Dedichiamo il nuovo anno alla seconda ondata della rivoluzione proletaria!
La nuova crisi generale del capitalismo apre la via al socialismo!

Comunicato del 19 dicembre 2008
venerdì 19 dicembre 2008.
 

Appello del (n)PCI a tutti i comunisti e a tutti gli elementi avanzati delle masse popolari

 

(PNG) Dopo il 1789 e la Rivoluzione Francese, ci fu la Restaurazione. I nobili e il clero cercarono di restaurare la società feudale.

Ma infine ci fu il 1848 e il sistema borghese prevalse definitivamente sul feudalesimo!

 

Il capitalismo per sua natura ha introdotto nella storia dell’umanità i presupposti del comunismo. Come disse Bismarck, con il suo ordinamento sociale la borghesia aveva firmato una cambiale in bianco e i lavoratori prima o poi le avrebbero chiesto di pagarla. Infatti nella prima metà del secolo scorso, è iniziata la rivoluzione proletaria. Si sono formati i primi paesi socialisti che arrivarono a coprire più di un terzo della terra. Dappertutto nel mondo forti partiti comunisti arrivarono a organizzare e mobilitare su grande scala gli operai, le altre classi delle masse popolari, le donne e i popoli oppressi contro la borghesia, il clero e le altre classi dominanti fino a raggiungere grandi successi, porre fine al sistema coloniale, limitare l’oppressione delle donne e far progredire l’umanità in ogni campo. Anche dove non arrivò a rovesciare la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti, il movimento comunista arrivò tuttavia a porre importanti limiti alla loro libertà d’azione.

Zip - 50.2 Kb
Il Testo del Comunicato
Dedichiamo il nuovo anno alla seconda ondata della rivoluzione proletaria!
La nuova crisi generale del capitalismo apre la via al socialismo!
in formato MSWord

Poi, nell’ultima parte del secolo scorso, le sorti della lotta di classe sono cambiate. Il movimento comunista non ha saputo portare il suo compito più avanti. Ha ceduto alla pressione della borghesia imperialista, del clero e delle altre classi dominanti. Si è indebolito fino alla corruzione e alla dissoluzione dei maggiori partiti comunisti e fino al declino e infine al crollo dei primi paesi socialisti. La borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti hanno ripreso il sopravvento in ogni campo: nella politica, nell’economia e nella cultura.

Ma la ripresa del capitalismo non ha risolto nessuno dei problemi che avevano spinto le masse popolari sulla via della rivoluzione proletaria. Al contrario, la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti, nuovamente liberi dai limiti che il movimento comunista aveva posto alla loro libertà d’azione, in pochi anni hanno impantanato l’umanità nell’attuale nuova crisi generale, di scala ancora maggiore di quella dell’inizio del secolo scorso. Invece i comunisti hanno compreso le cause per cui non sono riusciti a consolidare e allargare i primi successi e vi hanno posto rimedio. Si sono create quindi le condizioni di una nuova, più generale e definitiva ondata della rivoluzione proletaria!

 

La seconda ondata della rivoluzione proletaria avanza in tutto il mondo!

La rinascita del movimento comunista cancellerà dalla faccia della terra il capitalismo e tutti gli effetti della sua nuova crisi generale!

Non pagheremo noi la crisi dei capitalisti!

 

L’umanità può produrre tutto quanto le occorre senza inquinare l’ambiente né saccheggiare il pianeta! La crisi non richiede licenza di inquinare né peggioramento delle condizioni dei lavoratori e delle masse popolari! Richiede e obbliga a farla finita col capitalismo!

La nuova crisi generale del capitalismo ha fatto diventare la lotta per instaurare il socialismo tutt’uno con la lotta per la sopravvivenza dell’umanità, con la lotta per porre fine all’inquinamento dell’ambiente e al saccheggio del pianeta, con la lotta per aprire a tutti i popoli una nuova era di progresso in tutti i campi! La borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti hanno creato una situazione d’emergenza: ora occorrono soluzioni d’emergenza!

In ogni paese le organizzazioni operaie e popolari devono coalizzarsi,
formare governi d’emergenza e prendere in mano la direzione del paese,
assegnare ad ogni azienda compiti produttivi secondo un piano nazionale,
assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile,
organizzare la distribuzione di beni e servizi alle aziende e alle famiglie,
instaurare la collaborazione con i paesi le cui autorità saranno disponibili!

 

È la sola maniera per sfuggire alla crisi del sistema capitalista, al caos, alla miseria, alla criminalità, alla guerra, all’inquinamento dell’ambiente e al saccheggio del pianeta verso cui la borghesia, il clero e le altre classi dominanti sospingono l’umanità!

 

 

La borghesia di destra e la borghesia di sinistra danno spiegazioni inconsistenti dell’origine e della natura della crisi attuale.

 

La borghesia di sinistra propone soluzioni assurde e irrealizzabili. Alle masse popolari non sa proporre altro che fare pressione sulla borghesia di destra e protestare. Quando ha il potere scimmiotta la borghesia di destra.

La borghesia di destra propone e attua misure che aggravano la crisi e portano l’umanità verso una nuova guerra mondiale, aggravano l’inquinamento dell’ambiente e il saccheggio del pianeta, fomentano l’abbrutimento di una parte dell’umanità e la distruzione dell’altra.

