Interviste al Segretario Generale del (nuovo)PCI

(nuovo)Partito comunista italiano

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Resistenza n. 11-12/2016



Intervista al compagno Ulisse, segretario generale del (nuovo) Partito comunista italiano

Guerra Popolare rivoluzionaria, legalità borghese e clandestinità

La storia della Carovana del (nuovo)PCI è trentennale e per chi la guarda dall’alto è fonte di insegnamento per ciò che attiene alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato in un paese imperialista: resistenza alla repressione, costruzione di una organizzazione che da piccolo nucleo si è estesa, ramificata, evoluta e diversificata, una ricca elaborazione teorica che ha calato gli insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale al contesto specifico di un paese imperialista, come è l’Italia, al tempo della seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. L’ottobre scorso cadeva il 12° anniversario della fondazione del (nuovo)PCI. Prendiamo spunto da questa ricorrenza per celebrarlo, in modo non stereotipato, rivolgendo alcune domande al segretario generale, il compagno Ulisse.

Ci concentriamo in questa intervista su alcune domande che raccogliamo da compagni e compagne che ci permettono di combinare due aspetti: il ruolo del (nuovo)PCI nella costruzione della rivoluzione socialista in Italia e il legame fra comunisti e masse popolari organizzate in questa fase politica.


Cari compagni, volentieri a nome del (nuovo) PCI rispondo alle domande che il direttore di Resistenza mi ha posto e nello stesso tempo vi auguro buon lavoro. Approfitto per rivolgere anche al P.CARC un appello. Oltre alla crisi generale, in queste settimane anche il terremoto affligge una parte importante delle masse popolari italiane. L’Italia è un paese molto esposto a terremoti ma nonostante questo la Repubblica Pontificia ha sistematicamente disatteso il dovere di mettere in opera le misure di sicurezza antisismica note e di sviluppare la ricerca scientifica per migliorarle e per mettere a punto sistemi e strumenti capaci di avvertire i sintomi premonitori che precedono ogni evento naturale, anche il più traumatico. Al contrario ha aggravato e aggrava il dissesto idrogeologico del nostro paese con una dissennata opera di devastazione, di grandi opere, di estrazioni minerarie, di perforazioni delle montagne e del sottosuolo, di creazioni di depositi d’armi sotterranei NATO, di esplosioni sotterranee e sperimentazioni militari NATO e di concentrazione urbana. Il governo Renzi prosegue la stessa politica, ma cerca come uno sciacallo di approfittare anche del terremoto per far dimenticare la guerra, la crisi e la devastazione in corso. Auguro che anche il P.CARC svolga un’opera efficace per mobilitare a soccorrere le masse popolari colpite e a mettere fine allo sconcio della Repubblica Pontificia.

Viva la rivoluzione socialista! Viva la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato!


Il compagno Ulisse,

segretario generale del CC del (n)PCI



Il (nuovo)PCI è un partito clandestino che ha un sito e un blog, che pubblica periodicamente una rivista, che emette comunicati pubblici, che promuove e alimenta dibattito politico e che in ognuno dei suoi interventi, in genere, chiama gli elementi avanzati della classe operaia e delle masse popolari a “costituire comitati clandestini di Partito in ogni azienda, zona, caseggiato”. In molti si chiedono, e alcuni ci chiedono apertamente, cosa fa di illegale il (nuovo)PCI? E se nessuna attività è illegale, perché è clandestino?

Il (n)PCI svolge, come dici, un’ampia opera di propaganda rivolta alle masse. Nello stesso tempo, ovunque conquista nuovi membri crea Comitati di Partito che agiscono clandestinamente. Compiamo attività illegali? Sì e no. Sì perché promuoviamo la Guerra Popolare Rivoluzionaria, cioè promuoviamo la formazione di un potere contrapposto a quello della Repubblica Pontificia (RP) come detto e spiegato nel nostro Manifesto Programma (cap. 3.3). Il nuovo potere, arrivato al livello necessario, eliminerà la RP e instaurerà il socialismo. Ci diamo quindi i mezzi della nostra politica, in base alle nostre forze e non ai permessi o divieti della Repubblica Pontificia. Quanto a legale e illegale, cosa significano queste parole?

