La composizione di classe della società italiana

Rapporti Sociali n. 20 - novembre 1998 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Se diciamo di una cosa che è complessa, con ciò poniamo una giustificazione all’ozio dell’ignoranza e sosteniamo gli interessi di coloro a cui giova la confusione; se della stessa cosa diciamo che è ignota, con ciò indichiamo un compito a quelli che hanno bisogno di conoscere e togliamo spazio ai fautori della confusione

 

Uno dei motivi ricorrenti nelle pubblicazioni delle FSRS del nostro paese è che la composizione di classe della società italiana è complessa. I più “audaci” arrivano addirittura a rivendicare un primato italiano: F.A. su critica e conflitto (anno 2, n. 2 - febbraio 1998), organo del Laboratorio marxista di Parma, con fare serio e autorevole afferma che in Italia vi è un “variegato panorama delle classi molto più numerose e frastagliate che negli altri paesi”!

Affermare che una cosa è complessa è diventato quasi una moda, come se il definirla complessa fosse segno di un approccio dialettico. Secondo la concezione dialettica ogni cosa si trasforma continuamente ed è in relazione con tutte le altre. Ogni cosa è quello che è, ma contemporaneamente è anche qualcosa d’altro, diverso da quello che essa è, perché se fosse solo quello che è non potrebbe diventare diversa da sé. Un bambino è un bambino, ma contemporaneamente è anche un non-bambino, un neonato e un adulto. Solo se si considera anche questi altri suoi aspetti, si può ragionare giustamente di un bambino. Ciò che produce (causa) un’altra cosa (effetto) è a sua volta trasformata dall’effetto che essa ha prodotto e quindi a sua volta è effetto oltre che causa. Da qui gli oziosi e gli opportunisti traggono spunto per sostenere che il mondo è complesso, che non si può affermare con sicurezza una cosa, perché è vero anche il suo contrario, ecc. Tutta la loro scienza si riduce a non comprendere il rapporto di unità e lotta e a non distinguere il principale dal secondario.

Questo atteggiamento ozioso e opportunista è particolarmente sviluppato nel campo dell’analisi delle classi.

La composizione di classe del nostro paese non è più complessa della composizione di classe dell’impero russo nel 1917 o dell’impero cinese del 1929. Ciò che fa sì che le composizioni di classe dell’impero russo e quella dell’impero cinese ci appaiano semplici e chiare, è che esse sono note, perché i rispettivi partiti comunisti le avevano studiate e noi le troviamo riposte nelle opere rispettivamente di Lenin (Lo sviluppo del capitalismo in Russia, 1899-1908) e di Mao (Analisi delle classi della società cinese, 1926). La composizione di classe del nostro paese non è complessa, ma ignota, perché il primo partito comunista italiano non ne ha mai fatto uno studio esauriente (e questo è uno dei limiti che hanno lasciato vita facile alla destra) e i revisionisti che sono prevalsi nel partito definitivamente negli anni ’50 avevano tutto l’interesse a confondere le acque.

Studiare e verificare nella pratica della lotta la composizione di classe del nostro paese sarà una parte dell’attività del futuro partito comunista. Il partito comunista è il partito della classe operaia, con cui essa dirige se stessa e il resto delle classi che compongono il fronte rivoluzionario, quello che noi chiamiamo masse popolari, contrapposto al fronte reazionario diretto dalla borghesia imperialista. L’analisi di classe è uno degli elementi fondanti della direzione giusta, scientifica della lotta della classe operaia per il potere. Quanto più i protagonisti della lotta politica sono le classi con i loro interessi, tanto meno la politica si presta agli intrighi e agli imbrogli. Uno dei motivi del fetore di corruzione, di intrigo e di complotto che emana dal mondo politico in tutti i paesi borghesi, sta proprio nel fatto che i gruppi della borghesia imperialista, essendo una classe reazionaria, non possono dichiarare apertamente gli interessi per cui si battono, devono mascherarli e travestirli perché solo in questo modo riescono in una certa misura a raccogliere forze a loro sostegno. Pannella e i suoi, ad esempio, non osano dire apertamente che il loro dissenso con Berlusconi e con Prodi deriva dal fatto che non ricevono tutti i miliardi che essi vogliono, perché dovrebbero spiegare perché essi hanno diritto a questi mi liardi, mentre si presentano come irriducibili avversari del finanziamento pubblico e sostenitori dell’iniziativa privata e del libero mercato. Ma il gruppo di Pannella non è che uno dei più piccoli gruppi in lizza.

 

***** Manchette

Borghesia imperialista

La borghesia imperialista è costituita

- dai proprietari delle grandi imprese finanziarie, banche, assicurazioni, industrie e società di servizi,

-  dai funzionari di alto livello dell’amministrazione statale civile e militare, degli enti locali e di enti affini,

-  dai dirigenti di livello superiore delle imprese pubbliche e private e delle istituzioni culturali, religiose, ecc.

