Indice degli scritti di Stalin

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G. Stalin - Il carattere internazionale della Rivoluzione d’Ottobre

Per il decimo anniversario dell’Ottobre

Pravda n. 225, 6-7 novembre 1927. Firmato: G. Stalin.

[Il testo è tratto da Stalin, Opere complete vol. 10, Edizioni Rinascita 1955 - le note sono nostre. Abbiamo anche aggiornato linguisticamente il testo - la redazione di La Voce, 2018]

 

La Rivoluzione d’Ottobre non è solo una rivoluzione “nel quadro nazionale”. Essa è innanzitutto una rivoluzione di ordine internazionale, mondiale, perché segna, nella storia universale del genere umano, una svolta radicale dal vecchio mondo capitalista al mondo nuovo, socialista.

Nel passato le rivoluzioni terminavano di solito con la sostituzione al timone dello Stato di un gruppo di sfruttatori con un altro gruppo di sfruttatori. Gli sfruttatori cambiavano, lo sfruttamento restava. Così fu al tempo dei movimenti di liberazione degli schiavi. Così fu nel periodo delle insurrezioni dei servi della gleba. Così fu nel periodo delle famose “grandi” rivoluzioni in Inghilterra, in Francia, in Germania. Non parlo della Comune di Parigi, che fu il primo glorioso ed eroico, ma tuttavia vano, tentativo del proletariato di far marciare la storia contro il capitalismo.

La Rivoluzione d’Ottobre si distingue da queste rivoluzioni in linea di principio. Essa non si propone di sostituire una forma di sfruttamento con un’altra forma di sfruttamento, un gruppo di sfruttatori con un altro gruppo di sfruttatori: si propone invece di sopprimere ogni sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, di sopprimere tutti i gruppi di sfruttatori, di instaurare la dittatura del proletariato, di instaurare il potere della classe più rivoluzionaria fra tutte le classi oppresse mai esistite, di organizzare una nuova società socialista senza classi.

Appunto per questo la vittoria della Rivoluzione di Ottobre segna una svolta radicale nella storia del genere umano, una svolta radicale nei destini storici del capitalismo mondiale, una svolta radicale nel movimento per l’emancipazione del proletariato mondiale, una svolta radicale nei mezzi di lotta e nelle forme di organizzazione, nei costumi e nelle tradizioni, nella cultura e nell’ideologia delle masse sfruttate di tutto il mondo.

È questa la ragione per cui la Rivoluzione d’Ottobre è una rivoluzione di ordine internazionale, mondiale.

È questa la radice della profonda simpatia che le classi oppresse di tutti i paesi nutrono per la Rivoluzione d’Ottobre, vedendo in essa l’inizio e la garanzia della loro liberazione.

Possiamo indicare una serie di questioni fondamentali, nelle quali la Rivoluzione d’Ottobre influisce sullo sviluppo del movimento rivoluzionario di tutto il mondo.

1. La Rivoluzione d’Ottobre spicca innanzitutto perché ha spezzato il fronte dell’imperialismo mondiale, ha abbattuto la borghesia imperialista in uno dei più grandi paesi capitalisti e ha portato al potere il proletariato socialista.

Per la prima volta nella storia dell’umanità la classe dei salariati, la classe dei perseguitati, la classe degli oppressi e degli sfruttati è assurta alla situazione di classe dominante, conquistando con il suo esempio i proletari di tutti i paesi.

Ciò significa che la Rivoluzione d’Ottobre ha aperto una nuova epoca, l’epoca delle rivoluzioni proletarie nei paesi dell’imperialismo.

Essa ha tolto ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti gli strumenti e i mezzi di produzione e li ha fatti diventare proprietà sociale, opponendo così alla proprietà borghese la proprietà socialista. In tal modo essa ha smascherato la menzogna dei capitalisti, secondo cui la proprietà borghese è sacra, inviolabile ed eterna.

