La classe operaia deve prendere la direzione del resto delle masse popolari

Rapporti Sociali n. 22 - giugno 1999 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Nel corso del 1999 i CARC hanno previsto, nel loro piano annuale di attività, tre campagne (una per ogni settore di attività in cui si articola l’organizzazione dei CARC: donne delle masse popolari, lavoratori avanzati e giovani delle masse popolari) e il lavoro sul Progetto di Manifesto/Programma del futuro partito comunista (PMP) elaborato dalla Segreteria Nazionale dei CARC. Nel periodo aprile-luglio si svolgerà la 2a campagna “Lavoratori avanzati, in particolare operai avanzati: lotte di difesa e ricostruzione del partito comunista”; l’obiettivo principale di questa campagna è legare al processo di ricostruzione del partito comunista i lavoratori avanzati, in particolare gli operai avanzati e raccogliere elementi per definire linee specifiche di lavoro nel settore. Durante il periodo della campagna ogni Comitato dedicherà in modo straordinario energie e risorse per migliorare alcuni aspetti del proprio lavoro nel settore “Lavoratori avanzati”. Se questo lavoro verrà condotto bene i comitati faranno un salto qualitativo in avanti trasformando in lavoro ordinario parte di ciò che avranno messo in moto con energia particolare nella campagna.

Mentre per tutto il corso del ’99 procederà il lavoro sul PMP con l’obiettivo di migliorarlo, arricchirlo e superarlo per contribuire al meglio nella definizione del Manifesto/Programma che il nuovo partito comunista italiano farà proprio nel suo futuro congresso costitutivo. Il lavoro sul PMP ricopre un’importanza particolare nella fase attuale: esso costituisce la base più avanzata su cui si basa il lavoro di definizione del Manifesto del futuro partito comunista, ovvero lo strumento di unità ideologica e organizzativa del partito. Ogni compagno che assume seriamente il compito di contribuire alla ricostruzione del partito comunista è chiamato a dare con energia, creatività ed entusiasmo il proprio contributo a questo lavoro.

Sia per la campagna in corso sui lavoratori avanzati che per il lavoro sul PMP è necessario un buon orientamento che derivi da un’analisi giusta delle categorie e degli elementi concreti con cui avranno a che fare i compagni e tutti coloro che collaborano e che collaboreranno con i CARC. Con questo articolo vogliamo dare un contributo per chiarire e rafforzare ulteriormente la concezione del comunisti in merito alla questione della direzione della classe operaia nella lotta per il socialismo.

 

Chi ha paura del lupo cattivo?

La lotta per la ricostruzione del partito comunista è un prodotto della lotta di classe. Deriva dalla contraddizione tra proletariato e borghesia (che esiste nella società capitalista) nell’ambito della contraddizione più universale tra forze produttive e rapporti di produzione (che esiste in ogni società divisa in classi, anche nelle società precedenti a quella capitalista). La lotta per la ricostruzione del partito comunista è una lotta che si manifesta in mille forme ognuna delle quali esprime la natura di classe dell’elemento che ne è portatore. La borghesia si oppone oggettivamente e soggettivamente alla ricostruzione del partito comunista perché riconosce in esso la principale arma nelle mani della classe operaia e la principale causa della propria scomparsa.(1) La classe operaia lavora oggettivamente e soggettivamente per la ricostruzione del partito comunista:

 

(1) Vedi in proposito Rapporti Sociali n. 20, pag. 18: “Come parlano le classi”.

 

- oggettivamente perché la condizione concreta di vita e di lavoro della classe operaia e le caratteristiche dei rapporti sociali in cui vive fanno scaturire in essa la necessità dell’organizzazione come strumento di direzione del processo di trasformazione di quelle condizioni. Il partito comunista è appunto quell’organizzazione storicamente determinata che più  di ogni altra permette alla classe operaia di svolgere il suo ruolo oggettivo e soggettivo di trasformazione dello stato presente delle cose (è l’organizzazione dei comunisti). Il partito comunista è lo strumento principale di direzione di questo processo: da esso dipendono e derivano l’utilizzo e la creazione di tutti gli altri strumenti utili alla trasformazione;

- soggettivamente perché l’esperienza storica che la classe operaia ha accumulato insegna a tutti gli operai avanzati, a quegli operai che coscientemente (anche se a livelli diversi) vogliono cambiare lo stato presente delle cose, che il partito comunista è lo strumento più adatto a far confluire la forza distruttrice e costruttrice del proletariato e delle masse popolari contro la borghesia e a costruire una società socialista.

