La Voce 6

Agli uomini tutti d’un pezzo,ricordare che i giorni non sono tutti eguali

sabato 4 novembre 2000.
 

Alcuni lettori ci hanno chiesto qual è la posizione dei comunisti rispetto alle elezioni indette e dirette dalla borghesia imperialista.

Noi comunisti condividiamo la concezione del movimento comunista internazionale e facciamo tesoro della sua esperienza: non abbiamo una ricetta valida per tutte le stagioni. La nostra decisione dipende dalla situazione concreta, dal ruolo concreto che le elezioni hanno nel movimento politico del momento. Consideriamo perché la borghesia indice le elezioni, cosa si propone di ottenere, cosa conviene a noi fare per migliorare le condizioni della lotta della classe operaia per conquistare il potere e della sua direzione sulle masse popolari nella lotta contro la borghesia imperialista.

Le elezioni sono una istituzione che ha avuto nell’epoca moderna una grande diffusione. Nella loro versione moderna, sono un’istituzione tipica della società borghese. Esprimono i suoi progressi rispetto alle società precedenti e i suoi limiti: cozzano contro la persistente divisione della società in classi di sfruttati e di sfruttatori.

Nei secoli scorsi, prima della fase imperialista del capitalismo, le elezioni di organismi rappresentativi sono state uno dei cavalli di battaglia della rivoluzione democratica borghese contro l’assolutismo, le monarchie per diritto divino, il potere temporale dei papi e gli altri regimi teocratici e nobiliari. La rivendicazione di un governo elettivo e rappresentativo si combinava con la rivendicazione del riconoscimento universale dei diritti individuali e del loro rispetto sempre e comunque anche da parte dello Stato. La borghesia e le altri classi benestanti (professionisti, ecc.) facevano valere tramite gli organismi elettivi i loro interessi di fronte ai governi, fino ad arrivare a determinarne la linea e la composizione. Le masse popolari hanno combattuto per introdurre le elezioni e per estendere a tutti gli uomini e le donne il diritto di votare e di essere votati. Anche quando sulla carta avevano conquistato l’estensione dei diritti politici a tutta la popolazione, per la massa dei proletari essi cozzavano contro la loro condizione di dipendenza economica e culturale dai capitalisti e contro la privazione delle condizioni pratiche indispensabili per poterli effettivamente esercitare. Tuttavia quelle lotte e quelle conquiste sono servite, assieme alle lotte economiche, a formare e rafforzare la coscienza e l’organizzazione del proletariato e a migliorare le condizioni della sua lotta contro la borghesia. Per questo lungo tutto il secolo XIX i comunisti in linea generale nei paesi capitalisti hanno favorito e organizzato la partecipazione del proletariato alle campagne elettorali, dove possibile con propri partiti e hanno sostenuto la rivendicazione del suffragio universale. Tutto ciò anche nei casi peggiori obbligava sempre più le classi dominanti a rendere pubblici almeno una parte degli affari sociali e di Stato che esse normalmente considerano di loro esclusiva competenza ed era una scuola di formazione politica per le masse che normalmente sono escluse perfino dalla conoscenza di essi.

Anche il ruolo delle elezioni si è trasformato da quando il capitalismo è entrato nella fase imperialista, la fase della decadenza del capitalismo e della rivoluzione proletaria. Le elezioni indette e dirette dalla borghesia sono diventate principalmente uno strumento della sua lotta contro il movimento comunista. Sono diventate un articolo dell’armamentario della controrivoluzione preventiva. L’accentuata capitalizzazione (o proletarizzazione) della società e la concentrazione dei capitali hanno permesso alla borghesia di aggiungere al privilegio che il suo dominio economico le dà comunque anche in campo politico e culturale, anche l’uso sistematico del denaro come strumento per vincere le elezioni (“le elezioni si vincono con i soldi”), la corruzione e l’infiltrazione dei partiti proletari, la disinformazione, la diversione, l’intossicazione delle coscienze, l’imbroglio e l’acquisto dei migliori propagandisti e imbroglioni. Normalmente i partiti borghesi non espongono più nemmeno i programmi di governo che effettivamente applicheranno, quindi non offrono alle masse neanche questo strumento di formazione politica. Normalmente i contrasti politici, finché non coincidono con i contrasti di classe, sono un efficace antidoto all’acutizzazione dei conflitti di classe. Essi sono molto utili a dividere le masse popolari in base a contrasti secondari e a interessi di gruppi imperialisti, evitando che si schierino contro la borghesia imperialista in conformità con la contraddizione principale della società moderna. Non a caso Andreotti dice: “Sarebbe un gravissimo errore emarginare Bertinotti”. La borghesia non può più escludere totalmente la massa della popolazione dalla vita politica; quindi cerca di regolamentarne e dirigerne essa la partecipazione e di incanalarla su strade che non consentono alle masse popolari di imparare ad esercitare il potere e di schierarsi secondo i loro interessi fondamentali.

Le elezioni hanno però anche un altro importante ruolo: nello stesso tempo che dividono le masse secondo gli interessi dei gruppi imperialisti, sono anche uno dei mezzi per risolvere alcuni dei contrasti tra questi, senza ricorrere ad una aperta guerra civile. Come pretendenti al potere che si accordano: facciamo scegliere al popolo chi di noi deve governare, così il popolo, avendo scelto lui il governo, lo obbedirà più facilmente e noi riconosceremo la scelta e troveremo una equa divisione degli affari.

