Interviste al Segretario Generale del (nuovo)PCI

(nuovo)Partito comunista italiano

Comitato Centrale

Sito: http://www.nuovopci.it

e.mail: nuovopci@riseup.net


Delegazione:

BP3 4, rue Lénine 93451 L'Île St Denis (Francia)

e.mail: delegazione.npci@riseup.net


scarica il testo in formato Open Office o Word

Resistenza n. 11-12/2017

Intervista al compagno Ulisse, Segretario Generale del (nuovo)PCI

Vincere in un paese imperialista è la spinta decisiva alla seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale

La Redazione di Resistenza ringrazia il compagno Ulisse che ha rilasciato l’intervista che segue. Il valore principale di questa intervista attiene al fatto che consente di vedere più chiaramente il legame fra la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e la seconda, quella in corso e di cui la Carovana del (nuovo)PCI è promotrice in Italia.

Oltre a questo legame emergono molti altri spunti di riflessione e di dibattito, invitiamo i nostri lettori a studiare il testo e a usarlo, a discuterlo con altri compagni, a commentarlo e a rendere partecipe la Redazione della discussione che si svilupperà e delle riflessioni e osservazioni che emergeranno.


In questi ultimi mesi del 2017 si concentrano tre ricorrenze che, combinate, rappresentano ciò che intendiamo con “imparare dalla Rivoluzione d’Ottobre per fare la rivoluzione socialista in Italia”: il Centenario, appunto, della Rivoluzione d’Ottobre, il 25° anniversario della costituzione dei CARC (Viareggio 21-22 novembre 1992) e il 13° anniversario della fondazione del (nuovo)PCI (3 ottobre 2004). Per molti compagni che “hanno la falce e il martello nel cuore” l’accostamento di questi tre avvenimenti è una “forzatura”, è “una forma di autoreferenzialità” della Carovana del (nuovo)PCI: sull’entusiasmo per l’esistenza di un partito comunista che ha una concezione organica del mondo e che si dà i mezzi per diventare lo Stato Maggiore della Guerra Popolare Rivoluzionaria, prevalgono lo scetticismo prodotto dall’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale, la delusione e la sfiducia sedimentate dall’opera dei revisionisti moderni. Riteniamo utile una tua riflessione in merito: aiuterebbe molti compagni a guardare oltre le difficoltà contingenti che rallentano la rinascita del movimento comunista e a mettere a fuoco il processo storico, reso possibile dalla situazione oggettiva, di cui i comunisti devono essere gli artefici, i promotori, i dirigenti.

In realtà i fondatori e protagonisti della Carovana del (nuovo)PCI fin dal suo inizio negli anni ‘90 hanno concepito e indicato una stretta relazione tra la Rivoluzione d’Ottobre e i CARC e poi il (n)PCI. Ci siamo dichiarati eredi e continuatori del movimento comunista del quale la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 è stata una nuova tappa, molto più importante della precedente, la Comune di Parigi del 1871. Non a caso noi sistematicamente ricordiamo sempre che le grandi conquiste che le masse popolari dei paesi imperialisti hanno strappato alla borghesia nella prima parte del secolo scorso sono frutto dell’ondata di lotte che la Rivoluzione d’Ottobre e la costruzione del socialismo in Unione Sovietica hanno sollevato nel mondo intero. Sistematicamente ricordiamo sempre che è l’esaurimento nel mondo di quell’ondata che ha reso possibile alla borghesia, che doveva far fronte alla nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale iniziata negli anni ’70, di ricorrere anche alla cancellazione di quelle conquiste. Così come ricordiamo che la resistenza delle masse popolari alla cancellazione di quelle conquiste è il movimento spontaneo sul quale ci fondiamo per mobilitarle nella guerra popolare rivoluzionaria, vale a dire nella rivoluzione che in una data che dipende da noi instaurerà il socialismo nel nostro paese. Insomma continuamente noi della Carovana del (n)PCI ricordiamo che il corso della storia mondiale in cui si inserisce la nostra opera, ha alle sue spalle la Rivoluzione d’Ottobre, la costruzione del socialismo in URSS e l’ondata di rivoluzioni a cui la Rivoluzione d’Ottobre ha dato inizio.