 

 

Moltiplichiamo e rafforziamo le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari di ogni tipo e a ogni livello e guidiamole a coalizzarsi!

Cacciamo il governo Berlusconi!

Formiamo un governo d’emergenza costituito dalle organizzazioni operaie  e dalle organizzazioni popolari, un governo di Blocco Popolare!

 

 

La borghesia imperialista affonda sempre di più nella crisi, nel caos, negli scandali, nella paralisi produttiva, nelle guerre. Come argini alla crisi, impone alle masse popolari peggiori condizioni di vita e di lavoro e si prende la libertà di inquinare l’ambiente e saccheggiare il pianeta. Essa trascina con sé alla rovina una parte crescente della popolazione mondiale. Giorno dopo giorno i contrasti tra gli esponenti della borghesia imperialista (pescecani della finanza, industriali, cardinali e uomini politici), fanno emergere nuove rivelazioni sulle innumerevoli truffe e la rete di speculazioni che hanno sostenuto, dominato e guidato l’economia capitalista negli ultimi trent’anni. I governi e le banche centrali continuano a regalare miliardi ai finanzieri e agli industriali: dovrebbero porre fine alla paralisi e al declino delle attività economiche. In realtà aumentano ancora più la già enorme massa di denaro in mano ai grandi speculatori, rendono ancora più vorticoso e opaco il sistema finanziario, ingigantiscono le operazioni speculative e la tormenta di debiti e crediti che soffoca le attività economiche, fomentano la concorrenza e la lotta tra gruppi e Stati, alimentano i contrasti, le guerre e le premesse di una nuova guerra mondiale. La borghesia, il clero e le altre classi dominanti prendono misure che spingono l’umanità verso lotte sempre più diffuse, distruttive, barbare e cruenti. La borghesia finanziaria e i suoi governi inducono i popoli di tutto il mondo a scontrarsi tra di loro, ne condannano una parte alla morte e un’altra all’abbrutimento.

Nessuno dei rattoppi che la borghesia e i suoi portavoce politici e culturali propongono ridarà ordine all’attuale sistema imperialista e lo renderà di nuovo sia pur minimamente e miseramente vivibile. Chi avanza ricette per uscire dalla crisi risanando il sistema attuale o è un imbroglione o è un illuso. Solo spazzando via l’attuale sistema di relazioni sociali è possibile rimettere l’umanità su una via di progresso.

 

Molti esponenti delle classi dominanti e persone intellettualmente succubi di esse propongono misure per risanare l’attuale sistema e porre fine alla sua crisi. Bisogna chiedere loro come mai non avevano previsto la crisi, come mai non l’hanno prevenuta, se conoscono così bene come funziona il sistema e se le crisi non sono connaturate al sistema. Se non l’hanno vista arrivare, se non sanno da dove viene, se la crisi era inevitabile, perché oggi pretendono di sapere come porvi fine? Se un medico si comportasse così di fronte a una malattia o a un’epidemia, cosa penseremmo di lui?

 

Tra gli esponenti politici e gli intellettuali che vogliono mantenere in vita il sistema capitalista, quelli più a sinistra sostengono che la crisi attuale è arrivata a causa dei bassi salari, all’espansione del lavoro precario e dell’abolizione delle regole che imbrigliavano l’attività dei capitalisti. I ricchi ingordi si sono appropriati di una parte crescente del reddito e il potere d’acquisto delle masse popolari è diminuito. Siccome i consumi delle masse popolari sono diminuiti o non sono aumentati quanto necessario, le aziende non riescono più a vendere quello che producono: da qui il blocco delle attività economiche, i licenziamenti, le serrate, le riduzioni di manodopera, ecc. Coerentemente sostengono che per porre fine alla crisi attuale basterebbe che i capitalisti e i loro governi alzassero salari e pensioni, dessero a tutti sussidi o salari sociali, aumentassero il potere d’acquisto delle masse popolari, ridistribuissero la ricchezza che si è accumulata nelle mani dei ricchi, trasformassero i contratti precari in contratti a tempo indeterminato, aumentassero le pensioni e prendessero altre misure analoghe. Questi politici, intellettuali e sindacalisti sembrano più realisti di Berlusconi che si limita a sghignazzare a destra e a sinistra, a gente che dispone di poche centinaia di euro al mese: “Comperate, comperate!”.

 

Stanno in piedi la loro analisi e le loro proposte? Per uscire dalla crisi basterebbe che imponessimo ai capitalisti, al clero e alle altre classi dominanti le misure che questi “uomini di sinistra” propongono? La borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti ci hanno portato alla situazione attuale semplicemente perché hanno sbagliato analisi e politica?

È vero che è diminuito il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e autonomi e delle masse popolari nel loro complesso, o che comunque esso non è aumentato quanto sono aumentati i beni e i servizi prodotti dalle aziende. È vero che le aziende non vendono tutto quello che producono, tanto meno tutto quello che potrebbero produrre. Ma qual è la causa di questo stato delle cose? Come mai i capitalisti e quelli che ci governano hanno portato le cose a questo punto? Come uscirne?