-  dai grandi personaggi della politica borghese, del Vaticano e degli enti stranieri insediati in Italia,

-  dai titolari di grandi rendite,

-  dai familiari di questi.

In tutto, nel nostro paese, circa sei milioni di individui.

È la classe che impersona ed esprime le “leggi oggettive del capitalismo”, le impone all’intera società e le difende come “leggi di natura”. È la classe che attualmente comanda nel movimento economico, politico e culturale della maggior parte dei paesi del mondo. La borghesia imperialista è una classe internazionale che dirige i vari Stati nazionali. Essa è divisa in gruppi in concorrenza e in lotta tra di loro.

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***** Manchette

Rapporti di produzione

I rapporti di produzione comprendono tre elementi:

- la proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione, delle forze produttive;

- i rapporti tra gli uomini nel lavoro (nel processo lavorativo): lavoro manuale e lavoro intellettuale, lavoro esecutivo e lavoro di direzione, città e campagna, ecc.;

-  la distribuzione del prodotto.

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L’analisi di classe riguarda la forma del processo di produzione e riproduzione della società, non il contenuto. Cioè riguarda i rapporti di produzione, non il contenuto del lavoro, il mestiere.

Quindi trattando dell’analisi di classe sono fuor di luogo tutte le intrusioni di concetti come “industria”, “servizi”, ecc. cioè i riferimenti ai settori in cui per tradizione gli istituti di statistica suddividono l’attività economica. È vero che il rapporto di produzione capitalista si è affermato costituendo l’industria come settore economico a sé stante distinto dall’agricoltura e che le origini del proletariato moderno (la classe operaia) si ebbero nella produzione industriale. Ma da tempo il modo di produzione capitalista si è impadronito anche dell’agricoltura, della pesca, delle miniere, dell’edilizia e degli altri settori tradizionali dell’attività economica (mentre ha praticamente eliminato la caccia sostituendola con l’allevamento). Il capitalismo poi, portando avanti la divisione del lavoro e lo sviluppo generale della civiltà, ha creato quasi ex novo il settore dei servizi. Ogni settore poi viene, per tradizione conservato con più o meno ragione a seconda dei casi, suddiviso in sottosettori. Tutti questi settori e sottosettori producono per la stragrande maggioranza merci, cioè beni e servizi destinati alla vendita. In tutti questi settori e sottosettori dell’attività economica, il rapporto di produzione capitalista è dominante; quindi le imprese capitaliste hanno un ruolo dirigente e nella maggior parte dei settori costitui scono anche la massa dell’attività. Il resto dell’attività è svolto da lavoratori autonomi e da imprese familiari.

 

Fuor di luogo sono anche le intrusioni di concetti come “attività materiale”, “lavoro manuale”, “lavoro immateriale”, ecc. cioè i riferimenti alla divisione del lavoro. Benché sia vero che la divisione in classi è nata sul terreno della divisione del lavoro e sia vero che per alcuni aspetti la divisione del lavoro esecutivo dal lavoro di direzione e organizzazione dei processi lavorativi ha carattere di classe, come vedremo meglio più avanti.

La classe operaia nel senso moderno del termine è costituita da quei lavoratori che per vivere, non possedendo i mezzi e le condizioni del lavoro, devono vendere la loro forza-lavoro ai capitalisti che li assumono per valorizzare il loro capitale attraverso la produzione di merci (in prima istanza non importa se beni e servizi). Quindi chi vende la sua forza-lavoro non per necessità dato che ha di che vivere da altre fonti, non appartiene alla classe operaia (né al proletariato). Chi vende la sua forza-lavoro alla pubblica amministrazione (che non produce merci, che non vende i suoi servizi sul mercato, ecc.) o a lavoratori non capitalisti (artigiani, aziende familiari) appartiene al proletariato, ma non alla classe operaia. Ugualmente appartiene al proletariato, ma non alla classe operaia chi vende la sua forza-lavoro ai capitalisti che la usano per i loro servizi personali, non per valorizzare il proprio capitale producendo merci.

La classe operaia non è però un tutto unico, vi sono al suo interno delle divisioni oggettive, che hanno un ruolo politico rilevante. La borghesia ha reso collettive le forze produttive. Quindi nella maggior parte dei casi, che riguardano comunque la stragrande maggioranza dei lavoratori, l’azienda o il gruppo di aziende che produce merci, non il singolo lavoratore. La divisione delle mansioni che il capitalista introduce all’interno dell’azienda tra i suoi dipendenti, divide questi tra diversi mestieri, ma non costituisce di per sé divisione di classe.

