Il fiasco del 27 marzo ‘94

Rapporti Sociali n. 16 (inverno 1994-1995) – pag. 11-24 (versione Open Office)

La divisione politica della borghesia imperialista

Premessa per la lettura del movimento politico

In una società imperialista è molto difficile, benché non impossibile, per un osservatore anche sperimentato, ma “esterno” ai circoli della classe dominante, decifrare chiaramente e con sicurezza la trama degli interessi contrapposti e convergenti dei gruppi imperialisti, gli schieramenti di lunga durata e di prospettiva, le convergenze e le alleanze transitorie o limitate a singole questioni, gli scontri e i risultati di essi. Gli interessi reali sono accuratamente nascosti, coperti dal “doveroso riserbo” dei membri della classe dominante e degli addetti ai lavori e spesso anche da cortine di fumo create ad arte per ingannare le masse popolari e gli avversari. Per sua natura il capitale finanziario è costituito da titoli che passano facilmente, rapidamente e anonimamente da un membro all’altro dell’oligarchia finanziaria, dalle tasche di rentiers o di risparmiatori anonimi e di nessun peso alle mani rapaci di pescecani della finanza e viceversa. A volte gli stessi amministratori e grandi azionisti di un gruppo vengono colti di sorpresa da incursori che si sono impadroniti di soppiatto del capitale. L’arte di dominare si è molto arricchita in questo secolo di lotta tra la borghesia imperialista e la classe operaia e non solo le operazioni segrete, ma anche le operazioni indirette, le strumentalizzazioni, le provocazioni, ecc. si sono moltiplicate quasi all’infinito.

Decifrare e tanto più difficile per noi, stante gli scarsi mezzi di cui disponiamo e la limitatezza e lo scollegamento di occhi e di orecchie di cui disponiamo oggi non solo noi, ma l’insieme delle forze soggettive della rivoluzione socialista nel nostro paese.

Con questa premessa vogliamo mettere in guardia onestamente i lettori della nostra rivista. La nostra “lettura” dello scontro incentrato sulle elezioni del 27 marzo e frutto di un attento lavoro di mosaico e ricostruzione. Essa deve quindi essere presa come guida per l’elaborazione della propria esperienza, per la comprensione dei fenomeni e dei movimenti in corso, per l’elaborazione di iniziative politiche. Non come ricostruzione già verificata del processo reale. Non solo mancano alcuni particolari e altri possono addirittura rivelarsi sbagliati, ma l’insieme della ricostruzione va preso con riserva di verifica.

Di una cosa vogliamo però mettere sull’avviso i nostri lettori. Non si lascino ingannare dal contrasto stridente: da una parte un mondo in cui mezzi di comunicazione e comunicatori fanno a gara nell’inondare ognuno di noi con mille comunicazioni assordanti e contrastanti, tanto che sembra che nulla possa salvarsi dei cronisti, né i particolari più intimi né i pettegolezzi più insignificanti; dall’altra il fatto che sui mezzi di comunicazione di massa nulla è trapelato di un ‘operazione e di uno scontro che per loro natura hanno coinvolto vane centinaia di persone come orditori e protagonisti attivi e consapevoli e sono stati alla portata di alcune migliaia di membri dell’oligarchia dominante e di suoi servitori. Non è forse successo altrettanto per l’attività della P2 benché non potesse non essere a conoscenza di alcune migliaia di membri della classe dirigenti e dei suoi frequentatori benché si fosse svolta nell’arco di vari anni? Non è successo altrettanto per i preparativi di colpi di Stato, per “stay behind” (Gladio) e per la strategia della tensione? Non è successo altrettanto per le diffuse illegalità commesse dagli apparati statali e parastatali per stroncare il movimento popolare degli anni ‘70 che aveva al suo centro le Brigate Rosse? Non è successo altrettanto, per riferirci a un fatto”ben delimitato, nel 1989 per la “strage” di Timisoara (Romania) che per alcuni mesi tutti i mezzi di comunicazione descrissero con dovizia di dettagli, numeri, nomi, testimoni e immagini, finché, alcuni mesi dopo il colpo di stato di Bucarest, il tutto si ridimensionò a una dimostrazione di strada con quattro vittime uccise dalla polizia nel corso di dimostrazioni di piazza? L'elenco potrebbe continuare a lungo.

Questa è la società in cui viviamo: la classe dominante copre con una sarabanda scintillante di “notizie” e di fatti” insignificanti o inventati la reale trama di interessi e i relativi scontri. Cosi come con una multiforme e variopinta messa in scena di politica-spettacolo montata ad uso delle masse popolari e per depistare gli avversari, copre gli effettivi scontri e movimenti delle forze politiche. Da ciò alcuni hanno dedotto che “oramai nell’attuale società le masse popolari non contano nulla” (evidentemente essi immaginano, da buoni nostalgici di un passato ideale, che “un tempo” le masse erano tenute dalla classe dominante dell’epoca al corrente delle sue intenzioni e attività!). Noi al contrario, proprio nell’enorme dispiegamento di mezzi (nuovo per le dimensioni e la qualità, la sistematicità e la pretesa di “scientificità”) messi in campo dalla classe dominante per depistare, ingannare e confondere le masse popolari, vediamo una conferma che l’attività delle masse popolari ha assunto nella “costituzione materiale” della società attuale (cioè negli effettivi rapporti sociali) un ruolo determinante ed essenziale, tanto che la classe dominante incontra enormi difficoltà a il farla “quadrare” con 1 mantenimento del proprio dominio. Cosi come nel particolare accanimento con cui il regime attacca la classe operaia vediamo una conferma del particolare ruolo sociale che essa può svolgere, della sua particolare “pericolosità” per la borghesia imperialista (potenzialità della classe operaia di cui oggi, dopo quasi quarant’anni di assenza di un partito comunista e di predominio del revisionismo moderno, i meno consapevoli sono proprio gli operai. Quanto più acuto e generale e il contrasto tra la direzione della borghesia imperialista e la strada su cui l’esperienza sospinge le masse, tanto pia deboli sono l’autorevolezza, il prestigio e il potere della classe dominante e quindi tanto maggiore deve essere il ricorso di questa alla menzogna, all’inganno, alla diversione, alla corruzione e alla repressione.