Ad opporsi alla ricostruzione del partito comunista non sono solo i nemici dichiarati di esso, i nemici della classe operaia e i difensori del sistema capitalista e della classe borghese: vi sono pure degli oppositori non dichiarati, così come vi sono pure dei sostenitori non dichiarati, ma è dei primi che vogliamo trattare. Qui vogliamo trattare in particolare di due categorie contrapposte tra loro ma che oggettivamente si pongono come ostacoli alla ricostruzione del partito comunista: i sostenitori della scomparsa della classe operaia e i sostenitori dell’esclusività della classe operaia nel processo di trasformazione dello stato presente delle cose (quindi nel ruolo di comunisti). Questi ultimi oggi, pur non negando la necessità del partito, in pratica ne rinviano la costituzione a quando la classe operaia sarà in grado di unire se stessa sotto un’unica organizzazione: cioè quando la classe operaia di per sé sarà in grado di competere con la borghesia nel rapporto di forze.

Il dominio della borghesia è un dominio che investe ogni aspetto della vita della società, quindi è un dominio anche culturale. In merito alla questione della ricostruzione del partito comunista questo dominio si esplica nelle varie forme della negazione della validità del partito, nella negazione del ruolo positivo svolto dai partiti comunisti nell’esperienza storica delle masse popolari, nell’affermazione di ogni aspetto negativo che la borghesia può attribuire ai partiti comunisti, eccetera. È la classe dominante che determina la cultura dominante, quindi le analisi, le idee, le concezioni più diffuse e più utilizzate (2) sono quelle della classe dominante e rispondono, anche in questo aspetto particolare, all’interesse che ha la borghesia (che è l’attuale classe dominante) di ostacolare in ogni modo la ricostruzione del partito comunista.

 

(2) Salvo che da quelli che compiono con successo un particolare lavoro per conquistare e mantenere l’autonomia spirituale, culturale, teorica, di pensiero dalla borghesia, cioè salvo che dai membri del partito comunista che, appunto perciò, non è una semplice organizzazione di lotta, come lo concepiscono e lo concepivano i movimentisti del tipo Lotta Continua, Autonomia, Prima Linea e in larga misura anche le BR.

 

Il sostegno e la diffusione di concezioni anti-partito è favorito e promosso dalla borghesia con ogni mezzo. Non dobbiamo quindi stupirci che esistano oggi vari individui anche tra le masse popolari e tra i lavoratori che negano la necessità del partito, che negano la positività del suo ruolo storico, che negano la natura del partito come strumento di cui la classe operaia si deve dotare per conquistare il potere, ruolo che è storicamente determinato e si pone oggettivamente anche nel processo che stiamo attraversando. Così come non dobbiamo stupirci che vi siano coloro che negano il ruolo dirigente della classe operaia.

 

 

La classe operaia esiste, eccome!

“Non esiste più la classe operaia” sostengono alcuni, “gli operai si sono imborghesiti”,(3) aggiungono altri, “bisogna in dividuare i nuovi soggetti sociali” sparano altri ancora. Queste affermazioni sono effettivamente l’espressione di una concezione diffusa che è stata promossa tra le masse popolari e tra i lavoratori e che viene tuttora sostenuta e caldeggiata dalla borghesia e dai suoi lacchè, revisionisti compresi.

