Il coraggio non basta! Sulle difficoltà nella rinascita del movimento comunista in Italia

     

Comitato di Partito del (nuovo) Partito Comunista Italiano – Nadja Krupskaija

22.07.2022


Finora i filosofi hanno solo interpretato diversamente il mondo; ora si tratta di trasformarlo”

K. Marx


All’inizio del secolo scorso il movimento rivoluzionario contro la prima guerra mondiale (1914-1918) ha messo in luce l’incapacità di tutti i partiti del movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) dei paesi imperialisti, tolto quello russo, di prendere stabilmente il potere e instaurare il socialismo nei rispettivi paesi. Il corso delle cose oggi pone nuovamente i comunisti dei paesi imperialisti di fronte al loro compito storico. Siamo in un contesto di aggravamento della seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Ciò alimenta la tendenza alla guerra, spinge la classe dominante ad accanirsi sempre più ferocemente contro i lavoratori e le masse popolari, nel tentativo di smantellare del tutto le conquiste ottenute quando il MCCO era guidato a livello internazionale dall’URSS di Stalin prima e dalla Cina di Mao Tze-tung poi. La borghesia imperialista prospetta di trascinare le masse popolari dei paesi imperialisti in una guerra sempre più aperta contro i paesi che non si sottomettono al volere della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti (USA, UE, sionisti). In sintesi, la situazione precipita, la classe dominante è in difficoltà (vedi la fine del pupillo della BCE e degli USA Mario Draghi) e la situazione generale pone i partiti e organismi formatisi sotto il simbolo della falce e il martello a interrogarsi su come avanzare verso il socialismo: da qui le spaccature, le disgregazioni, ma anche nuovi tentativi unitari animati. Tutto ciò è una dimostrazione della necessità che i comunisti si adeguino ai compiti della fase. Ne è un esempio il comunicato della ex Federazione milanese del Partito Comunista guidato da Marco Rizzo, diffuso il 28 giugno 2022 sulla rivista online Cumpanis diretta da Fosco Giannini, e il successivo comunicato del 3 luglio del PC milanese (questa volta trasmesso tramite facebook) in cui provocatoriamente si annunciava l’espulsione dello stesso Marco Rizzo dal Partito Comunista. Il motivo che sta dietro al comunicato è la non condivisione della linea elettorale dettata da Marco Rizzo al suo partito, interrogandosi quale sia la via giusta della rinascita del movimento comunista.

A tutti i compagni che oggi si interrogano sul che fare, innanzitutto diciamo: il socialismo, oltre ad essere urgente e necessario, è possibile!

E’ da più di un secolo che lo sviluppo delle forze produttive ha reso possibile l’instaurazione del socialismo. Oggi essa è addirittura resa ancor più necessaria dal dominio sulla natura che gli uomini hanno raggiunto e dalla catastrofe (diffondersi di nuove malattie, crisi climatica ed eventi atmosferici disastrosi, ecc.) che proprio questo dominio, stante il perdurare del sistema capitalista, fa incombere sul pianeta e sull’umanità. Sono le masse popolari con alla loro testa la classe operaia che instaurano e compiono la trasformazione socialista della società, ma esse sono in grado di farlo solo se il MCCO, loro avanguardia, ha una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta tra le classi. Non è l’arretratezza delle masse popolari che ostacola la rivoluzione socialista o il fatto che queste non riescano a darsi un progetto che scalzi la borghesia dal dominio della società: l’ostacolo è l’arretratezza intellettuale e morale del MCCO. Per far fronte a questa arretratezza oggi non basta proclamare la necessità di unirsi tra comunisti, di volere ardentemente il comunismo, né tanto meno bastano tatticismi di sorta se non sono inseriti in una visione più ampia e giusta del lavoro che i comunisti devono svolgere. Nostro obiettivo è il socialismo. La società socialista è la prima società nella storia dell’umanità che, per affermarsi, prima di essere creata viene pensata dai suoi costruttori: non può esserci rivoluzione socialista senza una strategia adeguata per compierla. Non può esserci partito comunista che riesca ad intervenire adeguatamente nella lotta di classe in corso se non ha una visione strategica giusta. La rivoluzione socialista non sarà (non è) un evento tumultuoso in cui i comunisti riescono a prendere le redini del cavallo in corsa: la società capitalista marcescente non può dare risposta alle esigenze delle masse popolari, questo le spinge a ribellarsi in tanti modi differenti. Ma se e quando questa ribellione, questa insofferenza diverrà forza per cambiare il corso delle cose, sarà solo per merito dell’azione che i comunisti già da oggi sanno mettere in campo. La rivoluzione socialista ha la forma di una Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata: il partito comunista che la dirige deve elaborare le tappe e fasi di questa guerra, forgiare le proprie forze rivoluzionarie nel lavoro di massa e nella capacità di dirigere sulla base di una linea giusta, legarsi ai principali organismi operai e popolari del paese e promuoverne, alimentarne la mobilitazione con l’obiettivo di farla finita coi governi della borghesia imperialista, fino a porre la borghesia nell’alternativa di scatenare la guerra civile o perdere il potere senza combattere. Il partito, i comunisti, devono conquistare cuore e mente delle masse popolari e togliere terreno al campo della borghesia, alla sua capacità di distogliere le masse dalla lotta di classe o di orientarle su binari reazionari. Questo partito deve essere clandestino e non può essere altrimenti stante la natura e il ruolo della società borghese e dalla clandestinità deve sviluppare la sua azione: animare, orientare e dirigere fette sempre più ampie di lavoratori e masse popolari organizzate a prendere il potere.