L’accostamento dei tre avvenimenti nella nostra concezione delle cose non è affatto una forzatura. Quelli che lo sentono come forzatura, consapevoli o no, sono comunque succubi della propaganda borghese e clericale. Questa propaganda vorrebbe che l’opera della Rivoluzione d’Ottobre fosse cancellata completamente e definitivamente, la denigra e sostiene che siamo in “un’epoca completamente nuova”. Per la borghesia e il clero quel passato è un incubo, cercano di farlo dimenticare, fanno scongiuri ed esorcismi, denigrano. Il tutto, come giustamente dici, per alimentare scetticismo, delusione e sfiducia nel movimento comunista, perché loro, la borghesia e il suo clero, non hanno niente di positivo da proporre.

Ma l’opera della Rivoluzione d’Ottobre e dell’Unione Sovietica, di Lenin e di Stalin, dei loro seguaci continua in noi comunisti di oggi, comunisti nuovi perché abbiamo raccolto non solo la loro bandiera ma anche fatto nostri i loro insegnamenti: non solo quelli che ci hanno detto espressamente, anche quelli di cui loro non furono coscienti ma che sono inscritti nella loro opera e che noi tiriamo da essa per condurla a un livello a cui non è ancora arrivata.

Il socialismo, prima fase della società comunista, è la combinazione di tre fattori: la direzione politica della società da parte dei lavoratori aggregati attorno al partito comunista, la trasformazione dell’attività economica degli uomini in un’attività gestita pubblicamente, la partecipazione crescente di tutta la popolazione alla gestione consapevole dell’intera vita sociale con implicita la formazione senza risparmio di energie e di risorse delle nuove generazioni alla gestione della vita sociale.

Il socialismo così inteso non è un frutto spontaneo del capitalismo. Con il capitalismo l’umanità è venuta a trovarsi in condizioni tali che essa ha bisogno di instaurare il socialismo e ha anche i mezzi per concepire l’impresa e compierla. Ma resta pur sempre un’impresa che richiede uno sviluppo intellettuale, morale e organizzativo in contrasto con le idee e i comportamenti con cui le classi oppresse si ritrovano, frutto della divisione dell’umanità in classi sociali, le idee e i comportamenti che la borghesia e il clero cercano di perpetuare. Instaurare il socialismo è necessario e possibile, ma richiede una lotta.

L’umanità si deve trasformare. Siccome le è necessario farlo, imparerà e si trasformerà: noi comunisti siamo l’avanguardia e i promotori di questa trasformazione. È nell’ordine delle cose subire delle sconfitte. Non c’è lotta senza che sia possibile la sconfitta: ma l’importante è che anche la vittoria è possibile. A ogni rovescio alcuni che credevano che la vittoria era già definitiva, si demoralizzano. Altri imparano, capiscono i motivi della sconfitta, si attrezzano per riprendersi e conquistare una nuova vittoria, più solida di quella della Rivoluzione d’Ottobre.

Lenin ci aveva avvertito che vincere in Europa e in America del Nord sarebbe stato più difficile di quello che era stato in Russia. In effetti è stato così. Nessuno dei partiti comunisti sorti nei paesi imperialisti sulla scia della Rivoluzione d’Ottobre è stato capace di instaurare il socialismo nel proprio paese. Questo alla lunga ha favorito l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria anche nel resto del mondo. Ma proprio il corso catastrofico delle cose in cui di conseguenza è coinvolto oggi il mondo intero, conferma che instaurare il socialismo è necessario. Che non c’è altra via di progresso per l’umanità. La nostra lotta resta difficile, ma in definitiva la vittoria è sicura. Che sia presto, dipende da noi: dagli insegnamenti che ricaviamo dalle vittorie e dalle sconfitte del passato e dall’ardore con cui li applichiamo.


