SULLA CRISI CULTURALE

Rapporti Sociali n. 16 (inverno 1994-1995) - (versione Open Office / (versione Word)

La crisi generale della società capitalista ha la sua fonte nella crisi economica (sovrapproduzione assoluta di capitale). Un aspetto della crisi generale è la crisi culturale. Le concezioni, le idee, i sentimenti, le espressioni, gli stati d’animo, i modi di fare con cui gli uomini avevano vissuto non sono compatibili con i problemi che la crisi generale costringe gli uomini ad affrontare e inevitabilmente cambiano. La trasformazione in corso in campo culturale è un effetto e una risposta alla crisi. La riorganizzazione padronale del processo produttivo si diffonde nella società come una malattia infettiva, passo dopo passo. Ad ogni passo la classe dominante dice ad alcuni uomini (uno, dieci, mille, ... 16.500 in un colpo solo alla FIAT) personalmente che essi sono degli “esuberi”, che “la società non può più avvalersi della loro collaborazione”, che nessuno ha bisogno di loro: al massimo li si può tollerare e mantenere, ma sono un peso. Essa dice “a tutti” che nella società attuale siamo troppi (anche se poi, indossata la tonaca di Woytila, per altri motivi dice “procreate”, “salvate la vita”), che di migliaia e milioni di persone proprio non si sa cosa farne.

La cultura che corrisponde a questa situazione, la coscienza e i comportamenti che essa capillarmente crea negli individui sono un misto di rassegnazione e depressione, di desiderio di morte per sé, di volontà di soppressione degli altri, di affermazione di sé. È la cultura della classe dominante della società attuale. E un po’ alla volta sorgono anche i movimenti che da cultura individuale la fanno diventare movimento collettivo organizzato.

Ad essa si contrappone la cultura del movimento per la soppressione della borghesia imperialista e di rivoluzionamento della società attuale, la cultura del comunismo. Perché dei giovani tirano sassi dai cavalcavia? Perché tante ragazze rischiano la morte per anoressia? Perché tanti ragazzi e ragazze muoiono il sabato sera? Perché tanti delitti “assurdi”? Perché le “curve nord” negli stadi? Perché tante depressioni? Perché tanto ritorno di misticismo e di religiosità?

Di fronte alla crisi culturale anche alcuni compagni accettano la spiegazione che ne dà la borghesia: il mistero della natura umana, gli aspetti reconditi, primordiali della natura umana, l’effetto della televisione, l’opera del diavolo, ecc. “Non avremmo mai pensato che si potesse ritornare a questo” ... ma prima del ritorno di culture e di comportamenti, vi è stato ritorno della crisi economica. Avreste mai pensato che si potesse ritornare a tanta disoccupazione, a tanto lavoro nero, a tanta precarietà nella vita? Avreste mai pensato che il risultato di anni di lavoro sarebbe stato che oggi ogni bambino che nasce non solo non ha un posto che l’aspetta, ma non si sa se troverà un posto e di sicuro è … una spesa? Avreste mai pensato che per essere qualcuno (“far parlare di sé”) centinaia di giovani devono andare a far casino allo stadio?

Oggi le masse popolari sono come un grande alveare in movimento, ognuno cerca qualcosa, meglio che può. Solo la lotta della classe operaia per il potere e per il socialismo può dare un indirizzo e un orientamento costruttivo a tutta l’attività materiale e spirituale delle masse. L’unica “risposta” efficace alla droga, alle mille manifestazioni abnormi, asociali e individualiste che la crisi produce tra le masse (dai naziskin ai suicidi) è lo sviluppo via via più vasto e profondo della lotta della classe operaia per la trasformazione della società. È l’unica cosa che può efficacemente dare uno sbocco positivo al movimento che la crisi genera, impedire che esso si sviluppi e si disperda in mille iniziative senza senso, distruttive o autodistruttive.

Sulla crisi culturale si veda anche lo scritto La verità è rivoluzionaria in Rapporti Sociali n. 1.