Progetto di Manifesto Programma - Capitolo I

1.5. La ripresa del capitalismo, il revisionismo moderno, la Rivoluzione Culturale Proletaria e il maoismo

martedì 29 agosto 2006.
 

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1.5. La ripresa del capitalismo, il revisionismo moderno, la Rivoluzione Culturale Proletaria e il maoismo

La fine della Seconda guerra mondiale segnò anche la fine della prima crisi generale del capitalismo. Durante questa prima crisi generale il movimento comunista aveva raggiunto grandi successi. Proprio questi successi e la svolta intervenuta nel capitalismo ponevano ad esso compiti nuovi e maggiori sia per quanto riguardava l’avanzamento della transizione dal capitalismo al comunismo nei paesi socialisti, sia per quanto riguardava lo sviluppo della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti e della rivoluzione di nuova democrazia nei paesi coloniali e semicoloniali.

I paesi socialisti avevano difeso la propria esistenza ed avevano formato un vasto campo socialista che andava dall’Europa centrale all’Asia sudorientale e comprendeva un terzo della popolazione mondiale: ora dovevano trovare una linea per proseguire al nuovo livello la transizione verso il comunismo. La grande influenza raggiunta dal movimento comunista nei paesi imperialisti e nei paesi coloniali e semicoloniali poneva in questi paesi il compito di portare avanti la lotta per la vittoria. Il movimento comunista doveva compiere un salto di qualità. Di conseguenza nel movimento comunista internazionale si aprì nuovamente uno scontro a livello mondiale tra due linee antagoniste.

Da una parte la sinistra sosteneva la prosecuzione della lotta contro l’imperialismo sui tre fronti (paesi socialisti, paesi imperialisti, colonie e semicolonie). Essa tuttavia non aveva alcun sentore che la prima crisi generale del capitalismo era conclusa e che si apriva per il capitalismo, che nel mondo rimaneva ancora il sistema economico dominante, un periodo relativamente lungo di ripresa dell’accumulazione e di espansione dell’attività economica. Quindi non aveva una linea generale adeguata alla situazione e in generale peccava di dogmatismo.

Dall’altra la destra sosteneva la linea dell’intesa e della collaborazione con la borghesia imperialista. Essa aveva la sua base teorica nel revisionismo moderno. In contrasto con la legge dell’acutizzazione della lotta di classe, il revisionismo moderno sosteneva che la forza acquisita dalla classe operaia attenuava gli antagonismi di classe, rendeva possibile una trasformazione graduale e pacifica della società, riduceva la borghesia a più miti consigli e la rendeva propensa a concessioni e riforme. Secondo la destra il sistema capitalista non generava più crisi e guerre, come la bufera genera la grandine. Tale era la "nuova" teoria con cui si presentarono Kruscev, Togliatti e gli altri revisionisti moderni. Nei paesi socialisti la destra cercava di attenuare gli antagonismi di classe, sosteneva che non esistevano più né divisione in classi né lotta tra le classi perché oramai la vittoria del socialismo era completa e definitiva; nei rapporti internazionali sosteneva l’integrazione economica, politica e culturale dei paesi socialisti col mondo imperialista sostituendo la convivenza pacifica tra paesi a regime sociale diverso e il sostegno alla rivoluzione proletaria con la competizione economica, politica e culturale dei paesi socialisti con i paesi imperialisti. Nei paesi imperialisti la destra proponeva la via parlamentare e riformista al socialismo: riforme di struttura e ampliamento delle conquiste in campo economico, politico e culturale avrebbero gradualmente trasformato la società capitalista in società socialista. Nei paesi semicoloniali e coloniali la destra era contraria alla prosecuzione delle guerre antimperialiste di liberazione nazionale e sosteneva la direzione della borghesia burocratica e compadrora che puntava a strappare gradualmente concessioni agli imperialisti.

In queste condizioni a livello mondiale prevalse il revisionismo moderno, così come all’inizio del secolo il revisionismo promosso da Bernstein era prevalso a livello di tutto il movimento comunista. Il suo successo era favorito, oltre che dalla debolezza della sinistra e dalla novità dei compiti che la fase iniziata con la fine della prima crisi generale del capitalismo poneva ai comunisti, anche dalla circostanza oggettiva della fine, con la Seconda guerra mondiale, della prima crisi generale del capitalismo.

Gli sconvolgimenti politici ed economici e le distruzioni operati durante la prima crisi generale e in particolare dalle due guerre mondiali aprirono infatti alla borghesia lo spazio per una ripresa dell’accumulazione del capitale con la conseguente nuova espansione nel suo ambito del processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza. In queste condizioni i contrasti economici tra gruppi imperialisti e tra borghesia imperialista e masse popolari cessarono di essere antagonisti e ciò apparentemente smentiva la legge dell’acutizzazione della lotta di classe.

Nei trent’anni (1945-1975) successivi alla Seconda guerra mondiale il modo di produzione capitalista poté espandersi nuovamente in tutto il mondo in cui la borghesia aveva mantenuto il potere.

