Indice degli scritti di A. Gramsci


Operai e contadini

(L'Ordine Nuovo 2 agosto 1919, anno 1 n. 12).

 

Durante la guerra e per le necessità della guerra, lo Stato italiano ha assunto nelle sue funzioni la regolamentazione della produzione e della distribuzione dei beni materiali. Si è realizzata una forma di trust dell'industria e del commercio, una forma di concentrazione dei mezzi di produzione e di scambio e un eguagliamento delle condizioni di sfruttamento delle masse proletarie e semiproletarie che hanno determinato i loro effetti rivoluzionari. Non è possibile comprendere il carattere essenziale del periodo attuale, se non si tiene conto di questi fenomeni e delle conseguenze psicologiche da essi prodotte.

 

Nei paesi ancora capitalisticamente arretrati come la Russia, l'Italia, la Francia e la Spagna, esiste una netta separazione tra la città e la campagna, tra gli operai e i contadini. Nell'agricoltura sono sopravvissute forme economiche prettamente feudali e una corrispondente psicologia. L'idea dello Stato moderno liberale-capitalistico, è ancora ignorata; le istituzioni economiche e politiche non sono concepite come categorie storiche, che hanno avuto un principio, hanno subito un processo di sviluppo e possono dissolversi, dopo aver creato le condizioni per superiori forme di convivenza sociale: sono concepite invece come categorie naturali, perpetue, irriducibili. In realtà la grande proprietà terriera è rimasta fuori dalla libera concorrenza: e Io Stato moderno ne ha rispettato l'essenza feudale, escogitando formule giuridiche come quella del fedecommesso, che continuano di fatto le investiture e i privilegi del regime feudale. La mentalità del contadino è rimasta perciò quella del servo della gleba, che si rivolta violentemente contro i "signori" in determinate occasioni, ma è incapace di pensare se stesso come membro di una collettività (la nazione per i proprietari e la classe per i proletari) e di svolgere un'azione sistematica e permanente rivolta a mutare i rapporti economici e politici della convivenza sociale.

La psicologia dei contadini era, in tali condizioni, incontrollabile; i sentimenti reali rimanevano occulti, implicati e confusi in un sistema di difesa contro gli sfruttamenti, meramente egoistica, senza continuità logica, materiata in gran parte di sornioneria e di finto servilismo. La lotta di classe si confondeva col brigantaggio, col ricatto, con l'incendio dei boschi, con lo sgarrettamento del bestiame, col ratto dei bambini e delle donne, con l'assalto al municipio: era una forma di terrorismo elementare, senza conseguenze stabili ed efficaci. Obbiettivamente quindi la psicologia del contadino si riduceva a una piccolissima somma di sentimenti primordiali dipendenti dalle condizioni sociali create dallo Stato democratico-parlamentare: il contadino era lasciato completamente in balia dei proprietari e dei loro sicofanti e dei funzionari pubblici corrotti, e la preoccupazione maggiore della sua vita era quella di difendersi corporalmente dalle insidie della natura elementare, dai soprusi e dalla barbarie crudele dei proprietari e dei funzionari pubblici. Il contadino è vissuto sempre fuori dal dominio della legge, senza personalità giuridica, senza individualità morale: è rimasto un elemento anarchico, l'atomo indipendente di un tumulto caotico, infrenato solo dalla paura del carabiniere e del diavolo. Non comprendeva l'organizzazione, non comprendeva Io Stato, non comprendeva la disciplina; paziente e tenace nella fatica individuale di strappare alla natura scarsi e magri frutti, capace di sacrifici inauditi nella vita famigliare, era impaziente e violento selvaggiamente nella lotta di classe, incapace di porsi un fine generale d'azione e di perseguirlo con la perseveranza e la lotta sistematica.