Nell’intervista che pubblicammo sul n. 11-12 del 2016 di Resistenza , un anno fa, concludevi con la seguente frase “Le prospettive per la rivoluzione socialista sono eccellenti. Nei prossimi anni vi saranno rivoluzioni socialiste nei paesi imperialisti. Le masse popolari risolleveranno la testa in quelli che sono stati i primi paesi socialisti e nei paesi oppressi riprenderanno vigore le rivoluzioni di nuova democrazia”. In un anno non è cambiata la fase politica generale, ma ci sono stati sommovimenti importanti sia a livello internazionale che a livello nazionale. Quali sono a tuo avviso i principali elementi che nel corso di questo anno dimostrano che le prospettive per la rivoluzione socialista sono eccellenti, considerando la situazione internazionale e nazionale?

Dobbiamo distinguere due cose: il campo nemico e il nostro.

Nel campo nemico dobbiamo distinguere due cose: le relazioni tra gruppi e istituzioni della borghesia e del clero e le relazioni della borghesia e del clero con le masse popolari.

Nel nostro campo dobbiamo distinguere anche qui due cose: il livello e l’organizzazione dei comunisti e l’aggregazione delle masse popolari attorno ai partiti comunisti.

La cosa più visibile, visibile a tutti possiamo dire, è la crescita dei contrasti in campo nemico e la crescita dei contrasti tra le classi dominanti e la massa della popolazione. Matteo Renzi ha dovuto dimettersi e litiga o finge di litigare con Ignazio Visco con cui un anno fa faceva ancora affari e ancora oggi si proteggono a vicenda. A livello internazionale si allarga la frattura tra i gruppi imperialisti USA e quelli europei. Trump è l’indice delle difficoltà dei gruppi imperialisti USA, Merkel e Macron delle difficoltà dei gruppi imperialisti europei. Trump è il meglio che i gruppi imperialisti USA sono riusciti a mettere in campo per raccogliere la metà della metà degli elettori USA. Che forse non era meglio per la borghesia quando sbandierava Obama, a recitare la parte di premio Nobel per la pace anche se faceva guerre ed era alla testa di una banda che commetteva crimini efferati in tutto il mondo? Fanno quindi meno danni i capi della borghesia di oggi? No, al contrario. Il benessere è ridotto ai soldi che contabilizzano nelle loro banche, al PIL. Ma proprio il fatto che non riescono a fare qualcosa di positivo per le masse popolari è il segno della condanna della borghesia. Oramai non fa che danni all’umanità. In molti paesi persino una parte della borghesia locale non vuole più stare o non vuole ritornare sotto il dominio della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, benché si opponga all’instaurazione del socialismo. Il Venezuela è un caso esemplare, ma sono molti i paesi in situazioni analoghe.

Meno visibili sono invece il rafforzamento del movimento comunista cosciente e organizzato, nel nostro paese l’ampliamento della rete dei due partiti dei comunisti e l’elevazione del loro livello, l’aggregazione delle masse popolari attorno ai partiti comunisti. Ma livello e organizzazione dei comunisti e aggregazione delle masse popolari attorno ai partiti comunisti sono la parte decisiva della marcia verso l’instaurazione del socialismo, quella che decide della velocità a cui avanziamo. Qui non ci sono ancora stati passi decisivi su grande scala. Chi osserva, vede poco o niente. Ma chiunque partecipa alla lotta, o almeno gran parte di chi partecipa alla lotta è in grado di valutare che le condizioni della sua lotta sono diventate più favorevoli. Chi ingenuamente contava su una svolta decisiva, sperava in dio, costui non vede progressi. Chi è stanco di lottare sbuffa come sbuffava anche un anno fa. Ma chi serenamente e con slancio ha lottato e lotta, constata che le condizioni in cui lotta sono migliorate, gli è più facile stabilire contatti, maggiore è il fermento attorno a lui e lui vede cose che prima non vedeva, ha imparato a dire e a fare cose che prima non gli riuscivano.

