La Voce 12

Ancora sul militarismo

domenica 31 novembre 2002.
 

Torino, 15 settembre 2002

 

(... ) Io trovo giusto tutto quanto avete detto contro le concezioni dei militaristi nel n. 11 e anche quanto detto nei numeri precedenti e in Martin Lutero . In particolare trovo giusto che la costruzione del partito comunista e non la costruzione di OCC è il compito immediato di questa fase e la chiave risolutiva della situazione attuale, che l’aspetto principale del lavoro dei comunisti nella fase di difensiva strategica è la trasformazione del nostro campo e non i colpi inferti al campo nemico, che la forza motrice della rivoluzione socialista è la classe operaia e non quella parte più precaria o emarginata dal processo produttivo che i militaristi chiamano "proletariato metropolitano", che il maestro della guerra rivoluzionaria per i comunisti è Mao Tse-tung, non le OCC degli anni ’70 né gli organismi a cui esse si ispirarono (Tupamaros, Black Panthers, ecc.). Quattro punti che la rivista ha chiaramente e ripetutamente illustrato. Ma restano alcune questioni.

Se consideriamo le tre deviazioni che indicate nel n. 9, vi è una differenza sostanziale tra neorevisionismo (o riformismo) ed economicismo da una parte e dall’altra il militarismo. Le prime due tendono a smussare o circoscrivere l’antagonismo tra la borghesia imperialista e le masse popolari, quindi a ragione le chiamano deviazioni di destra. La terza affronta in modo unilaterale, monco e quindi sbagliato l’antagonismo e la chiamiamo deviazione di sinistra. Così diceva anche Mao Tse-tung nel Discorso alle Guardie Rosse pubblicato nel n. 2 di Rapporti Sociali . Questo rende il modo di lottare contro il militarismo differente dal modo di lottare contro il riformismo e l’economicismo. (...)

La difficoltà della lotta contro il militarismo deriva dall’importanza che ha la lotta armata nella rivoluzione socialista e dalla difficoltà ancora non risolta che ha incontrato il movimento comunista a sviluppare nei paesi imperialisti l’aspetto militare della guerra popolare rivoluzionaria e quindi in generale la guerra popolare rivoluzionaria perché questa non può prescindere dal suo aspetto militare. Noi comunisti abbiamo un problema irrisolto. Chi di noi lo ignora, sbaglia. Le deviazioni del resto sono sempre indizio di carenze della corrente principale, oltre che effetto dell’influenza del nemico. Possono acquistare un certo peso solo perché la corrente principale commette errori o ha dei limiti che la situazione concreta oramai impone di superare. Questo "lascia un certo spazio" anche nelle nostre fila alle simpatie verso i militaristi che, apparentemente, a una considerazione superficiale, hanno risolto il problema. In realtà il modo in cui credono di averlo risolto è una vecchia conoscenza del movimento comunista. Basta ricordare gli attentati che all’inizio della prima ondata della rivoluzione proletaria venivano compiuti e rivendicati dagli anarchici. Il fatto che gli attuali militaristi si dichiarino comunisti non cambia la sostanza ideologica e politica della loro linea. Che poi una linea che è estranea al movimento comunista e che un tempo si dichiarava essa stessa estranea e contraria ad esso e si rivendicava anarchica, oggi si presenti e si dichiari comunista, è un indice della forza che conserva il movimento comunista, nonostante la sconfitta subita durante la seconda metà del secolo scorso. Le deviazioni dalla concezione marxista che non sono ghiribizzi individuali, ma hanno la loro sorgente in aspetti particolari delle condizioni pratiche delle classi in lotta, inevitabilmente si ripresentano ad ogni ondata della rivoluzione proletaria e con tanta maggiore forza apparente quanto più debole è la corrente principale. Ma il grande progresso della corrente principale si mostra nel fatto che esse si ripresentano camuffandosi da figlie legittime della corrente principale.