Essa ha strappato il potere alla borghesia, ha privato la borghesia dei diritti politici, ha distrutto l’apparato statale borghese e trasmesso il potere ai Soviet, opponendo così al parlamentarismo borghese, alla democrazia capitalista, il potere socialista dei Soviet, la democrazia proletaria.(1) Lafargue aveva ragione quando fin dal 1887 diceva che il giorno dopo la rivoluzione “tutti gli ex capitalisti sarebbero stati privati dei diritti elettorali”.(2)

1. La democrazia instaurata dalla borghesia in Europa in contrapposizione alla monarchia assoluta è rappresentativa: mette alla testa del potere legislativo dello Stato per un periodo definito un gruppo di individui designati dagli elettori di un paese la cui economia è basata sulla proprietà privata e la cui popolazione è divisa in classi di sfruttati e sfruttatori, di oppressi e oppressori e gli eletti sono supposti rappresentare tutta la popolazione. La democrazia borghese implica lo Stato di diritto e la divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Essa è evoluta nel corso di secoli in parallelo con l’evoluzione dei rapporti tra le classi che compongono la società borghese: dall’epoca della crescita e piena espansione della borghesia in Europa e nel mondo, all’epoca dell’inizio della sua decadenza, all’epoca della sua lotta per soffocare la prima ondata della rivoluzione proletaria, all’epoca della sua lotta per sopravvivere nonostante la crisi generale per sovraccumulazione assoluta di capitale che mina il sistema mondiale che essa dirige. Quale parte della popolazione rientra tra gli elettori e le condizioni in cui questi designano gli eletti sono variate sulla base della lotta di classe, fermo restando che i capitalisti costituiscono la classe dominante nella società.

La democrazia sovietica o consiliare o proletaria è sorta con la Rivoluzione d’Ottobre ed è durata pochi decenni. Le sue caratteristiche sono illustrate in dettaglio nell’opuscolo I primi paesi socialisti di Marco Martinengo ed Elvira Mensi (www.nuovopci.it). I suoi principi guida sono che il proletariato di ogni unità di base (produttiva, territoriale o d’altro genere) designava i propri dirigenti: essi erano revocabili in ogni momento ma con pieni poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Questi a loro volta designavano i dirigenti delle unità territoriali di livello superiore e così via di livello in livello fino al vertice dello Stato, parimenti revocabili ma con pieni poteri. Il funzionamento della società era fondato sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione, sulla gestione pubblica dell’attività economica con il compito di assicurare la difesa del paese contro l’aggressione dei gruppi imperialisti dall’estero e dei loro complici interni, il benessere crescente della popolazione e il suo progresso materiale, intellettuale e morale e sull’opera di orientamento del partito comunista e delle organizzazioni di massa volto a far crescere la partecipazione alla vita sociale e alla sua direzione di ogni membro delle classi e dei gruppi sociali oppressi nella vecchia società. Tutto il sistema politico funzionava secondo i principi del centralismo democratico. Finché questi principi vennero seguiti, i successi raggiunti dall’Unione Sovietica fino agli anni ’50 mostrano i risultati della democrazia proletaria. Questa resta comunque la forma di uno Stato, cioè di un organismo che ha il compito di garantire l’ordine di una società ancora divisa in classi (la natura dello Stato è illustrata in dettaglio nello scritto Stato e rivoluzione di Lenin (1917)) ma la classe dominante nella società è costituita dai proletari che devono trattare le sette grandi contraddizioni proprie del socialismo (tra dirigenti e diretti, tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra lavoro di organizzazione e lavoro esecutivo, tra uomini e donne, tra adulti e giovani, tra città e campagna, tra settori, regioni, nazioni e paesi avanzati e quelli arretrati) fino a superarle.

 

2. Paul Lafargue (1842-1911), fondatore con Jules Guesde del Partito operaio francese, fu un seguace di Marx e suo genero. La tesi citata da Stalin è in Il giorno dopo la rivoluzione.

 

In tal modo la Rivoluzione d’Ottobre ha smascherato la menzogna dei socialdemocratici, secondo cui oggi sarebbe possibile il passaggio pacifico al socialismo per mezzo del parlamentarismo borghese.

Ma la Rivoluzione d’Ottobre non si è arrestata e non poteva arrestarsi a questo punto. Distrutto il vecchio mondo, il mondo borghese, essa ha iniziato la costruzione del mondo nuovo, del mondo socialista. I dieci anni trascorsi dalla Rivoluzione d’Ottobre sono stati dieci anni di edificazione del partito, dei sindacati, dei Soviet, delle cooperative, delle organizzazioni culturali, dei trasporti, dell’industria, dell’Esercito rosso. I successi indiscutibili del socialismo nell’URSS sul fronte dell’edificazione hanno dimostrato all’evidenza che il proletariato è capace di governare con successo il paese senza la borghesia e contro la borghesia, che è capace di costruire con successo l’industria senza la borghesia e contro la borghesia, che è capace di dirigere con successo tutta l’economia nazionale senza la borghesia e contro la borghesia, che è capace di edificare con successo il socialismo, nonostante l’accerchiamento capitalista.