Compagni, smettiamo di sperare nei miracoli! Dobbiamo diventare costruttori e dirigenti, persone pratiche. Non confrontiamo sogni, aspirazioni e speranze con la realtà raggiunta. La rivoluzione socialista non scoppia. È una guerra che facciamo noi, è fatta di campagne e battaglie che diamo noi. Guardiamo alle battaglie che abbiamo progettato e organizzato, per le quali abbiamo fatto piani e accumulato strumenti e che abbiamo incominciato. Valutiamo se le condizioni per vincerle sono migliorate o no. La risposta non devo darla io, ma ognuno dei lettori.


Nel Comunicato CC 12/2017, il (nuovo)PCI indica i principali insegnamenti che i comunisti dei paesi imperialisti devono trarre dalla Rivoluzione d’Ottobre per avanzare nella rivoluzione socialista oggi: 1. la rivoluzione socialista ha la forma di una Guerra Popolare Rivoluzionaria (GPR); 2. la concezione comunista del mondo è lo strumento grazie al quale il Partito Comunista diventa lo Stato Maggiore della GPR e dirige la classe operaia e le masse popolari nella lotta di classe, è la base della coesione ideologica dei comunisti (cioè presupposto per l’unità organizzativa dei comunisti in un partito capace di vincere). Quali sono gli insegnamenti principali che i comunisti possono e devono trarre dal crollo dei primi paesi socialisti? Ponendo questa domanda consideriamo che, nonostante la Carovana del (nuovo)PCI abbia trattato approfonditamente l’argomento fin dai primi numeri di Rapporti Sociali a inizio degli anni ‘80 del secolo scorso, oggi nel senso comune della “base rossa” dominano due tesi: a. che i primi paesi socialisti sono crollati “per il tradimento dei dirigenti”; b. che il crollo dei primi paesi socialisti è stato una sconfitta tanto pesante da rendere vano e infruttuoso ogni tentativo di rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. Riteniamo invece che attingendo anche dall’esperienza della Carovana, dalla costruzione del (nuovo)PCI e dal percorso che ha portato alla sua fondazione si possano ricavare insegnamenti, principi e criteri utili soprattutto ai giovani, a chi è nato dopo il 1990.

Tanti sono gli insegnamenti che possiamo trarre dal crollo dell’Unione Sovietica e di altri paesi socialisti, dal “cambiamento di colore” e dall’abbandono del ruolo di base rossa della rivoluzione proletaria mondiale da parte di altri paesi socialisti e dalle difficoltà di altri ancora. Le loro esperienze sono una miniera inesauribile per noi comunisti. I principali insegnamenti generali che noi abbiamo tratto sono tre e riguardano tutti la lotta di classe e la natura della borghesia nel socialismo, il ruolo dei comunisti e del loro partito.

1. L’allargamento dell’aggregazione delle masse popolari attorno al partito, la fusione graduale del partito con le masse popolari e l’accesso delle masse popolari alla gestione della società sono frutto della lotta tra due classi. La borghesia nei paesi socialisti è costituita dai dirigenti del partito comunista e delle istituzioni sociali che promuovono l’adozione delle vecchie sperimentate soluzioni borghesi per i problemi della società socialista. Quanto più arretrato era il paese dove abbiamo instaurato il socialismo, tanto più queste soluzioni sembrano plausibili e nell’immediato possono anche essere efficaci. Per questo hanno fatto presa, ma l’effetto a lungo termine è disastroso.

2. Anche la nuova classe dirigente, i comunisti che nel socialismo sono la classe dirigente delle masse popolari, è unità di opposti. In ogni campo si formano nel partito due tendenze che giunte ad un certo grado di sviluppo si scontrano.

3. I comunisti stessi come individui, oltre che soggetti della rivoluzione, promotori di essa, sono anche oggetto della rivoluzione socialista: devono trasformarsi quanto a concezione del mondo, a mentalità e in una certa misura anche quanto a personalità.

