Il futuro del Vaticano

2. Il Vaticano e la Chiesa Cattolica nel mondo

venerdì 11 agosto 2006.
 

Tesi sul Vaticano

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2. Il Vaticano e la Chiesa Cattolica nel mondo

Il Vaticano e la Chiesa di Roma sono una abbastanza ben delimitata organizzazione. Essa per svolgere la sua opera anticomunista e reazionaria in Italia e nel mondo si avvale di forze proprie che recluta, forma, organizza, controlla, distribuisce e dirige operando come un esercito. Ma per la stessa opera si avvale anche, in un modo diverso, dell’adesione e dell’apporto di massa di fedeli della religione cattolica. Non dobbiamo, mai né in alcun senso, considerare le due cose come una sola cosa. In particolare non dobbiamo, mai né in alcun modo, assumere che quella organizzazione rappresenti ed esprima la volontà o anche solo l’orientamento della massa dei fedeli; che sia emanazione ed espressione della massa dei cattolici; che la sua esistenza e l’orientamento della sua attività dipendano dalla massa dei fedeli. Il Papa e la sua Chiesa non si ritengono vincolati dalle opinioni e dalla volontà dei loro fedeli. Essi pretendono anzi che sono i fedeli ad essere vincolati alle opinioni e alle volontà del clero, dei vescovi e in definitiva del Papa che pretendono sia ispirato da Dio e insindacabile dagli uomini.

È sbagliato confondere la Chiesa Cattolica con i seguaci della religione cristiana cattolica. È la Chiesa stessa che ha posto, mantiene e impone una netta distinzione tra i fedeli (che essa stessa chiama “il suo gregge”) e la Chiesa: gli ausiliari laici e le suore, i preti e i frati, i vescovi vincolati tutti ad eseguire gli ordini del Papa (“i pastori”). Il Papa è il sovrano assoluto, alla testa di tutti. I pastori non si pongono il compito di elevare le pecorelle del gregge al livello dei pastori. Al contrario ogni pastore ha il compito di tenere le pecorelle del gregge nella posizione che è loro assegnata dalla dottrina e dai regolamenti della Chiesa. Solo i pastori possiedono e amministrano la verità che “viene loro da Dio”. Quelli del gregge che non obbediscono, il Papa li scomunica (li esclude dai riti) a milioni e a decine di milioni. Pio XII scomunicò decine di milioni di fedeli che non si sottomettevano alle sue concezioni, opinioni e direttive anticomuniste. La Chiesa di Roma scomunica decine di milioni di fedeli perchè divorziano, convivono senza sposarsi, hanno rapporti omosessuali, abortiscono legalmente o collaborano ad aborti legali o in generale non si sottomettono alle sue direttive in campi che per la Chiesa hanno particolare interesse.(5) Le pecorelle del gregge non hanno voce nella scelta dei vescovi e dei preti, dei loro pastori. Devono solo obbedirli. Finora perfino le richieste di essere consultati sono state respinte. È il Papa che sceglie a suo insindacabile giudizio i vescovi e li assegna a questo o a quel compito (nei Concordati il Papa ha dovuto accordare ai governi il potere di approvare le nomine papali). Sono i vescovi che selezionano, formano, consacrano e nominano i preti e li escludono se non obbediscono. La Chiesa Cattolica non è semplicemente in ogni paese una istituzione indipendente dallo Stato e anche dai cittadini del paese. Essa è una istituzione indipendente anche dai fedeli cittadini del paese. Essa proclama di essere al servizio della salvezza eterna della loro anima immortale e in nome di questo pretende comandarli nelle loro attività terrene. I fedeli locali la devono mantenere, subire e obbedire. Essa dirige o influenza lo Stato senza però portare alcuna responsabilità delle conseguenze della sua attività. Quando la Chiesa parla di libertà religiosa, essa intende libertà del Vaticano di formare, selezionare, controllare, nominare, rimuovere, escludere, dirigere i funzionari che comandano alle comunità locali di fedeli, senza interferenza delle comunità locali. Libertà religiosa è per la Chiesa libertà per il Vaticano ed esclusione di ogni libertà per i fedeli in materia di dottrina, di morale, di disciplina e di organizzazione.

Noi comunisti dobbiamo ben distinguere la Chiesa di Roma, dai seguaci della religione cattolica; la Chiesa come organizzazione clericale, dalla Chiesa come insieme di credenti e delle loro comunità. Questa distinzione non è né una nostra invenzione, né un frutto della nostra attività, né una distinzione arbitraria. Essa è nelle cose stesse, è una distinzione pratica. Il contrasto tra le comunità dei credenti (“il popolo di Dio”) e le Autorità ecclesiastiche (la struttura burocratica, il corpo di funzionari che fa capo al Vaticano, che il Vaticano seleziona, forma, nomina e vincola a sé con una serie articolata e crescente di provvedimenti - dipendenza economica, giuramenti, voti, minacce, punizioni, premi, ecc. - proprio perché esso stesso tende a disgregarsi e disperdersi) è nella realtà odierna e nella storia, dalla fine del Medioevo in qua. Noi dobbiamo curare e approfondire questa distinzione, sostenere gli sforzi delle comunità di credenti per emanciparsi dalla gerarchia ecclesiastica e per assumere esse stesse democraticamente la gestione della loro vita e delle loro attività religiose (della loro concezione del mondo, della loro morale, dei loro riti - la libertà religiosa) e la scelta dei loro “pastori”. Dobbiamo sostenere i loro sforzi per consolidare ogni grado raggiunto dal loro movimento di emancipazione, in modo che possa svilupparsi a un livello superiore.(6) Dobbiamo sopprimere la struttura ecclesiastica e il Vaticano che è alla sua testa e nello stesso tempo riconoscere alle comunità dei credenti la libertà di fede e di professione della loro fede. Lo Stato socialista dovrà riconoscere (come è già indicato anche nel nostro Programma) alle comunità di fedeli cattolici, alla pari con le comunità dei seguaci di ogni altra religione, opinione, morale o rito, la libertà di professare e praticare la loro religione e assicurare che effettivamente dispongano dei mezzi e delle risorse necessari per farlo, nella misura in cui non ledono gli interessi fondamentali della società e degli individui. Il ruolo delle comunità di cattolici nella società socialista prima e comunista poi, sarà determinato non dalle nostre idee, ma dal contributo che esse daranno all’opera comune di creazione di un nuovo mondo, di un superiore ordinamento sociale. Qui di seguito ci occuperemo solo del Vaticano e della struttura ecclesiastica che esso dirige e amministra, che ha ai suoi ordini e di cui dispone. Solo marginalmente e per quanto necessario ci occuperemo della religione cattolica, dei suoi seguaci e delle loro comunità.

Il Vaticano è il centro di una rete mondiale a più strati che costituisce la Chiesa Cattolica Romana: la Curia Romana con i suoi nunzi e delegati apostolici presenti nella maggior parte dei paesi del mondo e nelle istituzioni internazionali; il clero secolare delle diocesi e delle parrocchie con i suoi vescovi, parroci, ausiliari, collaboratori e le associazioni di laici dipendenti dal clero secolare (come l’Azione Cattolica); un gran numero (tra cento e duecento) di congregazioni e ordini religiosi e laici, maschili e femminili, alcuni presenti in decine di paesi e con decine di migliaia di membri; le organizzazioni di massa cattoliche (sindacati, associazioni come le ACLI, associazioni professionali e di categoria, opere pie, cooperative, associazioni di mutuo soccorso, ecc.) ufficialmente autonome (tengono congressi in cui discutono dell’attività svolta, fissano la linea da seguire, eleggono gli organismi dirigenti), ma che attraverso gli organismi dirigenti fanno capo al Vaticano che li tiene sotto controllo anche tramite gli assistenti ecclesiastici (cappellani nominati dalla gerarchia ecclesiastica che svolgono all’incirca il ruolo di consiglieri, di spie, di polizia politica).