Per questi due ruoli svolti dalle elezioni nella società imperialista, solo in condizioni di emergenza la borghesia ha rinunciato alla concorrenza di più partiti nelle elezioni. Vi ha rinunciato solo quando i contrasti nel suo seno e l’effervescenza delle masse erano tali che, nonostante i mezzi a sua disposizione, le elezioni diventavano un elemento ulteriore di disgregazione dello Stato e davano risultati per essa inaccettabili. Allora la borghesia imperialista ha semplicemente cancellato la gara aperta tra partiti e ha instaurato regimi di aperto terrorismo di massa (fascismo, nazismo e altri regimi a partito unico).

In corrispondenza con l’entrata del capitalismo nella fase imperialista, la Seconda Internazionale si divise tra i revisionisti e i rivoluzionari. I revisionisti sostenevano che la classe operaia poteva (e doveva) conquistare il potere tramite le elezioni dirette dalla borghesia. I rivoluzionari mostravano che nel migliore dei casi tali elezioni erano una scuola di formazione politica e nei peggiori erano strumenti della controrivoluzione.

Dopo gli insperati successi che raggiunse nella prima metà del secolo XX durante la prima crisi generale del capitalismo, il movimento comunista si è nuovamente diviso tra revisionisti e rivoluzionari. I revisionisti sostenevano che il movimento comunista oramai era diventato così forte con le rivoluzioni, che non ne occorrevano più altre e la classe operaia nei restanti paesi capitalisti poteva (e doveva) conquistare il potere con le elezioni dirette dalla borghesia.

Oggi secondo gli illusi e gli imbroglioni le elezioni sono sempre e comunque “la democrazia”. Essi ignorano o nascondono la condizione di assoluto asservimento in ogni campo ai capitalisti in cui i rapporti sociali capitalisti di per se stessi pongono ordinariamente le masse popolari; ignorano o nascondono le risorse (relazioni, tempo, denaro, acquisto dei mezzi di informazione, dei propagandisti, degli agitatori, ecc.) che la proletarizzazione della massa della popolazione ha messo nelle mani dei capitalisti e di cui normalmente essi hanno il monopolio o quasi e con cui guidano la volontà delle masse popolari e la sua espressone elettorale; ignorano o nascondono le risorse politiche di cui i capitalisti hanno il monopolio in tutti i paesi borghesi e con cui preparano e conducono le elezioni e “correggono” i risultati quando nonostante tutto la situazione sfugge loro di mano (il Cile del 1973 è solo il caso più famoso); essi ignorano o nascondono l’armamentario della controrivoluzione preventiva con cui la borghesia, sistematicamente e con tutti i ritrovati delle tecniche e delle scienze moderne, promuove tra le masse la divisione, la diversione e l’evasione, mentre reprime, corrompe o sopprime le avanguardie. Ciò che nei paesi imperialisti è un po’ camuffato, appare platealmente nei paesi dipendenti, dove i gruppi imperialisti “introducono la democrazia” assoldando e facendo votare qualche abile agitatore o qualche autorevole personaggio al loro soldo.

Gli illusi non sanno spiegare come mai la borghesia vince quasi sempre nelle elezioni che essa indice e dirige, se non accampando la stupidità biologica delle masse o i brogli elettorali.

Per gli anarchici, i blanquisti e i militaristi le elezioni indette e dirette dalla borghesia sono, comunque e sempre, solo fumo negli occhi, un imbroglio da cui stare alla larga. Essi ignorano il ruolo che le elezioni hanno sia come strumento di lotta tra i gruppi imperialisti e i rispettivi partiti sia come momenti di mobilitazione dell’attenzione delle masse sui problemi politici e sul governo del paese come causa delle condizioni correnti della vita quotidiana. Se giorno dopo giorno la società borghese con i suoi normali rapporti sociali dice a ogni individuo che “ognuno fa per sé”, nelle elezioni la potenza dei mezzi di informazione e di persuasione della stessa classe dominante mette in luce una realtà esattamente opposta: la vita di ogni individuo dipende dall’andamento generale della società e quindi dal governo di essa.

Anarchici, blanquisti e militaristi non sanno spiegare come mai di tanto in tanto le elezioni scappano di mano alla borghesia e danno risultati per essa intollerabili; come mai di tanto in tanto essa sopprime le elezioni e il pluralismo dei suoi partiti.

Noi comunisti valutiamo le elezioni, come ogni altra iniziativa della borghesia e ogni istituzione politica e sociale, a secondo delle circostanze concrete, a secondo dei vantaggi che possiamo tirare per rafforzare le forze rivoluzionarie della classe operaia, del proletariato e delle masse popolari e migliorare le condizioni della loro lotta per l’instaurazione del socialismo e le condizioni delle lotte rivendicative.

Oggi, per motivi storici ben determinati, la partecipazione delle masse alla politica rivoluzionaria è caduta a un livello bassissimo (ma ogni adulto ricorda ancora tempi in cui le cose stavano abbastanza diversamente e ciò smentisce chi sostiene che la borghesia ha i mezzi per impedire sempre e comunque la partecipazione delle masse alla politica rivoluzionaria). Proprio per questo oggi noi comunisti non possiamo trascurare che le elezioni, del tutto inutili come strumento per la conquista immediata del potere da parte della classe operaia, sono uno strumento importante ai fini della formazione e mobilitazione politica delle masse. Proprio perché oggi noi dobbiamo formare e raccogliere le nostre forze, por potere domani, con esse e grazie ad esse, fare ancora una politica rivoluzionaria di massa.

Nicola P.