Alcuni lettori vedranno nell’interpretazione che noi diamo dello scontro culminato nelle elezioni del 27 marzo, un’espressione della concezione complottarda e soggettivista della storia. Richiamiamo questi nostri lettori a una concezione dialettica della storia. Gli sforzi compiuti da individui, gruppi e partiti per raggiungere un obiettivo che essi si sono posti intenzionalmente. sono efficaci solo in quanto corrispondono, almeno in una certa misura, a condizioni materiali, a possibilità e tendenze generate dalle condizioni materiali che esistono indipendentemente dai loro sforzi. I loro sforzi non fanno altro (che essi se ne rendano o no conto) che incanalare e far confluire efficacemente verso quell’obiettivo sforzi, tensioni, volontà e sentimenti che in una qualche forma quelle condizioni materiali avevano già generato in individui, gruppi e partiti. Il corso della stona non è comprensibile sulla sola base delle volontà individuali, per quanto grande sia il ruolo svolto da determinati individui; tuttavia essa “cammina sulle gambe degli uomini”; d’altra parte spesso gli individui, i gruppi, i partiti e le classi svolgono un ruolo, quindi esprimono di facto una volontà e realizzano un obiettivo, che non esistono a priori né nelle menti individuali né nei programmi, ma verso cui sono sospinti dalle loro condizioni materiali, benché ognuno di essi se li raffiguri in forme più o meno fantasiose. Cosa per cui si dice che occorre distinguere ciò che un individuo (gruppo o partito) pensa di se e della sua attività, da quello che questi realmente sono.

Con queste premesse affidiamo ai lettori la lettura de Il fiasco del 27 marzo.


Un aspetto specifico della crisi politica del nostro paese e l’alto grado in cui già oggi si e sviluppata la guerra civile tra i gruppi della borghesia imperialista operanti nel paese. Le elezioni dello scorso marzo hanno mostrato che la borghesia imperialista e già oggi incapace di elaborare per il nostro paese una proposta governativa, su cui riesca a unirsi e a far convergere la maggioranza elettorale.

L’attento studio degli avvenimenti politici del nostro paese negli ultimi quattro anni ci induce a ritenere che la parte più autorevole della borghesia imperialista, italiana ed estera (Agnelli, De Benedetti, Cuccia e Mediobanca, i gruppi finanziari esteri più attivi in Italia), aveva elaborato un progetto di ricambio politico al regime democristiano: il Polo progressista.

