Sosteniamo la lotta dei lavoratori della ristorazione

   

21 gennaio 2021 - Comunicato numero 20 del Comitato Aurora del (nuovo)Partito comunista italiano

La crisi materiale, morale, intellettuale e ambientale che affligge l’umanità

intera e spaventa tante persone, sia tra le masse popolari sia nella borghesia

imperialista, conferma con la sua gravità la profondità della trasformazione che

l’umanità deve compiere.

(Manifesto Programma del (nuovo)Partito comunista italiano, Ed. Rapporti

Sociali, Milano, 2008, pag. 3)

 

I ristoranti sono una istituzione nata da una rivoluzione, e precisamente dalla Rivoluzione Francese, che riversò a Parigi e in altre città della nazione i cuochi disoccupati perché i signori feudali loro padroni o erano fuggiti o erano stati decapitati. Senza occupazione inventarono un nuovo mestiere, da servi si fecero borghesi e portarono la loro arte a disposizione non più dei singoli e delle loro famiglie ma di quelle parti di popolazione che avevano da pagarsi un pasto nei locali in cui questi primi ristoratori iniziarono la loro attività.

 

Oggi una crisi molto più profonda di  quella che diede avvio alla Rivoluzione Francese è in corso e impone una trasformazione radicale dell’assetto sociale. Milioni di persone e interi settori sociali sono a rischio. Attività lavorative la cui esistenza era data per scontata e che fino a ieri in questo sistema erano remunerative ora da questo sistema sono condannate alla sparizione. Questo è sicuramente il caso dei servizi legati al turismo: in Toscana, regione dove il settore del turismo ha grande peso come attività produttiva, su 26.286 posti di lavoro persi rispetto al 2019, 14.786 sono nei servizi turistici. I ristoratori fanno parte di questa area in grande sofferenza: sono di fatto condannati a morte anche se il governo non osa dirlo e versa loro (ad alcuni di loro) i cosiddetti “ristori” per tenere in piedi l’apparato di propaganda secondo il quale “tutto andrà bene”. Loro e tanti altri come loro sono come una massa di popolazione scaricata in mezzo al mare su un’isola a pelo d’acqua e che nell’arco della giornata sarà sommersa dall’alta marea. Così procede questa Repubblica diretta fino a questi giorni da un “avvocato” di Bergoglio, con tante belle parole di fede, speranza e carità mentre già 80mila persone sono morte per il virus, i centri cittadini e le intere città da brulicanti che erano dall’oggi al domani diventano deserte, procede a balzi da gigante la crisi economica. A fronte di questa classe dirigente criminale e ipocrita ribellarsi è giusto, e fanno bene i ristoratori che il 15 gennaio hanno riaperto i locali per la cena, non accettando la condanna a morte lenta della loro attività con quanto di lavoratori include, lavoratori che, sia chiaro, sono operai, perché non c’è differenza tra produrre tortellini alla panna e assi per auto, scooters, acciaio o fili in metallo per pneumatici.

 

 Male fanno tutti quelli che per ignoranza o malafede cercano di isolare la lotta dei lavoratori della ristorazione dalle altre mobilitazioni delle masse popolari in corso, nella scuola, nella sanità, nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro pubblici. Male fanno quegli istituti come Confcommercio e Confesercenti che dichiarano ipocritamente di “essere consapevoli delle sofferenze dei lavoratori” del settore che costoro dovrebbero difendere ma raccomandano di non infrangere la legge. Infrangere la legge è necessario quando questa prevede condanna a morte non dichiarata e quando è legge assurda, emanata da uno Stato il cui governo impedisce di lavorare e che si regge sulle tasse di chi lavora. Confcommercio e Confesercenti raccomandano di stare nella legge così come i sindacati confederali hanno raccomandato di affidarsi alle istituzioni ai lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno e prima della Rational di Massa, due tra le tante fabbriche che ora sono regno dei rovi, così come hanno raccomandato e raccomandano di affidarsi alle istituzioni agli operai delle acciaierie di Taranto, di Terni e di Piombino. I risultati di tutto questo si vedono. Si vede come queste istituzioni hanno gestito la situazione in Alitalia e come gestiscono la situazione delle autostrade con i Benetton, a cui continuano a regalare miliardi dai tempi in cui Matteo Renzi era al governo. Affidarsi a queste istituzioni è come affidarsi a un astrologo per decidere come organizzarsi la vita. Serve ben altro. Serve un assetto sociale radicalmente diverso, serve chi lo costruisca e serve una scienza per costruirlo.