La storia che abbiamo alle spalle ha fatto sì che tra i lavoratori di diversi settori, sottosettori e mestieri vi siano differenze di tradizioni, abitudini, contratti, organizzazione ed esperienza di lotta. Ogni differenza in determinate circostanze può dar luogo a una contraddizione. Nel corso della crisi le lotte puramente difensive mettono spesso un gruppo di lavoratori contro l’altro. Sfruttare le differenze di settori, sottosettori, aziende e mestieri, come quelle di lingua, di sesso, di razza, di religione, di cultura per contrapporre una parte dei lavoratori all’altra, fa parte della mobilitazione reazionaria delle masse. Spesso la borghesia imperialista mette in concorrenza tra loro gruppi di lavoratori, per sfruttarli meglio (l’Electrolux che mette all’asta tra i vari suoi stabilimenti sparsi per il mondo le produzioni da svolgere, presenta la versione più moderna di questa condotta di sempre dei capitalisti). Confondere queste differenze e le contraddizioni che ne possono derivare con le differenze di classe per la borghesia imperialista è un obiettivo conforme ai suoi interessi, per le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista è ingenuità, confusione di idee e soggezione culturale alla borghesia.

Nella classe operaia vi sono differenze relative al lavoro astratto e al lavoro concreto.

Il lavoro astratto (che astrae da ogni abilità e capacità particolare) è pura prestazione di capacità lavorativa umana, fatta da uomini e donne muniti del solo patrimonio di intelligenza e di conoscenza che è grossomodo comune a tutti i membri della società. Il lavoro astratto è quella prestazione che ogni uomo o donna può svolgere con un minimo di addestramento e apprendistato all’attività specifica. Questo rende precisa e oggettiva l’individuazione del lavoro astratto, non soggettiva.

 

***** Manchette

Proletariato

Il proletariato è costituito da quei lavoratori il cui reddito proviene dalla vendita della loro forza-lavoro, che non posseggono altra forza produttiva che la loro capacità lavorativa.

Oltre alla classe operaia fanno parte del proletariato anche

- lavoratori dipendenti del settore pubblico (amministrazione centrale, regionale, comunale, USSL, altri enti lo cali) e semipubblico,

- lavoratori di enti culturali, assistenziali, enti senza fine di lucro, ecc.,

- lavoratori addetti ai servizi personali (camerieri, autisti, giardinieri, ecc.),

- lavoratori dipendenti da imprese familiari (cioè non capitaliste) e da lavoratori autonomi,

- lavoratori precari, disoccupati, semioccupati, emarginati, ecc.

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***** Manchette

Forze produttive

Le forze produttive della società comprendono:

- la capacità lavorativa umana (forza-lavoro),

- l’esperienza e la conoscenza impiegate nel processo lavorativo (la professionalità),

- gli utensili, le macchine, gli impianti e le installazioni che i lavoratori usano nel processo produttivo,

- gli animali, i vegetali, i minerali e le altre risorse naturali impiegate nella produzione.

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***** Manchette

Masse popolari

Con questa espressione indichiamo tutte le classi della popolazione del nostro paese che nell’ambito della resistenza, difensiva e offensiva, al procedere della crisi dell’attuale formazione economico-sociale, la classe operaia può unire sotto la propria direzione contro la borghesia imperialista.

Oltre al proletariato (i lavoratori il cui reddito proviene dalla vendita della propria forza-lavoro), fanno parte delle masse popolari anche:

- lavoratori autonomi (coltivatori diretti, camionisti-proprietari, negozianti e benzinai, venditori ambulanti, ecc.),

-  proprietari di piccole aziende individuali e familiari il cui reddito proviene per la maggior parte dal proprio lavoro e solo in parte minore dallo sfruttamento del lavoro altrui,

-  piccoli professionisti,

-  soci-lavoranti di cooperative di produzione,

- pensionati e familiari dei gruppi già indicati non inseriti a loro volta in attività produttive (casalinghe, studenti, ecc.),

-  piccoli risparmiatori e piccoli proprietari immobiliari le cui condizioni di vita sono affini a quelle dei lavoratori e le cui proprietà sono frutto recente di redditi da lavoro o che percepiscono rendite e affitti per effetto del decadimento dell’importanza economica della loro proprietà,

-  lavoratori dipendenti che nelle unità produttive svolgono ruoli di quadri di livello inferiore e quindi partecipano in parte anche ai ruoli propri del capitalista.

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Il lavoro concreto è la prestazione di una capacità lavorativa frutto di un addestramento prolungato o di abilità e capacità non comuni, una capacità lavorativa che solo alcuni lavoratori possiedono e che mette i lavoratori che la possiedono in condizioni più favorevoli rispetto al lavoratore comune.