Il regime democristiano e stato nel secondo dopoguerra l’espressione concreta nel nostro paese del potere della borghesia imperialista. In esso si combinavano caratteristiche generali, comuni a tutti i regimi politici espressione della borghesia imperialista nel secondo dopoguerra, cioè nel periodo di ripresa e sviluppo del capitale (il periodo cosiddetto del “capitalismo dal volto umano”), con caratteristiche specifiche sue proprie, dettate dai tratti specifici della composizione di classe del nostro paese, della storia del nostro paese (formazione del modo di produzione capitalista e dell’unità politica del paese), dei gruppi politici che impersonavano il regime (provenienti dall’associazionismo cattolico, dalle organizzazioni parrocchiali e, nel meridione, dalle tradizionali strutture di potere degli agrari). Tra i tratti caratteristici del regime democristiano vi erano il clientelismo, l’assistenzialismo, la conservazione delle condizioni di riproduzione di un certo tipo di piccola borghesia rurale(1) e urbana e di imprese capitaliste individuali, la mitigazione degli effetti più traumatici del capitalismo tramite il settore economico pubblico e la spesa pubblica. Questi tratti si erano ben combinati con le caratteristiche del dominio della borghesia imperialista nel periodo del capitalismo dal volto umano. Essi invece rendevano questo stesso regime inadatto a gestire i rapporti con le masse popolari in conformità con le esigenze del nuovo periodo caratterizzato dalla crisi economica (iniziata grossomodo nel 1975). La crisi spingeva all’estremo gli aspetti specifici del regime DC e con ciò stesso ti rendeva incompatibili con la dominazione della borghesia imperialista: essere assistenzialisti in un periodo di vacche grasse serve ad aggiustare le cose e arrotondare gli spigoli; esserlo in un periodo di vacche magre porta alla “dilapidazione del patrimonio”. Negli anni ‘80 l’indirizzo del regime democristiano e stato sostanzialmente anomalo o in ritardo rispetto all’indirizzo prevalente negli altri grandi paesi imperialisti (si veda ad es. la dimensione e la continuità del ricorso all’indebitamento dello Stato e degli altri enti pubblici, lo spazio lasciato all’inflazione, il ritardo nella svendita delle imprese pubbliche(“privatizzazione”ecc.). Per sopravvivere e continuare a raccogliere voti il regime Dc faceva ricorso su scala via via più vasta, man mano che la crisi economica avanzava, al clientelismo, con un enorme allargamento della spesa pubblica, nella forma specifica di aumento del debito pubblico e con il ricorso a tassi di interesse via via più alti onde invogliare i creditori italiani ed esteri. In concreto ciò introduceva un ulteriore elemento di rischio nel sistema finanziari italiano, europeo e mondiale, già sottoposto all’azione di grani fattori di instabilità. A poco era valso il colpo inferto al regime DC con la separazione della Banca d’Italia dal Tesoro(2). Il regime DC inoltre subiva la crisi politica indotta in tutti i regimi dei paesi imperialisti dalla crisi economica. Esso riusciva sempre meno a tenere assieme interessi sempre più divergenti tra loro forze politiche centrifughe (vedasi Rete, Lega, ecc.) si sviluppavano dal suo stesso seno. I contrasti tra le correnti DC e tra i partiti satelliti (PSI, PSDI, PRI, PLI) diventavano via via più acuti. Avventurieri come Dalla Chiesa, Pecorelli, Craxi, Gelli, Berlusconi, i gruppi camorristi e le famiglie mafiose riuscivano a crearsi posizioni da cui ricattare il grosso della DC. Nuovi gruppi affaristici nascevano sotto la protezione del regime e sviluppavano con incursioni e colpi di mano nel mondo dell’alt finanza. Se Virgillito, Sindona, Calvi, ecc. in un modo o nell’altro erano stati bloccati, Gardini, Berlusconi, Caltagirone, Ligresti(3) erano passati. L’allegra gestione della finanza statale, impersonata negli ultimi mesi da Cirino Pomicino, facevano della finanza statale una macchina per la produzione di nuove concentrazioni di capitale che turbavano le vecchie. Alle ruberie vecchie e alle collaudate procedure per procurare arricchimento privato con il pubblico denaro, si aggiungevano nuove sfacciate e provocatorie procedure da “arraffa e fuggi”. La collusione spregiudicata con gli esponenti del gangsterismo nazionale (mafia, camorra, ecc.) - che nel frattempo avevano imparato da Agnelli e dalla buona borghesia del Nord a operare nel campo della finanza si erano trasformati da luogotenenti locali della grande borghesia del nord in suoi concorrenti a livello internazionale, privi di discrezione e di tatto - destava animosità e ritorsioni e spingeva alla trasformazione della concorrenza economica in guerra civile. I segni di tensione tra il trio Craxi, Andreotti, Forlani (CAF e parti consistenti della borghesia imperialista italiana ed estera erano via via cresciuti tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90: non solo il distacco tra il Tesoro e la Banca d’Italia, ma le schermaglie tra Andreotti e la Confindustria, tra Agnelli e Craxi l’incidente di Sigonella,(4) lo scontro sulla Mondadori, sulla legge Mammì, sull’Enimont,(5) l’ambigua condotta del governo italiano nella Guerra del Golfo e nell’attacco alla Libia, la rilevanza data alla “lotta contro la mafia” e lo spazio crescente accordato al PCI.

Il regime DC faceva acqua da tutte le parti e andava sostituita ma la guerra generale tra i gruppi imperialisti rendeva difficile l’elaborazione di un ricambio politico. Non solo era difficile l’accordo, ma le barriere minuziosamente erette nel corso degli anni a difesa della continuità del regime DC diventavano ora un puntello contro quanti lo volevano sostituire, e di esse si avvalevano spregiudicatamente quanti avevano interesse alla sua continuità.(6) Tra i gruppi che concordavano sulla tesi che il regime DC aveva fatto il suo tempo e che andava sostituito ognuno voleva un’alternativa tagliata sui suoi interessi e impersonata dai suoi uomini. Il denominatore comune di ogni cambiamento era l’accelerazione dell’eliminazione delle conquiste strappate dalle masse popolari nel periodo del capitalismo dal volto umano e il peggioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro. Ma proprio ciò consentiva a ogni gruppo imperialista di “appellarsi alle masse” e di “mobilitare le masse” contro ogni soluzione che non rispettasse i suoi interessi, gridando che essa portava allo “scontro sociale” e strumentalizzando le masse popolari.

In mezzo a queste difficoltà e con questi condizionamenti, a cavallo del 1990, facilitata anche dal “crollo del muro di Berlino” e dal disfacimento dell’Unione Sovietica, una parte autorevole della borghesia imperialista italiana, tra cui il gruppo Agnelli, il gruppo De Benedetti, Mediobanca di Cuccia, Confindustria e autorevoli gruppi imperialisti esteri, nonostante le divergenze di interessi fini per mettere in cantiere un progetto di ricambio politico.


NOTE

    1. Si pensi alla Coltivatori diretti, alla combinazione di cooperative, casse rurali e banche popolari, alla Federconsorzi, all’estensione delle prestazioni INPS ai coltivatori diretti (1953), agli artigiani (1959), ai commercianti (1966), ecc.

    2. Nel luglio del 1981 venne avviata la separazione della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro (il cosiddetto “divorzio”): la Banca d’Italia venne esonerata dal l’obbligo di acquistare i BOT che il Tesoro non riusciva a vendere ad altri, fermo restando la possibilità del Tesoro di finanziare le sue spese indebitandosi col conto corrente che esso ha presso la Banca d’Italia (rientrando ogni fine mese dallo scoperto). Nel gennaio del 1983 la Banca d’Italia rifiutò al Tesoro 8.000 miliardi di lire che il Tesoro chiedeva. La pratica di “divorzio” e tuttora in corso, benché la separazione sia via via diventata maggiore.

    3. Virgillito, Sindona, Calvi, Gardini, Caltagirone, Ligresti, ecc.: finanzieri e impresari “fioriti” per cosi dire dal nulla nel corso degli anni ‘70 e ‘80.

    4. L’incidente di Sigonella: nel 1984 il governo Craxi impedì al governo USA di arrestare, nella base di Sigonella (Siracusa), il dirigente palestinese che esso accusava di essere responsabile del sequestro della nave da crociera Achille Lauro.

