Opere di Mao Tse-tung

La legge di identità della logica formale e la legge di contraddizione della logica dialettica

volume n. 5
mercoledì 3 ottobre 2007.
 

(agosto 1937)

 

Il testo che segue costituiva il cap. 2 dello scritto Sulla contraddizione nella versione pubblicata prima della revisione fatta da Mao Tse-tung in vista della pubblicazione di esso, nel 1951, nel vol. 1 delle sue Opere scelte .

 

Prima abbiamo esaminato la concezione metafisica e la concezione dialettica del mondo. La lotta tra questi due modi di considerare il mondo è la lotta tra due metodi di pensiero: la logica formale e la logica dialettica.

La logica formale borghese ha tre leggi fondamentali: la prima è la legge di identità, la seconda è la legge di non contraddizione, la terza è la legge del terzo escluso.

Cos’è la legge di identità? La legge di identità afferma che, nel corso di un processo di pensiero, un concetto rimane immutato lungo tutto il processo, sempre uguale a se stesso. Vediamo alcuni esempi. Un elemento chimico resta sempre quell’elemento chimico. La Cina è sempre uguale alla Cina. Una determinata persona è sempre uguale a quella determinata persona. In formula, la legge di identità è “A è uguale ad A”.

Questa legge è metafisica. Engels ha detto che questa è la legge fondamentale della vecchia concezione del mondo. L’errore di questa legge sta nel fatto che essa esclude ogni contraddizione e ogni trasformazione delle cose e di conseguenza cancella il carattere provvisorio e relativo di ogni concetto e attribuisce ad esso un carattere immutabile e assoluto. Essa non tiene conto che nella realtà ogni cosa è relativa e soggetta a cambiamento e che tale è anche il concetto che ne è il riflesso. Un dato elemento chimico certamente non resta in eterno uguale a quell’elemento chimico dato che tutti gli elementi chimici cambiano col tempo. Anche la Cina non sarà sempre uguale alla Cina, perché la Cina sta cambiando: la vecchia Cina feudale del passato e la Cina libera e indipendente del futuro sono due cose diverse. Una data persona non è per sempre uguale a se stessa: ogni persona cambia sia fisicamente che psicologicamente. I concetti sono enti di pensiero e sono il riflesso di cose oggettive: dato che le cose oggettive cambiano, anche i concetti cambiano. In realtà non esistono concetti immobili, sempre uguali a se stessi (1) . Cos’è la legge di non contraddizione? La legge di non contraddizione afferma che un concetto non può contenere contemporaneamente due o più significati

reciprocamente contraddittori e che se un concetto contiene due significati contraddittori, ciò costituisce un errore logico. Un concetto non può avere due significati contraddittori entrambi giusti o entrambi sbagliati: quello giusto è, e può solo essere, uno dei due. In formula, la legge della non contraddizione è “A non è uguale a non-A”.

Kant ha elencato le seguenti quattro antinomie (2) :

1. Il mondo temporalmente ha inizio e fine e rispetto allo spazio è limitato; il mondo temporalmente non ha né inizio né fine e rispetto allo spazio non ha limiti.

2. Nel mondo ogni cosa composta è costituita di parti materiali semplici (ossia non ulteriormente divisibili); nel mondo non vi sono cose semplici, ogni cosa è composta (ossia può essere ulteriormente scomposta in parti più semplici).

3. Nel mondo vi è libero arbitrio; nel mondo non vi è libero arbitrio, tutto è predeterminato e fatale.

4. Nel mondo esiste un essere assolutamente inevitabile (che non può non esistere); nel mondo non esiste alcun essere inevitabile, ogni cosa è casuale.

Kant ha dato a queste tesi inconciliabili e che si escludono a vicenda la denominazione comune di “seconda legge della contraddizione”. Egli però ha sostenuto che si trattava solo di contraddizioni del pensiero umano, non esistenti nel mondo reale. In base alla legge della non contraddizione propria della logica formale queste contraddizioni erano infatti un errore e andavano ripudiate.

Tuttavia nella realtà il pensiero è il riflesso delle cose. Non c’è cosa che non contenga contraddizione e di conseguenza non c’è concetto che non contenga contraddizione. La contraddizione non è un errore del pensiero, ma al contrario il pensiero è giusto, adeguato alla cosa, solo perché è contraddittorio. La legge dell’unità degli opposti o della contraddizione propria della logica dialettica è fondata su questa base. È proprio attenendosi alla logica formale e rigettando la legge della contraddizione che si ha un pensiero sbagliato.

La legge della non contraddizione della logica formale è solo un’espressione negativa della legge di identità, è un complemento della legge di identità; il suo ruolo è quello di rafforzare il contenuto della legge di identità (un concetto è uguale a se stesso, A è uguale ad A).

Cos’è la legge del terzo escluso? La legge del terzo escluso afferma che dei due significati opposti di un concetto, uno dei due è giusto perché non è possibile che entrambi siano sbagliati e che un terzo sia giusto. In formula, la legge del terzo escluso è “A è uguale a B o non uguale a B, ma non può essere uguale a C”.

I sostenitori della logica formale non si rendono conto che le cose e i concetti delle cose si sviluppano e che nel processo di sviluppo delle cose e dei concetti non solo emergono gli aspetti contraddittori in essi contenuti, ma questi elementi contraddittori possono essere rimossi, negati e risolti dando luogo a una terza cosa che è non-A e non-B, possono diventare una nuova e più alta cosa o concetto.