Questa rete in molti paesi costituisce un sistema di potere politico parallelo a quello dei rispettivi Stati, poco o per nulla permeabile all’evoluzione dell’orientamento dell’opinione pubblica e della società civile del paese. In ogni paese esso è diretto da funzionari nominati (o almeno approvati e controllati) dal Vaticano e da esso revocabili. Essi non rispondono del loro operato alle istanze locali che essi dirigono, ma al Vaticano da cui ricevono anche le indicazioni degli obiettivi e della linea generale da seguire e i mezzi per operare quando non riescono ad attingerli direttamente sul posto dalle Autorità, dalla classe dirigente o dai fedeli. La Chiesa dispone di grandi risorse finanziarie proprie, di esperienze e risorse di ogni genere che la struttura mondiale sposta quando e dove lo ritiene necessario. Si avvale di un gran numero di uomini e di donne, selezionati e formati, che vi lavorano a tempo pieno. Gestisce un numero enorme di istituti scolastici di ogni ordine e grado (dalle scuole materne alle università) dove forma in modo palese e occulto (“subliminale”, implicito) milioni di allievi da cui recluta gli elementi più adatti. Possiede o almeno gestisce un gran numero di centri di ricerca, di mezzi di informazione (quotidiani, riviste, agenzie d’informazione, stazioni radio e TV, case editrici, case di produzione cinematografica, ecc.), opere di assistenza (ospedali, ambulatori, ospizi, opere di carità, ecc.). Ha accumulato e usa una consumata esperienza nella raccolta ed elaborazione di informazioni, nella condotta metodica di campagne di orientamento e manipolazione dell’opinione pubblica e nella tessitura di operazioni e di intrighi politici e finanziari. Il Vaticano ha un servizio di informazione talvolta e per certi argomenti più preciso, più largo e più abbondante di quello di qualsiasi altro Stato.

Il Vaticano con la sua Chiesa è di gran lunga la più potente multinazionale che oggi esista al mondo; la più vasta, potente e centralizzata organizzazione privata che sia mai esistita. Ha per certi aspetti le caratteristiche e i privilegi di uno Stato ed è riconosciuto come tale dalla maggior parte dei governi del mondo. Questo comporta una quantità di privilegi di cui non godono le ONG e le altre associazioni internazionali private, i privilegi riservati alle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri: valigie diplomatiche per le comunicazioni, immunità del personale diplomatico accreditato dall’azione della magistratura e della polizia, extraterritorialità delle sedi diplomatiche, vantaggi fiscali e doganali.

Del Vaticano, nel lontano 1924, Antonio Gramsci su La Correspondance Internationale, organo dell’Internazionale Comunista, scriveva: “In Italia l’apparato ecclesiastico del Vaticano comprende circa 200.000 persone: cifra impressionante, soprattutto se si tiene conto che comprende migliaia e migliaia di persone dotate di intelligenza, cultura, abilità consumata nell’arte dell’intrigo e della preparazione e condotta metodica e silenziosa di disegni politici. Molte di queste persone incarnano le più antiche e sperimentate tradizioni di organizzazione delle masse e, di conseguenza, costituiscono la più grande forza reazionaria esistente in Italia. Forza tanto più temibile in quanto insidiosa e inafferrabile. Il fascismo prima di tentare il suo colpo di Stato (nell’ottobre 1922, ndr) dovette trovare un accordo con essa. Si dice che il Vaticano, benché molto interessato all’avvento del fascismo al potere, ha fatto pagare molto caro il suo appoggio. Il salvataggio del Banco di Roma (nel 1923, ndr), dove erano depositati molti fondi ecclesiastici, è costato, a quel che si dice, più di un miliardo di lire al popolo italiano (per capire il valore della cifra, ricordare che l’intero debito pubblico italiano nel 1921 ammontava a 100 miliardi di lire, ndr)”.

Quanto fin qui detto permette di affermare, e quanto segue confermerà, che in molti paesi (tra i quali tutti quelli dell’Europa e delle Americhe) il Vaticano è in grado di mettere in campo forze importanti, interne e internazionali, contro ogni rivolgimento politico e ogni indirizzo politico cui reputi sia il caso di opporsi. La lotta che esso ha condotto contro la rivoluzione democratica negli anni ‘20 e ‘30 in Messico e negli anni ‘80 in Nicaragua, contro i primi paesi socialisti e contro il movimento comunista nel secolo appena terminato, hanno mostrato di cosa è capace quando vuole realmente contrastare un indirizzo politico.(7) Questo taglia corto alle discussioni circa la sua implicazione e complicità nei crimini del nazismo, del fascismo, del franchismo, del colonialismo e di tutti i regimi terroristici con cui le classi dominanti hanno insanguinato tanti paesi dell’Europa e delle Americhe negli ultimi cent’anni e circa la sua reale acquiescenza se non collaborazione di fronte alle aggressioni condotte dal governo di Washington: semmai è da chiedersi il perché delle dichiarazioni pubbliche che il Vaticano ha emesso contro le guerre di cui è complice e moralmente responsabile e che copre per lo meno sul terreno diplomatico e dell’informazione.(8) Più in generale chi vuole guardare le cose in faccia deve valutare il ruolo del Vaticano non solo per quello che ha fatto nel passato e per quello che fa oggi pubblicamente, ma anche per quello che non ha fatto e che non fa; per quello che impedisce di fare distogliendo l’attenzione e la mobilitazione di uomini e donne che, grazie agli strumenti di dominio ereditati, dirige; per quello di cui gli uomini e le donne che esso dirige hanno bisogno e di cui esso non si preoccupa. Il Vaticano fa un gran parlare di difesa della vita per ostacolare l’uso dei metodi anticoncezionali e l’assistenza sanitaria alle donne che abortiscono, ma cosa fa contro la guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista conduce in ogni angolo del mondo contro le masse popolari e che uccide e mortifica milioni e milioni di persone (solo i bambini inferiori a cinque anni morti per denutrizione sono, secondo l’ONU, più di sei milioni ogni anno)?

Pochi Stati oggi sono in grado di rivaleggiare con l’organizzazione multinazionale del Vaticano. Essa è in grado di mobilitare ed eventualmente concentrare in un singolo paese funzionari, mezzi finanziari e risorse d’ogni genere che attinge alle proprie riserve o raccoglie al momento da altri paesi; di acquisire in questo modo una forza importante se non preponderante nei rapporti politici, economici e culturali di ogni singolo paese; di mobilitare contro di esso una notevole se non decisiva pressione internazionale (politica, finanziaria o economica, quando non anche militare). Il Vaticano cerca di esimersi da ogni responsabilità quando gli fa comodo: ma di fronte a tutti gli scontri e le lotte che oggi dividono il mondo, la sua reale responsabilità è pari alla forza che esso può mobilitare e dispiegare, non all’impegno che pubblicamente dichiara.

La rete di potere del Vaticano si dirama da Roma come una tela di ragno e copre l’Italia, il resto dell’Europa con annessi i paesi di origine europea e una parte delle ex colonie europee in Africa e in Asia, il resto del mondo.