    5. Mondadori, Mammì, Enimont: lo scontro per la proprietà del grosso gruppo editoriale Mondadori tra De Benedetti e Berlusconi (vinse Berlusconi), lo scontro per il monopolio delle televisioni (vinse Berlusconi), lo scontro per il possesso delle industrie chimiche italiane (perse Gardini).

    6. In particolare si rivelava impossibile togliere alla DC il potere per via elettorale. Per quanto si facesse e per quante ne combinasse, la DC vinceva le elezioni grazie al meccanismo collaudato nei quarant’anni di governo. Le vinse anche nel 1992, quando il potere le venne tolto con l’operazione Mani Pulite.


Manchette


IL FASCISMO: QUALE IDEALE?

Nel 1995 cade II 50° anniversario dell’Insurrezione del 25 aprile e sarà l’occasione per compiere un bilancio della lotta antifascista. Un aspetto della crisi politica e culturale in corso è il “revisionismo storico”, cioè la rivalutazione del fascismo. E un’operazione direttamente legata alla denigrazione dell’azione politica della classe operaia e in particolare della lotta partigiana e della Resistenza e quindi da contrastare con forza, comprendendone le articolazioni. L’individualismo della cultura corrente viene sfruttato dal “revisionismo storico” presentando H fascismo come un ideale, giusto o sbagliato non importa, ma degno di rispetto perché “qualcuno ci ha veramente creduto”. In questo modo si trasforma il problema della lotta di classe e del ruolo avuto dal fascismo come politica terroristica della borghesia imperialista, nel problema se i singoli fascisti erano tutti dei profittatori e degli esseri spregevoli, se ci credevano o facevano finta di crederci per specularci sopra, ecc.: insomma in un problema da psicologi e da preti net senso deteriore dei termini.

II fascismo non è un ideale in cui qualcuno ha creduto e per cui ha combattuto. I padroni hanno affidato il governo ai fascisti negli anni ‘20 quando erano minacciati dai lavoratori nei loro interessi e privilegi. II fascismo è stato la distruzione e la repressione delle organizzazioni del proletari che volevano lavoro e salari decenti, che volevano un sistema economico che avesse come obiettivo II soddisfacimento dei bisogni materiali e spirituali della popolazione. E stato la repressione dei contadini poveri e dei braccianti che volevano “la terra a chi la lavora”. E stato un movimento a tutela degli interessi e dei privilegi dei capitalisti, degli agrari, di quel pugno di italiani che vivevano da parassiti del prodotto del lavoro altrui, dei privilegi della monarchia e della sua corte, del Vaticano e dell’alto clero. Per questo ha dovuto “mettere in riga” e “tenere in riga” quelli che lavoravano. E stato un movimento armato ed extralegale quando i padroni avevano bisogno che fosse tale; è stato un movimento legalitario, forcaiolo, monarchico, papalino e paternalista quando ai padroni serviva cosi. Per “tenere in riga” i lavoratori i fascisti hanno sfoggiato nei loro discorsi idee e ideali migliori della loro pratica e hanno dovuto fregiarsi di alcune cose che a ogni lavoratore sono care (il proprio paese, l’ordine pubblico, la propria cultura, la famiglia, il rispetto di se stessi, la propria dignità, ecc.: proprio le cose che la situazione pratica della società borghese negava alla maggioranza dei lavoratori e che i fascisti negavano alla massa dei lavoratori). Quando hanno potuto i fascisti hanno usato anche questo per mettere i lavoratori italiani contro i lavoratori di altri paesi, per legare i lavoratori italiani alle catene dei padroni italiani. Con la retorica sulla famiglia, qualche elemosina alle famiglie bisognose (Opera Nazionale Maternità e Infanzia, le colonie per i ragazzi, ecc.) e la creazione di un sistema di assicurazione contro la malattia, gli infortuni e la vecchiaia hanno coperto la riduzione dei salari delle famiglie di lavoratori, la mancanza di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’oppressione delle donne (meno diritti e salari inferiori rispetto agli uomini), l’analfabetismo, l’alta mortalità infantile, l’educazione dei ragazzi per farne dei soldati al servizio dei padroni, l’imposizione a tutti i lavoratori di “tacere, obbedire e lavorare o combattere”. In cambio del quieto vivere che i fascisti assicuravano loro, i padroni hanno dovuto lasciar fare ai fascisti anche cose su cui alcuni o molti di loro non erano d’accordo o della cui saggezza dubitavano: le leggi razziali, le organizzazioni di massa fasciste, la “mistica fascista”, l’alleanza col nazismo tedesco, le aggressioni alla Libia, alla Spagna, all’Etiopia, all’Albania, alla Grecia, alla Jugoslavia, alla Francia, al l’Unione Sovietica e tutto II disastro della seconda guerra mondiale, fino al la cessione di alcune province italiane al la Germania nazista, al ruolo di sgherri al servizio dei nazisti contro i propri connazionali (Repubblica Sociale Italiana o Repubblica di Sale) e all’occupazione dell’Italia da parte prima dei tedeschi e poi degli USA da cui non ci siamo ancora liberati.