Il carattere fallimentare e inconcludente dell’apparente soluzione data dai militaristi è stato ripetutamente dimostrato nella pratica nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria e negli anni ’70, al culmine del capitalismo dal volto umano. Questa "soluzione" non solo non ha mai portato alla vittoria, ma ha portato alla dispersione delle forze e non ha lasciato in eredità nulla al movimento comunista. Da questo punto di vista, ha lasciato meno tracce di quanto ne abbiano lasciate i movimenti inficiati di economicismo e di revisionismo. Questi infatti hanno sedimentato nelle masse popolari un’esperienza pratica di aggregazione e di organizzazione che, rovesciata di indirizzo, è preziosa. L’economicismo e il riformismo sono deviazioni di destra e proprio per questo riflettono, oltre che l’influenza spontanea o organizzata e consapevole della borghesia (la controrivoluzione preventiva), il carattere arretrato delle masse popolari che nelle organizzazioni economiciste e riformiste viene superato solo "in una certa misura", in una misura che mantiene le masse ancora sotto controllo della borghesia. Essi hanno quindi caratterizzato grandi movimenti di massa che comunque lasciano nelle masse anche tracce positive profonde.

Il carattere fallimentare e inconcludente dell’apparente soluzione data dai militaristi è stato definitivamente dimostrato dai marxisti anche in campo teorico, con argomenti che nessun militarista ha osato mai contestare apertamente, perché da ogni argomentazione contro di essi emergerebbe chiaramente che essi sono incontestabili. I militaristi o non li hanno nemmeno conosciuti o hanno fatto e fanno quanto possono per farli dimenticare e ignorare, per nasconderli dietro frasi vuote quanto ampollose del tipo "la situazione è cambiata", la "nuova situazione". Ma si guardano bene dal mostrare seriamente e sistematicamente in cosa consisterebbe la "novità" dietro cui si nascondono e su cui pretendono sia fondata la loro "nuova" linea.

Un apparente argomento a favore del militarismo consiste nel fatto che, se esiste nella politica internazionale una questione palestinese, irlandese e basca, non è perché il popolo palestinese, irlandese e basco sono oppressi: moti altri popoli lo sono e la loro oppressione non crea una questione nelle relazioni politiche internazionali. Quelle "questioni" esistono solo perché vi sono movimenti combattenti che gli imperialisti americani (e i loro soci e cani da combattimento sionisti), inglesi e spagnoli rispettivamente non sono riusciti e non riescono a soffocare. Ma in realtà è un argomento contro il militarismo. Infatti ognuno di quei casi mostra che le masse possono fare una politica rivoluzionaria. Ognuno di quei movimenti combattenti è nato come sviluppo, giusto e inevitabile, di un movimento politico più ampio e si protrae nel tempo e gli imperialisti non riescono a soffocarlo solo perché esiste quel movimento politico. Non è un caso che un aspetto costante della controrivoluzione è cercare di "togliere l’acqua al pesce", di isolare i combattenti dal movimento politico di cui sono parte. Ognuno di quei movimenti dimostra che un movimento rivoluzionario deve combinare nel modo giusto, conforme alle situazioni concrete, le varie forme di lotta. Proprio quello che i militaristi rifiutano.

Da ultimo va sempre sottolineato che, per noi comunisti, la contraddizione principale è tra le masse popolari e i gruppi imperialisti. Con questi la contraddizione è antagonista. La contraddizione con chi usa metodi di lotta controproducenti, come la contraddizione con chi combatte la borghesia ma ha una concezione reazionaria o comunque sbagliata, è una contraddizione secondaria, è una contraddizione "all’interno del popolo", da trattare principalmente con la discussione, la propaganda e la persuasione. Deve essere chiaro che la questione di quale combinazione delle varie forme di lotta è giusta, è una questione eminentemente tattica, quindi da risolvere in base alle condizioni concrete di ogni paese e di ogni fase della rivoluzione. Ciò che ci unisce con i rivoluzionari di ogni paese è la lotta comune contro l’imperialismo. Noi salutiamo con favore tutti i progressi che le forze rivoluzionarie compiono nella lotta contro l’imperialismo. I "fronti antiterrorismo" promossi dalla borghesia imperialista, in ogni singolo paese o a livello internazionale, sono manovre controrivoluzionarie. Noi comunisti siamo per un fronte antimperialista. Gli schieramenti politici si costruiscono sulla base della contraddizione principale, antagonista. Non ci si allea col nemico, la borghesia imperialista, per "far fuori" una contraddizione secondaria. (...)

Alessandro