Il nuovo governo e il programma comune della borghesia imperialista

Rapporti Sociali n. 28 - luglio 2001 (versione Open Office / versione MSWord)

 

A differenza di quanto avvenuto nel ‘94,(1) il nuovo governo Berlusconi si è costituito col consenso, convinto o di convenienza, dei maggiori gruppi imperialisti e dei maggiori centri di potere della borghesia imperialista in Italia. La svolta della borghesia imperialista a favore di un governo Berlusconi data almeno dal 7 marzo 2000, quando Carlo Calleri, il candidato dichiarato di Agnelli alla presidenza della Confindustria, venne trombato e al suo posto venne eletto Antonio D’Amato. Agnelli e gli altri oligarchi del suo peso presero atto della direzione in cui il vento tirava e si adeguarono. Stabilirono i contatti necessari, presero le loro precauzioni, ottennero le garanzie del caso e diedero via libera a Berlusconi.(2)

Chiusa la partita per la designazione da parte della borghesia imperialista, la banda di Berlusconi doveva ottenere che gli elettori consacrassero la scelta dei grandi capitalisti. Essa vi si è applicata metodicamente, seguendo le più avanzate pratiche delle campagne pubblicitarie e con tutti gli enormi mezzi di cui Berlusconi dispone personalmente e con quelli dei suoi più convinti alleati.(3)

 

1. A proposito delle precedenti elezioni politiche (1994 e 1996), consigliamo la lettura di Il fiasco del 27 marzo 1994 (in Rapporti Sociali n. 16, inverno ‘94-’95) e La putrefazione del regime DC (in Rapporti Sociali n. 17-18, autunno ‘96).

 

2. Renato Ruggiero è uomo di fiducia di Agnelli. Agnelli si è adoperato a far accettare Berlusconi all’estero (in particolare in Francia e negli USA) e ha contribuito alla sua campagna elettorale (Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, si è persino prestato a lasciar credere che avrebbe fatto il ministro nel governo Berlusconi). Ciampi nel ‘94 era candidato capo del governo contro Berlusconi: quest’anno ha spianato la strada a Berlusconi in Italia e nel mondo. Fazio e D’Amato hanno costantemente fatto campagna per Berlusconi. Il Vaticano ha ben chiarito le sue preferenze e, quanto alla Mafia, essa non doveva cambiare strada per appoggiare Berlusconi e i risultati delle elezioni parlano chiaro: il raggruppamento Berlusconi ha conquistato tutti i 61 seggi maggioritari della Sicilia dove, secondo il Procuratore capo di Palermo Piero Grasso (v. intervista al Corriere della Sera, 20 maggio), la Mafia ha rafforzato il controllo sul suo retroterra territoriale.

 

3. Berlusconi è indicato, da tutte le rassegne sull’argomento, come l’uomo più ricco d’Italia. Le rassegne internazionali lo pongono tra i venti più ricchi individui del mondo con un patrimonio stimato tra 30 e 50 mila miliardi di lire e un impero tentacolare a sua disposizione, con interessi e relazioni in ogni angolo del mondo. Per avere un metro di paragone, bisogna tenere conto che le elezioni politiche in Italia hanno comportato complessivamente una spesa di circa 200 miliardi. Berlusconi aveva, prima ancora di scendere in campo, tutti i mezzi finanziari e organizzativi (solo Mediaset ha tra i 10 e i 20.000 dipendenti e collaboratori fissi che lavorano al condizionamento dell’opinione pubblica) e le relazioni necessarie per montare il suo partito-azienda che ora conta circa 350.000 iscritti e rende 25 miliardi all’anno di autofinanziamento (oltre ai finanziamenti pubblici). Forza Italia si avvale di migliaia di volontari, frutto della composizione di classe del partito e delle prospettive di carriera che il partito e le aziende di Berlusconi offrono.

 

Il risultato è stato positivo, ma mediocre. Berlusconi ha impegnato grandi e moderni mezzi finanziari e organizzativi, ha impiegato le tecniche più raffinate di manipolazione degli elettori, il governo di Centro-sinistra ha oggettivamente lavorato a favore della scelta padronale,(4) Berlusconi ha goduto di complicità occulte dall’interno della maggioranza di Centro-sinistra e dell’apparato statale, i maggiori centri d’influenza elettorale (Vaticano e Mafia in testa) si sono apertamente e fattivamente schierati a suo favore. Nonostante tutto ciò, la conferma elettorale arrivata il 13 maggio è stata risicata.(5) La borghesia imperialista ha rischiato di ripetere il fiasco del 27 marzo ‘94. Solo le alleanze elettorali e il meccanismo maggioritario hanno trasformato una risicata maggioranza di voti in una abbastanza solida maggioranza parlamentare.