La distribuzione nel mondo della rete del Vaticano, la mappa della sua densità e della sua forza paese per paese, in una certa misura è segreta. Dipende da relazioni, occulte o comunque riservate e confidenziali, che il Vaticano ha con le Autorità e con gli altri esponenti della classe dominate. Ma è possibile avere un’idea approssimativa di essa e della sua evoluzione nel tempo tramite gli annuari vaticani, delle Chiese locali, delle congregazioni, degli ordini e delle associazioni di massa cattoliche. La semplice denuncia di questa mappa avrebbe un rilievo politico e metterebbe in luce le responsabilità del Vaticano nel marasma sociale attuale. Da questa mappa risulta che vi è una connessione stretta tra la distribuzione della rete vaticana nel mondo e 1. i popoli europei rimasti, totalmente o almeno in misura importante, cattolici alla conclusione delle “guerre di religione” che insanguinarono l’Europa nei secoli XVI e XVII (dalla scomunica di Lutero nel 1520 ai Trattati di Westfalia nel 1648); 2. le migrazioni di questi popoli in nuovi paesi dove confinarono in riserve, assimilarono o annientarono le popolazioni originarie (le Americhe e l’Australia); 3. i paesi dove la dominazione coloniale fu spinta fino a cancellare l’identità culturale delle popolazioni locali (paesi dell’Africa subsahariana, le Filippine e altri minori).

Vi è quindi una relazione stretta tra la storia della rete mondiale del potere del Vaticano e la storia dell’Europa e della sua espansione nel mondo. Ciò da una parte spiega l’estensione mondiale della rete del potere del Vaticano. Essa è un risvolto del ruolo che i popoli europei hanno assunto nel mondo intero negli ultimi sei secoli con l’avvento, a partire da essi, del modo di produzione capitalista e con l’unificazione del mondo nel sistema imperialista mondiale. Dall’altra parte mostra anche la (prima) debolezza del Vaticano. Negli ultimi dieci secoli esso, nonostante tutti i suoi sforzi di evangelizzazione, di conquista religiosa, di azione missionaria e gli enormi mezzi messi in campo per renderli efficaci, è riuscito a dare alla sua rete di potere radici nella popolazione locale solo dove è stato protetto e spinto in avanti da un potere coloniale amico, che si serviva dell’attività religiosa, caritativa, educativa, umanitaria dei missionari per dividere la popolazione locale, eliminare la sua tradizionale coesione culturale e linguistica, sottometterla, spezzarne la resistenza, indurla a collaborare. In nessun paese il Vaticano è riuscito a rifare qualcosa di simile a quello che i primi cristiani avevano fatto nell’Impero Romano nei primi quattro secoli dell’era cristiana (nei secoli I - IV) e quello che in una certa misura continuarono a fare nei cinque secoli successivi (dal secolo V al secolo IX) nei confronti dei popoli che con le invasioni barbariche vennero a contatto con le popolazioni dell’ex Impero Romano: i popoli germanici, nordici e slavi. Nel periodo che va dal secolo V al secolo IX la Chiesa di Roma fu l’intellettuale collettivo organico (interprete, promotore, organizzatore, direzione e coscienza) della preservazione delle popolazioni invase e della loro combinazione e fusione con gli invasori fino a costituire una nuova società, la società feudale europea. I progetti di evangelizzare i Turchi e i Cinesi, i cui principali promotori furono rispettivamente Nicola Cusano (1401-1464) e Matteo Ricci (1552-1610), rimasero lettera morta.(9)

Al contrario, dalla fine dell’Alto Medioevo in qua si ha un susseguirsi di restrizioni prima territoriali e poi sociali, in estensione e in profondità, dell’influenza della Chiesa Cattolica Romana.

Le prime due di esse colpirono la Chiesa di Roma quando essa era ancora nel pieno del suo vigore di totalitaria espressione e massima istituzione del mondo feudale. Sono la conseguenza del declino subito dall’Europa feudale nelle relazioni internazionali. Di fronte all’avanzata degli Arabi e poi dei Turchi (dal secolo VII al secolo XVII) la Chiesa di Roma perde l’Asia Minore, l’Africa del Nord e parte dell’Europa Orientale. In secondo luogo con lo Scisma d’Oriente, che si consuma tra l’863 e il 1054, la Chiesa di Roma perde gran parte dei popoli slavi e dell’Europa Orientale.

Seguono quindi due nuove ondate di restrizioni che avvengono nell’Europa feudale. Sono la conseguenza della crisi che subisce la Chiesa di Roma, istituzione organica della società feudale europea per la concezione del mondo che incarna, per la morale e i riti che propugna e per la sua organizzazione, a causa dell’ascesa in Europa Occidentale della società borghese. La crisi della Chiesa di Roma è un aspetto della crisi e del declino della società feudale in Europa. Dapprima vi sono i movimenti popolari religiosi e le eresie dei primi secoli attorno al Mille. Essi però col tempo vengono riassorbiti dalla Chiesa e danno origine a nuovi ordini religiosi (francescani, domenicani, ecc). Già il Tomismo è un’operazione difensiva di largo respiro rispetto al mondo borghese che avanza. Tommaso d’Aquino (1225-1274) dimostra che la concezione feudale del mondo (la fede) è compatibile con quello che la nascente borghesia viene affermando (la ragione). Ma la crisi della Chiesa di Roma diventa incontenibile con la Riforma protestante. Tra il 1517 (l’anno in cui Lutero (1483-1546) pubblica le sue 95 Tesi), il Concilio di Trento (1545-1563) e i Trattati di Westfalia (1648), la Riforma sottrae alla Chiesa di Roma gran parte dell’Europa del Nord: paesi scandinavi, Gran Bretagna e una buona parte dei territori del Sacro Romano Impero Germanico. Ma vi è di più. Essa riduce il ruolo e il potere del clero non solo nei paesi in cui essa trionfa, ma in tutti i paesi cristiani.

La Riforma apparentemente mantiene la crisi della Chiesa ancora sul terreno religioso. Sembra proporre, come le eresie precedenti, una modifica della concezione del mondo, della morale e dei riti della Chiesa di Roma. In realtà la modifica è tale che rompe con la concezione del mondo che la Chiesa di Roma incarnava: la concezione in cui l’intero universo è ricreato a immagine e somiglianza della società feudale che dall’economia cortense, attraverso successivi gradini, sale fino all’Imperatore e al Papa che è il Dio in terra, l’unico in diretto rapporto con Dio e autorizzato a parlare in suo nome (i vescovi e il resto del clero agiscono solo su delega del Papa). La Riforma esprime, sul terreno delle immagini, dei sentimenti e delle idee, le nuove relazioni sociali che la borghesia viene creando in Europa: la rottura dei mercanti, degli artigiani, dei banchieri, dei professionisti con le divisioni, mediazioni, autorità, ordinamenti, pratiche, valori, usanze, costumi e relazioni feudali. Essa a sua volta rafforza e accelera quella rottura. Essa spinge e incoraggia ogni individuo a relazionarsi direttamente con Dio tramite la propria fede: così come si relaziona con ogni altro individuo (con la società) tramite il suo personale denaro. La Riforma non cancella completamente dalla società europea la Chiesa di Roma che incarna la vecchia struttura feudale europea, ma la riduce, nel complesso dell’Europa che mantiene la sua unità, al rango di una forza particolare contrapposta alle Chiese protestanti (riformate). (10) La Controriforma non può che accettare questa riduzione. Preserva la Chiesa di Roma dalla rovina completa, ma la trasforma, la delimita, la irrigidisce come dottrina, come morale, come riti e come organizzazione. La divide dalle masse, la sovrappone e contrappone ad esse: si fa Stato.

