L'elezione di Elly Schlein quale segretaria "progressista" del PD è un imbroglio!

     

11.03.2023 – Comitato di Partito Fratelli Cervi – Comunicato n.15

 

Con un iter congressuale particolarmente caotico, il 26 febbraio scorso si sono tenute le elezioni per il ricambio al vertice del Partito Democratico (PD): le primarie.

Il "rinnovamento" che avrebbero dovuto esprimere le candidature per la segreteria nazionale di Stefano Bonaccini, Gianni Cuperlo, Paola de Micheli ed Elly Schlein, altro non è che lotta interna tra correnti, fazioni, cioè gruppi d'interesse che dirigono questo polo delle Larghe Intese. L'esito del Congresso dimostra un'accelerazione della crisi del PD, con un clima da resa dei conti dopo il mandato di Enrico Letta. Non solo, gli scossoni sul fronte interno avranno ripercussioni sulla stabilità del sistema delle Larghe Intese nel suo insieme.

Il risultato di questo sommovimento sono state per l'appunto le primarie che hanno emesso un verdetto "spiazzante" (per la stampa di regime e per molti "addetti ai lavori"). La vittoria della deputata Elly Schlein, con il 54% circa delle preferenze ai gazebo, ha determinato la sconfitta dell'altro candidato, l'attuale presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini la cui ex vice presidente (dal 2020 al 2022) è ora la segretaria del PD.

La lotta è stata tra un candidato, Bonaccini, più proteso ad essere portavoce e promotore con pochi filtri del programma comune della borghesia imperialista e una candidata, Schlein, più orientata verso la promozione di una facciata democratica allo stesso programma. In questo contesto, emerge chiaramente che la corsa a due ha avuto come baricentro uno dei feudi storici del PD (sull'onda lunga del radicamento del revisionismo moderno): l'Emilia Romagna.

Il PD, perno delle Larghe Intese, ha bisogno di una parvenza di sinistra per salvare il salvabile.

 

Per comprendere la vittoria di Schlein, è molto utile partire dal dato dei votanti alle primarie.

A spoglio terminato, i votanti sono stati poco più di un milione e da qui una grancassa, promossa da Enrico Letta in giù, sull'importante contributo democratico che il PD ha dato con queste sue primarie a fronte dell'astensionismo popolare crescente. A ben vedere però, questa votazione registra un netto calo rispetto alle precedenti primarie e anzi, è quella con la partecipazione più bassa di sempre. A conferma, alle primarie del 2019 i votanti furono 1,6 milioni. Questo dato è una dimostrazione dell'acuirsi della crisi del seguito popolare del PD: continua l'emorragia dal e del PD e si approfondisce il distacco tra le masse popolari e questo polo delle Larghe Intese, come hanno sanzionato le politiche del 2022 e le regionali del 2023.

Inoltre, la composizione di questo milione e spicci di votanti è variegata e comprende solo in parte gli iscritti PD. In esso rientrano centinaia di non iscritti al PD, tra cui una parte di elettori ed ex elettori del M5S e dello stuolo delle organizzazioni politiche, sindacali e sociali che in questi anni hanno fatto (e fanno) da stampella politica ed elettorale al PD stesso.

Non solo, ma è da sottolineare anche la differenza tra le votazioni nei circoli per la selezione dei due candidati alle primarie che hanno espresso Bonaccini quale primo eletto con il 53% e il "ribaltone" alle primarie.

Nei circoli, dove votavano gli iscritti, il peso delle strutture ha avuto la meglio (con "folli" campagne di tesseramento e nascita di circoli con centinaia di tessere); alle primarie invece, aperte, il voto ha sancito una chiara presa di posizione di contrarietà alla linea politica del PD e al PD stesso!