 

Il neoliberismo, le privatizzazioni, i bassi salari, le delocalizzazioni, l’eliminazione delle conquiste e la riduzione dei diritti, la persecuzione degli immigrati, la precarietà, la finanziarizzazione dell’economia, il dilagare delle speculazioni, l’abolizione di ogni regola e controllo sugli speculatori, sono altrettanti effetti della crisi del capitalismo e tentativi per prolungarne la vita nonostante la crisi, non sono la sorgente della crisi. La crisi attuale non è un evento misterioso, imprevisto e imprevedibile, arrivato chissà da dove e chissà perché. Gli intellettuali che hanno voluto conoscere la realtà, hanno visto da tempo arrivare questa crisi. La crisi attuale è solo la fase terminale di una crisi incominciata circa trent’anni fa. Con le speculazioni, le truffe, le delocalizzazioni, il saccheggio degli ex paesi socialisti e dei paesi semicoloniali, l’inquinamento dell’ambiente e il saccheggio del pianeta, le liberalizzazioni, le privatizzazioni, il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, l’abolizione delle conquiste, la riduzione dei diritti e le altre angherie che hanno imposto alle masse popolari negli ultimi trent’anni, la borghesia, il clero e le altre classi dominanti hanno solo prolungato la sopravvivenza del loro sistema ed evitato che si arrivasse prima alla situazione di questi giorni.

È da circa trent’anni a questa parte che banchieri e finanzieri gonfiano banche e società finanziarie di titoli di credito inconsistenti. Quei titoli di cui oggi le banche e le società finanziarie cercano di disfarsi a ogni costo per non fallire.

È da circa trent’anni a questa parte che i padroni di aziende hanno sviluppato il settore finanziario delle loro aziende più rapidamente di quanto espandessero la produzione di beni e servizi. Le attività finanziarie sono diventate una parte importante e spesso la parte determinante dell’attività di ogni grande e media azienda. Ora le attività finanziarie e speculative crollano e trascinano con sé l’intera azienda. Tutte le aziende che producono beni o servizi sono legate tra loro. Ogni azienda dipende da altre per acquisti e vendite e tutte dipendono dalle banche per il credito. Quindi le attività finanziarie e speculative trascinano nel loro crollo aziende di ogni dimensione.

È da circa trent’anni a questa parte che i politici borghesi di destra e di sinistra spalleggiano la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti, collaborano, eliminano i “lacci e laccioli” che il movimento comunista aveva imposto e che limitavano la loro libertà d’azione.

 

I soldi che i governi e le banche centrali oggi regalano o prestano ai capitalisti dovrebbero servire a cambiare in danaro fresco i titoli finanziari inconsistenti e quindi a evitare il crollo a catena di banche, società finanziarie e aziende. Ma manifestamente non raggiungono l’effetto dichiarato. Perché?

Perché i capitalisti da trent’anni a questa parte hanno espanso tanto le attività finanziarie?

Per una ragione intrinseca alla natura del modo di produzione capitalista che si dispiega quando esso supera un certo grado di espansione: la sovrapproduzione assoluta di capitale. Se i capitalisti avessero continuato a investire nella produzione di beni e servizi tutto il capitale che accumulavano nelle loro mani, stante le relazioni economiche createsi nella società borghese il profitto che ne avrebbero ricavato sarebbe diminuito anziché crescere e ancora più sarebbe diminuito il profitto che avrebbero realizzato vendendoli. Nella società borghese le aziende e le altre condizioni della produzione (terra, conoscenze, denaro,  ecc.) sono proprietà dei capitalisti, del clero e degli altri ricchi. Essi ne dispongono come credono più conveniente. L’obiettivo di ogni capitalista è la produzione di profitti, non la produzione di beni e servizi. La seconda è solo un mezzo per la prima. Quando le condizioni della società sono diventate tali che continuare a investire tutto il capitale che accumulavano nelle loro mani nella produzione di beni e servizi avrebbe fatto diminuire la massa di profitto prodotta e ancora più quella realizzata con le vendite, i capitalisti hanno riversato sempre più i loro capitali in attività finanziarie e in attività speculative. In questo modo bene o male per alcuni anni sono rimaste ancora in piedi le aziende produttrici di beni e servizi, che altrimenti già da tempo sarebbero finite preda di una crisi analoga all’attuale. Di conseguenza però le attività finanziarie e le attività speculative si sono gonfiate fino alle misure attuali, fino a scoppiare e sconvolgere anche le attività produttive che fino a ieri proprio le stesse attività finanziarie e speculative avevano reso ancora convenienti per i capitalisti.

La crescita illimitata delle attività finanziarie e speculative è stata quindi per alcuni decenni la cura che ha rimandato nel tempo la crisi delle aziende produttrici di beni e servizi (l’“economia reale”). È stata una cura di sopravvivenza temporanea del capitale alla sovrapproduzione assoluta di capitale: un accanimento terapeutico su un ordinamento sociale comunque destinato a morire.