Con la Controriforma la Chiesa Cattolica si arrocca metaforicamente come in un campo trincerato. Con i suoi articoli di fede che riflettono l’evoluzione intellettuale, le conoscenze scientifiche, le esperienze sociali e l’organizzazione politica dell’umanità nell’Europa medioevale. Una umanità che attende difesa e protezione dai suoi guerrieri e signori feudali e sopporta invasioni, saccheggi, epidemie e carestie. Con i precetti morali che traducono in norme di comportamento individuale ciò che gli individui devono fare perchè continui a vivere e si sviluppi una società continuamente minacciata da invasioni e saccheggi, la cui sopravvivenza a epidemie, carestie e guerre dipende dall’abbondanza delle nascite e dall’unità della famiglia che è l’unità base di lavoro di una società cronicamente carente di manodopera. La Chiesa si cristallizza come sovrastruttura ideologica di una società che ha natura, contraddizioni, problemi e aspirazioni ben diversi da quelli della società che sta sviluppandosi in Europa e che si svilupperà pienamente nei secoli successivi.

Di conseguenza tra i suoi membri e i suoi fedeli si sviluppa il fenomeno della doppia, triplice e quadruplice morale, teorizzato dalla casistica dei Gesuiti, con la connessa dissociazione mentale e morale degli individui. Per mantenere i suoi privilegi e imporre la sua autorità la Chiesa può sempre meno contare sulla forza dell’intima convinzione degli individui, sulle sue buone ragioni. Deve ricorrere alla forza delle Autorità secolari delle nuove società europee e viene quindi a dipendere da esse.

La Chiesa di Roma cessa quindi di essere l’istituzione che elabora e incarna le necessità delle masse, l’intellettuale organico delle masse. Guarda con sospetto ogni cambiamento, ogni novità, ogni nuova idea.

Rende impossibile o difficile il suo stesso sviluppo storico, la sua trasformazione dall’interno come essa era ancora avvenuta durante il primo Rinascimento. La Compagnia di Gesù fu l’ultimo ordine religioso. Gli ordini e le congregazioni religiose costituite successivamente in gran numero, non innovano sul terreno religioso - che il Concilio di Trento ha irrigidito e codificato “per l’eternità”. Hanno un compito, un ruolo e un significato disciplinare.

Sono cioè strumenti per conservare o ristabilire l’autorità della Chiesa di Roma su questo o quel settore delle masse, in questo o quel terreno che le sfugge. La decadenza della Chiesa continuerà infatti fino al secolo XIX, quando inizia la fase imperialista della borghesia. L’insieme dell’attività politica, filosofica, giuridica, pubblicistica, culturale che nel Medioevo aveva costituito l’esercizio diretto del potere della Chiesa - come intellettuale organico, interprete e avanguardia della massa della popolazione - dopo la Riforma diventa la macchina per l’esercizio del potere indiretto, dell’influenza sulle Autorità politiche e sugli esponenti autorevoli della società civile (banchieri, industriali, commercianti, professionisti, ecc.). Il cardinale gesuita Roberto Bellarmino (1542-1621) teorizza esplicitamente l’esercizio indiretto del potere da parte della Chiesa di Roma. Essa cessa di esprimere e orientare direttamente l’attività pratica delle masse, perde il ruolo di capopopolo. Si appoggia alle Autorità secolari e ai nuovi capi della società civile. Usa le masse popolari, dove e quando può, se ne ha bisogno come massa di manovra e di pressione nei confronti delle Autorità, quando queste recalcitrano a rendere servizio o vanno troppo lontano o troppo veloci. Infine è venuta la restrizione operata dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese (1789). A partire dal secolo XVIII questi due movimenti corrodono il potere della Chiesa di Roma. Dapprima la sua egemonia sulle classi dirigenti e poi, specie in Francia e in alcune altre regioni d’Europa, sulla massa dei popoli europei rimasti soggetti alla Chiesa anche dopo la Riforma protestante. Inizia il superamento in massa della concezione religiosa del mondo. Questo processo è strettamente legato al trionfo politico della borghesia e introduce all’epoca tuttora in corso.

Come risultato di queste due ultime restrizioni, la Chiesa di Roma cessò definitivamente di svolgere il ruolo sociale che essa aveva svolto in Europa durante il Medioevo e dovette definire il suo ruolo di fronte alle forze fondamentali che si contendono la direzione della società attuale: la borghesia e il proletariato.

Il Vaticano e la sua struttura mondiale di potere sono quindi il residuato storico nel mondo attuale del Papato, la maggiore delle due grandi istituzioni universali (comuni cioè a tutta l’Europa) del Medioevo europeo. I Papi di Roma sono una dinastia che dura da circa 2000 anni. Un periodo lunghissimo, ma non un’eccezione se lo si confronta con la durata di altre importanti dinastie. Quella dei Faraoni d’Egitto è durata all’incirca 3000 anni: dal 3200 al 300 avanti Cristo. Quella degli Imperatori della Cina è durata circa 4000 anni: dal 2100 avanti Cristo al 1911.

Il potere dei Papi di Roma si è costituito gradualmente dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel V secolo dopo Cristo. Dal 756 al 1870, cioè per circa 1100 anni, il Papa di Roma fu il Dio in terra e il sovrano dei sovrani, ma fu anche un sovrano come gli altri sovrani: signore feudale prima e poi monarca assoluto di alcune regioni della penisola italiana che, con piccole e temporanee appendici in altre zone d’Europa, costituivano gli Stati Pontifici.

La religione cristiana si formò e si diffuse a partire dai popoli e dai gruppi sociali che nell’ordinamento sociale e politico dell’Impero Romano erano oppressi. Nacque come veste ideologica del movimento pratico di sovversione della costituzione sociale e politica dell’Impero. Questa aveva la schiavitù come sua cellula costitutiva.

Le parole d’ordine della nuova religione (“Né liberi né schiavi. Tutti figli dello stesso Dio e redenti dallo stesso Cristo”) apparentemente proclamarono valori universali: l’abolizione della schiavitù. Ma il loro significato concreto fu di essere la bandiera del concreto movimento storico il cui risultato fu la sovversione e la decadenza dell’Impero Romano privato della sua cellula costitutiva fondamentale. La schiavitù sopravvisse qua e là come relazione sociale secondaria ed ausiliaria. In certi periodi successivi riprese perfino vigore: i cristiani ridussero in schiavitù gli indigeni americani e dall’Africa trasferirono nelle loro colonie americane milioni di schiavi. Ciò mostra e conferma che il contenuto pratico del movimento cristiano era l’abolizione del concreto ordine sociale e politico dell’Impero Romano, non la realizzazione universale dell’abolizione della schiavitù. I cristiani non tradussero mai in un ordinamento concreto la parola d’ordine con cui avevano sovvertito l’impero, anche se non ristabilirono mai più l’ordinamento schiavistico che avevano distrutto.(11) Nei paesi cristiani la schiavitù fu legalmente abolita e bandita (divenne reato) solo nel corso del secolo XIX.