La vecchia “teoria”, secondo la quale gli sfruttati non possono fare a meno degli sfruttatori, così come la testa e le altri parti del corpo non possono fare a meno dello stomaco, non è patrimonio esclusivo del famoso senatore dell’antica Roma, Menenio Agrippa. Questa “teoria” costituisce oggi la pietra angolare della “filosofia” politica della socialdemocrazia in generale e della politica socialdemocratica di coalizione con la borghesia imperialista in particolare. Questa “teoria”, che ha assunto ormai il carattere d’un pregiudizio, costituisce attualmente uno dei più gravi ostacoli alla penetrazione dello spirito rivoluzionario nel proletariato dei paesi capitalisti. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa “teoria” menzognera.

C’è ancora bisogno di dimostrare che questi e altri risultati analoghi della Rivoluzione d’Ottobre hanno e non possono non avere una grande influenza sul movimento rivoluzionario della classe operaia nei paesi capitalisti?

Fatti universalmente noti come il continuo sviluppo del movimento comunista nei paesi capitalisti, l’aumento della simpatia dei proletari di tutti i paesi per la classe operaia dell’URSS e infine l’affluire di delegazioni operaie nel paese dei Soviet, dimostrano in modo indubbio che il seme gettato dalla Rivoluzione d’Ottobre incomincia già a dare i suoi frutti.

2. La Rivoluzione d’Ottobre ha scosso l’imperialismo non soltanto nei centri del suo dominio, non solo nelle “metropoli”. Essa ha anche colpito l’imperialismo nelle retrovie, alla sua periferia, scalzando il dominio dell’imperialismo nei paesi coloniali e nei paesi dipendenti.

Abbattendo i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, la Rivoluzione d’Ottobre ha spezzato le catene dell’oppressione nazionale e coloniale e ha liberato da essa tutti, senza eccezione, i popoli oppressi di un vasto paese. Il proletariato non può liberare se stesso senza liberare i popoli oppressi. Il tratto caratteristico della Rivoluzione d’Ottobre è il fatto che essa ha compiuto nell’URSS queste rivoluzioni nazionali e coloniali non sotto la bandiera degli odi nazionali e dei conflitti fra le nazioni, ma sotto la bandiera della fiducia reciproca e dell’amicizia fraterna degli operai e dei contadini delle nazioni dell’URSS, non in nome del nazionalismo, ma in nome dell’internazionalismo.

Appunto perché le rivoluzioni nazionali e coloniali si sono compiute da noi sotto la direzione del proletariato e sotto la bandiera dell’internazionalismo, appunto perciò i popoli confinati al gradino inferiore dell’umanità, i popoli schiavi sono assurti per la prima volta nella storia dell’umanità alla posizione di popoli realmente liberi e realmente uguali, conquistando con il loro esempio i popoli di tutto il mondo.

Ciò significa che la Rivoluzione d’Ottobre ha aperto una nuova epoca, l’epoca delle rivoluzioni coloniali, che si compiono nei paesi oppressi di tutto il mondo in alleanza con il proletariato, sotto la direzione del proletariato.

Nel passato “era senso comune” che il mondo da tempi immemorabili era diviso in razze inferiori e razze superiori, in neri e bianchi, i primi refrattari alla civiltà e condannati a essere oggetto di sfruttamento, e i secondi unici depositari della civiltà, chiamati a sfruttare i primi.

Oggi questa leggenda deve essere considerata come sfatata e rigettata. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa leggenda, dimostrando con i fatti che i popoli non europei, liberati e trascinati nella corrente dello sviluppo sovietico, sono atti non meno dei popoli europei a contribuire allo sviluppo di una cultura veramente progredita e di una civiltà veramente avanzata.

Nel passato “era senso comune” che la sola via per liberare i popoli oppressi era il metodo del nazionalismo borghese, il metodo di allontanare le nazioni le une dalle altre, il metodo di dividerle, il metodo di rafforzare gli odi nazionali tra le masse lavoratrici delle diverse nazioni.