 

(3) Tra i sostenitori dell’imborghesimento della classe operaia rientrano anche i terzomondisti. Secondo loro tutta o larga parte della classe operaia dei paesi imperialisti vivrebbe dello sfruttamento dei popoli dei paesi semicoloniali (terzo mondo). Questa tesi è proclamata con ammirevole chiarezza e coerenza nell’editoriale del n. 22 (marzo-giugno 99) della rivista Il futuro. Teoricamente questa tesi è basata sulla concezione particolare (interclassista) dell’economia politica secondo cui il prodotto annuo di un paese o del mondo viene diviso “tra la gente”: se a qualcuno ne va molto ad altri ne va poco. Quelli che vogliono tagliare le pensioni dicono, ad esempio, che se ai vecchi va molto ai giovani per forza deve andare poco. Il marxismo invece ha dimostrato che il prodotto annuo (ma in generale tutto il prodotto di una società capitalista) si divide in tre grosse parti: capitale costante, capitale variabile, plusvalore. In termini di economia politica, se una frazione (grande o piccola) dei lavoratori riesce ad ampliare la sua parte, il capitale variabile (cioè il valore della forza-lavoro, l’insieme dei salari) cresce a spese del plusvalore (K. Marx, Il Capitale, cap. XXIII “Legge generale dell’accumulazione capitalistica”). In termini di lotta tra le classi, se una frazione di lavoratori riesce ad ampliare la sua parte, ciò costituisce un esempio e un’esperienza anche per gli altri lavoratori. L’esperienza ha pienamente confermato le tesi marxiste. La classe operaia dei paesi imperialisti ha prodotto e “dato” ai lavoratori delle colonie il marxismo e il movimento comunista grazie al quale essi si sono liberati del sistema coloniale. Nei periodi in cui la classe operaia dei paesi imperialisti ha strappato le maggiori conquiste, anche i lavoratori dei paesi coloniali e semicoloniali hanno strappato delle conquiste e delle vittorie.

I terzomondisti, oltre che giocare all’interclassismo, giocano anche con la giusta tesi di Lenin sulla aristocrazia operaia dei paesi imperialisti, che travisano completamente. Lenin ha mostrato che l’aristocrazia operaia dei paesi imperialisti era uno strumento della borghesia in primo luogo contro la classe operaia dei paesi imperialisti e in secondo luogo contro i popoli delle colonie.

 

I sostenitori della “sparizione” della classe operaia vorrebbero dimostrare che quel referente è sbagliato perché non può dare ascolto ai loro appelli. Certamente in Italia gli operai sono leggermente diminuiti rispetto a qualche anno fa, a causa dei licenziamenti di massa che il sistema capitalista in crisi impone. Ma non c’è dubbio che oggi gli operai sono molto più numerosi rispetto, per fare un esempio, a quando essi combattevano nella Resistenza. Gli operai russi di oggi sono sicuramente molto più numerosi degli operai esistenti in Russia nei mesi della Rivoluzione d’Ottobre. In entrambi questi casi la classe operaia ha dimostrato di raggiungere altissimi obiettivi e che il problema principale non era quantitativo ma qualitativo. Ma se ciò non bastasse resta comunque il fatto che la classe operaia è oggi più numerosa che in passato.

I sostenitori della “sparizione” della classe operaia basano la loro tesi su due fenomeni di cui danno un’interpretazione sbagliata in senso contrario alla lotta della classe operaia per il potere. Il primo fenomeno è l’approfondimento della divisione del lavoro operato dalla borghesia. A seguito di esso una parte della classe operaia è oggi assegnata alla produzione di merci-servizi (anziché di merci-beni): in proposito rimandiamo al Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano (cap.3.2) e all’articolo La composizione di classe della società italiana (in Rapporti Sociali n. 20). I sostenitori della “sparizione” rifiutano (o forse neanche conoscono) la tesi marxista secondo cui la merce non è una cosa, ma una forma sociale del prodotto del lavoro (capitolo 1 de Il Capitale), prodotto che consiste sia di beni che di servizi. Il secondo fenomeno è lo smembramento delle grandi fabbriche fatto dalla borghesia imperialista, l’eliminazione di conquiste tipo i contratti collettivi nazionali di lavoro con l’introduzione di “contratti atipici” e di lavoro in nero e l’aumento della disoccupazione. I sostenitori della “sparizione” scambiano il peggioramento delle condizioni della classe operaia e l’aumentato sfruttamento con la scomparsa della classe operaia.

