquidatorismo (a sottovalutare, denigrare, trascurare, abbandonare il lavoro di partito, il lavoro organizzato).

In generale noi sottovalutiamo gli effetti e l’efficacia della nostra opera. Eppure la stessa borghesia ci ricorda l’efficacia della nostra opera con l’assidua (non “assurda” come sostengono alcuni nostri difensori), lunga, ostinata e crescente persecuzione con cui da 25 anni cerca di soffocare o almeno ostacolare la “carovana” del nuovo Partito comunista italiano.

Il secondo aspetto della questione è però che i risultati che otteniamo nel nostro lavoro sono effettivamente scarsi, inferiori non solo a quelli che ci attendiamo (nelle nostre attese ci potrebbe essere del soggettivismo, un’attitudine da sognatori, da gente che spera nei miracoli e sottovaluta tempi e forme reali della crescita dell’organizzazione e della coscienza delle masse e quindi del movimento delle masse), ma ai risultati che la situazione favorevole e la stessa grandezza delle mobilitazioni di massa mostrano che sono possibili. Questo vale soprattutto quando consideriamo i risultati organizzativi del nostro lavoro. Per risultati organizzativi intendo i risultati in termini di reclutamento, di raccolta di collaborazioni e di stabilizzazione di nuovi collaboratori, di creazione di nuovi organismi, di instaurazione di contatti stabili, di formazione di nuove relazioni. In breve i risultati in termini di raccolta, aggregazione della classe operaia e delle masse popolari attorno al Partito e nelle organizzazioni di massa che in qualche modo il Partito dirige o almeno influenza; di consonanza tra le parole d’ordine e gli obiettivi dei movimenti di massa con quelli per cui si batte il Partito. Lo scarto tra ciò che è possibile e ciò che otteniamo realmente appare chiaramente quando si confrontano tra loro i risultati ottenuti da organismi e da compagni che lavorano con metodi diversi (da qui l’importanza della “emulazione socialista”, delle esperienze-tipo, delle organizzazioni modello).

Perché in effetti la causa principale della scarsità dei risultati ottenuti da molti compagni e organismi, che pure lavorano assiduamente, è che il loro metodo di lavoro è primitivo, abitudinario, casuale. Non si sono ancora posti il compito di assimilare il materialismo dialettico come metodo di conoscenza (nell’analisi della situazione e nella deduzione da essa degli obiettivi e del programma e nel fare il bilancio dell’attività svolta) e come metodo di azione, di trasformazione (nella stesura dei piani d’azione e nella loro esecuzione).

“Assimilare il materialismo dialettico come metodo per conoscere la realtà e come metodo per trasformarla” deve diventare la nostra parola d’ordine. La nostra analisi della situazione generale è giusta. La linea del Partito è sostanzialmente giusta e abbastanza sviluppata: strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, fase della difensiva strategica, accumulazione delle forze rivoluzionarie, rinascita del movimento comunista, Piano Generale di Lavoro. La situazione interna e internazionale della lotta di classe è favorevole alla rinascita del movimento comunista. I risultati dell’azione dei comunisti dipendono principalmente dal loro metodo d’azione.

Nel nostro paese vi sono decine di migliaia di compagni che si dicono e vogliono essere comunisti. Vi sono centinaia di migliaia di operai avanzati e di elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. Ognuno di questi svolge un lavoro teso a far progredire la causa delle masse popolari e a rafforzarle da una parte e dall’altra a far retrocedere le pretese e a ridurre la forza della borghesia imperialista, del clero e delle altre classi dominanti. A questi noi dobbiamo costantemente e nel modo caso per caso più efficace dire che la situazione è favorevole alla causa delle masse popolari, alla rinascita del movimento comunista. Il risultato del lavoro di ognuno di loro e di ogni loro organismo dipende principalmente dalla concezione che lo guida, dalla linea che segue, dal metodo di lavoro.

Quanto a noi, ognuno di noi e ogni organismo del Partito deve partire dal criterio che il risultato del suo lavoro dipende principalmente dal suo metodo di lavoro. E precisamente da quanto ha assimilato e adottato il materialismo dialettico come metodo per conoscere la situazione in cui lavora, la realtà che deve e vuole trasformare e come metodo di azione, per trasformarla. Il compito dei comunisti è mobilitare, organizzare, dirigere le masse popolari a trasformare la società borghese in società comunista. Questo compito storico e generale si traduce in ogni momento e in ogni situazione in compiti particolari, che ogni organismo e compagno deve individuare e svolgere. Il Partito ha compiuto questo percorso, dal generale al particolare, dall’astratto al concreto, fino ad un certo punto. L’ultimo tratto deve per forza di cose essere compiuto dal singolo organismo e dal singolo compagno, ogni giorno, ogni mese, ogni anno, fase per fase, situazione per situazione, settore di lavoro per settore di lavoro. È quindi essenziale che ogni compagno e ogni organismo si impegni e faccia dei progressi nell’assimilare il materialismo dialettico. Come? Coscienza della necessità di assimilarlo, sapere che c’è quest’arma che egli può impugnare e incominciare a impugnarla partendo da quello che il Partito indica negli scritti pubblicati nella rivista La Voce , nella rubrica Problemi di metodo. Utilissimo anche l’opuscolo Problemi di metodo pubblicato dalle Edizioni Rapporti Sociali (rapportisociali@libero.it). Facendo e facendo il bilancio dell’azione compiuta, si impara a fare meglio.

Marco Martinengo

 

 

Edizioni Rapporti Sociali

(via Tanaro 7, 20128 Milano - tel/fax 02 26 30 64 54 - rapportisociali@libero.it)



Problemi di metodo

Rubrica di La Voce n. 27
novembre 2007

·  Assimilare e padroneggiare il materialismo dialettico

·  Materialismo dialettico e bilancio della nostra attività

·  Teatrino, masse popolari e comunisti

·  Sfruttare la crisi della sinistra borghese per promuovere la rinascita del movimento comunista

·  Guida per le assemblee

·  Tre note per il propagandista