Quattro anni di trincea e di sfruttamento del sangue hanno radicalmente mutato la psicologia dei contadini. Questo mutamento si è verificato specialmente in Russia ed è una delle condizioni essenziali della rivoluzione. Ciò che non aveva determinato l'industrialismo col suo normale processo di sviluppo, è stato prodotto dalla guerra. La guerra ha costretto le nazioni più arretrate capitalisticamente, e quindi meno dotate di mezzi meccanici, ad arruolare tutti gli uomini disponibili, per opporre masse profonde di carne viva agli strumenti bellici degli Imperi centrali. Per la Russia la guerra ha significato la presa di contatto di individui prima sparsi in un vastissimo territorio, ha significato una concentrazione umana durata ininterrottamente per anni e anni nel sacrificio, col pericolo sempre immediato della morte, sotto una disciplina uguale e ugualmente feroce: gli effetti psicologici del perdurare di condizioni simili di vita collettiva per tanto tempo sono stati immensi e ricchi di conseguenze imprevedute.

Gli istinti individuali egoistici si sono smussati, un'anima comune unitaria si è modellata, i sentimenti si sono conguagliati, si è formato un abito di disciplina sociale: i contadini hanno concepito lo Stato nella sua complessa grandiosità, nella sua smisurata potenza, nella sua complicata costruzione. Hanno concepito il mondo non più come una cosa indefinitamente grande come l'universo e angustamente piccola come il campanile del villaggio, ma nella sua concretezza di Stati e di popoli, di forze e di debolezze sociali, di eserciti e di macchine, di ricchezze e di povertà. Legami di solidarietà si sono annodati che altrimenti solo decine e decine d'anni di esperienza storica e di lotte intermittenti avrebbero suscitati; in quattro anni, nel fango e nel sangue delle trincee, un mondo spirituale è sorto avido di affermarsi in forme e istituti sociali permanenti e dinamici.

Così sono nati sul fronte russo i Consigli dei delegati militari, così i soldati contadini hanno potuto attivamente partecipare alla vita dei Soviet di Pietrogrado, di Mosca, e degli altri centri industriali russi, e hanno acquistato coscienza della unità della classe lavoratrice; cosi è avvenuto che, a mano a mano l'esercito russo si smobilitava e i soldati tornavano alle loro sedi di lavoro, tutto il territorio dell'Impero, dalla Vistola al Pacifico, si andasse coprendo di una fitta rete di Consigli locali, organi elementari della ricostruzione statale del popolo russo. Su questa nuova psicologia si fonda la propaganda comunista irradiata dalle città industriali e si fondano le gerarchie sociali liberamente promosse e accettate attraverso le esperienze di vita collettiva rivoluzionaria.

Le condizioni storiche dell'Italia non erano e non sono molto differenti da quelle russe. Il problema della unificazione di classe degli operai e dei contadini si presenta negli stessi termini: essa avverrà nella pratica dello Stato socialista e si fonderà sulla nuova psicologia creata dalla vita comune in trincea.

L'agricoltura italiana deve radicalmente trasformare i suoi procedimenti per uscire dalla crisi determinata dalla guerra. La distruzione del bestiame impone l'introduzione delle macchine, impone un rapido passaggio alla cultura industriale accentrata con la disponibilità di istituzioni tecniche ricche di mezzi. Ma una tale trasformazione non può avvenire in regime di proprietà privata senza determinare un disastro: è necessario che essa avvenga in uno Stato socialista, nell'interesse dei contadini e degli operai, associati in unità comuniste di lavoro. L'introduzione delle macchine nel processo di produzione ha sempre suscitato profonde crisi di disoccupazione, superate solo lentamente per l'elasticità del mercato di lavoro. Oggi le condizioni del lavoro sono turbate radicalmente: la disoccupazione agraria è già diventata problema irrisolvibile per l'effettiva impossibilità di emigrare: la trasformazione industriale della agricoltura può solo avvenire col consenso dei contadini poveri, attraverso una dittatura del proletariato che si incarni in Consigli di operai industriali e di contadini poveri.

