La lezione delle elezioni del 21 aprile in Francia

lunedì 22 aprile 2002.
 

Commissione Preparatoria

del congresso di fondazione del

(nuovo)Partito Comunista Italiano

e.mail: <ekko_20012001@yahoo.com>

pagina web: www.lavoce.freehomepage.com

 

Partecipare all’attuazione del piano in due punti per costituire il partito comunista proposto dalla CP:

1. elaborare il Manifesto Programma del partito a partire dal Progetto pubblicato dalla Segreteria Nazionale dei CARC nel 1998;

2. costituire Comitati di Partito clandestini provvisori che invieranno i loro delegati al congresso di fondazione che approverà il Manifesto Programma e lo Statuto del partito ed eleggerà il Comitato Centrale che a sua volta ristrutturerà dall’alto in basso i Comitati di Partito.

22 aprile 02

Comunicato

 

La lezione delle elezioni del 21 aprile in Francia

Tra tutti i paesi europei, la Francia è quello dove la bilancia delle forze tra borghesia di sinistra e borghesia di destra resta meno sfavorevole alla borghesia di sinistra. Le grandi lotte rivendicative del ’95 e ’96 hanno posto fine al governo della borghesia di destra e dal ’97 vi è stato un governo della borghesia di sinistra che nel nostro paese persino Bertinotti (PRC) indicava come un modello. Eppure nelle elezioni del 21 aprile la coalizione dei gruppi borghesi di sinistra è stata sonoramente battuta e il suo candidato Jospin è risultato persino escluso dal secondo turno delle elezioni presidenziali. I candidati saranno Chirac, il leader della destra e Le Pen, il leader del Fronte Nazionale, una formazione razzista e sciovinista, peggiore di Alleanza Nazionale e della Lega Nord. Anche se il secondo turno elettorale del 5 maggio confermerà alla presidenza Chirac, il presidente uscente e se le elezioni del Parlamento in giugno manderanno ancora alle Camere un forte gruppo parlamentare della sinistra borghese (può anche darsi che il nuovo governo sia ancora in mano alla sinistra borghese), l’esito delle elezioni del 21 aprile conferma alcune verità importanti anche per i comunisti e per i lavoratori avanzati del nostro paese e per tutti i protagonisti del movimento antimperialista.

1. Di regola la cultura dominante in una società divisa in classi è la cultura della classe dominante. È una legge scientificamente fondata, collegata e derivata dalla concezione materialista-dialettica della società, dal materialismo storico, dalla concezione della società divisa in classi e della lotta di classe, dalla teoria marxista della conoscenza. È una legge confermata sperimentalmente da innumerevoli osservazioni. La negazione pratica di questa legge è il movimento rivoluzionario. Solo lo sviluppo del movimento comunista limita l’asservimento organizzativo, intellettuale e morale delle masse popolari alla borghesia imperialista e impedisce ad essa di esercitare l’influenza intellettuale, morale e psicologica connessa al suo stato sociale, al ruolo che essa esercita nella società. Quindi il raggio di validità di quella legge si restringe man mano che il movimento comunista si sviluppa. Ma oggi in Francia, come in Italia e nel resto d’Europa, il movimento comunista è ancora molto debole. L’influenza intellettuale e morale dei comunisti è ancora minima, quasi inesistente la loro rete organizzativa e gli stessi comunisti hanno ancora difficoltà a riorganizzarsi e padroneggiano il materialismo dialettico con fatica, goffamente e limitatamente ad alcuni campi. Le origini storiche di questo stato di cose sono note (l’opera di disgregazione compiuta dal revisionismo moderno affermatosi grazie ai limiti del vecchio movimento comunista), come note sono le linee per superarlo che in qualche misura incominciano ad essere applicate in ogni paese.

2. Nella borghesia imperialista in questa fase prevale sempre più la cultura di destra. È una conseguenza inevitabile della crisi generale che travolge il suo sistema. Ogni gruppo imperialista per valorizzare il suo capitale deve schiacciare i lavoratori, eliminare le conquiste di civiltà e di benessere che nel passato i lavoratori avevano strappato, sottomettere nuovamente e sfruttare in ogni modo i popoli dei paesi semicoloniali e degli ex paesi socialisti, devastare senza limite le risorse naturali e l’ambiente. A questa necessità corrisponde una cultura di destra: la cultura della sopraffazione e della morte, dello sfruttamento e della guerra. Milioni di uomini e donne sono "superflui", perché solo così servono alla borghesia per sfruttare meglio gli altri. L’aggressione e la guerra sono all’ordine del giorno. Anche le formazioni borghesi di sinistra guardano a destra, cercano di attuare gli stessi programmi della destra. Si distinguono dalla destra solo perché procedono "con compassione", a piccole dosi, tra timori e ripensamenti, con lacrime di commiserazione per le vittime della loro politica e dell’avidità dei loro mandanti, concedendo qualche elemosina.