Per quali di queste azioni chiedono rispetto oggi i fascisti di ieri e i loro seguaci di oggi? Cosa c’entra con questo il fatto se alcuni fascisti personalmente “non ci guadagnavano niente”, “erano coraggiosi”, “si opposero agli eccessi del regime”, ecc. La storia della lotta di classe piena di buoni sentimenti e buone attitudini messi al servizio dei padroni, grazie ai quali gli sfruttatori si mantengono in vita. Chi sacrifica la sua vita e le sue energie al servizio degli oppressori, rende forse più accettabile e meno dura l’oppressione? Essere spavaldi al servizio di una causa sbagliata e forse un merito? Se Gentile ha protetto un ebreo o cento ebrei dalle persecuzioni razzia I forse che questo compensa le sopraffazioni compiute dal regime che egli sosteneva? Non rende semmai più abietto un individuo che faceva compiere agli altri, meno ricchi e istruiti di lui, azioni della cui nefandezza era ben consapevole? Le nostre pubbliche istituzioni sono piene di lapidi che ricordano la beneficenza fatta da sfruttatori e da aguzzini dei lavoratori. La loro beneficenza è una faccia, l’altra faccia della stessa medaglia è lo sfruttamento: dove sono le lapidi a ricordo della beneficenza fatta da metalmeccanici e braccianti? Noi lottiamo per un mondo senza beneficenza perché senza sfruttamento, senza poveri perché senza ricchi. Lottiamo con le energie e le attitudini che ci ritroviamo. Non pretendiamo di essere individualmente degli eroi, anche se la nostra causa ha prodotto migliaia di eroi, milioni di semplici uomini che hanno vinto i legami e le paure che intralciavano nella lotta. Ma lottiamo per una causa giusta, cosa che è ben più importante sia dell’eroismo sia della spavalderia individuali. Noi onoriamo chi ha combattuto meglio che poteva per una causa giusta.




Il progetto si componeva di due passaggi fondamentali.

1. La liquidazione per via extraelettorale (essendo quella elettorale preclusa) ed extraparlamentare(7) del ceto politico democristiano-socialista (che aveva finito per riunirsi attorno al CAF) scatenando contro di esso la magistratura (Tangentopoli - Mani Pulite).

Alcuni magistrati improvvisamente aprirono gli occhi, improvvisamente venne loro il coraggio di “applicare la legge” sull’estorsione, sulla corruzione e sulla collaborazione tra esponenti politici, apparati statali e organizzazioni criminali o meno occulte. “Stranamente” nemmeno uno di essi fece la fine che fino allora avevano fatto i pochi magistrati, poliziotti, “uomini di legge” e avventurieri spericolati che avevano osato mettere il naso nelle operazioni CAF (da Dalla Chiesa a Pecorelli, Costa, Chinnici, Falcone, Borsellino, Ambrosoli, Palermo, Alemi, ecc.).(8) Ad altri magistrati che mordevano il freno vennero ora dati dai loro superiori via libera, appoggi e mezzi d’azione e di protezione. Attorno ad essi e alle loro operazioni si rinnovò (benché nella minore misura confacente con la diversa natura di classe dello scontro) la “sacra congiura” che aveva permesso a magistrati e poliziotti ogni genere di prevaricazioni, illegalità e violenze nella lotta contro le Brigate Rosse e contro il movimento proletario di cui queste erano in qualche modo l’espressione. I maggiori esponenti del regime DC (Andreotti, Craxi, Forlani, Gava, ecc.) vennero messi fuori gioco, con imputazioni e campagne tanto più pesanti quanto maggiori erano le rispettive resistenze,(9)

2. La presentazione agli elettori della carta di ricambio, costruita attorno all’ex PCI.

La preparazione della soluzione politica di ricambio al CAF era iniziata con la liquidazione formale del “vecchio” PCI, la sua trasformazione nel “nuovo” PDS e la sua separazione dalle parti meno omogenee al ruolo nuovo che il PDS doveva svolgere (o per il ruolo svolto durante la guerra fredda o per la loro residua “ambiguità”).(10) Queste parti vennero comunque accuratamente raccolte in un contenitore (Rifondazione Comunista) per tenerle sotto controllo. Occhetto legò a questa operazione le sue fortune politiche (ne pagherà con le dimissioni il fallimento e ancora oggi cerca di rimontare la china). Attorno a lui si raccolsero con ruoli diversi gli uomini del vecchio regime che si allinearono all’operazione e si presentarono come “nuovi” (Spadolini, Napolitano, Segni, Ciampi, Scalfaro, ecc.). Il nuovo governo doveva portare l’Italia in riga con le tendenze prevalenti negli altri grandi paesi imperialisti, approfittando della collaborazione delle “parti sociali” (ossia, in primo luogo, dei sindacati di regime) per imporre “lacrime e sangue” alle masse popolari.

Lo sgambetto dell’aprile ‘92 a Craxi (addolcito dalla nomina a capo del governo di un suo uomo: Amato), il referendum sulla legge elettorale (Referendum Segni, 1993), la nomina di Ciampi a presidente del Consiglio dei ministri (1993) e le elezioni del marzo ‘94 dovevano avviare il ricambio.

Ma proprio sulle elezioni del marzo ‘94 l’operazione è fallita o, almeno, ha subito una battuta d’arresto. La soluzione di ricambio cosi accuratamente preparata è miseramente naufragata: non ha ottenuto l’appoggio degli elettori a cui i promotori l’avevano sottoposta e quindi condizionata (per errore di eccessiva sicurezza o perché le resistenze erano talmente alte che una nuova mossa extraelettorale (dopo quella della primavera del ‘92) le avrebbe rese insostenibili o per qualche altro motivo).