Legale significa non vietato dalla legge, illegale significa vietato dalla legge. Le leggi le fa chi ha il potere. Oggi in Italia il potere l’hanno ancora la borghesia e il clero, i vertici della RP e i loro protettori USA, UE e sionisti. Spesso anche loro violano le loro stesse leggi, perché ci sono contrasti tra loro e perché (questa è la democrazia borghese) non possono a termine di legge riservarsi ognuno il diritto di fare quello che gli conviene: ma questa è un’altra questine. Ritornando a noi, cosa è legale e cosa illegale per le masse popolari, lo stabiliscono loro, le autorità in carica. Sono loro che fanno le leggi. Oggi in Italia è legale che Marchionne decide cosa fa la FCA e Colaninno cosa fa la Piaggio, che il padrone di una immobiliare caccia di casa una famiglia, che il padrone di un’azienda licenzia un lavoratore o chiude l’azienda. Sono legali cose che domani nel socialismo non saranno più legali. Ogni singola attività che svolgono i membri del (n)PCI clandestino oggi è illegale? Certo che no, l’illegalità non è uno sport. Ma non esitiamo a compiere un’azione solo perché è illegale, se è utile alla nostra causa e abbiamo già la forza per farla. La clandestinità è la condizione necessaria per comportarci così. Un partito di un paese imperialista che vuole rovesciare il capitalismo e instaurare il socialismo, deve essere così, anche se nei paesi imperialisti generalmente vige la democrazia borghese: leggi ufficialmente eguali per padroni e proletari. Anche per quanto riguarda le masse, noi siamo contrari all’osservanza delle leggi quando va contro gli interessi delle masse popolari. Viva Nicoletta Dosio che viola gli arresti domiciliari! Giusto perseguitare l’evasione fiscale dei ricchi, ma siamo contro la persecuzione dei proletari che appena possono evadono le tasse imposte dalla Repubblica Pontificia: oggi invece le leggi antievasione sono solo leggi contro i proletari.

Il Partito è clandestino perché vuole essere nelle condizioni di fare tutto quello che è nelle sue forze e che è utile alla nostra causa, anche se borghesia e clero lo vietano con le loro leggi. Clandestino significa libero dal controllo della polizia ufficiale e di fatto. La borghesia e il clero non sanno chi è membro del partito, quali sono i suoi organismi, dove sono e come operano. Anche le ampie masse non lo sanno. Questo è il lato negativo della clandestinità e quindi appena avremo instaurato il socialismo aboliremo anche la nostra clandestinità e sottoporremo al controllo e al giudizio delle masse ogni nostro organismo di partito e ogni membro. Come avevano iniziato a fare in Unione Sovietica, dove in ogni fabbrica, ufficio, scuola, formazione militare, ecc. le masse periodicamente valutavano singoli membri e organismi del Partito (ne parla anche Teresa Noce nel libro che avete appena pubblicato). Ma per ora la clandestinità è indispensabile. Se non si è clandestini non è possibile operare liberamente, riunirsi e discutere liberamente e in definitiva è difficile persino pensare liberamente. Che i vertici della RP hanno instaurato un sistema generale di controllo, non lo negano neanche loro. Le libertà ufficialmente sancite dalle leggi, per le masse popolari valgono solo se le autorità non hanno la forza di violarle. Per questo la nostra esistenza clandestina è una protezione per tutti quelli che si oppongono al catastrofico corso delle cose imposto dalla borghesia e dal clero, ma agiscono alla luce del sole. Le autorità della Repubblica Pontificia tengono conto che se torcono il collo a uno di voi, danno ragione a noi, aumentano il numero di quelli che si arruolano nelle nostre file.

Quelli che sono contro la nostra clandestinità, dovrebbero spiegare come contano di instaurare il socialismo restando sotto il controllo della borghesia e a portata di mano delle loro autorità, esposti a discriminazioni, licenziamenti, arresti, trappole e angherie di ogni genere. La borghesia e il clero non possono arrestare le masse, ma non esitano a colpire ogni singolo comunista. Che loro sono contro la nostra clandestinità, è ovvio (anche se loro operano di nascosto dalle masse popolari): per ogni loro dipendente, si domandano se per caso non è uno dei nostri, se possono fidarsi di lui.


Cosa può fare un partito clandestino che non possa fare un partito che opera alla luce del sole? La clandestinità non ostacola il lavoro di massa?