3. Di conseguenza anche la cultura (le idee, i luoghi comuni, i sentimenti, gli stati d’animo, la morale) prevalente tra le masse popolari è una cultura di destra, che è la premessa e una componente indispensabile della mobilitazione reazionaria delle masse. La borghesia emargina e abbrutisce una parte importante e crescente delle masse popolari e la mobilita ai suoi ordini, contro il resto delle masse popolari. La borghesia trasforma la contraddizione tra i suoi interessi e quelli delle masse popolari, in contraddizioni tra gruppi e frazioni delle masse popolari. Essa crea una massa crescente di emarginati, di disadattati, di piccoli trafficanti, di delinquenti e di disperati, genera un clima generale di insicurezza, di precarietà e di arbitrio in cui ogni membro delle masse popolari si trova immerso e come rimedio mobilita le masse a favore di una maggiore repressione all’interno di ogni paese imperialista (più polizia, pene maggiori, maggiore licenza per la polizia, tolleranza zero, lotta contro gli immigrati, i disoccupati, gli emarginati e i piccoli criminali, limitazione dei diritti individuali) e per l’aggressione contro gli altri paesi, in particolare contro i paesi semicoloniali e ex-socialisti.

4. Solo la mobilitazione rivoluzionaria delle masse può prevenire o sconfiggere la mobilitazione reazionaria delle masse. La mobilitazione rivoluzionaria comporta 1. la ricostruzione di veri partiti comunisti, che tengano pienamente conto del bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria e quindi siano basati sul marxismo-leninismo-maoismo, 2. l’aggregazione della classe operaia attorno al partito comunista fino a farne la sua avanguardia organizzata, 3. la mobilitazione organizzativa, morale e intellettuale delle altre classi delle masse popolari attorno alla classe operaia per lottare contro la borghesia imperialista e instaurare il socialismo. Senza mobilitazione rivoluzionaria delle masse, la lotta diretta contro singoli aspetti e passaggi della mobilitazione reazionaria delle masse popolari resta una lotta unicamente difensiva, è volta a conservare lo stato di cose presente, è perdente. Il mondo deve per forza cambiare. È impossibile restare fermi alle conquiste del passato. Finché con la mobilitazione rivoluzionaria delle masse non andremo verso l’instaurazione del socialismo, continueremo a perdere anche le conquiste del passato. La borghesia di sinistra cederà sempre più il passo alla borghesia di destra, le aprirà la strada e le pretese della borghesia cresceranno senza fine.

Questi sono gli insegnamenti che ci vengono dalle elezioni francesi del 21 aprile. Essi confermano quelli delle elezioni italiane del 13 maggio dell’anno scorso e quelli della lotta in corso nel nostro paese per impedire alla banda di mafiosi, razzisti, fascisti, clericali, speculatori e avventurieri riunita attorno a Berlusconi di instaurare e consolidare il suo regime. Di fronte a questa banda, non si tratta principalmente di divergenze di idee e di opinioni, di rispetto o non rispetto delle opinioni altrui, del diritto di ognuno a dire la sua. Si tratta anzitutto di una divergenza fondamentale di interessi che pone da una parte la borghesia imperialista e dall’altra le masse popolari in uno scontro antagonista. La difesa e l’estensione a tutti i lavoratori della giusta causa, il diritto ad un lavoro sicuro e dignitoso, la difesa delle pensioni, la lotta contro le imposte indirette e contro l’aumento delle tasse, la difesa delle liquidazioni, la lotta contro il diritto a delinquere riconosciuto anche ufficialmente ai servizi segreti, la difesa contro l’arbitrio e i privilegi dei ricchi che il governo Berlusconi promuove in ogni campo, la lotta per una scuola pubblica e per servizi gratuiti e di buon livello, la lotta contro la discriminazione delle donne e l’oppressione degli immigrati, la lotta contro la guerra in Afganistan, nei Balcani, la solidarietà con il popolo palestinese e con gli ebrei antisionisti: tutte queste giuste e sacrosante cause possono avere successo solo se si sviluppa un movimento generale che è la mobilitazione rivoluzionaria delle masse e se anzitutto si ricostruisce un vero partito comunista. Chiunque vuole combattere con efficacia e con successo contro la banda Berlusconi, deve sviluppare ogni forma di mobilitazione e di opposizione avendo come obiettivo e criterio di orientamento la creazione di condizioni più favorevoli per la ricostruzione di un vero partito comunista. Le manifestazioni del prossimo 25 aprile e del 1° maggio devono essere anch’esse condotte con questo obiettivo.

Via il governo Berlusconi!

Viva l’unione internazionale dei lavoratori, delle classi e dei popoli oppressi dall’imperialismo!

Avanti per la rinascita del movimento comunista!

Appoggiare in ogni paese imperialista i gruppi che lottano per ricostruire veri partiti comunisti!

Viva il (nuovo)Partito comunista italiano!