La Voce 27

Tre note per il propagandista

Problemi di metodo
giovedì 1 novembre 2007.
 
di Tonia N.

 

1.

Ogni volta che si va a fare un’attività di propaganda (intervento in un’assemblea/convegno, comizio, distribuire un volantino ecc.) bisogna:

1. chiedersi a chi si va a parlare: usare tutte le conoscenze che si riesce a raccogliere, informarsi dello stato delle cose, della storia precedente, della composizione (classe, genere, età, posizioni politiche e sindacali, ecc.);

2. fissare quale obiettivo (o, in ordine di priorità, quali obiettivi) ci si propone di ottenere con l’intervento: farsi conoscere, raccogliere adesioni dei più prossimi, conoscere meglio composizione e posizioni, orientare in una data direzione su un dato argomento, ecc.;

3. decidere quali temi affrontare nell’intervento, quali posizioni illustrare (con un ordine di importanza). Non è che noi mentiamo (diciamo una cosa in un posto e il contrario in un altro posto). Applichiamo la linea di massa: partiamo dalle persone che in quel posto hanno le posizioni più avanzate e ci poniamo l’obiettivo di rafforzarle e svilupparle nella direzione giusta.

Quanto all’intervento, ogni volta che è possibile bisogna usare esempi e riferimenti diretti, presi dall’esperienza diretta degli ascoltatori. Rifarsi a quello che essi già conoscono: rende il nostro intervento più efficace.

Fare attenzione a quello che dicono gli altri oratori, alle parole, alle espressioni e agli atteggiamenti del pubblico.

Cercare di stabilire rapporti con gli organismi e individui più avanzati (attenzione agli esibizionisti, ai rompiscatole, a quelli che cercano di usarci per le loro operazioni nel gruppo a cui ci siamo rivolti, nell’ambito dei conflitti ivi esistenti).

Dopo ogni intervento, fare un bilancio, stendere un rapporto per il proprio dirigente, stendere note per gli interventi futuri in quel posto, indicare cosa abbiamo imparato.

 

2.

La denuncia deve sempre combinarsi con la prospettiva del socialismo e del comunismo, dell’emancipazione della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari dalla borghesia, dal clero, dalle altre classi e gruppi dominanti.

Usare la denuncia che altri hanno già fatto e farne punto di partenza per la costruzione, per indicare cosa fare, come è possibile uscire dal marasma attuale.

Denuncia ce n’è già tanta. Se non è punto di partenza per illustrare la prospettiva (l’instaurazione del socialismo, la difesa delle conquiste, l’ampliamento delle conquiste, la mobilitazione per una lotta particolare) e il come arrivarci (combinare la lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista con la difesa delle conquiste, con lotte rivendicative, ecc.), la denuncia da sola crea assuefazione, rassegnazione, depressione, demoralizzazione, rancore, cinismo, individualismo.

Di ogni male che si denuncia, bisogna sempre indicare le cause, da dove è nato, chi è che ne trae profitto, chi è che è interessato a mantenerlo: in breve, chi sono gli amici, chi sono i nemici.

 

3.

Ovunque è possibile la propaganda deve mirare, oltre che all’orientamento della coscienza e alla mobilitazione dei sentimenti, anche all’organizzazione. La propaganda semina a largo raggio, orienta. Non sempre il raccolto è immediato. A volte, in molti casi, il seme gettato deve maturare, le idee devono essere digerite e assimilate. I frutti verranno in un momento successivo, in circostanze diverse.

Ma per l’efficacia stessa della propaganda è necessario che il propagandista abbia sempre proposte e progetti organizzativi (e lanci sempre a tutti proposte e incitazioni a organizzarsi) per chiunque, per tutti quelli del suo pubblico che sono già pronti o quasi pronti. Come minimo bisogna che dia il recapito dell’organizzazione a cui possono rivolgersi quelli che vogliono collaborare. Ma anche che dica che chi vuole collaborare gli dia il suo nome, le sue coordinate per contattarlo, che prenda accordi per incontrare chi eventualmente è già pronto, che esorti a formare un comitato per questo o per quello, a che quelli che sono disponibili a mobilitarsi per questo o quello si incontrino (essere “pressanti”: spingere a fissare subito data e luogo per incontrarsi). Insomma incitare a organizzarsi, a costituire organismi di massa su temi definiti (organizzazioni generate). Cercare di mettersi in condizione di tenere i rapporti con quello che si formerà (restare in contatto con i più entusiasti e i più seri).

Insomma la propaganda deve sempre avere come obiettivo, oltre alla trasformazione delle coscienze, anche l’organizzazione. Perché sono le masse organizzate la forza materiale che trasforma il mondo. Le idee diventano una forza materiale nella persona delle masse organizzate.

Una propaganda che non tende all’organizzazione (a organizzare o a suscitare organizzazione), che non spinge all’organizzazione, mantiene un tratto di idealismo, di contemplativo, di accademico, di conoscenza per la conoscenza (anziché conoscenza per trasformare), di perfezionamento individuale. Mantiene tale carattere sia nel propagandista, sia nel pubblico che la influenza e la pratica borghese legano già a questa condizione di inerzia, di passività, di impotenza.

Il corollario di quanto detto è che ogni propagandista deve mettere in moto, aprire la strada all’organizzatore - se la struttura è già abbastanza sviluppata da dare luogo al suo interno alla divisione del lavoro.

In questo caso l’organizzatore deve sistematicamente stimolare il propagandista, chiedere dopo ogni operazione di propaganda, se ha riportato spunti per iniziare il lavoro dell’organizzatore.

L’organizzatore deve ogni volta che può dare al propagandista elementi d’informazione per rendere più mirata la propaganda.