Manchette


ANTIFASCISMO POPOLARE E ANTIFASCISMO PADRONALE

La crisi del regime DC si aggrava e la borghesia imperialista deve ricorrere a personaggi politici sempre più squallidi. Dopo “turarsi il naso e votare DC”, e l’ora di “turarsi il naso e votare Berlusconi-Bossi-Fini”. La borghesia deve servirsi di chi riesce in qualche modo a tenere in pugno la piazza, non può fare a meno delle masse popolari; deve ricorrere cioè alla “mobilitazione reazionaria delle masse”, come negli anni ‘20 e ‘30. Ma è una lama a doppio taglio: più la borghesia fa ricorso a gruppi fascisti, criminali, integralisti, demagogici e avventuristi, più si smaschera. Tra le masse popolari inizia la mobilitazione antifascista. Motto bene! Alcuni gruppi imperialisti cercano di cavalcare la mobilitazione antifascista, di prenderla in mano. Cosa e che distingue il loro antifascismo da quello delle masse popolari?

L’antifascismo padronale condanna il regime fascista del 1922-1945, il “totalitarismo”, la mancanza di democrazia, la persecuzione degli oppositori democratici, le manifestazioni “volgari e incivili” del fascismo, le leggi razziali, ecc. Esso invece accetta e difende il potere di un pugno di capitalisti (finanzieri, industriali, banchieri, ecc.) di decidere della vita del resto della popolazione, lo sfruttamento dei lavoratori, la miseria, la condanna al lavoro per tanti e la vita da parassiti per alcuni, i privilegi, la corruzione economica e morale, le cricche di potere,

clientelismo, le stragi di Stato, la politica occulta, l’arroganza antipopolare, l’abbandono all’ignoranza e all’abbrutimento. E l’antifascismo che trova un terreno d’intesa con Fini e i “fascisti in doppiopetto”, i fascisti “colti e civili”, perché sono della stessa classe. E l’antifascismo per cui il governo Berlusconi è “il primo governo di destra”, mentre i governi Ciampi, Amato, Andreotti

L’antifascismo popolare e invece anzitutto lotta contro capitalismo, la miseria, l’oppressione di classe e i privilegi, lotta per l’eguaglianza, contro la schiavitù del bisogno e della paura per la maggioranza della popolazione. L’antifascismo padronale divide i lavoratori, tanto quanto li divide il fascismo padronale. II padrone che ti mette alla porta come “esubero”, l’intellettuale che difende questo regime in cui sei messo alla porta come “esubero” e si dichiarano antifascisti, fanno in realtà propaganda al fascismo. Danno una mano al demagogo fascista che, alla Berlusconi, promette un milione di posti di lavoro per domani e ti chiede di dargli la tua fiducia oggi, specula su I tuo bisogno e sulla tua disperazione. L’antifascismo padronale non piace alle masse, cosi come ai padroni non piace l’antifascismo popolare. Non è un caso che i padroni che oggi sono antifascisti, al cambiar delle condizioni politiche diventino fascisti e viceversa.

L’antifascismo che unisce le masse popolari e anzitutto lotta per affermare il diritto di tutti a vivere e a lavorare e il dovere di ogni persona sana di lavorare per vivere.

(da Resistenza, giugno ‘94)


Il fiasco è dovuto principalmente a due fattori indipendenti, ma convergenti.

1. Tra le masse popolari la soluzione di ricambio incentrata sul PCI/PDS non aveva sollevato grande entusiasmo. Il disegno demagogico su cui il progetto puntava in sostanza non è riuscito. Questa soluzione arrivava dopo anni di collaborazione del PCI col regime democristiano: dalla svolta dell’EUR, alla politica di “solidarietà nazionale”, dalla collaborazione attiva nella guerra sporca contro le Brigate Rosse e le altre organizzazioni combattenti e in generale contro il movimento proletario degli anni ‘70 e dei primi anni ‘80, alla collaborazione sindacale nella normalizzazione alla FIAT(11) e nelle altre fabbriche, dalla copertura concessa alle stragi di Stato, alla persecuzione contro le avanguardie di lotta, alla pratica della tortura all’inizio degli anni ‘80, alla violazione sistematica di ogni legge nel soffocamento del movimento proletario, all’appoggio alle misure di eliminazione delle conquiste strappate dalle masse negli anni del “capitalismo dal volto umano”, ecc. Tutto ciò aveva già distrutto la partecipazione, la mobilitazione, la creatività, l’entusiasmo, la convinzione di migliaia di attivisti che erano quelli che, fino circa alla metà degli anni ‘70, nonostante mille contraddizioni, avevano alimentato il seguito elettorale del vecchio PCI. Bertinotti e Cossutta fecero del loro meglio per abbellire la soluzione agli occhi dei lavoratori con sparate demagogiche (famosa quella di Bertinotti sui BOT), ma fare campagna elettorale a favore di noti organizzatori della cacciata degli operai dalle fabbriche (del tipo di Giugni) e di un secondo governo Ciampi e promettere un rinnovamento della società sotto la guida di individui di questa specie, era qualcosa che superava anche la fede disperata del lavoratore più convinto che il partito e la conquista del potere sono la chiave di tutto ( che per questo aveva “digerito” tante scelte del PCI.

2. Il fatto che Occhetto, anche durante la campagna elettorale abbia dovuto ancora prosternarsi davanti agli uomini dell’alta, finanza e della NATO per convincerli della bontà del progetto di Agnelli e compagnia, anziché avere già in tasca il loro sostegno e dedicarsi completamente a fare demagogiche pro messe elettorali che fossero almeno alla pari di quelle d Berlusconi, proprio ciò dimostra la debolezza intrinseca dell’ operazione.