L’imborghesimento della classe operaia è una concezione che non tiene conto del ruolo oggettivo che la classe operaia ricopre da quando esiste e che ricopre tuttora. La classe operaia è la classe che è direttamente coinvolta nel processo di valorizzazione del capitale e ne subisce ogni effetto e contraccolpo, a differenza del contadino di un tempo e del dipendente della Pubblica Amministrazione di oggi. Questo ne fa la classe che più di altre ha interesse ad abolire il sistema capitalista e che per emancipare se stessa deve emancipare tutto il proletariato: perché per la sua emancipazione non  può che ricorrere all’eliminazione del sistema capitalista, che è il sistema che determina la natura di merce della forza-lavoro e quindi anche di quella dell’operaio stesso, il sistema che determina l’inevitabile sfruttamento del proletariato. Inoltre essendo la classe che produce già oggi le condizioni materiali dell’esistenza, è anche la classe che meglio di tutte le altre può dirigere il nuovo processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza e l’istituzione di nuovi rapporti di produzione nel socialismo e la trasformazione del resto dei rapporti sociali e delle concezioni che dai primi derivano.

Se un operaio ha trovato le condizioni per poter acquistare da altri operai la loro forza-lavoro e farla fruttare per accrescere il suo capitale allora possiamo anche dire che “si è imborghesito”, ma questo perché le condizioni materiali in cui si trova ora sono oggettivamente diverse e sono quindi mutati i suoi interessi di classe. Alcuni oggetti “di lusso” che possono permettersi alcuni operai delle zone più ricche dei paesi capitalisti non ne fanno dei borghesi fino a quando sono costretti a vendere la loro forza-lavoro a questo o a quel padrone, quindi in generale alla classe dei padroni: la borghesia. L’arricchimento e il miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia, dove ciò è avvenuto, è sempre il frutto di dure lotte che la classe operaia ha condotto per strappare alla borghesia parte della ricchezza prodotta. La classe operaia non ha mai lottato per restare in condizioni di miseria, per mantenersi “pura proletaria”, queste sono solo le menate idealiste piccolo borghesi che alcuni continuano a profondere. La classe operaia ha lottato sempre per migliorare il più possibile le condizioni di vita e di lavoro proprie e di milioni di altri proletari.

I sostenitori dell’”imborghesimento” scambiano per classe operaia quello strato di operai che, a seguito della formazione di una serie di forme antitetiche dell’unità sociale (FAUS) (sindacati, sistemi previdenziali, sistemi sanitari, edilizia popolare, ecc.), la borghesia ha promosso a occupare posticini comodi, ben retribuiti e a cui sono connesse varie possibilità di vita facile, di privilegi e di arricchimento: funzionari, membri di consigli di amministrazione, collegi sindacali e di “controllo”, ecc. Una fauna che in Italia comprende alcune centinaia di migliaia di individui. Lenin chiamò questo strato “aristocrazia operaia”. Esso si è molto ampliato a seguito delle conquiste strappate dalla classe operaia dei paesi imperialisti a seguito della prima ondata della rivoluzione proletaria (periodo del capitalismo dal volto umano) e della creazione di molteplici specifiche FAUS (a proposito delle FAUS vedi Rapporti Sociali n. 4, pag. 15).

I nuovi soggetti sociali non sono altro che le nuove figure, categorie o classi che lo sviluppo delle forze produttive ha reso oggi necessari ed inevitabili: ma essi non costituiscono nulla di nuovo per quanto riguarda i rapporti di produzione, con queste nuove figure non sono mutati i rapporti di classe e non sono scomparse le principali classi che sono gli elementi determinanti della lotta di classe in corso: la classe operaia e la borghesia imperialista.