Oggi il movimento comunista è debole e sta rinascendo (dalle sconfitte del secolo scorso), nel senso che non riesce ancora ad orientare buona parte della classe operaia nella lotta per il socialismo e il MCCO al suo interno è frammentato in tanti rivoli che ancora faticano a trovare la strada per uscire dal pantano, per limiti ideologici o settarismo: ma la necessità di unirsi è oggettiva e viene confermata da tutti coloro che vogliono far fronte al corso delle cose, sebbene con distinguo, paletti e tanta, tanta confusione.

Su che basi unirsi, quindi?

Per favorire la creazione, l’azione e il coordinamento di organismi operai e popolari che oggi animano le lotte rivendicative nel paese, sostenere l’organizzazione e l’aggregazione di lavoratori in aziende pubbliche e private e in comitati territoriali e tematici: queste sono la base organizzata della futura società socialista, come i soviet lo furono per l’URSS;

per estendere e allargare la discussione tra comunisti sul bilancio della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976), sugli insegnamenti che ricaviamo, sugli obiettivi da porsi e allo stesso tempo, senza farsi fermare dalle divergenze ideologiche e dal settarismo cieco, unirsi nel conseguimento di obiettivi comuni e utili alle masse popolari: carovita, economia di guerra, lavoro... campagne, battaglie, lotte di ogni tipo imperversano nel paese e c’è l’imbarazzo della scelta;

per costruire un fronte di forze (più ampio possibile) che oggi si coalizzano per rendere ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia dopo il tentativo fallito di rattoppare il governo Draghi e impedire che con la scusa dell’ordinaria amministrazione in attesa delle elezioni Draghi continui a fare i danni che sta facendo; per rendere impossibile la vita ai partiti delle Larghe Intese e ai gruppi imperialisti nel nostro paese; per formare quel governo d’emergenza che oggi è necessario per porre un freno almeno agli effetti più disastrosi della crisi e del dominio della borghesia nel nostro paese. Un governo d’emergenza che basi la sua forza sulla mobilitazione e organizzazione popolare, di fronte alla quale tutte le forze che oggi si dichiarano “anti-sistema” o anti Larghe Intese devono misurarsi per dimostrare la bontà della propria azione, pena il dimenticatoio.

Nella storia questo tipo di esperienze sono già esistite: in Cina, con la creazione del Secondo Fronte Unito antigiapponese tra il PCC guidato da Mao Tze-tung e il Kuomintang di Chiang Kai-shek; in Italia, con la formazione del Comitato di Liberazione Nazionale che liberò il paese e che solo per limiti del PCI di Palmiro Togliatti non divenne uno strumento di governo per alimentare la lotta per il socialismo in Italia. A tal proposito è utile l’articolo “Pietro Secchia e due importanti lezioni” contenuto in La Voce 26.

Quella che siamo chiamati a combattere contro la classe dominante e per guidare la classe operaia e le masse popolari verso l’emancipazione dalla borghesia è una guerra, che in questa fase si combatte prettamente sul piano politico, di conquista del cuore e della mente delle masse popolari, di organizzazione e lotta per costruire il nuovo potere che soppianterà la borghesia imperialista. Questo nuovo potere è quello delle masse popolari con alla testa la classe operaia guidate dal partito comunista. Il problema di oggi è quello di essere presenti e protagonisti sul terreno di questa guerra, di non farsi sorprendere dagli eventi, di orientare il nostro lavoro di oggi in funzione della costruzione di organismi di operai e lavoratori e comitati popolari, di avere l’iniziativa in mano anche se il rapporto delle forze oggi è ancora a favore dei nostri avversari, di comprendere le leggi di questa guerra. Su questo terreno si decidono le sorti. In funzione di questa guerra vanno condotte tutte le operazioni: parlare di unità dei comunisti o di fronti comuni (contrapponendoli come se fossero realmente contrapposti), di elezioni, di costruzione del partito comunista (magari con un buon centralismo democratico!) ha una prospettiva se oggi guardiamo all’instaurazione del socialismo come un percorso di costruzione che passa attraverso lo sviluppo di tante e articolate operazioni, battaglie, campagne. Non si tratta di “propagandare il socialismo e il partito”, di “convincere i lavoratori che il socialismo è giusto”, di “elevare la coscienza delle masse”. Si tratta da un lato di costruire il partito che sia capace di lavorare in funzione di questo scontro con la classe dominante e per costruire il socialismo, allo stesso tempo si tratta di mobilitare le masse sul terreno della costruzione delle loro istituzioni di potere: gli organismi operai e popolari, i nostri futuri soviet.

L’esperienza delle rivoluzioni del secolo scorso ha mostrato che condizione necessaria e sufficiente perché le masse popolari instaurino il socialismo è che i comunisti raggiungano una comprensione adeguata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e la applichino nella propria attività. Questo è il ruolo dei comunisti, questo è il punto da cui partire per chi aspira a costruire il partito che vuole fare la rivoluzione.

Le condizioni per l’instaurazione del socialismo ci sono: sta ai comunisti essere in grado di dirigere le masse popolari nella conquista del potere! Mario Draghi e le Larghe Intese sono tigri di carta: quello che manca è la forza capace di spazzarli via! Avanti nella lotta per l’instaurazione del socialismo in Italia! Arruolati nel (n)PCI!

Comitato di Partito Nadja Krupskaija (nuovo) Partito Comunista Italiano – www.nuovopci.it

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