Per sua natura il capitale deve aumentare all’infinito, ma la produzione di beni e servizi, che è il suo supporto materiale, non può aumentare il capitale al di là di un certo limite. Con il modo di produzione capitalista l’umanità ha superato alcuni problemi del suo sviluppo, che con i sistemi di produzione precedenti (schiavista, feudale, ecc.) non poteva risolvere. Ma il capitalismo non può espandersi oltre una certa misura né durare oltre un certo tempo. Il capitalismo ha raggiunto il limite delle sue possibilità. L’umanità deve passare a un sistema di relazioni sociali superiore al capitalismo: il comunismo. Questo è l’insegnamento che la crisi attuale dà al mondo. Questa è la lezione che sta a noi attuare.

 

Cambiare la distribuzione della ricchezza prodotta, aumentare salari, pensioni, sussidi, fornire servizi pubblici gratuiti, remunerare di più il lavoro, assicurare maggiore sicurezza e più igiene sul lavoro, ecc. sono tutte cose elementari che migliorano le condizioni delle masse popolari. Finché le aziende, le altre condizioni della produzione e la ricchezza complessiva della società sono nelle mani dei capitalisti, del clero e delle altre classi dominanti, è giusto e indispensabile che gli operai e le altre classi delle masse popolari lottino per strappare a loro e alle loro autorità salari, pensioni e redditi più alti e condizioni di vita e di lavoro migliori, perché i lavoratori e il resto delle masse popolari non subiscano in misura ancora maggiore gli effetti della crisi del capitalismo. Ci riusciranno tanto meglio quanto più saranno decisi e convinti a porre fine al capitalismo. La lotta per instaurare il socialismo oggi è il contesto necessario per sviluppare con forza le lotte rivendicative. Non a caso i sindacalisti sono tanto più decisi ed efficaci quanto più sono legati al movimento comunista.

Ma per quante conquiste le masse popolari riescano a strappare alla borghesia imperialista, al clero e alle altre classi dominanti, questo non porrà fine alla crisi. I capitalisti allargherebbero nuovamente le attività economiche solo se si creassero nuovamente condizioni generali che li rendessero sicuri che i loro profitti aumenteranno. Certo i capitalisti devono vendere i beni e servizi che fanno produrre ai lavoratori, ma non fanno produrre beni e servizi per venderli: li fanno produrre per fare profitti. I capitalisti non riprenderanno a far marciare le aziende e tanto meno le espanderanno perché aumentano i salari, le pensioni, i sussidi e i servizi pubblici gratuiti per i lavoratori e per il resto delle masse popolari, perché le condizioni di lavoro migliorano, perché i posti di lavoro diventano stabili. Al contrario! Non a caso hanno delocalizzato le aziende nei paesi dove i salari sono più bassi e minori le limitazioni alla libertà di sfruttare i lavoratori e inquinare l’ambiente.

Per porre fine alla crisi, dobbiamo porre fine al capitalismo. Dobbiamo incominciare dal confiscare ai capitalisti le aziende e le altre condizioni della produzione. Dobbiamo abolire tutto il castello di debiti e crediti delle banche e delle società finanziarie che soffoca le aziende. Dobbiamo trasformare le aziende, oggi proprietà dei capitalisti, in proprietà collettiva e amministrarle come proprietà della società, per produrre i beni e i servizi necessari alla vita e al benessere della popolazione, farle funzionare nelle condizioni più rispettose della salute e della dignità di chi ci lavora e salvaguardando l’ambiente e le risorse del pianeta come un prezioso patrimonio comune.

 

Solo i lavoratori e le masse popolari organizzati possono dare inizio a questa trasformazione. Essa aprirà una fase nuova e superiore della civiltà e della storia dell’umanità. In questo nuovo contesto di attività economiche gestite e programmate collettivamente e democraticamente, diventerà la cosa più naturale del mondo che un’azienda come la Ferrero produca nella misura necessaria senza che, per far fare profitti ai Ferrero e per far lavorare i lavoratori della Ferrero, sia necessario ingozzare i bambini di merendine. La FIAT produrrà quanto necessario senza che, per mantenere alti i profitti di Agnelli e agnellini e per far lavorare i lavoratori della FIAT, sia necessario aumentare illimitatamente il numero di auto in circolazione.

L’aumento illimitato dei consumi è un’assurdità da qualunque punto di vista lo si consideri: della qualità della vita, delle relazioni e delle attività degli individui, dal punto di vista morale, intellettuale ed ecologico, dell’uso delle risorse naturali, della civiltà umana. È l’osso che in una fase determinata i capitalisti hanno gettato in pasto ad alcuni lavoratori per distoglierli dalla lotta di classe e corromperli. Certamente finché comanderanno i capitalisti l’aumento illimitato dei consumi non risolverà la crisi, perché l’obiettivo dei capitalisti non è il consumo ma il profitto. Aumento illimitato dei profitti significa accumulazione illimitata del capitale che è anch’essa un assurdo come obiettivo e irrealizzabile nei fatti.