 

4. I governi di Centro-sinistra hanno governato il paese per sei anni (1995-2001), se comprendiamo tra essi anche il governo Dini (1995-1996). Essi e la maggioranza parlamentare di Centro-sinistra non solo hanno fatto un’azione politica di demoralizzazione dei propri seguaci, ma hanno anche favorito direttamente Berlusconi. Hanno protetto il suo monopolio televisivo e favorito fiscalmente gli interessi delle sue aziende, hanno eletto un capo dello Stato (C.A. Ciampi) oramai guadagnato da Berlusconi alla sua causa che si è adoperato per aggregare attorno a Berlusconi il favore dei grandi gruppi imperialisti italiani e stranieri, hanno mantenuto una legge elettorale favorevole a  Berlusconi, non hanno affrontato il conflitto di interessi, hanno ostacolato i procedimenti giudiziari a carico di Berlusconi e dei suoi complici (rogatorie e altre collaborazioni estere, ecc.) e messo il rallentatore alla lotta contro la Mafia (processo Andreotti).

Altri importanti favori fatti a Berlusconi dal Centro-sinistra sono state la denigrazione dell’antifascismo, la rivalutazione del fascismo in nome della “coerente fedeltà” dei fascisti ai loro ideali (di sopraffazione e di sfruttamento), il mascheramento del carattere razzista della Lega Nord.

Infine i governi di Centro-sinistra hanno fatto quanto potevano per disgregare le organizzazioni di massa del proletariato (in particolare i sindacati), demoralizzare i loro iscritti e ridurre il loro prestigio presso le masse popolari. Nella società moderna neanche un governo borghese può governare senza il consenso o almeno la rassegnata collaborazione delle masse. A questo fine la borghesia imperialista deve eliminare le organizzazioni di massa del proletariato (e in particolare della classe operaia) per ridurlo all’impotenza o conquistarle alla collaborazione attiva (mobilitazione reazionaria delle masse). I governi di Centro-sinistra hanno fatto per Berlusconi quello che Mussolini e Hitler avevano dovuto fare con lo squadrismo: hanno ridotto le residue organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista in condizioni tali che, secondo l’opinione oggi prevalente nella borghesia imperialista, oramai potranno servire ben poco come centro di aggregazione e mobilitazione dell’opposizione delle masse al suo governo. La borghesia è convinta che non si ripeterà un 24 novembre ‘94.

 

5. Vedere la scheda sui risultati elettorali del 13 maggio che alleghiamo.

 

Come che sia, ora Berlusconi ha la strada aperta per installarsi al governo. Ed egli è giunto a ciò non solo osservando formalmente le leggi della Repubblica, ma anche senza far ricorso al tipo di ausili extralegali (la distruzione per via squadrista dell’influenza delle organizzazioni di massa del proletariato e il terrorismo di massa) a cui dovettero la loro installazione formalmente legale sia il primo governo Mussolini alla fine dell’ottobre 1922 sia il primo governo Hitler nel gennaio 1933. Ciò di per sé illustra e conferma che la costituzione materiale della società dell’epoca imperialista, il ruolo sociale che in essa per la sua propria natura hanno i gruppi imperialisti, gli strumenti di dominazione e di condizionamento sociale che la borghesia ha sviluppato e che sono a disposizione di chi li può pagare, annullano le condizioni materiali proprie della democrazia borghese.

Oggi ufficialmente tutta la borghesia, dal Papa a D’Amato ad Agnelli, dalla destra alla sinistra borghese, proclama la ineccepibile legalità delle elezioni coprendo con la propria autorità le anomalie registrate nello svolgimento e plaude al fatto che finalmente l’Italia avrà un governo autorevole e stabile, capace di impostare e condurre in porto un lavoro di lunga durata.(6)

 

6. Solo alla vigilia della convocazione del Parlamento la Lega Nord ha sollevato pro forma il problema della validità dei risultati elettorali. Ma Bossi non vuole contestare i risultati elettorali, bensì riprendere in mano i suoi seguaci disgustati. Infatti i risultati del 13 maggio sono duri da digerire per un partito che vive solo se ha successo e che alle elezioni del 13 maggio ha avuto solo il 39% dei voti che aveva raccolto nel ‘96 (1.46 milioni contro 3.78 milioni). Ma il travaglio della lega Nord va al di là del crollo elettorale. Il partito del “popolo delle partite IVA” (cioè dei piccoli e medi imprenditori) ha portato al governo del paese il più grosso monopolista del paese, il simbolo della corruzione e dello strapotere dei grandi gruppi imperialisti, un individuo che si è fatto grazie ai favori dello Stato, il maggior inquisito di Manipulite, il promotore di un disegno politico avventuroso che, se portato avanti, per sua natura sconvolge il “piccolo mondo antico” delle relazioni sociali che il leghista-tipo sogna. La crisi della Lega Nord va ben al di là della contestazione dei risultati elettorali ed è destinata a essere uno dei punti deboli della nuova maggioranza.