In sostanza sono le manifestazioni delle tre principali leggi universali della dialettica: ogni cosa si trasforma e nella trasformazione vi è unità di opposti (l’uno si divide in due), negazione della negazione e passaggio dal cambiamento quantitativo al cambiamento qualitativo. Sono le tre leggi applicate alla società nel suo complesso, al partito comunista e ai comunisti come individui. Molti dei lettori di questa intervista nei prossimi mesi leggeranno la Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS che le Edizioni Rapporti Sociali hanno in stampa. Questo libro racconta la storia della rivoluzione socialista in quello che poco più di un secolo fa era ancora l’impero zarista e giunge fino al 1937. È stato scritto da una commissione presieduta da Stalin, che fu alla testa del movimento comunista mondiale fino ai primi anni ’50, il compagno al quale, come a Lenin, dobbiamo riconoscere il merito e tributare omaggio per i grandi successi e le vittorie del movimento comunista nella prima parte del secolo scorso. Chi lo leggerà si renderà conto che è un libro che racconta in modo formidabile, vivo e didascalico la trasformazione della società, del partito e di molti comunisti dirigenti del partito. Racconta le lotte, gli errori e la correzione degli errori. Mostra la scienza e il ruolo pratico della scienza; la pratica che precede la teoria e la comprensione della pratica che genera una teoria superiore; la relazione tra la pratica, la teoria e la nuova pratica più avanzata. Mostra il ruolo degli individui nella storia. Un vero manuale di materialismo dialettico applicato alla rivoluzione russa. Il lettore accorto noterà però che nei capitoli finali, quando gli autori espongono avvenimenti in corso, vi è un progressivo concentrarsi sull’unità della società e del partito e sulla “natura malvagia” di alcuni reali nemici della rivoluzione membri del partito: insomma l’abbandono o l’attenuazione della visione dialettica, della comprensione scientifica del corso delle cose. Vi è esclusione esplicita o sottovalutazione della persistente sussistenza della divisione della società in classi e di contraddizioni aventi carattere di classe e tipiche del socialismo: tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra lavoro di direzione e organizzazione e lavoro esecutivo, tra uomini e donne, tra adulti e giovani, tra città e campagna, tra nazioni, regioni e settori avanzati e nazioni, regioni e settori arretrati e altre. Vi sono cioè le premesse da cui si sviluppò e rafforzò il revisionismo moderno che, impersonato da Kruscev, da Breznev e soci, nel 1956 prese il sopravvento nella direzione del partito e diresse l’URSS nel lento degrado che sfociò nel crollo del 1991. Alcune delle scelte giuste erano state fatte e vennero anche nel seguito fatte senza un’adeguata comprensione della lotta di classe in corso, grazie all’intuizione e al presentimento istintivi propri della classe rivoluzionaria. La comprensione del corso delle cose da parte dei migliori comunisti, in primo luogo da parte di Stalin, non era abbastanza avanzata per far fronte con successo al loro sviluppo. La scienza serve a indirizzare l’azione; senza scienza l’attività è istintiva, errori e deviazioni sono più facili. La persistente arretratezza dei partiti comunisti dei paesi imperialisti pesava anche sullo sviluppo dell’Unione Sovietica. Le conseguenze di questo si videro sempre più chiaramente dopo la morte di Stalin.

La lezione quindi è che bisogna andare più avanti. I comunisti devono distinguersi dagli altri per una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe. Su questa base, grazie a questo riescono a spingerla in avanti senza gravi errori, ad evitare deviazioni importanti. Questo è il nostro atteggiamento di fronte alla sconfitta subita. Solo chi ha questo atteggiamento è all’altezza dei compiti che l’umanità deve affrontare, a cui le classi sfruttate e i popoli oppressi devono far fronte, a cui sono in grado di far fronte con successo.


Il momento in cui questa intervista uscirà sarà “il picco” delle molte celebrazioni della Rivoluzione d’Ottobre. Ci sono compagne e compagni che sono sfavorevolmente colpiti dal fatto che ci sono tante iniziative, tutte diverse e divise. Se potessi rivolgerti a quegli operai, ai quei giovani, a quelle donne che partecipano a una delle molte iniziative concependo proprio quella a cui essi partecipano come un’iniziativa in concorrenza con quelle organizzate da altri partiti e organizzazioni, quale messaggio manderesti?