 

Porre fine al capitalismo, alla produzione per il profitto e instaurare la produzione per soddisfare i bisogni, è un’impresa nuova per l’umanità. Quindi è un’impresa che dobbiamo imparare. Per imparare una cosa nuova si fanno anche errori, bisogna provare e non tutti i tentativi riescono, non tutte le operazioni riescono al primo tentativo. Ma è del tutto possibile per i lavoratori e le masse popolari organizzati imparare e compiere quest’impresa. La breve esperienza dei primi paesi socialisti lo ha confermato. Il primo passo è che i lavoratori e le masse popolari organizzati tolgano il potere alla borghesia imperialista, al clero, alle altre classi dominanti e agli uomini politici intellettualmente e moralmente loro succubi e assumano essi la direzione della società.

 

Per porre fine alla crisi bisogna quindi anzitutto moltiplicare e rafforzare le organizzazioni proletarie e popolari, condurle in un numero crescente di paesi a impadronirsi del potere, eliminare la produzione per il profitto e riorganizzare il sistema produttivo con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di benessere e di civiltà delle popolazioni, stabilire e rafforzare la collaborazione tra tutti i paesi a livello mondiale: in altre parole instaurare e moltiplicare i paesi socialisti e stabilire un sistema adeguato di collaborazione tra loro, conforme alle concezioni, alle aspirazioni e ai sentimenti più avanzati che l’umanità ha finora sviluppato.

Certamente prima o poi riusciremo a farlo. Gli uomini non si rassegneranno al tragico destino verso cui li spingono la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti. Nel futuro prossimo o con la rivoluzione proletaria le masse popolari prevengono la guerra, la miseria e il caos, o la guerra, la miseria e il caos spingeranno le masse popolari alla rivoluzione proletaria.

 

Molti paesi si stanno già avviando verso cambiamenti politici e sociali straordinari, favoriti e imposti dalle condizioni d’emergenza che la crisi generale crea dappertutto nel mondo. La rinascita del movimento comunista e l’azione di forti e avanzati partiti comunisti li accelereranno e li renderanno più facili, meno dolorosi e meno distruttivi. La rivolta che in Grecia da più giorni scuote le autorità è un esempio di quello che succederà negli altri paesi. La mobilitazione dei lavoratori, degli studenti, delle donne e in generale delle masse popolari cresce anche nel nostro paese e conferma che la strada che indichiamo è quella giusta e possibile, che le masse popolari si incamminano su di essa.

 

Una questione decisiva per condurre una politica giusta nei mesi a venire, è che noi comunisti ci abituiamo all’idea che certamente nel prossimo futuro vi saranno cambiamenti straordinari nel sistema politico del nostro paese come in molti altri paesi.

È duro per tutti noi capire e credere che nel corso di questa crisi ci sarà una rottura nel regime politico del nostro paese; che verrà meno la continuità istituzionale per cui un governo succede ad un altro, rispettando le forme stabilite e le autorità che vi presiedono ufficialmente (Presidente della Repubblica, Parlamento) e di fatto (Vaticano, USA, Organizzazioni Criminali, Confindustria, ecc.) ed è costituito da politici di lunga data (gli esponenti del regime DC hanno avuto largo spazio anche in tutti i governi della banda Berlusconi e per il resto si è trattato di esponenti della “società civile”, cioè di provati uomini di fiducia della borghesia imperialista, del clero e delle altre classi dominanti o addirittura di loro dipendenti); che si formerà un sistema politico che romperà con quello ora vigente che risale alla fine della Resistenza antifascista, quando nel nostro paese si instaurò l’attuale Repubblica Pontificia.

Noi siamo abituati alla continuità politica, abbiamo perso ogni esperienza e concezione della rottura. Da più di 60 anni nel nostro paese vi è una continuità formale in campo politico. In Europa occidentale, dopo la Seconda Guerra Mondiale, abbiamo avuto poche esperienze di rotture della continuità formale dei regimi politici: casi in cui in un paese si è imposto un governo costituito al di fuori delle procedure previste, ma che era imposto dalla necessità di far fronte a una situazione d’emergenza. Abbiamo avuto una rottura politica in Francia nell’autunno 1958 (conseguenza della crisi algerina). Abbiamo avuto più di una discontinuità in Grecia, l’ultima nel 1974 con l’eliminazione del regime dei colonnelli. Abbiamo avuto una rottura politica in Portogallo nel 1975 (conseguenza della fine dell’impero coloniale). Abbiamo avuto una mezza rottura politica in Spagna nel 1976 - 1978 pilotata dalla monarchia che Franco aveva restaurato proprio in vista di quel passaggio che doveva verificarsi alla sua morte.

Quindi non abbiamo esperienza di rotture politiche. Le rotture politiche che ci sono state alla fine degli anni ’80 in Europa Orientale e in URSS, nei primi paesi socialisti, appartenevano a un altro mondo. Ci sembra quindi inverosimile, non riusciamo a immaginare che la fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo comporta e provocherà una discontinuità formale nel regime politico del nostro paese e in generale nei regimi politici dei paesi imperialisti. Pensiamo che fino al 2013 ci sarà questo governo (il governo della banda Berlusconi), a meno che esso si dimetta e che il Presidente della Repubblica sciolga le Camere e indica nuove elezioni, a cui si presenteranno più o meno gli stessi partiti che sono in campo già oggi e che spetterà ad alcuni di essi formare il governo successivo. Tutta la propaganda politica e la cultura politica dei regimi escludono l’eventualità di un governo d’emergenza dal novero degli avvenimenti realisticamente da considerare. Invece la rottura della continuità del regime politico non è solo realistica e possibile, ma è inevitabile. Infatti non c’è altro modo per uscire dalla crisi economica in cui siamo immersi e che è entrata nella sua fase terminale.