 

Per comprendere la sostanza politica di questo risultato e come esso sia legato al distacco delle masse popolari dal sistema politico della borghesia imperialista, bisogna considerare che l'operazione PD è l'esplicita sottomissione della struttura del vecchio PCI, che mantiene un legame con le masse (di tipo principalmente clientelare ma non solo, vedi ARCI, ANPI, CGIL, cooperative, amministrazioni locali eccetera), a gruppi d'interesse legati ai principali centri della borghesia imperialista in Italia (Vaticano, Confindustria, in particolare l'industria della guerra, Organizzazioni Criminali, in particolare 'Ndrangheta tramite Legacoop eccetera). Il "virus" della borghesia imperialista si serve del "corpo" del vecchio PCI per i suoi scopi ma, così facendo, lo uccide.

L'indirizzo politico di tutte le "bande" all'interno del PD è, come detto, il medesimo: il programma comune della borghesia imperialista. Ma quanto più esplicitamente si fa del PD uno strumento per portare avanti il programma comune della borghesia imperialista, tanto più tutto l'apparato si stacca dalle masse popolari rendendo, in prospettiva, il PD... sempre meno utile.

Quindi, la guerra per bande all'interno del PD si sviluppa tra una destra che vuole portare avanti il programma comune apertamente e senza indugi, a costo di disfarsi del corpo morto (ma, così facendo, segando il ramo dove sono seduti), e una sinistra che, per istinto di sopravvivenza, vuole procedere mantenendo le apparenze, cioè un legame con le masse (ma così facendo si trova a dover gestire in modo più acuto la contraddizione di dover fare il contrario di ciò che dice).    

 

La peculiarità emiliana, espressa plasticamente nella corsa a due Bonaccini-Schlein, rappresenta un elemento chiarificatore per comprendere gli eventi odierni: il pregresso sono le elezioni regionali del 2020.

In Emilia Romagna, alla guida della lista stampella del PD, "Emilia Romagna Coraggiosa" c'era proprio Schlein: il modello "emiliano" ha quindi fatto scuola. L'operazione fatta sul movimento delle Sardine fu una prima manifestazione di questo tentativo di ricercare un legame (strumentale) con le masse popolari, facendo leva sul loro legittimo sdegno nei confronti delle politiche reazionarie della Lega in una regione dove il valore della Resistenza antifascista è profondamente radicato fin nel senso comune. L'operazione "Emilia Romagna Coraggiosa" serviva ad integrare e ad allargare "a sinistra" le aree contigue al PD (o per recuperarle post Renzi) tipo ex SEL, Sinistra Italiana, Possibile, Articolo 1 e simili, cioè la sinistra borghese e i sinceri democratici, con tutte le strutture di massa al loro seguito. Serviva ad incanalarle verso il polo PD e le sue declinazioni dell'antifascismo padronale contro la calata dei barbari della Lega. L'operazione fu capitalizzata dalla cordata di Bonaccini, con la Schlein nel ruolo di "candidatura civetta" al carro.

Oggi tuttavia, a livello nazionale, è prevalsa la cordata che considera il volto "progressista" di Schlein più adeguato di Bonaccini per l'opposizione al governo Meloni nel tentativo di raccoglie parte del malcontento popolare contro Fratelli d'Italia e l'Agenda Draghi in attuazione (ma di cui il PD stesso è sponsor...).

Al di là quindi della sua genealogia (basti andare a vedere il curriculum del padre, Melvin Schlein, un politologo e accademico statunitense di origine ebraica), Schlein è pur sempre un elemento di struttura essendo, politicamente, figlia di Romano Prodi e di questa precisa area interna al PD.

Infatti, parafrasando la stessa Schlein, fu proprio la mancata elezioni di Prodi a Presidente della Repubblica a spingerla a fare politica e a sostenere il PD fino alla discesa in campo di Matteo Renzi (qui Schlein ruppe con il PD, uscì e contribuì a fondare Possibile).

È l'area legata a Romano Prodi che è quindi quella che ha conquistato posizioni interne, a scapito delle altre.

In questo quadro, la candidatura di Schlein ha trovato "senso" e necessità, anche a costo di dover mettere da parte un uomo come Bonaccini, troppo sfacciatamente legato al cooperativismo speculativo, alla saldatura con le Organizzazioni Criminali ('Ndrangheta) e da sempre contiguo all'area di Matteo Renzi e Italia Viva.

