I due periodi dei paesi socialisti, il “fallimento del comunismo” e Rifondazione comunista

Rapporti Sociali n. 14-15,  inverno - primavera 1994 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Tra il 1989 e il 1991 sono crollati i regimi dell’Europa orientale e dell’URSS. Da allora i mass-media borghesi non perdono occasione per ripetere il ritornello del “fallimento del comunismo”. Confondere (omologare), come se costituissero un tutto unico, un periodo continuo, i due contrastanti periodi dell’esistenza dei paesi socialisti, quello della costruzione del socialismo e quello dell’erosione del socialismo, serve ad avvalorare la propaganda borghese del “fallimento del comunismo”. È quello che fanno le tesi per il 2° Congresso nazionale di Rifondazione. I paesi socialisti hanno attraversato due periodi distinti.

Un primo periodo di

- consolidamento del potere politico della classe operaia contro l’aggressione esterna e contro i controrivoluzionari all’interno e di costruzione delle concezioni, degli istituti (es. epurazione periodica della burocrazia, campagne di critica e autocritica, ecc.) e delle istituzioni (amministrazione pubblica, organizzazioni di massa, partito comunista) del suo potere,

- trasformazione socialista dei rapporti di produzione: la trasformazione da privata a pubblica della proprietà delle principali forze produttive, la trasformazione dei rapporti tra gli uomini nel lavoro (esecuzione delle attività economiche secondo un piano nazionale, direzione/esecuzione, lavoro intellettuale/lavoro manuale, ecc.), la trasformazione della distribuzione da “secondo le esigenze della valorizzazione del capitate” (priorità del profitto, dell’interesse, della rendita) a “ad ognuno secondo la quantità e qualità del suo lavoro”,

- sviluppo dell’internazionalismo proletario. Questo periodo va per l’URSS dal 1917 e per le democrazie popolari dell’Europa orientale dal 1945 fino a circa la metà degli anni ’50, per la RPC dal 1949 alla seconda metà degli anni ’70.

Un secondo periodo di

- direzione dei gruppi revisionisti: consolidamento dei gruppi dirigenti in campo politico, economico e culturale (fine delle mobilitazioni delle masse, fine delle epurazioni periodiche della burocrazia, trasformazione del partito comunista da avanguardia della classe operaia in associazione dei membri della classe dirigente-nomenklatura, ecc.) ed emarginazione delle organizzazioni di massa dal potere,

- tentativo di restaurazione graduale e pacifica del capitalismo in campo economico: sviluppo della economia sommersa e fuorilegge di imprenditori individuali, rafforzamento del carattere mercantile dei rapporti tra le unità produttive, consolidamento della divisione tra dirigenti e lavoratori, tra lavoratori intellettuali e lavoratori manuali, sviluppo dell’arricchimento individuale, in parte fuorilegge, di dirigenti e imprenditori individuali,

- collaborazione con gli Stati e i gruppi imperialisti usando il sostegno alle lotte e ai movimenti rivoluzionari come merce di scambio e di ricatto, subordinazione economica (commerciale, tecnologica, finanziaria) ai gruppi imperialisti, confluenza del campo socialista nel campo imperialista.

Il primo periodo è il periodo della costruzione del socialismo, dell’avvio della trasformazione della società capitalista in società comunista; il secondo è il periodo caratterizzato dal tentativo di restaurazione graduale e pacifica del capitalismo e dalla corrosione ed erosione delle strutture economiche socialiste, dando soluzioni borghesi a ogni problema posto dal loro sviluppo. Il tentativo di restaurazione graduale e pacifica è però fallito e il secondo periodo si è concluso, sotto l’incalzare della seconda crisi generale del sistema imperialista per sovrapproduzione assoluta di capitale, con il crollo dei regimi dei revisionisti moderni e l’inizio di un terzo periodo di scontro aperto e feroce fra la restaurazione ad ogni  costo del capitalismo e la resistenza della classe operaia e delle masse popolari che via via si vanno riorganizzando.

Sulle fasi dell’esistenza dei paesi socialisti vedasi anche Rapporti Sociali n. 11, p. 11.