Noi comunisti dobbiamo abituarci all’idea di una rottura traumatica del sistema politico, propagandarla nelle nostre file, propagandarla all’esterno (tra gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari, tra le organizzazioni ausiliarie e intermedie), attrezzarci per pilotare la crisi politica nella direzione e verso lo sbocco della formazione di un governo di Blocco Popolare, cioè verso la formazione di un governo costituito dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari. Questo devono fare i comunisti in questa fase.

 

Per portare a fondo la trasformazione di cui è gravida questa società e di cui la fase terminale della crisi impone l’inizio, occorre instaurare il socialismo. Ma noi comunisti (in Italia, ma la cosa vale per tutti i paesi imperialisti) non siamo ancora abbastanza forti, il nostro legame con la classe operaia e lo sviluppo politico della stessa classe operaia, in breve la rinascita del movimento comunista, non sono ancora abbastanza avanti, perché sia realistica la proposta che il movimento comunista prenda direttamente il potere, cioè la proposta di instaurare a breve la direzione politica degli operai organizzati, il socialismo.

Né la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti ricorreranno subito, direttamente, alla guerra civile per mantenere il loro potere e i loro privilegi. Anche per questo, occorrerebbe che avessero di fronte un movimento comunista più forte oltre che deciso a prendere il potere. Per non cedere ad esso, la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti non esiterebbero allora a imboccare la strada della guerra civile, a meno che la partita apparisse loro già certamente persa.

Ma anche se la rinascita del movimento comunista è ancora in una fase troppo arretrata perché sia realistico porre come soluzione politica immediata la presa del potere da parte del movimento comunista e l’instaurazione del socialismo, la crisi generale del capitalismo è tuttavia entrata nella sua fase terminale, cioè nella fase in cui si impongono misure d’emergenza, straordinarie. Nessun governo instaurato normalmente potrebbe prenderle e attuarle. Infatti esse ledono gravemente interessi importanti e contrapposti di grandi gruppi borghesi, del clero e di altri gruppi delle classi dominanti. Ognuno di essi ha propri rappresentanti nel mondo politico attuale formatosi nella putrefazione del regime DC. Gli scandali che a catena coinvolgono gli esponenti politici della destra e della sinistra borghese mostrano a sufficienza la loro comune natura e la rete che lega i loro contrapposti interessi. È quindi inevitabile, indispensabile, una soluzione traumatica, una rottura della continuità del regime politico, una soluzione di forza, anche se probabilmente non richiederà una lotta armata almeno su larga scala. Vi sarà una rottura formale del sistema politico, ma in qualche modo la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti riconosceranno provvisoriamente la loro impotenza a far fronte nell’immediato alla situazione e rimanderanno la partita a un momento successivo.

Come avverrà, oggi nessuno di noi lo sa nei dettagli. Per poter dire come avverrà, occorrerebbe avere una conoscenza maggiore del mondo politico e sociale italiano, delle sue possibili evoluzioni e dei suoi condizionamenti esteri. Una conoscenza che solo un movimento comunista più sviluppato del nostro può raggiungere. Possiamo e dobbiamo invece già oggi capire quale rottura formale del sistema politico noi comunisti dobbiamo promuovere a partire dalle nostre forze attuali.

 

Noi dobbiamo promuovere la costituzione di un governo delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari, un governo di Blocco Popolare. È la forma di avvicinamento alla rivoluzione socialista più adeguata alle circostanze attuali. Non si arriva alla instaurazione del socialismo se non si mettono in moto le grandi masse, se non le si porta a diventare protagoniste della lotta politica. Proprio a questo servono in primo luogo la nostra azione (corrispondente alle nostre attuali forze, che parte dalle nostre attuali forze, che deve comporsi di operazioni adeguate alle nostre attuali forze) per creare le tre condizioni per l’instaurazione di un governo di Blocco Popolare.

Infatti per la costituzione del governo di Blocco Popolare noi comunisti dobbiamo e possiamo promuovere tre condizioni.

1. Propagandare l’obiettivo del governo di Blocco Popolare e spiegare in cosa consiste e i suoi compiti, fino a che la sua costituzione diventi la sintesi consapevole delle aspirazioni delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari e lo strumento per realizzarle.

2. Promuovere in ogni modo a ogni livello la moltiplicazione e il rafforzamento (politico e organizzativo) di organizzazioni operaie e di organizzazioni popolari.

3. Promuovere in ogni modo e ad ogni livello il coordinamento delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari: per questa via esse costituiranno il nuovo governo, che sembrerà ad esse, alle masse popolari e perfino a una parte della borghesia l’unica via percorribile, l’unica via di salvezza, un passaggio inevitabile nell’emergenza della crisi (passaggio verso l’instaurazione del socialismo, secondo noi comunisti; misura straordinaria e provvisoria verso il ristabilimento delle condizioni di un “sano capitalismo”, secondo la borghesia di sinistra).