Che un operaio usasse un tempo la chiave inglese o che usi oggi l’avvitatore ad aria compressa, che usasse un tempo la lima a mano o che usi oggi le macchine a controllo numerico costituisce solo una significativa differenza per quel che riguarda lo sviluppo delle forze produttive, ma non costituisce di per sé un cambiamento dei rapporti di produzione; piuttosto lo sviluppo tecnologico è uno degli elementi fondamentali che determinano l’inevitabilità della trasformazione degli attuali rapporti di produzione per renderli adeguati allo sviluppo raggiunto da queste forze produttive. Ma in sostanza sia coloro che detengono il potere sui mezzi di produzione e quindi sulle forze produttive, e quindi intendono mantenere gli attuali rapporti di produzione a loro vantaggio, sia coloro che possono conquistare il potere sulle forze produttive e quindi instaurare nuovi rapporti di produzione restano sempre gli stessi soggetti sociali: la borghesia imperialista e la classe operaia.

I ricercatori di nuovi soggetti sociali semplicemente non sanno applicare alla società attuale l’analisi di classe come intesa dal marxismo. Per essa rimandiamo a due testi già sopra indicati: Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano e Rapporti Sociali n. 20.

  

Il ruolo dirigente della classe operaia

I sostenitori dell’esclusività della classe operaia sono coloro che non vedono, non riconoscono come storicamente determinato e fondamentale il ruolo di direzione della classe operaia. Nel senso che negano come fondamentale aspetto del processo rivoluzionario l’assunzione da parte della classe operaia della direzione sul resto dei lavoratori e delle masse popolari.

Più in generale i sostenitori dell’esclusività della classe operaia vedono l’albero ma non la foresta. La classe operaia è parte del proletariato, il proletariato raccoglie tutti coloro che per vivere sono obbligati a vendere la loro forza-lavoro, che non hanno altro modo per vivere. La borghesia non esisterebbe senza proletariato, la classe operaia non può esistere se non come parte del proletariato, come la parte sfruttata in modo particolare (qualitativamente, per il suo ruolo) dalla borghesia.

Il sistema capitalista ha generato e genera la borghesia e il proletariato. In seno al proletariato si genera la classe operaia e non solo. Se non scompare il proletariato come classe sfruttata non scompare nemmeno la classe operaia come classe sfruttata. Per questo la classe operaia non può emancipare se stessa dallo sfruttamento capitalista se non emancipando tutto il proletariato, assumendo quindi la direzione (perché solo essa lo può fare) del processo rivoluzionario.

La centralità della classe operaia non significa che essa assume ogni compito necessario all’avanzamento del processo rivoluzionario, che essa soltanto fa la rivoluzione, ma significa ruolo dirigente della classe operaia sul resto delle masse popolari (del proletariato, dei lavoratori, ecc.).

 

Perché al processo di ricostruzione del partito comunista dobbiamo legare i lavoratori avanzati e non solo gli operai avanzati?

Tra i lavoratori avanzati, coloro che sono operai possono essere indicati come operai avanzati e sicuramente ad essi dobbiamo dedicare particolare “cura”: il partito comunista è infatti il partito della classe operaia che lotta per il potere. Ma alla costruzione del partito comunista e anche al lavoro per la rivoluzione socialista contribuiscono, e storicamente hanno contribuito, anche lavoratori non operai.

Il procedere della crisi del sistema capitalista alimenterà sempre più la mobilitazione delle masse popolari, dei lavoratori e della classe operaia. Il compito dei comunisti è imparare a dirigere questa mobilitazione, fare in modo che su di essa prevalga la direzione della classe operaia (strappandola dalle mani della borghesia imperialista) verso la rivoluzione socialista nel nostro paese, creando gli strumenti necessari allo scopo, in primo luogo il partito comunista.

In generale i lavoratori sono coloro che oggettivamente metteranno sul terreno la maggior quantità di aspetti positivi su cui far leva per svolgere il nostro compito (rendere prevalente la tendenza positiva, applicare la linea di massa). La ragione di ciò sta principalmente nel fatto che l’esistenza della maggioranza di essi è caratterizzata soprattutto dal carattere collettivo raggiunto dalle forze produttive nella fase imperialista del capitalismo. Questo comporta che per la soluzione di gran parte dei problemi fondamentali della loro esistenza, la maggior parte dei lavoratori, e non solo degli operai, ha fatto esperienza collettivizzata sia dei successi che delle sconfitte; sia delle possibilità già disponibili in questo sistema che dei limiti che esso impone proprio in quanto tale.