 

L'elezione di Schlein è sintomo della debolezza crescente del PD che, per rimanere a galla deve ricorrere ad un volto "progressista" celando le guerre intestine e "rottamando" una parte dei vecchi promotori del PD come lo abbiamo conosciuto dalla sua fondazione. Aver mandato avanti nomi delle correnti più retrive del PD, avrebbe significato ulteriore perdita di consenso del PD nei confronti delle masse popolari a maggior ragione con le disfatte alle regionali, che hanno accelerato la necessità di un "cambio" formale nel PD.

Il PD si è rifatto il trucco, costretto dalla crisi che avanza e dalla resistenza delle masse popolari che anche in campo elettorale se ne stanno distaccando. È una mossa "disperata" per recuperare consensi. 

Nessuna illusione: quanto alle politiche promosse da questo partito, nella sostanza, con questa nuova direzione, non cambierà nulla perché il PD è e rimane espressione di interessi politici ed economici strettamente legati ai centri di potere della Repubblica Pontificia a partire dal Vaticano passando per gli interessi USA, UE e ora, con la Schlein, ancora di più quelli sionisti. La benedizione e l'esaltazione del New York Times è una conferma e dimostrazione.

 

Che nulla cambierà è prevedibile ripercorrendo cosa ha fatto (o meglio, cosa non ha fatto) Schlein da vice presidente dell'Emilia Romagna sotto e con Bonaccini per due anni.  Al di là delle tante e belle parole su diritti, ambiente e lavoro, Schlein ha sostenuto ogni misura e manovra antipopolare che l'Amministrazione regionale ha preso e imposto (spesso e volentieri con la repressione e senza alcuno spazio di agibilità democratica per la masse popolari), a partire dalle speculazioni ambientali e dalle grandi opere inutili e dannose disseminate sul territorio.

Ciò che cambia (che ha già cambiato il corso degli eventi) è che le masse popolari, in crescendo, aspirano alla pace, al lavoro, alla giustizia climatica e quindi la borghesia imperialista deve, inevitabilmente, fare i conti con questi sentimenti: le masse sono l'oste, non si possono fare i conti senza!

In grande, persino il Vaticano ha dovuto fare i conti con questa realtà: Bergoglio e la sua narrazione "socialisteggiante" ne sono un'espressione (a parole parla di pace, ambiente e diritti, poi nei fatti è tutta un'altra storia...).

L'ultima parola nella contraddizione tra quello che promette la neo segretaria PD e ciò che fa/farà realmente, spetta alle masse popolari.

Agli elettori del PD e a tutti coloro che hanno guardato e guardano in positivo alla segreteria di Schlein (tra cui parte del M5S) l'occasione per organizzarsi e forzare dal basso affinché le sue belle parole non siano ancora una volta tanto fumo e niente arrosto. Dall'abolizione del Job's Act, alla Buona Scuola allo stop all'invio di armamenti in Ucraina (che Schlein ha votato, chiarendo che su questo punto la linea del PD è inflessibile): sono queste le misure "di sinistra" che vanno imposte all'Agenda Schlein unendosi e partecipando alla resistenza spontanea in corso delle masse popolari in ogni angolo del paese.

Questa elezione alimenterà quella tendenza a mobilitarsi già in atto fra le strutture di massa che fanno capo al PD.

Di questo i comunisti devono avvalersi!


Alle migliaia e migliaia di elementi delle masse popolari che in queste settimane scendono in piazza per la pace, per i diritti sociali e in solidarietà con i migranti, i comunisti, ovunque collocati, hanno il dovere di dire che bisogna rendere i vertici del PD stranieri a quelle piazze, che i vertici del PD sono i nemici che calpestano le loro aspirazioni.

I comunisti, ovunque collocati, devono intervenire in queste piazze (da quelle dell'ARCI, passando per l'ANPI fino alla CGIL per fare degli esempi) in modo unitario e organizzato al fine di farne un ambito di riscossa popolare e di rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese.    

 

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