La disgregazione del vecchio movimento comunista è un fatto compiuto. Inutile, anzi dannoso piangerci sopra. Possiamo e dobbiamo rimontare la china e creare un nuovo più avanzato movimento comunista. Mille sono le celebrazioni del Centenario e questo è molto bene, un’occasione favorevole. Che non c’è unità di indirizzo è un fatto. Ma le celebrazioni si prestano a promuoverla. Inutile invocare l’unità organizzativa: in ogni iniziativa bisogna anzitutto promuovere l’unità nel bilancio dell’esperienza, nell’analisi del corso delle cose, nella concezione generale del mondo. Mostrare quello che è giusto e smontare quello che è sbagliato, illustrare quello che è avanzato e demolire le concezioni arretrate, esporre le idee che servono alla lotta e alla liberazione delle classi sfruttate e dei popoli oppressi e smascherare le idee che servono gli interessi della borghesia e del clero. Gli errori e le deviazioni sono tanti e dividono. La verità è una sola e unisce.


Ci sono conclusioni che vuoi aggiungere per i lettori di Resistenza?

Sì e sono sostanzialmente due.

1. Promuovere e far promuovere celebrazioni del Centenario in ogni quartiere e centro in cui c’è qualche esponente della base rossa, incitarlo e aiutarlo a organizzare una o più celebrazioni. Non importa in prima istanza se ci sarà disparità e contrasto di indirizzo. Il confronto e lo scontro faranno emergere le idee giuste contro le idee sbagliate, le idee avanzate contro le idee arretrate, le idee comuniste contro le idee borghesi e clericali. Il tutto infonderà in chi ci partecipa fiducia in se stessi e nella propria lotta.

2. Importante è far conoscere e celebrare in ogni iniziativa i grandi avanzamenti fatti in ogni campo dai popoli sovietici, dai popoli dei paesi oppressi e dai popoli dei paesi imperialisti grazie alla Rivoluzione d’Ottobre e ai suoi sviluppi. I cannoni dell’Aurora risuonarono in tutto il mondo, svegliarono anche la Cina, come disse Mao qualche anno dopo. Ma più importante ancora è illustrare gli insegnamenti che ci è necessario trarre e che in Italia non trassero i nostri predecessori, neanche i più eroici esponenti del vecchio PCI: gli insegnamenti necessari per contribuire con efficacia alla rinascita del movimento comunista e a far avanzare la rivoluzione socialista, anzitutto nel nostro paese. La rivoluzione socialista in Italia è in corso: è la Guerra Popolare Rivoluzionaria che il nuovo Partito comunista alla sua fondazione ha proclamato contro la Repubblica Pontificia e che persegue senza tregua, nonostante i propri limiti e le difficoltà che incontra. Noi ci appelliamo a ogni persona di buona volontà, in primo luogo a quelli che vogliono essere e si sentono comunisti, a ogni lavoratore avanzato, a ogni donna e a ogni giovane e a ogni immigrato perché si arruoli nel Partito o almeno contribuisca alla sua lotta, lo aiuti a superare i propri limiti e le difficoltà che rallentano il cammino della rivoluzione socialista. Non si tratta di violare questa o quella legge della Repubblica Pontificia. Si tratta di arruolarsi nell’esercito che la eliminerà o almeno di sostenerlo. È una lotta senza risparmio di colpi e di mezzi, a morte, senza tregua. La borghesia non può fare a meno del proletariato; il proletariato può fare a meno della borghesia: l’Unione Sovietica lo ha dimostrato. È quindi una lotta che finirà solo quando la Repubblica Pontificia sarà sostituita dalla dittatura del proletariato: lo Stato delle masse popolari organizzate aggregate attorno al Partito comunista. Quel giorno arriverà tanto prima quanto maggiori saranno i contributi e ogni persona può dare un contributo. La vittoria in un paese imperialista farà fare un balzo alla seconda ondata della rivoluzione proletaria nel mondo intero.