Indice degli scritti di Lenin


Lenin, Opere - Editori Riuniti vol. 33 - pag. 125-128

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LA POLITICA INTERNA ED ESTERA DELLA REPUBBLICA

Rapporto del Comitato esecutivo centrale e del Consiglio dei commissari del popolo al IX congresso dei soviet di tutta la Russia

23 dicembre 1921

 

Compagni, devo presentare un rapporto sulla situazione estera ed interna della Repubblica.

È la prima volta che ho modo di presentare tale rapporto in una situazione in cui è passato un anno intero senza che ci sia stata una sola invasione, o almeno un’invasione importante, contro il nostro potere sovietico, da parte dei capitalisti russi e stranieri. È il primo anno in cui, cessate le invasioni, abbiamo goduto di una calma relativa, benché tutt’altro che completa e in cui abbiamo potuto dedicare tutti i nostri sforzi a quello che è il nostro compito principale ed essenziale: la ricostruzione dell’economia rovinata dalle guerre, il risanamento delle ferite inferte alla Russia dalle classi sfruttatrici dominanti e la creazione delle fondamenta dell’edificazione socialista.

Innanzi tutto, affrontando la questione della situazione internazionale della nostra Repubblica, devo riaffermare ciò che ho già avuto modo di dire e cioè che si è stabilito nelle relazioni internazionali un certo equilibrio, sia pure molto instabile. E adesso possiamo osservarlo. È molto strano per coloro di noi che hanno vissuto la rivoluzione sin dall’inizio, per coloro che hanno conosciuto e osservato direttamente le difficoltà inaudite che abbiamo incontrato nello spezzare i fronti imperialisti, vedere adesso come si sono messe le cose. Nessuno, probabilmente, si attendeva né poteva attendersi allora che la situazione si sarebbe evoluta come si è evoluta.

Noi ci eravamo immaginati lo sviluppo futuro (e penso che non sia inutile ricordarlo adesso, poiché ciò ci servirà per le nostre conclusioni pratiche a proposito delle principali questioni economiche) in una forma più semplice e più rettilinea di quanto si è verificato nella realtà. Noi avevamo detto a noi stessi, alla classe operaia, a tutti i lavoratori sia della Russia che degli altri paesi: non v’è altra via d’uscita dal maledetto e criminale massacro imperialista all’infuori della soluzione rivoluzionaria; aprendo una breccia nella guerra imperialista con la rivoluzione, noi apriamo l’unica via d’uscita possibile da questo massacro criminale per tutti i popoli. Ci sembrava allora (né poteva sembrarci altrimenti) che questo cammino fosse chiaro e diritto e che fosse il più facile. È accaduto però che gli altri popoli non sono riusciti a imboccare, almeno così presto come pensavamo, questo cammino rettilineo, l’unico che effettivamente ci ha liberati dai legami imperialisti, dai crimini imperialisti e dalla guerra che continua a minacciare tutto il resto del mondo. E se, ciò nondimeno, vediamo adesso ciò che è accaduto, se vediamo l’unica repubblica socialista resistere accerchiata da tutta una serie di potenze imperialiste ad essa ferocemente ostili, ci dobbiamo chiedere come ciò sia potuto avvenire.