Cosa può fare, in termini generali l’ho già detto. Tutto quello che ha la forza per farlo e che serve a far estendere e rafforzare la guerra popolare, la mobilitazione e organizzazione delle masse popolari e ad elevare la loro coscienza. Può selezionare e istruire i suoi membri e candidati, verificarli e destinarli al lavoro per cui sono meglio indicati. E “la forza per farlo” sono il numero dei suoi membri, il livello intellettuale dei suoi membri, la loro dedizione alla causa, la loro libertà e audacia d’animo e di pensiero, la loro capacità di legarsi alle masse popolari, di fondersi quasi con esse e di mobilitarle, di organizzarle, di portarle a fare quello che non farebbero se non fossero presenti i comunisti, di elevare la coscienza delle masse, di individuare e formare i più avanzati, di reclutare quelli adatti a diventare membri del Partito.

La clandestinità non ostacola il lavoro di massa? Per alcuni aspetti sì. Ci sono i pro e i contro, ma i pro oggi prevalgono sui contro. La clandestinità ci preserva e ci consente di crescere. Tra le masse ci sono molti elementi avanzati e poi c’è la sinistra borghese che nel nostro paese è numerosa e ancora influente.

La nostra clandestinità non ci impedisce di influenzare e orientare gli elementi avanzati. Loro fanno quel lavoro di massa che noi non possiamo fare direttamente a nome del Partito. Molti sono sinceri comunisti, vogliono instaurare il socialismo. Voi del Partito dei CARC siete un modello di questo tipo di compagni, condividete gran parte della nostra concezione del mondo e della nostra analisi del corso delle cose e una parte della nostra linea. La costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP) e quindi la creazione delle condizioni perché le masse popolari organizzate, in primo luogo la classe operaia organizzata lo costituiscano che avete posto al centro del vostro IV Congresso sono anche la nostra linea. Oggi è il miglior lavoro di massa che nell’immediato si può fare in Italia per prevenire la mobilitazione reazionaria, in particolare la persecuzione degli immigrati e la mobilitazione contro di essi della parte più povera e arretrata delle masse popolari. La parte più criminale della borghesia già fomenta la mobilitazione reazionaria, arruolando come suoi agenti i vigliacchi di Casa Pound, di Forza Nuova, della Lega Nord e altri che gridano contro il degrado a cui sono condannate le masse popolari, ma non osano combattere contro i poteri forti, contro i veri responsabili del degrado generale che colpisce una parte crescente delle masse popolari. La costituzione del GBP è il miglior lavoro di massa che nell’immediato si può fare in Italia per portare a un livello superiore la lotta di classe, per creare condizioni più favorevoli alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. Tiene conto del corso generale delle cose nel mondo e nel mostro paese e delle condizioni della lotta politica nel nostro paese, quali le abbiamo ereditate dalla prima ondata delle rivoluzione proletaria e dal suo esaurimento, in particolare del numero e dell’influenza della sinistra borghese sulle masse popolari, della necessità di metterla alla prova di fronte alle masse popolari, in particolare di fronte alla classe operaia che è la parte decisiva delle masse popolari ai fini dell’instaurazione del socialismo, quindi della rivoluzione socialista.


Alcuni anni fa, proprio su Resistenza (n. 7-8/2014), pubblicammo un tuo articolo “Perché avanziamo lentamente”. Cosa è cambiato da allora? La Carovana avanza più speditamente? E quali sono i criteri sulla base dei quali si valuta la lentezza o la velocità dell’avanzata della rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato?

Sì, oggi la Carovana del (n)PCI avanza più speditamente. Quello che dico, sembrerà strano a compagni ognuno dei quali è alle prese con le difficoltà quotidiane del suo lavoro, a quelli che magari proprio da poco hanno visto crollare castelli che avevano con fatica costruito. Ma se allargano lo sguardo e considerano l’insieme delle cose, vedranno che avanziamo più speditamente e si sono create (per merito nostro, ma principalmente per il corso delle cose che ha dato ragione alle nostre analisi e alle nostre parole d’ordine) condizioni più favorevoli alla nostra attività e al nostro rafforzamento.