L’instaurazione del governo di Blocco Popolare si compirà sulla base di queste tre condizioni. Essa risponde alle esigenze immediate delle masse e contemporaneamente porta le masse a compiere l’esperienza politica di cui hanno bisogno per arrivare alla rivoluzione socialista. Essa sarà su larga scala la scuola pratica, intellettuale e morale di comunismo che le masse popolari hanno bisogno di compiere e aprirà la strada all’instaurazione del socialismo.

 

Infatti il nuovo governo ha il compito di attuare le cinque misure d’emergenza necessarie (indispensabili) per far fronte immediatamente alla crisi:

1. assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura secondo un piano (nessuna azienda deve essere chiusa);

2. distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi;

3. assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli in cambio le condizioni necessarie per una vita dignitosa e la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato);

4. avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva;

5. stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

Non è forse quello che “tutti” invocano e auspicano (più o meno chiaramente)? Chi si dichiara contrario a queste cinque misure? Eppure nessun governo “normale” costituito dalla borghesia imperialista italiana e dal Vaticano è in grado di attuarle.

 

Le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari costituiranno le agenzie locali e settoriali (in ogni luogo e in ogni settore) del nuovo governo. Questo a sua volta sarà il loro organismo di coordinamento e di centralizzazione, attingerà da esse ispirazione (cosa fare) e potere (autorità).

La forza e l’autorità di simile governo d’emergenza staranno

- nel fatto che è espressione e portavoce di organizzazioni operaie e di organizzazioni popolari capillarmente diffuse nel paese,

- nel fatto che ha il sostegno delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari,

- nel fatto che le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari sono gli agenti del nuovo governo capillarmente presenti sul territorio e in ogni settore, relazione e funzione della società.

 

Le organizzazioni di massa si moltiplicheranno nei prossimi mesi: lavoratori, disoccupati, cassaintegrati, immigrati, pensionati, casalinghe, studenti, ecc. si organizzeranno per reclamare misure dalle autorità, per occupare aziende onde evitarne lo smantellamento, per organizzare questo o quel servizio, per far fronte a “calamità naturali” causate dall’incuria della Repubblica Pontificia e dal marasma del sistema borghese, per fare la spesa, ecc. Questo noi comunisti dobbiamo promuovere e su questo dobbiamo far leva. Molti lavoratori avanzati, sindacalisti, esponenti politici più o meno di sinistra, intellettuali che finora si sono limitati a fare denunce, orfani dei partiti della sinistra borghese o ancora fiduciosi in una loro rinascita si assoceranno al movimento che attraverso una serie più o meno lunga di lotte di massa su grande scala sfocerà nella formazione di un simile governo d’emergenza.

 

Consideriamo le posizioni assunte già oggi dagli esponenti più loquaci e attivi della sinistra dei sindacati di regime e dai dirigenti dei sindacati di base. Prendiamo come esempi un Giorgio Cremaschi, un Piero Bernocchi o altri personaggi loquaci e attivi di questo genere, che sanno “stare sulla piazza”. Quello che vediamo in ognuno di questi personaggi, vale per migliaia di altri. Non dicono ancora cose giuste, ma i loro discorsi e le loro proposte sono indicativi degli umori e degli stati d’animo a cui le masse sono già arrivate, stanno arrivando o di cui per ora ancora si accontentano.

Questi personaggi non sono contenti di quello che il governo attuale fa. Ma per ora il loro obiettivo non è ancora quello di governare il paese. Non osano neanche pensare a tanto. In una certa misura sono addirittura già spaventati della responsabilità che il seguito di massa conferisce loro, della forza sociale delle loro parole. Hanno la mentalità e i limiti delle forze di opposizione cronica, abituate  a criticare, a mettere in dubbio, a chiedere. Ma che non osano guardare oltre, sognare oltre, andare oltre questo ruolo ausiliario. Vorrebbero solo orientare chi governa il paese, premere su chi governa il paese, essere alla testa di una forza di pressione sul governo. Sognano di avere un governo amico, di cui però dopo l’esperienza del governo Prodi neanche loro vedono segnali.

Ma le loro pressioni e i loro consigli non hanno seguito pratico. Chi governa il paese (la destra borghese e il Vaticano) non sa, non può e non vuole fare molto di più di quello che già fa. Anche le masse popolari si rendono conto che nel sistema sociale attuale “se un’azienda non vende, è inevitabile che chiuda”, al più si possono dare sussidi, salari sociali, cassa integrazione, ecc. a chi resta senza lavoro. Ma la cosa non può andare avanti all’infinito, né può riguardare un numero illimitato di persone. Il fatalismo e la rassegnazione contendono ancora il posto all’indignazione, all’esasperazione e alla decisione di “farla fuori”. Non sanno neanche se è possibile “farla fuori”, perché le forze politiche organizzate, che dicono e spiegano che è possibile e come, hanno ancora poca capacità di farsi sentire, hanno poca autorità, sono di fatto deboli (ed è un problema attinente alla loro concezione del mondo o alla loro capacità di tradurla in pratica). Quindi questi personaggi, in questo come le masse popolari, oscillano tra richieste alle autorità e proposte di misure che le autorità non possono né vogliono neanche prendere in considerazione, benché le misure proposte siano ragionevoli: cosa di più ragionevole che assegnare compiti utili alle aziende che non vendono più con profitto i loro prodotti abituali tuttavia indispensabili o comunque utili? Cosa di più ragionevole che tagliare il cappio che le banche stringono attorno al collo delle aziende?