Il lavoro astratto è unico per tutti i lavoratori di una data zona. Gli erogatori di lavoro astratto sono assolutamente intercambiabili e quindi sono tutti in concorrenza tra loro per la vendita della loro forza lavoro. I lavori concreti sono tanti, gli erogatori di lavori concreti vendono una loro particolare abilità o addestramento, e sono in condizione tanto più favorevole quanto più la loro abilità o il loro addestramento è raro e richiesto. Il grado di concretezza della prestazione lavorativa è praticamente misurato dalla lunghezza e difficoltà dell’addestramento a compierla.

 Le differenze connesse al grado di concretezza del lavoro creano differenze importanti tra gli operai. È però vero che tutti sono esposti agli effetti della valorizzazione del capitale. Mestieri ricercati cadono in disuso, tecnici altamente specializzati vengono licenziati, la rovina economica dei paesi dell’Europa Orientale e dell’ex Unione Sovietica ha inflazionato il numero di lavoratori altamente qualificati, ecc.

Un altro aspetto importante è che all’interno del processo lavorativo, alcuni lavoratori svolgono le attività di direzione e organizzazione dell’attività altrui, cosa che nella società borghese è specifica del padrone: essi quindi fanno le veci del padrone. Il capitalista, a differenza delle classi sfruttatrici dei modi di produzione che hanno preceduto quello capitalista, organizza e dirige direttamente il processo lavorativo. Quando il carattere collettivo del processo produttivo supera certi limiti e la concentrazione del capitale di conseguenza raggiunge determinati livelli, il capitalista delega una parte delle sue funzioni. Non si tratta di esponenti della borghesia imperialista che lavorano con rapporto contrattuale di dipendente, al modo in cui anche Romiti è un “dipendente” della FIAT (con un “salario” di qualche miliardo all’anno e lascia il suo posto con 500 miliardi di liquidazione, per quello che si sa di cose “riservate e personali” come gli affari di Romiti!). Si tratta di veri e propri proletari, che per vivere devono vendere la loro forza-lavoro ai capitalisti, ma che nel processo lavorativo svolgono in una certa misura mansioni di direzione e organizzazione del lavoro degli altri dipendenti.

In questi casi la collocazione di classe è determinata dalla percentuale in cui il lavoro di direzione e di organizzazione entra nelle loro mansioni rispetto al resto del lavoro. L’appartenenza di classe (quindi anche il grado di fedeltà che il capitalista richiede e il livello di remunerazione) sono strettamente legati a questa percentuale. Quando questa percentuale è alta, nel giro di un certo tempo il nostro “proletario” non sarà più nelle condizioni di “dover vendere la sua forza-lavoro per vivere” e quindi avrà cessato anche di essere un proletario.

L’appartenenza di classe dei singoli lavoratori è in alcuni casi influenzata anche dalle proprietà del lavoratore dipendente: proprietà immobiliari (case, terreni) e titoli finanziari (risparmi). In questo caso ciò che decide è la percentuale del reddito del lavoratore che deriva dalle sue proprietà sul totale del suo reddito. Il lavoratore che non deve vendere la sua forza-lavoro per vivere, non è un proletario.

Esistono certamente altri fattori che influenzano la collocazione di classe: la composizione familiare, dato che nella stessa famiglia più adulti possono avere collocazioni piuttosto diverse nel sistema della produzione sociale; i legami della “famiglia allargata” che possono avere anch’essi un’influenza importante; altri ancora che lo studio della società particolare metterà in luce. Così come è certo che esistono casi di individui la cui collocazione di classe è ambigua, incerta, in via di trasformazione individuale, ecc. Ma quanto abbiamo detto sopra basta per concludere che l’analisi di classe della società italiana non è un’impresa “complessa”, bensì un lavoro che può essere compiuto benché richieda molta applicazione, molto studio della realtà e un’accurata verifica nel corso della lotta di classe.

 

***** Manchette

Analisi di classe della società italiana

capitolo 3.2 (pagine 89-93)

del Progetto di Manifesto Programma

del nuovo partito comunista italiano

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***** Manchette

 Classe operaia

La classe operaia è costituita da quei lavoratori che i capitalisti assumono perché producendo merci (beni o servizi per la vendita) valorizzino (conservino e aumentino) il loro capitale, con l’esclusione di quei lavoratori che, benché siano anch’essi formalmente dipendenti dal capitalista, hanno nelle aziende prevalentemente la funzione di sostituire il capitalista nell’organizzazione, dirigere e reprimere gli altri lavoratori.

La classe operaia è l’unica classe che può assumere la direzione della lotta di tutte le classi popolari contro la borghesia imperialista e porre fine all’attuale crisi instaurando il socialismo.

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***** Manchette

Sull’analisi di classe si vedano anche Rapporti Sociali: n. 3, L’analisi delle classi in cui è divisa la società borghese; n. 5/6, Per un’inchiesta collettiva sulle modificazioni nel processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza; n. 12/13, Il campo della rivoluzione socialista: classe operaia, proletariato, masse popolari; n. 14/15, Per l’analisi di classe.

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