In questa nuova situazione il proletariato e le masse lavoratrici dei paesi imperialisti, forti dell’esperienza rivoluzionaria acquisita nel periodo precedente, riuscirono a strappare una serie di miglioramenti nelle condizioni economiche, lavorative, politiche e culturali: miglioramento delle condizioni materiali dell’esistenza, politiche di pieno impiego e di stabilità del posto di lavoro, diritti di organizzazione sul posto di lavoro, diritti di intervento nell’organizzazione del lavoro, riduzione delle discriminazioni per razza, sesso ed età, scolarizzazione di massa, misure di previdenza contro l’invalidità e la vecchiaia, sistemi di assistenza sanitaria, edilizia a prezzi regolati, ecc. In tutti i paesi imperialisti si avviò di fatto in quegli anni la costruzione di un capitalismo dal volto umano, ossia di una società in cui, pur sempre nell’ambito dei rapporti di produzione capitalisti e del lavoro salariato (quindi della capacità lavorativa come merce e del lavoratore come venditore di essa), ogni membro delle classi oppresse disponesse in ogni caso dei mezzi necessari per un’esistenza normale e per il sostentamento e l’educazione delle persone a suo carico, avesse nella vita produttiva della società un ruolo in qualche misura confacente alle sue caratteristiche, progredisse ragionevolmente nel diminuire la fatica, fosse assicurato contro la miseria in caso di malattia, invalidità e vecchiaia.

Su questo terreno in tutti i paesi imperialisti si affermarono i revisionisti moderni e i riformisti. Essi in tutti i paesi imperialisti assunsero la direzione del movimento operaio quali teorici, propagandisti e promotori in seno ad esso del miglioramento nell’ambito della società borghese. Essi proclamarono che lo sviluppo della società borghese avrebbe proceduto illimitatamente di conquiste in conquiste, di riforme in riforme fino a trasformare la società borghese in società socialista. Le bandiere, gli slogans e i principi che essi inalberarono furono diversi da paese a paese a secondo delle concrete condizioni politiche e culturali ereditate dalla storia, ma eguale fu in quel periodo il loro ruolo nel movimento politico ed economico della società.

Grazie al nuovo periodo di sviluppo del capitalismo anche nella maggior parte dei paesi dipendenti dai gruppi e dagli Stati imperialisti la direzione del movimento delle masse venne presa dai sostenitori e promotori della collaborazione con gli imperialisti, portavoce della borghesia burocratica o compradora. La maggioranza di questi paesi divennero semicolonie: costituirono Stati autonomi dipendenti da uno o più gruppi imperialisti (colonialismo collettivo), alcuni residui feudali vennero in qualche misura limitati distruggendo però anche le condizioni di riproduzione di larghe masse di contadini che si riversarono come poveri nelle città, altri residui feudali vennero assunti dall’imperialismo sotto le sue ali e utilizzati per tenere in piedi il colonialismo, crebbe il capitalismo burocratico e compradore.

Nei paesi socialisti i fautori della via capitalista e i promotori della restaurazione del capitalismo trassero anch’essi grande forza dal nuovo periodo di sviluppo del capitalismo. Essi trovarono nei revisionisti moderni capeggiati da Kruscev, Breznev e Teng Hsiao-ping i loro esponenti in seno agli organismi degli Stati dei paesi socialisti, alle organizzazioni delle masse e ai partiti comunisti. Essi impedirono che fossero prese le misure economiche, politiche e culturali necessarie a portare avanti la trasformazione della società verso il comunismo, posero i loro paesi alla scuola dei capitalisti scimmiottandone le istituzioni e allacciarono stretti legami economici (commerciali, tecnologici e finanziari), politici e culturali con i capitalisti fino a trasformare i paesi socialisti in paesi economicamente e culturalmente dipendenti e politicamente deboli.

In conclusione i trenta anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale costituirono complessivamente un periodo di ripresa della borghesia. Tuttavia le forze rivoluzionarie conseguirono alcuni successi di grande significato (Cuba, Indocina) e, soprattutto, si arricchirono dell’esperienza della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976). In controcorrente rispetto alla maggioranza del movimento comunista mondiale, il Partito comunista cinese condusse infatti una lunga lotta contro il revisionismo moderno a livello internazionale e cercò di portare avanti la transizione verso il comunismo nella Repubblica popolare cinese. Anche se la lotta del PCC non ha potuto nell’immediato invertire il corso del movimento comunista mondiale né preservare il PCC stesso dal cadere in mano ai revisionisti, essa ha lasciato ai comunisti di tutto il mondo il maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo, bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e dell’esperienza della lotta di classe nei paesi socialisti.

CARC, Sul maoismo, terza tappa del pensiero comunista (1993).


L’esperienza della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria è esposta nei volumi 23, 24, 25 delle Opere di Mao Tse-tung.

Il successo del revisionismo moderno ha fatto arretrare il movimento comunista rispetto ai risultati raggiunti alla fine della prima crisi generale del capitalismo. Ma il successo dei revisionisti moderni fu per forza di cose temporaneo: per sua natura esso è un freno allo sviluppo del movimento comunista, una controtendenza rispetto alla tendenza principale e, nel peggior dei casi, riporta al capitalismo da cui per forza di cose rinasce il movimento comunista. Lo sviluppo pratico degli eventi derivati dal suo temporaneo successo ha insegnato a tutti i comunisti che il revisionismo fa gli interessi della borghesia imperialista e il collasso cui il revisionismo ha portato alla fine degli anni ‘80, paragonabile per gravità al collasso dei partiti socialdemocratici nel 1914, ha posto le basi per una nuova più alta ripresa del movimento comunista.