Il pensiero giusto non deve escludere il terzo, non deve escludere la legge della negazione della negazione. Secondo la legge del terzo escluso nella contraddizione tra proletariato e borghesia l’elemento giusto o è il primo o è il secondo:

non ci può essere una società senza classi. Eppure è una bella cosa che il processo dell’evoluzione della società non si arresti alla lotta tra le classi, ma si sviluppi fino alla società comunista, senza classi. La Cina e l’imperialismo giapponese costituiscono oggi i due poli di una contraddizione. Noi ci opponiamo all’aggressione dell’imperialismo giapponese, ma non siamo affatto dell’idea che la Cina, una volta conquistata l’indipendenza, resterà sempre nemica del Giappone. Noi auspichiamo che attraverso la nostra rivoluzione nazionale e una rivoluzione in Giappone le due nazioni raggiungano uno stato di libera associazione. La stessa cosa si applica alla contraddizione tra democrazia borghese e democrazia proletaria: uno stadio superiore a entrambe sarà l’epoca in cui non ci saranno più né Stati né governi e ad essa arriveremo attraverso la democrazia proletaria.

Anche la legge del terzo escluso propria della logica formale fa da sostegno alla sua legge di identità che ammette solo lo stato stazionario di un concetto e che contrasta con il suo sviluppo, contrasta i salti rivoluzionari e contrasta la negazione della negazione.

Da quanto abbiamo detto si conclude che tutte le leggi della logica formale negano il carattere contraddittorio della realtà e affermano l’identità, negano lo sviluppo e il cambiamento dei concetti e delle cose e sostengono la rigidità e l’immobilismo. Ciò è in completo contrasto con la dialettica.

Perché i sostenitori della logica formale sostengono queste cose? Perché essi considerano le cose isolandole dalla loro continua reciproca azione e interconnessione. Essi considerano le cose in quiete anziché in movimento, isolate anziché connesse tra loro. Di conseguenza essi non possono considerare e riconoscere l’importanza della contraddittorietà delle cose e dei concetti e la negazione della negazione che si ha nelle cose e nei concetti. Essi proclamano la rigida e inflessibile legge di identità.

La dialettica invece considera le cose in movimento e connesse tra loro. Essa è in completo contrasto con la legge di identità proclamata dalla logica formale e sostiene la legge rivoluzionaria della contraddizione.

Secondo la dialettica le contraddizioni che si hanno nel pensiero non sono che il riflesso delle contraddizioni oggettive esterne. La dialettica non si ferma ritualmente ai due principi che esternamente appaiono in contrasto reciproco (come le antinomie evidenziate da Kant nelle sue quattro coppie di tesi contraddittorie che sopra ho esposto), ma penetra nell’essenza delle cose. I dialettici fanno quello che i logici formali non fanno: studiano la cosa, concentrano la loro attenzione nella scoperta della forza delle sue contraddizioni e delle relazioni interne delle contraddizioni. Sia il mondo esterno sia il pensiero dell’uomo sono entrambi in movimento e sono dialettici; non sono né statici né metafisici. È per questo che la legge rivoluzionaria della contraddizione (ossia il principio dell’unità degli opposti) occupa il posto principale nella dialettica. Tutta la logica formale fa capo a un unico centro e questo è la legge reazionaria di identità. La dialettica fa capo a un unico centro e questo è la legge rivoluzionaria della contraddizione.

Forse che la dialettica nega l’identità delle cose e dei concetti? No. La dialettica riconosce la relativa identità delle cose e dei concetti. Perché allora la dialettica nega la legge di identità propria della logica formale? Perché la legge di identità propria della logica formale è una legge assoluta che nega le contraddizioni. La dialettica riconosce l’identità delle cose e dei concetti, ma afferma anche che essi contemporaneamente contengono contraddizioni e sono interconnessi. L’identità propria della dialettica contempla l’interconnessione e la contraddizione, è un’identità relativa e provvisoria. Dato che la legge di identità propria della logica formale è una legge assoluta che rifugge dalle contraddizioni, essa non può che condurre alla legge del terzo escluso che nega che un concetto si trasforma in un altro concetto e che una cosa si trasforma in un’altra cosa. La dialettica invece considera l’identità di una cosa o di un concetto come provvisoria, relativa e condizionata. Dato che la lotta degli opposti determina le leggi della trasformazione e dello sviluppo delle cose e dei concetti, questa lotta è per sempre assoluta e incondizionata. Dato che la logica formale non riflette in modo veritiero le cose, la dialettica non può ammettere la sua esistenza. C’è solo una verità scientifica e questa verità è la dialettica.



NOTE

 

1. Ogni cosa reale cambia e quindi ha in sé la contraddizione che ne determina il cambiamento: ogni cosa contemporaneamente è e non è quello che oggi è. Il concetto adeguato di essa deve quindi contenere in sé la stessa contraddittorietà che è nella cosa, essere e non essere. Quindi il concetto di una cosa è tanto più adeguato alla reale natura della cosa quanto più è lontano dal concetto raffigurato dalla logica formale.

2. I. Kant, Critica della ragion pura . Ogni antinomia kantiana è un assieme di due tesi che poggiano su premesse di uguale validità. Kant dimostra che è possibile dimostrare logicamente la verità sia di una che dell’altra delle tesi opposte di ognuna delle antinomie. Quindi egli conclude che è impossibile che queste antinomie del pensiero possano rappresentare la realtà (che egli esclude possa essere contraddittoria) e, in generale, che quindi il pensiero non riflette la realtà. In tutta la sua opera filosofica Kant ha cercato di conciliare il movimento e la trasformazione incessanti del mondo (che riflettevano la posizione della classe in ascesa, la borghesia), con l’immutabilità del mondo (che rifletteva la posizione della classe in declino, le forze feudali). La sua conciliazione consiste nell’affermare che il movimento e la trasformazione appartengono alle apparenze, l’immutabilità alla sostanza delle cose; che le apparenze sono oggetto della ragione umana, le sostanze sono oggetto della rivelazione divina.