Tra la borghesia e la piccola borghesia la soluzione elaborata dalla parte più autorevole della borghesia imperialista incontrato un’opposizione accanita, nutrita dai contralti d’interesse. Da tempo i piccoli capitalisti accusavano i grandi di fan affari a spese delle finanze pubbliche, di vivere di contributi agevolazioni e stanziamenti pubblici. Questa opposizione ha trovato in Berlusconi il suo leader, ben fornito di mezzi d comunicazioni e di esperti in manipolazioni elettorali.(12) Egli ha unito sia quella parte del vecchio ceto politico che la nuova soluzione avrebbe sacrificato (i “riciclati” nell’attuale maggioranza governativa, che tuttavia non sono più, - anzi probabilmente meno - di quanti ne avrebbe avuti un’eventuale maggioranza del Polo progressista, basti pensare alle alternative Pivetti, Napolitano, Scognamiglio/Spadolini), cioè i “perseguitati” d: Mani Pulite, sia quelle forze che la soluzione “progressista” per vari motivi, o forse per errori di calcolo, aveva lasciato fuori (da fascisti del MSI trasformatosi in due giorni in Alleanza Nazionale, ai seguaci di Bossi).

L’anticomunismo alimentato per anni, neanche Agnelli poteva cancellare di colpo: vari capitalisti e dirigenti hanno percepito chiaramente che la vittoria del Polo progressista avrebbe comunque suscitato attese, entusiasmo e “pretese” tra i lavoratori, non erano sicuri di poterli controllare, ritenevano che sul piano immediato avrebbero avuto dei problemi e hanno vissuto la campagna di Berlusconi come la loro campagna.

Cosi è successo che lo schieramento che “non doveva vincere” le elezioni è riuscito ad avere la maggioranza elettorale. La soluzione montata “all’ultimo momento” da un outsider, da un incursore, da un avventuriero, da un guastafeste, dall’amico delle vittime di Mani Pulite, ha avuto la meglio.(13) Sullo Stato italiano della borghesia imperialista è calata una maggioranza: di tipo particolare, un ceto politico che non è nuovo, ma non è nemmeno assimilabile a quello del regime DC: è il risultato e la manifestazione della decomposizione di quel regime. La maggioranza di Berlusconi e si piena di riciclati, ma e effettivamente nuova rispetto all’eventuale maggioranza del Polo progressista (Berlusconi/ Ciampi, Pivetti/Napolitano, Scognamiglio/Spadolini che era notoriamente morente, Occhetto-Segni / Fini-Bossi).



NOTE

    7. Nell’aprile del 1992 il CAF vinse le elezioni. Andreotti doveva diventare presidente della repubblica e Craxi presidente del Consiglio. Furono entrambi fermati con un’operazione extraparlamentare (un “colpo di Stato”) attraverso incriminazioni giudiziarie per fatti esistenti da anni e noti da anni a tutta la classe dirigente.

    8. Personaggi che in un modo o nell’altro, chi ricattando, chi investigando, chi conducendo istruttorie “rompevano” e furono o eliminati o convinti in altro modo a lasciar perdere.

    9. I precedenti di eliminazione “extra legem” di avversari politici, di governanti e di luogotenenti fattisi pericolosi o esigenti abbondano: da Piccioni (Italia), a Brandt (RFT), a Kennedy, a Nixon, a Carter (USA), a Noriega (Panama), a Ngo Dihn Diem (Vietnam del Sud) a Syngman Rhee (Corea del Sud), ecc.

    10. Le tappe sono state, per sommi capi, la di missione di Natta e l’elezione di Occhetto a segretario del PCI (1987), il discorso della Bolognina (1989), il 19° Congresso del PCI (1990), il 20° Congresso del PCI (di scioglimento) e di fondazione del PDS con la conferma di Occhetto a segretario (1991).

    11. La campagna di delazioni, organizzata dal PCI negli anni 1978-1980 nelle fabbriche del Nord contro le Brigate Rosse con la compilazione delle liste dei compagni di lavoro sospetti, ha lasciato uno strascico profondo.

    Le operazioni truffa, tipo quella che diede inizio al blocco dei cancelli della FIAT nel 1980, illustrata da Sabatini, segretario della CGIL-Piemonte, sul Manifesto del 19 gennaio ‘94, sono note agli operai e lasciano tracce profonde. Scrive Sabatini: “La FIAT affisse nelle bacheche l’elenco di chi sarebbe andato in cassa integrazione. Questo avvenimento provocò la rabbia dei lavoratori, apri il pericolo di un’entrata di cassaintegrati esasperati negli stabilimenti e consigliò al sindacato che era conveniente decidere il blocco dei cancelli per evitare quel pericolo”.

    12. Nel senso che non ne aveva meno di quanto ne avessero i fautori del Polo progressista. Che poi alcuni di questi (Agnelli, ad es.) non abbiano voluto giocare tutte le carte sul Polo progressista, ciò fa parte della debolezza della borghesia imperialista. Attribuire la vittoria di Berlusconi alle sue TV è falso e fuorviante.

    13. Ma questo è un rischio oggi presente in molti paesi imperialisti ed è indice della crisi politica in atto: si pensi a Perot negli USA, a Tapie in Francia, alle elezioni del 5 novembre del 94 negli USA.


Si tratta però di una maggioranza elettorale cui non corrisponde, né verosimilmente corrisponderà, un appoggio maggioritario di “quelli che contano” in un paese capitalista: del “mercato”, ossia degli esponenti del mondo finanziario italiano ed estero. Ora e D’Alema, succeduto a Occhetto dimissionato, che ripete contro Berlusconi quello che nel 1947 De Gasperi ricordò a Togliatti (e che Berlinguer nel 1973 riespose in altri termini al PCI): per governare un paese capitalista non basta avere la maggioranza elettorale, bisogna avere la fiducia dei finanzieri, dei banchieri e dei grandi capitalisti.