Nelle masse popolari dai lavoratori si distinguono quelli che non svolgono un’attività da cui viene loro un reddito: casalinghe, studenti, ragazzi, pensionati, disoccupati cronici, chi vive di assistenza pubblica o di beneficenza privata. A differenza di queste categorie emarginate dal processo produttivo, i lavoratori hanno quasi tutti acquisito una forte esperienza collettiva. I dipendenti della Pubblica Amministrazione svolgono un lavoro organizzato in grosse concentrazioni,  hanno organizzazioni sindacali, lotte sindacali, contratti collettivi, ecc. I lavoratori autonomi (agricoltori, artigiani, ecc.) hanno organizzazioni di categoria, sono soggetti a regolamenti pubblici e a politiche economiche (es.: la PAC per gli agricoltori), fanno parte di sistemi sanitari, sistemi previdenziali, ecc. Tutte FAUS che influenzano in modo determinante la loro vita e la loro attività.

Più volte abbiamo raccolto critiche al nostro essere troppo generici in merito alle categorie che indichiamo come nostre referenti: classe operaia, proletariato, masse popolari. È vero che sono categorie molto vaste, però è altrettanto vero che la borghesia imperialista, nel tentativo di risolvere i problemi generati dalla crisi del suo sistema, colpisce ad ampio raggio e ad ancor più ampio raggio colpiscono gli effetti oggettivi della crisi stessa, indipendentemente dalla volontà della borghesia.

Noi abbiamo cercato di individuare le differenti caratteristiche ed i differenti ruoli di ogni componente delle categorie sociali, anche le più generiche.

Per capire come può la classe operaia assumere un ruolo dirigente e come favorire questa trasformazione, non basta avere un’analisi chiara della natura della classe operaia stessa, ma bisogna avere un’analisi chiara anche di ciò che essa deve dirigere. Dobbiamo infatti combattere l’opportunismo dei sostenitori dell’esclusività della classe operaia, nel senso che solo la classe operaia fa la rivoluzione, oppure che la classe operaia deve interessarsi solo o principalmente dei suoi problemi specifici, che essi riducono ai problemi economici o normativi. Questi individui, che siano o meno operai, trovano nel loro settarismo la falsa soluzione alle loro difficoltà a legarsi a ciò che si muove. Di fatto essi negano il ruolo dirigente della classe operaia sul resto delle masse popolari.

Chi sono i lavoratori avanzati?

1. i lavoratori che impersonano la tendenza a ricostruire il partito comunista (è una tendenza che si esprime in vari modi: nell’aderire ad un partito - in genere PRC o PDS - anche se non soddisfatti della sua attività, nello sforzo di inquadrare ogni problema particolare in un quadro generale di trasformazione-riforma della società, nella consapevolezza che “bisogna essere uniti”, ecc.);

2. i lavoratori che esercitano un ruolo dirigente sui loro compagni nelle lotte di difesa (siano o non siano membri di organismi sindacali);

3. i lavoratori che in qualche modo si pongono il compito di unire e mobilitare i propri compagni di classe sui problemi specifici che via via si pongono;

4. i lavoratori che impersonano altre tendenze positive che si sviluppano tra i lavoratori (es.: quelli che cercano di capire come va il mondo, quelli che sono curiosi di conoscere altre situazioni, quelli che sono curiosi di conoscere programmi e metodi degli organismi politici, quelli che vogliono rendersi utili, ecc.).

 

Le 4 categorie con cui distinguiamo i lavoratori avanzati sono infatti una parte della nostra analisi, approfondita nella misura necessaria al nostro scopo e nella misura corrispondente alle nostre capacità di utilizzare delle distinzioni via via più particolari.(4)

 

(4) Uno degli obiettivi della 2a campagna del 1999 è la verifica, arricchimento e correzione di queste categorie al fine di renderle meglio adeguate al nostro lavoro futuro. In particolare la prima categoria include gli aderenti al PDS (ora DS) tra i lavoratori avanzati che manifestano in tal modo la loro tendenza alla ricostruzione del partito comunista. Data la corrispondenza del DS con il governo della borghesia imperialista e soprattutto data l’esperienza di attacco subito dai lavoratori da parte di questo governo e dal suo partito principale, è opportuno rivalutare questo criterio indicativo. Dobbiamo verificare questa categoria individuando e distinguendo quelli che esprimono la tensione e la tendenza alla ricostruzione del partito comunista e quelli che esprimono una tensione generica verso la necessità del partito.