Oggi bisogna considerare questa leggenda come sfatata. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa leggenda, dimostrando con i fatti la possibilità e l’opportunità del metodo proletario, internazionalista, di liberazione dei popoli oppressi, come solo metodo giusto, dimostrando con i fatti la possibilità e l’opportunità dell’unione fraterna degli operai e dei contadini delle nazionalità più diverse, unione basata sul principio del libero consenso e dell’internazionalismo. L’esistenza dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che costituisce il prototipo della futura unione dei lavoratori di tutti i paesi in un’economia mondiale unica, è inevitabilmente la prova diretta di questo.

È superfluo dire che questi e analoghi risultati della Rivoluzione d’Ottobre esercitano e non possono che esercitare una grande influenza sul movimento rivoluzionario dei paesi coloniali e dei paesi dipendenti. Fatti come lo sviluppo del movimento rivoluzionario dei popoli asserviti della Cina, dell’Indonesia, dell’India, ecc. e l’aumento della simpatia di questi popoli per l’URSS lo confermano in modo sicuro.

L’era del tranquillo sfruttamento e dell’oppressione indisturbata delle colonie e dei paesi soggetti è tramontata.

È incominciata l’era delle rivoluzioni liberatrici delle colonie e dei paesi dipendenti, l’era del risveglio del proletariato di questi paesi, l’era della sua egemonia nella rivoluzione.

3. La Rivoluzione d’Ottobre, gettando il seme della rivoluzione nei centri dell’imperialismo e nelle sue retrovie, indebolendo la potenza dell’imperialismo nelle “metropoli” e scuotendone il dominio nelle colonie, ha messo in forse l’esistenza stessa del capitalismo mondiale nel suo insieme.

Se nel periodo dell’imperialismo lo sviluppo spontaneo del capitalismo è degenerato - a causa della disuguaglianza che produce, a causa dell’inevitabilità dei conflitti e delle collisioni armate, a causa, infine, del massacro imperialista senza precedenti (3) - in un processo di decomposizione e di agonia del capitalismo, la Rivoluzione d’Ottobre e il conseguente distacco di un paese immenso dal sistema mondiale capitalista non potevano che accelerare questo processo, minando passo a passo le fondamenta stesse dell’imperialismo mondiale.

 

3. Stalin si riferisce alla prima Guerra Mondiale (1914-1918).

 

C’è di più. La Rivoluzione d’Ottobre, scuotendo l’imperialismo, ha creato in pari tempo la prima dittatura proletaria, base potente e dichiarata del movimento rivoluzionario mondiale, base che questo movimento non aveva mai avuto precedentemente e sulla quale oggi può appoggiarsi. Essa ha creato un centro potente e dichiarato del movimento rivoluzionario mondiale, centro che questo movimento non aveva mai avuto prima e attorno al quale, oggi, esso può raggrupparsi, organizzando il fronte unico rivoluzionario dei proletari e dei popoli oppressi di tutti i paesi contro l’imperialismo.

Ciò significa, in primo luogo, che la Rivoluzione d’Ottobre ha inferto al capitalismo mondiale una ferita mortale, che esso non sanerà mai più. Appunto per questo il capitalismo non ritroverà mai più l’“equilibrio” e la “stabilità” che aveva prima dell’Ottobre.

Il capitalismo può stabilizzarsi parzialmente, può razionalizzare la sua produzione, dare al fascismo la direzione del paese, domare momentaneamente la classe operaia, ma non ritroverà mai più la “tranquillità”, la “sicurezza”, l’“equilibrio” e la “stabilità” di cui si vantava nel passato, perché la crisi del capitalismo mondiale ha raggiunto un tal grado di sviluppo che le fiamme della rivoluzione devono inevitabilmente aprirsi un varco ora nei centri dell’imperialismo, ora alla periferia, rendendo vani tutti i palliativi capitalisti e avvicinando di giorno in giorno la fine del capitalismo. Esattamente come nella nota favola: “Se ritira la coda, affonda il becco; se ritira il becco, affonda la coda”.