I criteri per valutare la lentezza o la velocità dell’avanzata sono semplicemente il confronto con il passato. Il cordone sanitario creato attorno a noi dalla sinistra borghese si è indebolito. È aumentato il numero degli elementi avanzati delle masse popolari che riprendono in tutto o in parte parole d’ordine che noi da tempo portiamo tra le masse, che fanno proprie analisi che da tempo andiamo propagandando, che ci danno ragione, che si rivolgono a noi per avere orientamento. Sono aumentati i contatti, al punto che non riusciamo a curarli tutti. Possiamo accelerare: oggi avanziamo lentamente nel senso che non riusciamo a curare nel modo dettato dalla nostra linea tutti i compagni che si rivolgono a noi, tutti i contatti che stabiliamo. Abbiamo bisogno di rafforzare il sistema scolastico del Partito per elevare la coscienza dei nostri membri e candidati, perché adempiano a compiti superiori. Ci scontriamo con la difficoltà di trasformare in comunisti, in quadri comunisti capaci di un’azione di massa, uomini e donne, giovani e adulti formati dalla società imperialista che si avvicinano a noi.


Puoi illustrare ai nostri lettori come è cambiato il ruolo del (nuovo)PCI nei 12 anni della sua esistenza?

Per rispondere alla tua domanda, faccio la parafrasi di quello che disse Mao Tse-tung in un importante discorso ai quadri del PCC nel 1962. Attingo da pag. 66 del volume 19 delle Opere. Quando all’inizio degli anni ’80 abbiamo preso in mano la causa della rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato, sapevamo dove volevamo arrivare ma non sapevamo né come arrivarci né dove esattamente ci trovavamo. Per alcuni anni dovemmo impegnarci per capire a che punto eravamo della storia dell’umanità di cui Marx ed Engels avevano mostrato a grandi linee il corso e della storia del nostro paese. La prima ondata della rivoluzione proletaria, l’opera diretta da Lenin e da Stalin, si era esaurita. La Cina di Mao aveva cambiato strada. I primi tentativi di rinascita del movimento comunista messi in opera nel nostro paese (movimento marxista-leninista e Brigate Rosse) erano falliti. La prima ondata della rivoluzione proletaria si era esaurita e la borghesia imperialista cantava vittoria (Woityla, Thatcher, Reagan, Craxi, ecc.). Furono gli anni di Rapporti Sociali. Poi vennero gli anni dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC), di cui voi del Partito dei CARC siete gli eredi e continuatori, al modo in cui un adulto eredita e continua il bambino, quindi non è più il bambino. Furono gli anni della creazione delle quattro condizioni della costituzione del nuovo Partito comunista italiano che portarono alla fondazione della Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del Partito, all’elaborazione del Manifesto Programma del Partito e infine alla fondazione del Partito il 3 ottobre 2004.

Chi però dicesse che i compagni che dodici anni fa fondarono il Partito avevano capito le leggi della rivoluzione socialista nel nostro paese, direbbe una cosa sbagliata. Avevano riunito le condizioni minime necessarie per fondarlo (le esposero in La Voce 18 di novembre 2004), ma restavano molte cose da capire sul percorso particolare che dovevamo compiere. Definire meglio il percorso è stato il lavoro fatto nei dodici anni trascorsi. Lo abbiamo definito sperimentando ed elaborando l’esperienza nostra alla luce dell’esperienza passata e degli altri, adoperando il materialismo dialettico come metodo per pensare. In particolare sono stati gli anni in cui abbiamo tenuto il primo Congresso (2010) e completato l’elaborazione dell’ottava discriminante, il maoismo (La Voce 41, luglio 2012). Ora abbiamo definito una serie di linee conformi alla situazione reale e stiamo attuandole. Siamo tuttavia ancora nella fase di consolidamento e rafforzamento del Partito. L’obiettivo della fase è quello di diventare non più solo nei propositi e per i mezzi che ci diamo, ma di fatto lo Stato Maggiore della classe operaia del nostro paese, la direzione della sua attività nella lotta di classe alla testa del resto delle masse popolari.


Quali sono oggi i principali ostacoli che la Carovana deve affrontare?

Noi abbiamo incominciato ad affrontare in questi ultimi tempi in modo nuovo due aspetti importanti e nuovi della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, due aspetti decisivi. Uno è la riforma intellettuale e morale dei comunisti, l’altro è l’organizzazione degli operai nelle aziende capitaliste, dei proletari nelle aziende pubbliche e dei giovani nelle scuole medie superiori e nelle università. Sono due questioni che riguardano tutti gli organismi della Carovana, quindi sia il (n)PCI che il P.CARC, ma in modo diverso. Stiamo lavorando con spirito sperimentale a questi due compiti profondamente legati agli aspetti che distinguono i paesi imperialisti dai paesi oppressi, nella fase attuale ancora più che nel passato. La soluzione positiva di questi due compiti abbatterà i due ostacoli maggiori che ancora abbiamo di fronte sulla via della rivoluzione socialista nel nostro paese.