La nuova religione si incarnò invece nella società feudale europea e assunse, nella Chiesa di Roma, le forme di questa società. Il Medioevo europeo è l’età d’oro della Chiesa di Roma. Ancora oggi il mondo ideale che i pensatori cattolici integralisti illustrano ha le forme, i valori e le relazioni della società dell’Europa medioevale. Il Medioevo con la sua economia cortense, le sue corporazioni e la sua gerarchia è rimasto il sogno della Chiesa ed è la fonte a cui si ispirano gran parte, se non tutti i movimenti reazionari europei (il fascismo, il nazismo, ecc.). Nelle condizioni createsi nell’Europa sconvolta dal crollo dell’Impero Romano e dalle invasioni barbariche, la religione cristiana fu la forma già pronta, preparata dalla storia precedente svoltasi nei territori invasi, della fusione tra i popoli sottomessi e i popoli invasori da cui nacque la società feudale europea. Essa guidò la formazione della nuova società e creò l’immagine ideale di essa, una concezione del mondo che dava ragione delle norme e delle istituzioni che reggevano e permettevano la vita della nuova società. Alla Chiesa Cattolica appartennero in quell’epoca i dirigenti e le istituzioni che inquadrarono e diressero l’attività della nuova società in ogni campo. Tutta la società fu cristiana perché il cristianesimo assunse, nella Chiesa di Roma, forme corrispondenti e adeguate alle condizioni pratiche dell’epoca in Europa, senza curarsi della continuità con le dottrine, la morale, i riti e la struttura organizzativa dei cristiani quando lottavano contro l’Impero Romano. Nel suo universo ultraterreno la Chiesa associò ai martiri del periodo eroico della sua affermazione in seno all’Impero e delle persecuzioni facendo fronte alle quali i cristiani si erano moltiplicati, le figure idealizzate dei dirigenti della società feudale. Esaltò come virtù cristiane dettate da Dio e chiavi per l’ingresso al Paradiso, le qualità, i valori e i sentimenti costitutivi e fondanti della società feudale. Dimenticò perfino le sue origini giudaiche per lanciare anatemi contro i giudei che turbavano con la loro presenza la società feudale.

La Chiesa di Roma è quindi, per sua natura, una istituzione del mondo feudale europeo. I servi, la scala gerarchica dei signori feudali, i principi e i re di quel mondo, le sue pene, i suoi premi e castighi, i suoi tormenti e le sue gioie, i suoi valori e le sue relazioni si riflettono idealizzati nel mondo ultraterreno che la Chiesa di Roma amministra, nella sua concezione del mondo. Cessato sulla terra, il mondo del Medioevo europeo ha continuato e continua a vivere, sospeso nei cieli della dottrina della Chiesa e da lì continua ad assillare gli uomini e le donne, fin dalla più tenera infanzia nelle scuole materne. La Chiesa cerca di imporre le regole, le relazioni, i valori, perfino i paramenti, la lingua, le musiche, le cerimonie di quel mondo agli uomini e alle donne che, in un mondo molto diverso, si professano cristiani cattolici e il più che le riesce anche agli altri. Per ben precise ragioni, che vedremo, essa è sopravvissuta in un mondo che è cambiato e in cui però ha un ruolo pratico e attualissimo. In questo mondo diverso si presenta in forme (concezione del mondo, principi morali, costumi, riti, formule, paramenti, edifici di culto, formule organizzative, ecc.) che sono mediazioni tra quelle della sua epoca d’oro e le necessità che i tempi nuovi e le avverse condizioni sopravvenute le impongono. Da secoli oramai per sopravvivere essa deve delimitarsi, ritagliarsi il suo ruolo, rincorrere il mondo che le sfugge e di contro ridefinire l’irrinunciabile, irrigidirsi, aggiornarsi e difendersi. Le timide innovazioni del Concilio Vaticano II (1962-1965) fanno ancora scandalo e provocano rigetti. Il Concilio Vaticano II espresse l’influenza che la prima ondata della rivoluzione proletaria aveva avuto nella stessa organizzazione ecclesiastica. Fu un tentativo di adeguarsi all’evoluzione del mondo, per sopravvivere. Ma per alcuni era solo l’inizio di una più profonda trasformazione che portava alla dissoluzione della multinazionale ecclesiastica facente capo al Vaticano. Per altri era già una concessione avventurosa, oltre il massimo che poteva essere concesso. Ma le pretese di aggiornarsi e le querele su cosa può essere concesso e cosa va difeso con intransigenza, confermano tutte il ruolo oramai subalterno della Chiesa di Roma: non è lei che guida la danza, si adegua al ritmo dettato da altri sia pure con figure sue proprie.

Nell’universo immaginario costruito secondo le strutture della società feudale europea, il Papa di Roma continua a pensarsi e a voler essere venerato come il Dio in terra (come del resto hanno preteso molti altri sovrani “per diritto divino” e alcuni, dall’imperatore del Giappone al re del Nepal, lo pretendono ancora oggi) e il sovrano dei sovrani, il centro mondano superiore a ogni potere perché incaricato di amministrare il potere sulle anime che sono una qualità superiore ai corpi su cui le Autorità degli altri Stati esercitano il loro potere.

Nell’universo reale i Papi di Roma raggiunsero il culmine della loro potenza nel secolo XVI, quando Roma e la penisola italiana furono per la seconda volta al centro della civiltà europea. Ma già da alcuni secoli la Chiesa di Roma aveva cessato di essere la forza propulsiva e animatrice della civiltà europea. Da alcuni secoli essa ormai era in contrasto con le forze nuove che sorgevano dal seno della società cristiana europea: le forze dei Comuni, delle Repubbliche Marinare, dei mercanti, dei banchieri, della Lega Anseatica, dei nuovi intellettuali laici. Queste fondarono poco a poco costumi, comportamenti, relazioni e sprigionarono idee che non erano più quelli della Chiesa di Roma, anche se ancora non si ribellavano ad essa. Gli individui e i loro traffici vennero un po’ alla volta ad occupare il centro dell’attenzione e a sollecitare la riflessione. Lutero con la sua concezione ancora del tutto religiosa sovvertì però la Chiesa gerarchica, ridusse il ruolo del clero e mise in rapporto diretto con Dio ogni individuo. In realtà la cosa valse solo per gli individui di alcune classi, ma la massa fu obbligata dalla stessa ben materiale e sanguinosa lotta condotta dalla Chiesa di Roma a condividere la religione del suo principe. Tolta la mediazione del clero agli ordini del Papa, una mediazione ben terrena e capace (direttamente o tramite il braccio dell’Autorità secolare) di costrizioni del tutto corporali, l’individuo si trovò in realtà in relazione con il prodotto della sua fantasia e quindi in concreto con se stesso (la sua coscienza e la sua carne) e con gli altri individui. Ideologicamente eravamo già nel mondo borghese e il Papato era in piena decadenza.

Come ogni potere, esso era nato per opera degli uomini che ne avevano bisogno per la loro vita sociale. Ebbe un ruolo progressista e propulsivo finché corrispose a quei bisogni. Quando non vi corrispose più, grazie alla forza che nel frattempo aveva concentrato nelle sue mani e all’abitudine che nel frattempo era invalsa tra i suoi sudditi, esso, essendosi salvato dai tentativi delle forze avverse di sopprimerlo violentemente e bruscamente, poté conservarsi per un certo tempo e assumere nuovi ruoli. Ma il suo destino è segnato. Sempre minore è il numero degli uomini, in specie tra quelli socialmente più attivi, che trovano in esso la loro direzione e la fonte o il conforto morale (ideologico) della forza della loro attività e della loro opera. Esso è diventato un freno e un ostacolo allo sviluppo della società. Questo avviene nonostante la contrarietà del Papato. Ed esso deve periodicamente adeguarsi tramite crisi, scosse, sconvolgimenti. A partire circa dal secolo XII la Chiesa di Roma è vissuta nel ruolo del vecchio patriarca di cui le nuove leve hanno ancora bisogno, a cui anzi alcuni si appoggiano ancora e a cui tutti professano fedeltà e rendono omaggio, che è ancora titolare del potere che ha accumulato nel passato, ma che è ormai un ostacolo alle innovazioni che premono, che si affermano, che scoppieranno alla sua morte o lo uccideranno per potersi finalmente affermare in libertà.