Ciò significa, in secondo luogo, che la Rivoluzione d’Ottobre ha elevato notevolmente la forza e il peso specifico, il coraggio e la combattività delle classi oppresse di tutto il mondo, costringendo le classi dominanti a tener conto di esse come di un fattore nuovo, importante. Oggi non è più possibile considerare le masse lavoratrici del mondo come una “folla cieca”, errante nelle tenebre e priva di prospettive, perché la Rivoluzione d’Ottobre ha creato per queste masse un faro che illumina loro la via e apre loro delle prospettive. Se nel passato non vi era una tribuna universale per manifestare e proclamare apertamente le speranze e le aspirazioni delle classi oppresse, oggi questa tribuna esiste, cd è la prima dittatura del proletariato.

Non vi è dubbio che la distruzione di questa tribuna piomberebbe per lungo tempo la vita politica e sociale dei “paesi progrediti” nelle tenebre di una reazione nera e sfrenata.(4) Non si può negare che il semplice fatto dell’esistenza dello “Stato bolscevico” mette un freno alle forze nere della reazione, facilitando alle classi oppresse la lotta per la loro liberazione. Ciò spiega, in fin dei conti, l’odio bestiale che gli sfruttatori di tutti i paesi nutrono contro i bolscevichi.

 

4. Quello che qui Stalin, confermando la perspicacia che la scienza marxista conferisce ai comunisti a proposito del corso della storia dell’umanità, indica come eventualità da scongiurare, è esattamente quello che è avvenuto dopo che, come risultato del quasi trentennale lavoro di scalzatura iniziato da Kruscev e complici nel 1956 con il XX Congresso del PCUS, infine l’Unione Sovietica è crollata. I gruppi imperialisti hanno ripreso nuovamente nelle loro mani la direzione del mondo e hanno portato l’umanità nel marasma da cui oggi, nel 2018, non siamo ancora usciti.

 

La storia si ripete, quantunque su una base nuova. Come nel passato, nel periodo della caduta del feudalesimo, la parola “giacobino” suscitava l’orrore e l’odio degli aristocratici di tutti i paesi, così attualmente, nel periodo della caduta del capitalismo, la parola “bolscevico” suscita nella borghesia di tutti i paesi odio ed orrore. E viceversa, come Parigi era nel passato l’asilo e la scuola dei rappresentanti rivoluzionari della borghesia ascendente, così Mosca è oggi l’asilo e la scuola dei rappresentanti rivoluzionari del proletariato in ascesa. L’odio contro i giacobini non salvò il feudalesimo dal naufragio. Chi può mettere in dubbio che l’odio contro i bolscevichi non salverà il capitalismo dalla sua inevitabile disfatta?

L’era della “stabilità” del capitalismo è tramontata, e con essa è tramontata la leggenda dell’incrollabilità dell’ordine borghese.

È incominciata l’era del crollo del capitalismo.

4. La Rivoluzione d’Ottobre non è soltanto una rivoluzione nel campo dei rapporti economici, politici e sociali. Essa è anche una rivoluzione nelle menti, una rivoluzione nell’ideologia della classe operaia. La Rivoluzione d’Ottobre è nata e s’è rafforzata sotto la bandiera del marxismo, sotto la bandiera dell’idea della dittatura del proletariato, sotto la bandiera del leninismo, che è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie. Perciò essa segna la vittoria del marxismo sul riformismo, la vittoria del leninismo sul socialdemocratismo, la vittoria della III Internazionale sulla II Internazionale.(5)

 

5. Qui e nel seguito Stalin usa la parola socialdemocratismo per indicare la concezione dei partiti e dei personaggi che si dicevano amici degli operai, partiti operai, socialisti, socialdemocratici ma erano ostili all’instaurazione del socialismo. La storia dei decenni successivi ha mostrato chiaramente quali erano la loro vera natura e il loro ruolo nella lotta di classe. Oggi diremmo revisionismo moderno o sinistra borghese. Abbiamo lasciato la parola usata da Stalin dato che nel 1927 essi si chiamavano socialdemocratici o socialisti.

 

La Rivoluzione d’Ottobre ha tracciato un solco incolmabile tra il marxismo e il socialdemocratismo, tra la politica del leninismo e la politica del socialdemocratismo.

Nel passato, prima della vittoria della dittatura del proletariato, la socialdemocrazia poteva pavoneggiarsi, drappeggiata nella bandiera del marxismo, senza negare apertamente l’idea della dittatura del proletariato, ma anche senza far nulla, assolutamente nulla, per affrettare la realizzazione di quest’idea; è chiaro che un simile atteggiamento della socialdemocrazia non creava nessuna minaccia per il capitalismo. Allora, in quel periodo, la socialdemocrazia, da un punto di vista formale, si confondeva, o quasi, con il marxismo.