Berlusconi ora dovrebbe dimostrare ai re della finanza che la coalizione stretta attorno a lui e capace di imporre alle masse popolari italiane “lacrime e sangue” meglio di quanto ci potevano riuscire Occhetto e i suoi. In sintesi: che lui, meglio di Occhetto, e capace di togliere ai pensionati per dare ai rentiers. Se ci riuscirà, la grande borghesia imperialista scoprirà in Berlusconi il suo messia e la soluzione Occhetto sarà affossata per sempre. Ciò potrà allargare il seguito di Berlusconi tra la borghesia imperialista, ma non risolverà il problema che essa ha di darsi un nuovo regime politico: lo impediscono sia gli acuti contrasti tra gruppi imperialisti generati dalla crisi economica in atto sia la crescente resistenza delle masse popolari al procedere della stessa crisi. Perciò tutti i fattori generali di crisi politica, che in questi anni rendono instabile ogni regime politico della borghesia imperialista, agiranno ora contro il governo Berlusconi. Essi si combineranno con i fattori specifici che caratterizzano il nostro paese.

Ovviamente i protagonisti dell’“operazione Agnelli” in questo caso dovranno arrangiarsi e non e detto che lo facciano di buona grazia. Occhetto, spiazzato dal fiasco elettorale, si e dimesso da segretario del PDS, ma trama il ritorno in grande. Di Pietro e i magistrati che pia si sono esposti nell’operazione “Tangentopoli” si trovano scoperti: o gettano sul piatto dello scontro politico la loro popolarità. (vedi la risposta al Decreto Biondi salvatangentisti) rischiando il tutto per tutto o rischiano la liquidazione.

Se Berlusconi si dimostrerà incapace di fare alla borghesia imperialista il servizio di cui essa ha bisogno dal suo governo, Berlusconi verrà in un modo o nell’altro sostituito, per via elettorale o parlamentare se Sara possibile, o altrimenti: l’Italia non e una “repubblica delle banane”, ma c'è sempre una prima volta!

La maggioranza di Berlusconi e schiava di contraddizioni interne difficilmente componibili. Forse neanche un periodo abbastanza prolungato di rilancio economico taglierebbe l’erba sotto i piedi a Bossi allontanando il suo composito seguito dall’idea di poter risolvere meglio i loro problemi una volta che fossero diventati padroni in casa propria (federalismo, autonomia o secessione). Infatti un improbabile evento del genere (prolungata ripresa economica) provocherebbe altre contraddizioni nelle regioni in cui Bossi ha ora il suo seguito (afflusso di immigrati, ecc.). Fini d’altro lato e portatore del progetto di un forte governo centrale capace di ridare alla borghesia imperialista prestigio presso le masse e prosperità: ciò renderà ancora pia acute alcune contraddizioni interne e internazionali già oggi vivaci (esempio: Fiume, Slovenia, Trattato di Osimo) e quindi alimenterà la crisi politica.

Insomma tutto fa ritenere che con il governo Berlusconi è iniziata una fase movimentata della disgregazione e della putrefazione del regime DC. Esso non è il successore del regime DC, ma rappresenta il fallimento del primo tentativo della borghesia imperialista di dare un successore al regime DC.


Manchette

LE NOVITA DEL GOVERNO BERLUSCONI-BOSSI-FINI

Con il governo Berlusconi-Bossi-Fini la crisi del regime DC ha compiuto un passo avanti. Quali sono le principali novità?

1. diminuita la capacità del Vaticano e del governo USA di intervenire nella formazione della classe politica italiana, quindi diminuisce il loro ruolo stabilizzatore della situazione politica che diviene più fluida, più policentrica, più aperta ad avventurieri.

2. La costituzione del nuovo governo italiano accelera la crisi del sistema delle relazioni politiche internazionali (ONU, NATO, CEE, ecc.). Rispetto ai governi che l’ hanno preceduto il nuovo governo sarà ancora più anti-italiano (ossia contro la maggioranza della popolazione italiana) e ancora più rovinoso per l’economia nazionale (ossia per lo stato economico della maggioranza degli italiani) e perciò dovrà fare la voce più grossa verso l’estero; agirà in un contesto internazionale di aggravamento della crisi economica e politica: in particolare estensione delle guerre civili in Europa orientate, instabilità politica nei maggiori paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Inghilterra), sviluppo delle guerre nei paesi semicoloniali (del genere Somalia, Yemen, Ruanda).

3. II ricambio di personale politico si tradurrà in una serie di lotte sulle competenze dei vari organi dello Stato (governo, ministeri, presidenza della repubblica, camere, commissioni, consiglio superiore della magistratura, magistratura, polizie varie, ecc.).

4. II governo cercherà di attuare la politica economica del governo Ciampi con maggiore arroganza e promuoverà anche ufficialmente lo sviluppo della cultura (comportamenti, coscienza, ecc.) del più forte: se ti fai spazio e ti affermi sopravvivi, se no e meglio che levi il disturbo.

5. Le organizzazioni criminali, fasciste, integraliste e avventuriste che i governi precedenti hanno usato solo per i bassi servizi (stragi, attentati, provocazioni, ecc.), col nuovo governo usciranno più alto scoperto.

6. Le lotte dei lavoratori a difesa delle loro: condizioni di vita e di lavoro romperanno sempre più spesso i lacci posti dalle organizzazioni del regime: Crotone, Pordenone, Bari, Napoli, Catania si moltiplicheranno.

7. I sindacati e le organizzazioni del regime che si fanno forti del controllo che esercitano sui lavoratori saranno sempre più lacerate da due spinte contrastanti: cavalcare la mobilitazione delle masse contro il governo o sostenere i suoi tentativi di imporre alle masse “sangue e sudore”.


(da Resistenza giugno 94)