 

La lotta dei lavoratori della ristorazione infatti non può rimanere isolata. Senza chi produce la materia che i lavoratori trattano, e cioè senza i prodotti alimentari e senza chi li consuma, cioè senza clienti, la loro lotta non ha futuro. L’apparato produttivo marcia a rilento e questo vale anche per la produzione agricola, oltre al fatto che un quarto degli apparati produttivi sono stati venduti a capitalisti stranieri che delocalizzano e licenziano, provocando un tale immiserimento per cui saranno in pochi in futuro a poter cenare al ristorante.

Il caso Bekaert di Figline Valdarno è emblematico. Serve uno Stato che sappia fare fronte alla pandemia sia facendola cessare sia provvedendo alle necessità delle masse popolari, inclusi i lavoratori della ristorazione, fino a che la pandemia dura. Serve uno Stato socialista, che ha controllo sulle attività produttive, che ha come fine il benessere materiale e spirituale della popolazione, che nella gestione della società coinvolge la popolazione facendo ciascuno dirigente di sé e responsabile della direzione dell’intero assetto sociale, abolendo progressivamente quell’individualismo che da ideologia della libertà del singolo è passato a essere ideologia della cella, dell’esercizio chiuso dove uno dovrebbe stare ad aspettare la fine, del posto di lavoro nella fabbrica condannata a morte lenta, della stanza di casa dove uno sta a fare il cosiddetto smart working o la didattica a distanza, della stanza d’ospedale dove uno non può vedere i parenti, della Residenza Sanitaria Assistita dove l’anziano è mandato a morire a spese sue e della sua famiglia. Tutto questo è spacciato come colpa del Covid, ma non accade nei paesi che hanno conservato un regime socialista, come la Repubblica Popolare Cinese dove il 13 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità riscontra 4.800 morti su una popolazione di 1.400 milioni di persone, mentre in Italia i morti sono 80mila su una popolazione di 60 milioni di persone.

La pandemia è la fase finale di una crisi di lunga durata, che impone la necessità di cambiare la società e noi stessi che ne siamo parte, di abbattere il capitalismo e di costruire il socialismo, di fare dell’Italia un nuovo paese socialista portando a termine il compito iniziato dal primo Partito comunista italiano e da Antonio Gramsci che lo fondò cento anni fa. Con questo faremo la rivoluzione socialista in un paese imperialista, cosa mai fatta finora.

Oggi il paese prende posizione d’avanguardia e dà il suo contributo a una nuova fase della storia dell’umanità. Assumiamocene la responsabilità, siamone giustamente orgogliosi, procediamo con scienza e con fiducia nel futuro.

 

Operai e lavoratori, arruolatevi nel (nuovo)Partito comunista italiano!

 Il primo movimento comunista italiano con il suo partito ha trasformato il paese e ci ha lasciato un patrimonio che nessuno potrà cancellare. Usiamolo come fondamento per costruire la rivoluzione socialista, per sognare, per pensare, per vedere oltre l’orizzonte della società borghese, con la libertà che la condizione clandestina consente al partito della classe operaia e che spiana il cammino verso la vittoria!

 

Costruire Comitati di Partito in ogni azienda, scuola, istituzione pubblica e in ogni territorio!

La riscossa delle masse popolari è possibile! Ciascuno può e deve dare il suo contributo!

Il partito comunista è il fattore decisivo della vittoria!

 

Comitato Aurora del (nuovo)Partito comunista italiano

Per informazioni, vedi il sito del (nuovo)Partito comunista italiano in www.nuovopci.it , dove trovate anche le istruzioni per utilizzare metodi di comunicazione protetti (TOR e PGP).

Comunicazioni con il CdP Aurora al recapito theaurors@netcourrier.com