 Oggi, dopo la vittoria della dittatura del proletariato, quando tutti hanno visto con i loro occhi dove conduce il marxismo e che cosa può significare la sua vittoria, la socialdemocrazia non può più pavoneggiarsi, drappeggiata nella bandiera del marxismo, non può più civettare con l’idea della dittatura del proletariato senza creare un certo pericolo per il capitalismo. Avendo rotto da tempo con lo spirito del marxismo, essa è stata costretta a rompere anche con la bandiera del marxismo, si è schierata apertamente e senza equivoco contro la Rivoluzione d’Ottobre, frutto del marxismo, contro la prima dittatura proletaria del mondo.

Oggi essa si è dovuta separare e si è effettivamente separata dal marxismo, perché nelle condizioni attuali non ci si può chiamare marxisti se non si sostiene apertamente e senza riserve la prima dittatura proletaria del mondo, se non si conduce una lotta rivoluzionaria contro la propria borghesia, se non si creano le condizioni per la vittoria della dittatura del proletariato nel proprio paese.

Tra la socialdemocrazia e il marxismo si è aperto un abisso. Ormai l’unico assertore e baluardo del marxismo è il leninismo, il comunismo.(6)

 

6. Così indubbiamente era nel 1927. Oggi, quello che Stalin dice del leninismo, dobbiamo dirlo del maoismo. L’incapacità rivoluzionaria mostrata dai partiti comunisti dei paesi imperialisti nella prima parte del secolo scorso e la svolta impressa al corso delle cose in Unione Sovietica, in molti paesi socialisti e in gran parte dei partiti del movimento comunista internazionale dal XX Congresso del PCUS (febbraio 1956) e dai seguaci di Kruscev (i revisionisti moderni), hanno mostrato che il leninismo non metteva ancora in luce nella misura oramai necessaria la forma della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, la natura della borghesia nei paesi socialisti e il riflesso della lotta di classe nei partiti comunisti stessi: gli apporti del maoismo al patrimonio teorico del movimento comunista che in sintesi chiamiamo ottava discriminante (vedi pagg. 48-51 di La Voce n. 41 luglio 2012, in www.nuovopci.it).

 

Ma non ci si è fermati qui. Segnata una linea di demarcazione tra la socialdemocrazia e il marxismo, la Rivoluzione d’Ottobre è andata oltre, respingendo la socialdemocrazia nel campo dei difensori diretti del capitalismo contro la prima dittatura proletaria del mondo. Quando i signori Adler e Bauer, Wells e Levi, Longuet e Blum diffamano il “regime sovietico” esaltando la “democrazia” parlamentare, essi vogliono dire, con ciò, che combattono e continueranno a combattere per la restaurazione dell’ordine capitalista nell’URSS, per la conservazione della schiavitù capitalista nei paesi “civili”.

L’attuale socialdemocratismo è il sostegno ideologico del capitalismo. Lenin aveva mille volte ragione quando diceva che gli uomini politici socialdemocratici dei nostri giorni sono “veri agenti della borghesia in seno al movimento operaio, commessi operai della classe dei capitalisti”, di dire che “nella guerra civile del proletariato contro la borghesia” essi si schiereranno inevitabilmente “a fianco dei ‘versagliesi’ contro i ‘comunardi’”.(7)

 

7. Vedi Lenin, L’imperialismo, fase suprema dei capitalismo. Saggio popolare, 1916. Stalin cita dalle ultime righe della prefazione dell’edizione francese e tedesca del saggio, scritta da Lenin nel luglio 1920.

 

È impossibile finirla con il capitalismo, senza aver posto fine al socialdemocratismo nel movimento operaio. Perciò l’era dell’agonia del capitalismo è in pari tempo l’era dell’agonia del socialdemocratismo nel movimento operaio.

La grande importanza della Rivoluzione d’Ottobre consiste tra l’altro nel fatto che essa segna il trionfo ineluttabile del leninismo sul socialdemocratismo nel movimento operaio mondiale.

L’era del dominio della II Internazionale e del socialdemocratismo nel movimento operaio è tramontata.

È incominciata l’era del dominio del leninismo e della III Internazionale.