Architettura del Progetto di Manifesto Programma

Rapporti Sociali 23/24 - gennaio 2000 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Per studiare e valutare l’architettura del Progetto di Manifesto Programma bisogna assumere come riferimento il Manifesto del partito comunista del 1848.

In Italia tradizionalmente il movimento comunista è indifferente alla teoria: questa è una grave debolezza che ha avuto un ruolo nella sconfitta del movimento comunista italiano e che non possiamo più accettare. La battaglia contro l’agnosticismo, l’indifferenza per la teoria, il pluralismo, l’eclettismo, il pressappochismo e la superficialità in campo teorico ha un ruolo importante nella lotta per la ricostruzione di un partito comunista all’altezza dei compiti che lo attendono. In secondo luogo in Italia abbiamo subito a lungo l’influenza del revisionismo moderno. Essa è stata profonda anche a causa del fatto che è sotto la direzione dei revisionisti (ma sull’onda della prima ondata della rivoluzione proletaria) che la classe operaia e le masse popolari hanno strappato alla borghesia imperialista le conquiste del periodo del capitalismo dal volto umano. Oggi da noi ogni semplice “amico degli operai”, ogni semplice “partigiano della difesa delle conquiste” in perfetta buona fede si crede e si dice comunista. In terzo luogo l’influenza della cultura borghese di sinistra è molto diffusa tra le FSRS. Tutte le più varie scuole di pensiero borghesi, dalla psicanalisi al keynesismo, sono state combinate con il marxismo e hanno dato luogo a tanti “marxismi” quante sono le correnti della cultura borghese di sinistra: molti compagni lontani dalla concezione del mondo e dal metodo del materialismo dialettico in perfetta buona fede si dicono e si credono marxisti. In quarto luogo da noi la critica contro il revisionismo moderno è stata condotta come critica contro il tradimento degli interessi dei lavoratori: questo è vero ma vale per ogni forma di opportunismo. È stata poco sviluppata la critica specifica al revisionismo moderno (e anche al primo revisionismo), come insieme di concezioni, come corpo dottrinario che correggeva alcune tesi fondamentali del marxismo. Questo ha creato una situazione per cui ogni sincero lottatore e addirittura ogni persona ribelle e insofferente dell’ordine esistente sinceramente si crede marxista. “In definitiva la sintesi del marxismo è: ribellarsi giusto”, ha proclamato Mao Tse-tung nel 1966. Ma anzitutto, ai fini della piattaforma del partito, non basta lo “in definitiva” e in secondo luogo ogni principio, senza analisi concreta della situazione concreta, è una frase vuota. Infine l’attacco selvaggio lanciato dalla borghesia imperialista contro il campo socialista nel 1989-1991 ha smascherato il revisionismo moderno, ma ha profondamente leso anche la fiducia della classe operaia nelle sue forze e nella sua capacità di dirigere le masse popolari a costruire una società comunista: oggi non solo è poco radicata la certezza che il comunismo è l’unico sbocco possibile del capitalismo, cioè che il comunismo è inevitabile, ma è diffusa anche la sfiducia nel fatto che esso sia possibile. In ogni membro del futuro partito la certezza che il comunismo è possibile e che prima o poi esso inevitabilmente succederà al capitalismo deve essere fondata sulla concezione scientifica, materialista dialettica del mondo e ogni compagno deve essere in grado di convalidare e alimentare questa certezza studiando con il metodo materialista dialettico l’esperienza quotidiana.

Queste condizioni concrete in cui lavoriamo ci costringono a esporre non solo i nostri obiettivi politici ed economici, ma anche la nostra concezione del mondo in un manifesto che dovrà essere patrimonio comune di tutti i membri del partito e guida comune per la loro azione in ogni campo. Il materialismo dialettico riguarda ogni campo dell’esperienza degli uomini e non può essere oggetto di un manifesto, ma su tutti gli aspetti importanti ai fini della nostra attività immediata tesa a raccogliere, formare e accumulare le forze rivoluzionarie il manifesto deve dire qual è la posizione da cui parte il nuovo partito.

Questo patrimonio deve essere definito eliminando il più possibile la congerie di incrostazioni, deformazioni e infiltrazioni che l’azione della borghesia, in particolare tramite i revisionisti moderni e la cultura borghese di sinistra,  hanno accumulato sul patrimonio teorico del movimento comunista e sull’esperienza del movimento comunista italiano. È come ricercare e ripulire l’oro dalla ganga in cui è frammisto e nascosto. È possibile fare ciò ed è politicamente necessario fare ciò tramite un ampio e serio dibattito tra tutte le FSRS decise a ricostruire il partito e il risultato deve essere approvato dal congresso di costituzione del partito. Per quanto l’impresa possa sembrare complessa, non possiamo evitarla. Chi oggi da noi si proclama seguace del “comunismo scientifico” senza altro specificare, si proclama seguace di un’espressione sotto il cui nome circolano le teorie più strane e opposte: la sua dichiarazione ha un senso solo se indica quali sono le posizioni del “comunismo scientifico” su tutti i problemi importanti ai fini della nostra lotta. Non possiamo rassegnarci ad un’unità di facciata e nemmeno al pluralismo e all’eclettismo, alla teoria che “esistono più marxismi” e alla “libertà da ogni teoria coerente e organica”. Ogni compagno e ogni FSRS deve essere disposto a mettere in discussione le sue concezioni, a definirle, a esaminare con cura le critiche, a difendere con energia le posizioni che ritiene giuste. Chi nella nostra concreta situazione agita la parola d’ordine marxista “ogni passo del movimento reale è più importante di una dozzina di programmi”, dà prova di non capire l’essenziale della nostra situazione concreta, fa la figura di uno che invitato a fare una nuotata si mette il vestito della festa.

Queste considerazioni ci hanno indotto ad adottare un Manifesto Programma e non semplicemente un Programma. Quindi il riferimento storico, il modello per l’architettura del PMP, per la scelta del suo contenuto e per la relazione in cui sono poste le sue parti, è il Manifesto del partito comunista del 1848, non i successivi programmi dei partiti nazionali. Infatti questi ultimi giustamente per le concrete condizioni in cui sono stati redatti davano per scontata la base dottrinaria (la concezione del mondo) marxista.

Quanto al contenuto del programma vero e proprio (cap. 4 del PMP), i riferimenti storici più pertinenti sono K. Marx, Critica al programma di Gotha (1875) e il Programma del POSDR (1903) e gli altri programmi dei partiti nazionali che, per il periodo fino al 1917, le Edizioni Rapporti Sociali hanno raccolto in un fascicolo a sé, in modo che tutti gli interessati li possano studiare.

 

Teresa

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