La massima dissociazione, il massimo contrasto tra la Chiesa di Roma e le forze vive della nuova società che si veniva formando in Europa, la borghesia, venne raggiunto nel secolo XIX. Il Papato perse allora anche la sua particolare base territoriale e la sua fonte autonoma ed esclusiva di uomini e imposte: lo Stato Pontificio. Per sua fortuna la perse nel 1870 per “conquista regia”: il re d’Italia invase il Lazio e Roma. Non la perse travolto dall’insurrezione dei suoi sudditi come in una certa misura era avvenuto nel 1848. Proprio questa perdita e il modo in cui avvenne, crearono le condizioni per una svolta importante che avvenne allora nella storia del Papato e per la sua temporanea rinascita in un nuovo ruolo.

Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1792-1846-1878) è per eccellenza il Papa dell’estrema decadenza e dell’estremo arroccamento del Papato a difesa della sua sopravvivenza nel vecchio ruolo: dogma dell’immacolata concezione (1854), Sillabo (1864), Concilio Vaticano I (dicembre 1869 - settembre 1870) e dogma dell’infallibilità papale.

Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1810-1878-1903) è per eccellenza il Papa della svolta: della accettazione, definizione e assunzione del nuovo ruolo della Chiesa di Roma nel mondo. Essa viene incontro a un bisogno pratico e pressante della borghesia, accetta l’offerta della borghesia di raccogliere le residue forze del Papato e diventare grazie ad esse il puntello e lo scudo del dominio della borghesia contro il montante movimento comunista; di usare il suo residuo ascendente sulle donne, sui contadini e su una parte dei lavoratori urbani contro il montante movimento comunista; di mettere la sua consumata esperienza di uomini, di potere e di educazione al servizio della società borghese contro il montante movimento comunista.

In cambio la borghesia imperialista non si sottomette, ovviamente, alla Chiesa né spiritualmente né tanto meno in campo politico ed economico: nei costumi, nei comportamenti, nelle leggi, nelle relazioni sociali, nelle relazioni internazionali, ecc. Non si ritorna al Medioevo, cosa impossibile. La dottrina sociale della Chiesa, consacrata nella citatissima, applaudita e inapplicata enciclica Rerum novarum del 1891, resta uno specchietto per allodole - come le Costituzioni progressiste, “quasi socialiste”, che la borghesia imperialista firmerà in Italia, Francia e altrove dopo la 2a Guerra Mondiale. Però per legge e ancora più nella pratica (nel comportamento delle Autorità politiche e dei borghesi: le autorità della società civile) la borghesia imperialista conferisce alla Chiesa di Roma con larghezza mezzi finanziari e strumenti di potere: opere pie, scuole, ospedali e ospizi, privilegi ed esenzioni, immunità e protezione, impegno a creare una opinione pubblica favorevole (manipolazione della storia per cancellare o attenuare la complicità della Chiesa col nazifascismo e regimi affini, occultamento dei reati finanziari, sessuali, ecc. del clero, ecc.). La borghesia è una classe sfruttatrice: la Chiesa deve solo adattare le vecchie forme feudali del suo dominio e del suo sfruttamento a quelle delle borghesia che è ormai nella fase imperialista della sua vita. Era principalmente proprietaria terriera e immobiliare: ebbene la Chiesa diventa principalmente operatore finanziario, speculatore finanziario, banchiere, assicuratore, speculatore immobiliare: la trasformazione che la Mafia siciliana farà solo cento anni dopo. La Chiesa diventa un titolare di proprietà e di iniziativa privata tra gli altri, ma con i vantaggi che le conferiscono la sua esperienza, le sue dimensioni, la sua centralizzazione nazionale e internazionale, la sua abitudine al segreto, la larghezza e la varietà delle sue relazioni e delle sue attività, la forza di convinzione e di pressione che le danno il confessionale e l’amministrazione delle maledizioni e delle benedizioni divine, il legame non salariale o non principalmente salariale o comunque non unicamente salariale con i suoi funzionari e dipendenti, il celibato dei suoi preti, dei suoi frati e delle sue monache, l’esenzione dai codici del lavoro, dai contributi sociali e dalle imposte sulle proprietà e sui redditi, l’esenzione dal servizio militare, le sue prerogative statali, ecc. ecc. Il Concordato diventa il contratto-tipo della nuova relazione che si stabilisce tra la Chiesa di Roma e le Autorità degli Stati borghesi. Lo Stato limita la propria sovranità e riconosce al Vaticano una forma di sovranità su persone e beni situati sul suo territorio. Non più la forma di sovranità sovranazionale del Medioevo quando il Papa, scomunicando l’imperatore o il sovrano, scioglieva i loro sudditi dall’obbligo divino della fedeltà. Né quella succeduta alla sovranità medioevale con la costituzione delle monarchie assolute semi-borghesi. È una derivazione aggiornata su misura del nuovo compromesso. In cambio il Papa assicura la collaborazione della gerarchia ecclesiastica e dei fedeli con il potere costituito: sulla base di giuramenti e impegni morali da cui la Chiesa può però sciogliere ogni suo fedele in ogni circostanza in cui le convenga.

Il nuovo ruolo assunto dalla Chiesa di Roma è un aspetto, di primaria importanza ed esemplare, del compromesso con le classi e le istituzioni del vecchio regime (monarchie, nobiltà, burocrazia militare e civile, magistratura, ecc.) con cui la borghesia, in tutti i paesi europei alla metà del secolo XIX, chiude precipitosamente la sua fase rivoluzionaria, di fronte alla minaccia del movimento comunista. Allora essa chiamò a raccolta tutte le classi e le istituzioni dei vecchi regimi perchè collaborassero a difendere la proprietà e i privilegi delle classi dominanti contro il movimento comunista montante. Infatti allora nei principali paesi europei e nell’America del Nord si erano create le condizioni oggettive e soggettive della rivoluzione socialista. Entriamo ormai nell’epoca imperialista, l’epoca della decadenza del capitalismo, della rivoluzione proletaria e della controrivoluzione preventiva.

Da allora la Chiesa di Roma diventa in maniera sempre più spiccata un baluardo importante e sicuro del mondo borghese contro il movimento comunista, pur restando in continuo e secondario contrasto con il mondo borghese perché non appartiene ad esso ma resta (per la sua concezione del mondo, per la sua morale e per la sua organizzazione) un residuato del mondo feudale adottato dal mondo borghese e in qualche misura adattato ad esso.

Alla luce di questo nuovo ruolo della Chiesa, diventano comprensibili sia il suo legame e la sua complicità con il fascismo, con il nazismo, con qualsiasi regime anticomunista, con le “democrazie borghesi”, con l’imperialismo americano; sia la sua differenziazione da ognuno di questi regimi. La Chiesa di Roma li appoggia, ma resta autonoma. Contratta compensi, vuole il rispetto dei suoi privilegi e se ne distacca quando il regime le appare oramai condannato. Al pari diventano comprensibili la sua lotta irriducibile contro il movimento comunista e la sua capacità tutto sommato notevole di individuare e sfruttare ogni limite ed errore di esso, allargare con abilità ogni contrasto e ogni contraddizione, senza alcuno scrupolo o pregiudizio. Questa capacità trovò largo campo di azione quando il movimento comunista cadde sotto la direzione dei revisionisti moderni. Allora il movimento comunista cessò di essere nemico irresistibile, capace di esercitare la sua influenza e la sua forza di attrazione non solo sul “gregge dei fedeli” che la Chiesa tosa e lascia tosare dalla borghesia imperialista senza pietà, ma perfino sul corpo dei “pastori”. Il movimento comunista divenne invece uno zimbello che la Chiesa mise in scacco su tutti i terreni: ottenne concessioni e privilegi senza fine e nello stesso tempo divenne direzione della fronda e dell’opposizione. Il culmine la Chiesa lo raggiunse quando in Polonia negli anni ‘70 diventò, proprio essa, promotrice e direzione della protesta di una parte importante della classe operaia contro il regime dei revisionisti moderni: salvo poi abbandonare gli operai nelle grinfie dei capitalisti una volta che gli operai le ebbero fatto il sevizio di diroccare quello che restava del socialismo.