 

È ancora oggi caratteristico della sinistra borghese di non proporre misure (riforme), ma di opporsi alla riforme (controriforme) della destra. Di fare quello che fa la destra, quando arriva al governo (lo si è visto con il governo Prodi). Con il governo di Blocco Popolare noi comunisti indichiamo cosa bisogna fare, di cosa le masse hanno bisogno e cosa devono fare: saperci far sentire e capire è un problema che sta a noi comunisti risolvere. Prima o poi anche quei personaggi e migliaia di lavoratori avanzati, meno autorevoli e con meno seguito, ma ben più numerosi e pratici, arriveranno a condividere l’idea del governo di Blocco Popolare. Ce ne sono già mille sintomi. Chi di loro non ci arriverà, non riuscirà più a “stare sulla piazza”.

 

L’instaurazione del governo di Blocco Popolare avvicinerà la rivoluzione socialista.

Certamente, per la loro natura e la loro storia, la borghesia imperialista italiana e il Vaticano non avranno l’intelligenza, la lungimiranza e l’elasticità necessarie per concedere tanto da mantenere il potere in una situazione d’emergenza quale quella che si profila. Sono troppo divisi tra loro. In un modo o nell’altro, prima o poi, si contrapporranno al governo di Blocco Popolare. Cercheranno di sabotarne l’opera. Starà a noi comunisti smascherare la loro azione e condurre le grandi masse nella pratica a strappare alla borghesia una posizione dopo l’altra. Probabilmente per questa via prima o poi arriveremo a uno scontro frontale e decisivo: nostro compito e dovere sarà di arrivarci comunque in condizioni tali da vincerlo. Più la nostra vittoria sarà sicura, più schiacciante sarà la superiorità delle nostre forze, più probabilità ci saranno di evitarlo. Ma per evitarlo, non c’è altra via che essere sicuri di vincerlo. Chi si illudesse di evitarlo perché la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti cederanno con le buone, si tolga ogni illusione: non farebbe che spingere la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti a non risparmiarci alcuna infamia e alcuna crudeltà. L’unica sicurezza sta nella nostra forza!

 

La seconda delle tre condizioni da creare per instaurare un governo di Blocco Popolare, dice “moltiplicare e rafforzare (politicamente e organizzativamente) a ogni livello le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari”. Si tratta contemporaneamente di un lavoro in estensione (quantità) e di un lavoro in profondità (qualità). L’uno non può svilupparsi oltre un certo limite se non si sviluppa anche l’altro. Da qui l’esigenza imprescindibile di accompagnare la propaganda del governo di Blocco Popolare con lo sviluppo delle organizzazioni modello sui quattro fronti del nostro Piano Generale di Lavoro e con il consolidamento e rafforzamento del (n)PCI.

Quindi reclutamento, formazione e mobilitazione in operazioni tattiche (inquadrate in battaglie e campagne) sono e devono essere la nostra attività corrente, condotta con perizia crescente, imparando dalla pratica, migliorando con la Critica-Autocritica-Trasformazione la nostra capacità di capire e di fare.

 

Che tutti quelli che sono già convinti che questa è la via d’uscita dalla crisi del capitalismo, si uniscano, si organizzino e la propagandino, in primo luogo tra gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari!

 

Un governo di Blocco Popolare formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari sparse nel territorio, deve prendere in mano il paese!

 

Lottare per un governo di Blocco Popolare

per imporre alla borghesia imperialista, al clero e alle altre classi dominanti più posti di lavoro, più salario, più pensioni, più diritti, meno precarietà, migliori condizioni di vita e di lavoro, più sicurezza e igiene sui posti di lavoro, più rispetto verso le donne, i bambini e gli immigrati;

per smettere di essere in balia di speculatori che fanno salire e scendere i prezzi a loro piacimento, per farla finita con interessi e pignoramenti;

per porre fine alla crisi!

 

Le grandi aziende non devono più essere dei padroni! Le grandi aziende devono essere dei lavoratori e del loro nuovo Stato!

Alle piccole aziende il nuovo Stato deve affidare commesse perché producano quanto necessario e far consegnare loro tutti i rifornimenti di cui hanno bisogno!

Le aziende non devono più produrre profitti! Devono produrre beni e servizi per chi lavora! Tutta la società deve essere riorganizzata in conformità con questa nuova base!

 

La situazione è favorevole, grande è la confusione. Solo il Nuovo Potere della classe operaia porrà fine al marasma attuale!

 

Compagni, operai, proletari, donne, giovani e immigrati: unitevi nel (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Partecipate e fate partecipare i vostri compagni di lavoro e di lotta alla campagna di propaganda del socialismo, allo studio e al dibattito sul Manifesto Programma del (n)PCI!

 

Partecipate alla campagna di organizzazione del Partito, costituite clandestinamente in ogni azienda, in ogni zona e in ogni organizzazione di massa un Comitato di Partito!