 

Gli operai d'officina e i contadini poveri sono le due energie della rivoluzione proletaria. Per loro specialmente il comunismo rappresenta una necessità esistenziale: il suo avvento significa la vita e la libertà, il permanere della proprietà privata significa il pericolo immanente di essere stritolati, di tutto perdere fino alla vita fisica. Essi sono l'elemento irriducibile, la continuità dell'entusiasmo rivoluzionario, la ferrea volontà di non accettare compromessi, di proseguire implacabilmente fino alle realizzazioni integrali, senza demoralizzarsi per gli insuccessi parziali e transitori, senza farsi troppe illusioni per i facili successi.

Sono la spina dorsale della rivoluzione, i ferrei battaglioni dell'esercito proletario che avanza, rovesciando con l'impeto gli ostacoli o assediandoli con le sue maree umane che sgretolano, corrodono con opera paziente, con indefesso sacrifizio. Il comunismo è la loro civiltà, è il sistema di condizioni storiche nelle quali acquisteranno una personalità, una dignità, una cultura, per il quale diventeranno spirito creatore di progresso, e di bellezza.

Ogni lavoro rivoluzionario ha probabilità di buona riuscita solo in quanto si fonda sulle necessità della loro vita e sulle esigenze della loro cultura. Ciò è indispensabile comprendano i leaders del movimento proletario e socialista. Ed è necessario comprendano come urga il problema di dare a questa forza incoercibile della rivoluzione la forma adeguata alla sua psicologia diffusa.

Nelle condizioni arretrate dell'economia capitalistica di prima della guerra non era stato possibile il sorgere e lo svilupparsi di vaste e profonde organizzazioni contadine, nelle quali i lavoratori dei campi si educassero a una concezione organica della lotta di classe e alla disciplina permanente necessaria per la ricostruzione dello Stato dopo la catastrofe capitalistica.

Le conquiste spirituali realizzate durante la guerra, le esperienze comunistiche accumulate in quattro anni di sfruttamento del sangue subito collettivamente, stando gomito a gomito nelle trincee fangose e insanguinate, possono andare perdute se non si riesce a inserire tutti gli individui in organi di vita nuova collettiva, nel funzionamento e nella pratica dei quali le conquiste possano solidificarsi, le esperienze possano svilupparsi, integrarsi, essere rivolte consapevolmente al raggiungimento di un fine storico concreto. Cosi organizzati i contadini diventeranno un elemento di ordine e di progresso; abbandonati a se stessi, nell'impossibilità di svolgere una azione sistematica e disciplinata, essi diventeranno un tumulto incomposto, un disordine caotico di passioni esasperate fino alla barbarie più crudele dalle sofferenze inaudite che si vanno profilando sempre più spaventosamente.

 

La rivoluzione comunista è essenzialmente un problema di organizzazione e di disciplina. Date le condizioni reali obbiettive della società italiana, della rivoluzione saranno protagoniste le città industriali, con le loro masse compatte e omogenee di operai d'officina. Bisogna dunque rivolgere la massima attenzione alla vita nuova che la nuova forma della lotta di classe suscita nell'interno della fabbrica e nel processo di produzione industriale. Ma con le sole forze degli operai d'officina la rivoluzione non potrà affermarsi stabilmente e diffusamente: è necessario saldare la città alla campagna, suscitare nella campagna istituzioni di contadini poveri sulle quali lo Stato socialista possa fondarsi e svilupparsi, attraverso le quali sia possibile allo Stato socialista promuovere l'introduzione delle macchine e determinare il grandioso processo di trasformazione dell'economia agraria. In Italia quest'opera è meno difficile di quanto si pensi: durante la guerra sono entrate nella fabbrica cittadina ingenti quantità di popolazione rurale: su essa la propaganda comunista ha rapidamente attecchito; essa deve servire di cemento tra la città e la campagna, deve essere utilizzata per svolgere nella campagna una fitta opera di propaganda che distrugga le diffidenze e i rancori, deve essere utilizzata perché, valendosi della sua profonda conoscenza della psicologia rurale e della fiducia che gode, inizi appunto l'attività necessaria per determinare il sorgere e le svilupparsi delle istituzioni nuove che incorporino nel movimento comunista le vaste forze dei lavoratori dei campi.