Abbiamo accennato all’influenza del movimento comunista sul “gregge dei fedeli” e perfino sui “pastori” della Chiesa di Roma, cioè sulla massa dei fedeli - che ovviamente sono oltre e prima che fedeli, membri delle rispettive classi sociali - e persino sul corpo dei funzionari della Chiesa: che sono reclutati da diverse classi sociali e subiscono individualmente e collettivamente l’influenza delle classi e dei movimenti sociali, hanno ognuno uno sviluppo intellettuale e morale, ecc. Questa Chiesa che in questi giorni si presenta (e che la borghesia e i suoi leccapiedi presentano) sfolgorante nella sua gloria e invincibile, in realtà nel secolo appena terminato ha attraversato momenti di panico, in cui l’ascesa del movimento comunista sembrava anche ai suoi capi inarrestabile e persino suoi esponenti di rilievo gettarono ponti o semplicemente disertarono individualmente in direzione del movimento comunista. Più volte i capi del Vaticano hanno messo a punto o aggiornato progetti per trasferire altrove, fuori dalla penisola, il centro mondiale delle loro attività. Non solo i lavoratori non seguivano le loro direttive, non reagivano come speravano ai loro appelli, alle loro minacce e alle loro scomuniche. Persino settori importanti dei funzionari del Vaticano oscillavano o collaboravano con il movimento comunista. Il Modernismo fu l’espressione di un movimento del genere nel corpo dei funzionari della Chiesa all’inizio del secolo scorso. La Teologia della Liberazione ha avuto lo stesso significato, dopo la 2a Guerra Mondiale. Il Concilio Vaticano II appartiene allo stesso genere di fenomeni.

La lezione che tiriamo è che l’avanzata del movimento comunista non solo è in grado di vincere la Chiesa dall’esterno, ma è in grado anche di seminare panico e sfiducia, disperazione, al suo interno. Al contrario la linea di cedimento e di conciliazione con la borghesia imperialista lanciata e praticata dai revisionisti moderni rafforza la destra anche nel corpo dei funzionari della Chiesa. Va infine notato che, se confrontiamo i rapporti di forza tra il movimento comunista e il Vaticano all’inizio del secolo scorso e oggi, il risultato è largamente favorevole al movimento comunista benché oggi questo sia al fondo di una crisi che è stata molto grave.

Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria la borghesia imperialista, e la Chiesa con essa, ha fatto l’esperienza del ricorso al fascismo e al nazismo per difendere le sue posizioni: è stata un’esperienza fallimentare sia per la borghesia imperialista sia per la Chiesa. La classe operaia e le masse popolari hanno pagato un prezzo altissimo, ma la borghesia imperialista ha corso il rischio che perfino nei paesi imperialisti europei venissero creati paesi socialisti. Cosa che probabilmente avrebbe segnato la vittoria definitiva della rivoluzione socialista nel mondo. Difficilmente la borghesia imperialista affiderà nuovamente la direzione della lotta contro il movimento comunista a gruppi e movimenti analoghi a quelli che l’ebbero durante la prima ondata. È invece probabile che essa chiami la Chiesa Cattolica a svolgere un ruolo di primo piano per frenare e ostacolare la rinascita del movimento comunista e che la Chiesa sia quindi chiamata a porsi alla testa della mobilitazione reazionaria delle masse popolari di cui la borghesia imperialista ha bisogno per far fronte al procedere della nuova crisi generale del capitalismo. Di certo già ora la Chiesa sta sfruttando su larga scala il timore che la condotta della borghesia imperialista suscita tra le masse popolari, per allargare la sua influenza. Anche se questa sarà effettivamente la strada che la borghesia imperialista e la Chiesa di Roma imboccheranno, ciò non salverà né l’una né l’altra dalle fine a cui sono condannate.

Il movimento comunista è certamente in grado di venire a capo della Chiesa e della borghesia imperialista. Né la borghesia imperialista né la Chiesa di Roma sono in grado di risolvere le questioni che la vita pone oggi di fronte all’umanità. Queste non richiedono un qualche diverso trattamento delle masse popolari da parte delle classi dominanti. Se così fosse, prima o poi, in un modo o nell’altro, sotto una bandiera o l’altra, le classi dominanti lo adotterebbero. Le questioni pratiche che la vita pone oggi di fronte all’umanità possono tutte essere risolte. L’umanità può certamente riprendere la via di progresso civile indicata dalle linee generali del percorso che essa ha seguito nei millenni che conosciamo. Ma esse per essere risolte richiedono un avanzamento generale e capillare delle masse popolari in campo culturale e politico fino ad assumere in massa rispetto ad ogni aspetto della loro vita, nei rapporti con il resto della natura e con la propria vita sociale e individuale, un ruolo che esclude ogni classe dominante: quindi richiede la fine della divisione dell’umanità in classi di sfruttati e di sfruttatori, di oppressi e di oppressori; della divisione tra persone che sanno e persone che non sanno, tra persone fatte per comandare e persone fatte per obbedire, tra persone educate a guidare e dirigere e persone educate a eseguire, alla passività, alla precarietà e all’emarginazione. Per sua natura la borghesia imperialista non è in grado di condurre le masse popolari a questo risultato. Tanto meno lo sono la Chiesa e il Vaticano. La classe operaia invece lo può fare ed è anche, per essa, l’unica via per porre fine alla sua subordinazione alla borghesia. È la strada su cui il movimento comunista cosciente e organizzato e in prima fila i partiti comunisti guidano la classe operaia. Parafrasando Gramsci diremo: “La posizione del movimento comunista è opposta anche su questo terreno a quella della Chiesa Cattolica. Il movimento comunista non tende come la Chiesa a mantenere le masse popolari nella filosofia primitiva del senso comune. Tende invece a condurle a una concezione superiore della vita. Se afferma che gli intellettuali devono legarsi alle masse popolari, non è per limitare l’attività scientifica e per mantenere l’unità all’attuale basso livello intellettuale e morale in cui tutta la storia che abbiamo alle spalle ha relegato le masse popolari. Ma per costruire un blocco intellettuale e morale che crei le condizioni politiche necessarie perchè vi sia un progresso intellettuale e morale di massa e non solo il progresso di ristretti gruppi di intellettuali” (A. Gramsci, Testo 12 Quaderno 11 - pagg. 1384-1385 delle ed. Einaudi 2001).


Note:

(5) Ovviamente quando il numero dei fedeli dissidenti, estromessi, espulsi, scomunicati, ecc. supera un certo livello, ciò mette in pericolo il ruolo sociale, quindi il potere e il reclutamento, ecc. della Chiesa e il clero corre ai ripari. Prima o poi “Dio cambia opinione”, cambiano le sue eterne verità rivelate e i suoi “precetti di natura”. È successo ripetutamente. Succederà certamente nel prossimo futuro. La Chiesa e il suo clero rincorrono i fedeli, quando non riescono più a impaurirli e sottometterli, quando i ricatti e le minacce dell’inferno e delle maledizioni di Dio non bastano più a tenerli stretti alla Chiesa.