Si può rispondere senza la minima esagerazione che ciò è avvenuto perché, per l’essenziale, avevamo correttamente compreso gli avvenimenti, perché per l’essenziale avevamo correttamente giudicato il massacro imperialista e la confusione insorta tra le potenze imperialiste. È la sola spiegazione di questa situazione bizzarra, di questo equilibrio instabile, incomprensibile e, tuttavia, in una certa misura incontestabile, equilibrio che osserviamo oggi e che consiste in questo: benché siamo circondati da ogni parte da potenze incomparabilmente più forti di noi sul piano economico e sul piano militare, da potenze che ci manifestano incessantemente e apertamente una ostilità che arriva al furore, vediamo tuttavia che esse non sono riuscite a raggiungere l’obiettivo per il quale nel corso di tre anni hanno speso tanti mezzi e tante forze, vale a dire l’obiettivo di soffocare immediatamente e direttamente la Russia sovietica. Quando ci domandiamo come ciò sia potuto accadere, come sia potuto avvenire che uno Stato, incontestabilmente uno dei più arretrati e più deboli, nei confronti del quale le più grandi potenze del mondo sono dichiaratamente ostili, abbia tenuto testa all’assalto diretto contro di esso, quando riflettiamo su questa questione vediamo chiaramente perché ciò è  avvenuto: perché abbiamo avuto ragione nelle cose essenziali, abbiamo visto giusto nelle nostre previsioni e nei nostri calcoli. È risultato che, sebbene non abbiamo ottenuto dalle masse lavoratrici di tutto il mondo quell’appoggio rapido, diretto e immediato su cui contavamo e che era il fondamento di tutta la nostra politica, abbiamo tuttavia beneficiato di un sostegno di altro genere, né diretto né rapido, ma in proporzioni tali che proprio questo sostegno, questa simpatia delle masse lavoratrici - operaie e contadine - in tutto il mondo, persino nei paesi a noi più ostili, proprio questo appoggio e questa simpatia sono stati la causa ultima, la causa più decisiva del fatto che tutte le campagne lanciate contro di noi sono terminate con un fallimento, del fatto che l’alleanza dei lavoratori di tutti i paesi - da noi proclamata, sostenuta e, nell’ambito della nostra repubblica, anche attuata - ha esercitato una influenza su tutti i paesi. Per quanto tale appoggio sia debole, finché esisterà il capitalismo negli altri paesi (ciò, beninteso, dobbiamo vederlo chiaramente e riconoscerlo francamente), per quanto tutto questo appoggio possa essere debole, bisogna dire che adesso si può già contare su di esso. Questa simpatia e questo appoggio si sono fatti valere nel senso che un’invasione come quella da noi subita nel corso di tre anni e che ci ha provocato distruzioni e sofferenze inaudite, questa invasione è divenuta non dico impossibile (su questo punto bisogna essere molto prudenti e cauti), ma infinitamente più difficile per i nostri nemici. E ciò spiega, in ultima istanza, la situazione strana, a prima vista incomprensibile, cui assistiamo oggi.

Se consideriamo con assoluto sangue freddo la simpatia per il bolscevismo e la rivoluzione socialista, se esaminiamo la situazione internazionale semplicemente dal punto di vista del calcolo delle forze, indipendentemente dal fatto se queste forze sono per una causa giusta o ingiusta, per la classe sfruttatrice o per le masse lavoratrici (tralasciamo ciò, e cerchiamo invece di considerare come queste forze sono raggruppate su scala internazionale), ebbene, vediamo che queste forze sono raggruppate in un modo che, per l’essenziale, vengono ad essere confermate le nostre previsioni e i nostri calcoli: il capitalismo continua a disgregarsi anche dopo la guerra terminata dapprima con la pace di Brest-Litovsk e poi con la pace di Versailles (non so più quale delle due sia la peggiore); più tempo passa e più l’odio e il disgusto verso la guerra crescono anche nei paesi vincitori. E quanto più ci allontaniamo dalla guerra, tanto più diviene chiaro, non soltanto per i lavoratori, ma anche e in grandissima misura per la borghesia dei paesi vincitori, che il capitalismo si va disgregando, che la crisi economica in tutto il mondo ha creato una situazione insopportabile e che non v’è una via d’uscita nonostante tutte le vittorie riportate. Ecco perché noi, pur essendo incommensurabilmente più deboli di tutte le altre potenze sia sul piano economico, sia sul piano politico, sia sul piano militare, nel contempo siamo più forti di loro poiché sappiamo e valutiamo correttamente tutto ciò che consegue e deve conseguire da questo caos imperialista, da questo groviglio cruento e dalle contraddizioni (prendete per esempio la questione monetaria, per non parlare delle altre) in cui gli imperialisti si sono impelagati e si impelagano sempre più profondamente senza vedere una via d’uscita.

Ed ecco che osserviamo un cambiamento di tono fra i rappresentanti della borghesia più moderata, decisamente e assolutamente estranea a qualsiasi idea di socialismo in generale (per non parlare di “questo orribile bolscevismo”). Il tono cambia persino in persone come il famoso scrittore Keynes, il cui libro [Le conseguenze economiche della pace, novembre 1919, ndr] è stato tradotto in tutte le lingue e che ha partecipato personalmente ai negoziati di Versailles, che si è votato anima e corpo ai suoi governi: persino lui, in seguito, ha dovuto abbandonare questa via, ripudiarla, pur continuando a maledire il socialismo. Ripeto: egli non parla e non vuole neppure pensare al bolscevismo, ma dice al mondo capitalistico: “Ciò che state facendo vi conduce in un vicolo cieco” ed egli propone persino loro qualcosa del genere dell’annullamento di tutti i debiti.

Molto bene, signori! Da molto tempo era ora che seguiste il nostro esempio.