 

 Ciò che manca oggi al proletariato è la sua direzione: il partito comunista. Ciò che manca oggi nel nostro paese, al proletariato del nostro paese non è principalmente la sua mobilitazione, che non solo c’è ma addirittura cresce, e per cause oggettive. Ciò che manca è la sua direzione. Ciò che manca oggi non è la classe operaia, che esiste oggettivamente (anche se la borghesia di sinistra si è prodigata e si prodiga tuttora a dichiararne la scomparsa) ma è il suo ruolo di direzione sul proletariato e sul resto delle masse popolari.

I CARC infatti si pongono il compito di ricostruire il partito comunista, non di ricomporre la classe operaia o il proletariato come classe o menate del genere. Ciò significa che noi ricostruiamo il ruolo di direzione che oggi la classe operaia non ha, significa che lavoriamo per favorire la trasformazione della classe operaia in sé a classe per sé.

Quindi i CARC raccolgono tutto quanto è utile a creare una direzione. I lavoratori avanzati sono avanzati soprattutto in quanto contribuiscono alla creazione di questo ruolo dirigente della classe operaia. Tanti lavoratori avanzati si trasformeranno in comunisti. Tra questi saranno certamente più numerosi gli operai, non perché così piace a noi o perché in tal modo soddisfiamo il settarismo dei sostenitori dell’esclusività della classe operaia, ma perché le condizioni oggettive, determinate dal modo di produzione capitalista in generale e dal procedere dell’attuale crisi in particolare, spingeranno sempre più soprattutto gli operai ad assumere un ruolo dirigente. Ovviamente il nostro lavoro e quello di altre FSRS che avranno una linea adeguata, almeno per questo aspetto, favorirà la tendenza creata da quelle condizioni oggettive.

Se analizziamo bene le 4 categorie di lavoratori avanzati, vediamo che le prime due sono proprie di coloro che esprimono già una capacità di direzione. In misura graduale le altre due indicano la capacità ad accumulare forze ed elementi utili alla costruzione di una direzione. È soprattutto in questo senso che le 4 categorie sono utili al nostro lavoro e che devono essere utilizzate.

I CARC impersonano il processo di ricostruzione del partito comunista attualmente più avanzato nel nostro paese. Questa caratteristica iniziano a riconoscercela anche varie FSRS. Sono il cantiere in cui vengono create concretamente le 4 condizioni per la ricostruzione del partito comunista:

1. formare compagni capaci di ricostruire il partito in modo che sia all’altezza del compito che il procedere della seconda crisi generale del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria in sviluppo pongono ad esso e che tenga pienamente conto dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria;

2. tracciare il programma del partito, il suo metodo di lavoro, l’analisi della fase e la linea generale del partito;

3. legare al lavoro di ricostruzione del partito gli operai avanzati.

4. Creare il fondo per il futuro partito comunista.

Quindi l’obiettivo indicato di legare i lavoratori avanzati al processo di ricostruzione del partito comunista deve svilupparsi soprattutto attraverso la costruzione di un legame dei lavoratori avanzati al lavoro dei CARC e quindi anche a quanto di partito i CARC hanno già costruito. Dobbiamo lavorare affinché i lavoratori avanzati siano sempre più parte di un processo concreto di costruzione del partito comunista, legarli al nostro lavoro nella misura adeguata alle loro e alle nostre caratteristiche, mobilitandoli nelle campagne e nel lavoro ordinario dei CARC, sostenendo il ruolo di direzione della classe operaia nella mobilitazione di cui i lavoratori sono parte.

Il responsabile nazionale dei CARC del settore “Legare i lavoratori avanzati al processo di ricostruzione del partito comunista”

 

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