È importante osservare quali sono i problemi che “per la Chiesa hanno particolare interesse”, per capire la natura e il ruolo della Chiesa. Usura, speculazioni finanziarie, evasione fiscale, serrate e licenziamenti sono certamente per la Chiesa cose di minor interesse che una relazione extra coniugale. La guerra di sterminio non dichiarata e le sue decine di milioni di morti all’anno suscitano meno allarme nella Chiesa che l’assistenza sanitaria accordata alle donne che abortiscono.

(6) I casi di contrapposizione delle comunità di fedeli alla gerarchia sono numerosi anche al di fuori di movimenti generali quali il Modernismo e la Teologia della Liberazione.

L’aggiornamento del Concordato combinato dal governo Craxi con il Vaticano nel 1984 ha introdotto una serie di misure ostili all’autonomia dei fedeli e che rafforzano la gerarchia ecclesiastica. Ad esempio i contributi finanziari che lo Stato versava alle parrocchie, ora sono versati alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI): il parroco che non obbedisce si vede tagliati i viveri. Il fatto che il Vaticano abbia voluto queste modifiche, conferma la tensione tra comunità di base e gerarchia.

(7) La rivoluzione democratica implica in ogni paese la rivoluzione agraria. Nella maggior parte dei paesi oppressi l’attività agricola ha una grande importanza e la Chiesa è una grande proprietaria terriera (lo sono le sue diocesi, parrocchie, opere pie, conventi, congregazioni, ecc.). Quindi essa è anche bersaglio diretto delle rivoluzioni democratiche e accanita oppositrice di ogni rivoluzione democratica. Per non parlare dell’ostilità della sua gerarchia e dei suoi migliori fedeli contribuenti di fronte all’emancipazione culturale e psicologica che ogni rivoluzione produce o rafforza in grandi masse della popolazione. Di converso, ogni rivoluzione democratica dei paesi oppressi è un nostro alleato nella lotta contro il Vaticano.

(8) Le innumerevoli richieste di perdono di Giovanni Paolo II per la parte svolta dalla Chiesa di Roma in guerre, stragi ed altri misfatti del lontano passato (le crociate, la conquista dell’America, l’Inquisizione, ecc.) servono a distrarre l’attenzione dalle responsabilità e complicità della Chiesa di Roma nelle nefandezze compiute dalla borghesia nell’epoca imperialista, nella guerra di sterminio non dichiarata che avviene attorno a noi e anche sotto i nostri occhi, nell’eliminazione delle conquiste, nella persecuzione degli immigrati, ecc. ecc. Le private iniziative di beneficenza e soccorso tacitano i rimorsi e i sensi di colpa degli individui. Non cancellano il sostegno alle Autorità e agli indirizzi politici responsabili di quelle nefandezze.

(9) L’insuccesso non è da addebitarsi all’impermeabilità dei Turchi o dei Cinesi (e l’osservazione vale anche per altri popoli non europei o non di origine europea) alla cultura europea: alla differenza “naturale”, “razziale”, ecc. tra Oriente e Occidente. Basta considerare la rapida diffusione che hanno avuto il liberalismo nel secolo XIX e soprattutto il marxismo nel secolo XX. Il motivo dell’insuccesso sta nel fatto che la concezione del mondo (con la morale e i riti connessi) che la Chiesa di Roma voleva diffondere è la trasfigurazione fantastica e la sovrastruttura della società feudale europea. Riflette lo stadio di sviluppo intellettuale e psicologico, delle conoscenze scientifiche, ecc. dei popoli europei nel Medioevo. Essa da una parte è simile (omologa) a quella che i Turchi, i Cinesi, ecc. già avevano elaborato o assimilato - non a caso Cusano, Ricci e altri vedevano mille punti comuni tra le religioni dei popoli che volevano evangelizzare e la religione cristiana. Dall’altra parte non era (come invece il liberalismo e il marxismo) una concezione del mondo superiore che potesse rappresentare, illustrare e nello stesso tempo sostenere e rafforzare le esistenti e sparse tensioni al superamento delle condizioni sociali esistenti, come il cristianesimo lo era stato per i popoli e le classi oppresse dell’Impero Romano e per i popoli germanici, nordici e slavi. Cusano, Ricci e soci cercavano di vendere ai Turchi, ai Cinesi, ecc. quello che essi avevano già, né avevano la forza per costringerli a sostituire i loro abiti con quelli europei di pari efficacia. Volevano conquistare al proprio re i Turchi, i Cinesi, ecc. che già avevano un loro re di pari valore. È la stessa questione per cui i cristiani, che avevano convertito i Germani invasori, non riuscirono a convertire gli Arabi quando questi invasero l’Asia Minore e l’Africa del Nord: gli Arabi avevano già una loro sovrastruttura di pari valore e in più avevano sull’Europa medievale il vantaggio nelle armi e nell’organizzazione politica.

(10) La formula cuius regio, eius religio (ognuno deve professare la religione del principe del paese dove risiede), sancita dalla pace di Augusta (Augsburg, 1555), sancisce l’unità nella diversità religiosa dell’Europa, la sconfitta del Papa e la subordinazione della religione all’Autorità statale e quindi il bisogno della Chiesa di farsi Stato

(11) Si può osservare che la schiavitù persistette nel mondo cristiano. Addirittura riprese vigore e riassunse un ruolo economico importante per quasi quattro secoli, tra il secolo XVI e il secolo XIX, nei paesi cristiani, tra le loro colonie americane e l’Africa. Proprio perciò bisogna distinguere i due piani diversi. 1. La sovversione del concreto ordinamento sociale e politico dell’Impero Romano che avviene a partire dalla eliminazione della sua cellula costitutiva che era la schiavitù. 2. La lotta contro la schiavitù in generale, l’abolizione della schiavitù, l’equiparazione della schiavitù a un reato, come l’antropofagia o l’omicidio. Il primo punto è il processo storico reale compiuto all’insegna del cristianesimo. Il secondo è un processo la cui realizzazione storica non è ancora compiuta: vi sono stati passi avanti e passi indietro, come è inevitabile in una società basata sull’oppressione e lo sfruttamento. Analogamente la vittoria della borghesia non realizzò per tutti l’uguaglianza, la libertà e la fraternità che erano sulla sua bandiera.

I cristiani non si posero però mai più l’obiettivo di reintrodurre la schiavitù come base universale della loro società, benché accettassero e praticassero per secoli (e pratichino ancora) la schiavitù. Come è avvenuto e avviene tra i musulmani e altrove. I dogmatici che presero alla lettera il Vangelo, trovarono assurdo e impossibile che gli esseri umani fossero schiavi. Allora discussero seriamente se gli schiavi erano o no esseri umani, se avevano o no un’anima. La lettera della fede diceva loro che gli uomini non potevano essere schiavi: quindi gli schiavi non erano uomini. La stessa cosa era del resto successa per le donne. Non era assurdo che anch’esse fossero “figlie di Dio e redente da Cristo” visto che subivano quello che subivano? I Santi Padri della Chiesa discussero animatamente se le donne avessero o no un’anima. Marcello Pera e Costanzo Preve, intenditori di natura umana, eterna e creata da Dio, si sarebbero trovati a loro agio in tali consessi. E non sono i soli!