Il 27 ottobre è morta la compagna Adriana Chiaia e il (nuovo)PCI ha emesso un Avviso ai Naviganti (29 ottobre) molto bello, nel ricordare la sua opera e il suo valore, e molto utile per chi vuole capire in cosa consiste la differenza fra quei comunisti che tengono alta la bandiera dei primi paesi socialisti e quei comunisti che, stante la situazione generale, comprendono che possiamo, dobbiamo, passare al contrattacco, che il movimento comunista cosciente e organizzato può rinascere e rinascerà, può tornare ad essere prospettiva positiva e obiettivo per le masse popolari. E in definitiva “dipende da noi comunisti” da chi oggi è già comunista. Rivolgendoti agli operai, ai giovani, alle donne che già si sentono comunisti, che hanno la bandiera rossa nel cuore, quale strada indica loro il (nuovo)PCI per passare dalla difesa alla controffensiva?

Per passare all’attacco, per promuovere la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e avere ora e negli anni a venire un ruolo d’avanguardia nella rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, bisogna capire che non abbiamo instaurato il socialismo nei paesi imperialisti durante la prima crisi generale del capitalismo (1900-1945) non perché non c’erano le condizioni per instaurarlo, non per il tradimento di alcuni dirigenti, non per la forza e la ferocia con cui la borghesia si è opposta. Non l’abbiamo instaurato perché la sinistra del movimento comunista, i comunisti più devoti alla causa della rivoluzione socialista non avevano ancora capito alcune questioni decisive per fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Quindi proprio a causa di limiti del movimento comunista: averli messi in luce e aver indicato la soluzione è il grande apporto della Carovana del (n)PCI che deve diventare patrimonio del movimento comunista internazionale.

Le condizioni per instaurare il socialismo esistono fin dall’inizio della fase imperialista del capitalismo. Chi non capisce questo, costituisce nel movimento comunista una deviazione di destra. Quanto ai traditori, dobbiamo dare per scontato che ce ne sono stati in ogni rivoluzione proletaria vittoriosa (basti pensare a Totzki, Zinoviev, Kamenev e Bucharin nella rivoluzione russa): dobbiamo dare per scontato che ve ne saranno anche nelle rivoluzioni dei prossimi anni, ma non è questo che fermerà l’umanità. Quanto alla forza e ferocia della borghesia dobbiamo darla per scontata ma ciò che decide della sorte della rivoluzione sono le masse: le masse popolari non hanno ancora dispiegato la loro forza ed è compito di noi comunisti portarle a dispiegarla. I compagni che non capiscono queste due ultime questioni contribuiscono a difendere la memoria degli eroismi e dei grandi risultati della prima ondata dall’opera di rimozione e di denigrazione condotta dalla borghesia e dal clero e a denunciare la ferocia e i crimini delle classi dominanti. Ma non svolgono un ruolo d’avanguardia: non riescono, non hanno la scienza di cui c’è bisogno per compiere l’opera. Per questo promuoviamo la riforma intellettuale e morale dei membri e candidati e compiamo percorsi di critica-autocritica-trasformazione.


Siamo alle conclusioni. Questo è l’ultimo numero di Resistenza del 2016. Vuoi sinteticamente illustrare quali sono le prospettive e i compiti dei comunisti per l’anno che si apre?

Le prospettive della rivoluzione proletaria nel mondo sono eccellenti. Nei prossimi anni vi saranno rivoluzioni socialiste nei paesi imperialisti, le masse popolari risolleveranno la testa in quelli che sono stati i primi paesi socialisti e nei paesi oppressi riprenderanno vigore rivoluzioni di nuova democrazia. Non saranno imprese facili, prive di distruzioni e di morti, ma è l’unica via di sopravvivenza e di progresso che ha l’umanità e quindi la prenderemo. Quanto a noi comunisti italiani, il compito dei prossimi mesi e del nuovo anno è affrontare con vigore, con dedizione, con generosità e con scienza, quindi con successo i due compiti che ho indicato sopra.

Faccio quindi a ognuno dei membri e candidati del P.CARC e a ogni lettore di Resistenza l’augurio di dare il proprio contributo all’adempimento di questi due compiti.