 

Berlusconi e la sua banda faranno l’impossibile per assecondare il diffuso desiderio di stabilità politica della borghesia imperialista. Il nuovo governo cercherà di trasformare l’apparato statale in modo da renderlo un docile strumento nelle sue mani e trasformerà ordinamenti e leggi in modo da perpetuare il suo dominio. Nel ‘94, arrivato al governo, Berlusconi lanciò su grande scala grandi fanfaronate sull’inizio della seconda repubblica. Allora le fanfaronate durarono sette mesi. Questa volta invece ha adottato la veste del riservato. Ma non bisogna lasciarsi abbindolare dai discorsi melliflui e legalitari di Berlusconi, maestro imbonitore. Egli farà carte false per consolidare il suo potere, per fare in modo che il suo insediamento al governo non sia un normale avvicendamento. Ma il consolidamento del suo potere dipende anche da fattori che Berlusconi non controlla. Con altrettanta spregiudicatezza egli cercherà anche di soddisfare  un altro grande desiderio di tutta la borghesia imperialista: la pace sociale, indispensabile per fare affari. Egli cercherà di soffocare l’opposizione dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi. Ma Billé lo ha già messo sull’avviso: guai se nelle aziende dovesse svilupparsi una diffusa conflittualità. Anche la pace sociale dipende anche da fattori che Berlusconi non controlla.

Come è giunto al potere Berlusconi? Perché la borghesia italiana ha scelto Berlusconi?

Nel ‘94 Berlusconi aveva vinto le elezioni in contrasto con i grandi gruppi imperialisti e con i maggiori centri di potere operanti in Italia. La sua vittoria era un sintomo che essi non riuscivano più a far sanzionare dagli elettori le loro scelte per il governo del paese, nonostante la legge elettorale appositamente elaborata.

Con Craxi, nel ‘92 Berlusconi non aveva solo perso il suo complice e la sua spalla politica: rischiava di essere travolto nel suo crollo. Per difendere il suo impero finanziario e la sua libertà personale, dopo il crollo di Craxi, Berlusconi fece un grande investimento finanziario in campo politico, maggiore di quelli che aveva fatto fino allora e scese personalmente in campo. L’operazione Manipulite aveva eliminato il vecchio gruppo di potere democristiano-socialista per via extraparlamentare, facendo leva sugli aspetti criminali dell’attività dei suoi massimi esponenti. I giustizieri scatenati dai maggiori gruppi imperialisti italiani e spalleggiati dai gruppi imperialisti USA avevano oramai raggiunto anche Berlusconi che di quel sistema di potere era esponente di primo piano. Egli e i suoi uomini scelsero di difendersi non sul terreno giudiziario, ma scendendo direttamente in campo politico e attaccando i loro “persecutori”. A questo scopo essi raccolsero sì il personale del vecchio regime DC momentaneamente perseguitato, ma si fecero anche paladini proprio delle esigenze di rinnovamento delle relazioni economiche e politiche che avevano fatto decidere i gruppi imperialisti italiani (gli Agnelli, i De Benedetti, i Tronchetti Provera, ecc.) a disfarsi del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) e del sistema di potere democristiano di cui il CAF era stato l’ultimo titolare (1982-1992). Da qui quel singolare amalgama di vecchio alla rivincita e di innovazione che la coalizione di Berlusconi presenta fin dal suo inizio.

Berlusconi aveva costruito il suo potere personale a partire dalla fine degli anni ‘60. In quegli anni la Mafia si stava trasformando da potente gruppo economico e politico locale della Sicilia occidentale in una grande holding finanziaria nazionale e internazionale ed era sbarcata a Milano (“Mafia dei colletti bianchi”). Berlusconi incominciò la sua carriera come uno dei personaggi avventurosi e di belle speranze a cui in quegli anni la Mafia affidava la valorizzazione del proprio denaro. A differenza di Sindona e di altri, egli però non rimase impigliato e tanto meno vittima di questo ruolo, ma riuscì a diventare un potere autonomo in grado di trattare da pari a pari con la Mafia. Affiliato alla P2 di Gelli, divenne padrino o compare di Craxi e tramite Craxi e il suo Partito socialista costruì un impero tentacolare con diramazioni in ogni angolo del mondo. Mitterrand, capo dei socialisti francesi e presidente della repubblica francese (1981- 1995) e Gonzalez capo dei socialisti spagnoli e del governo della Spagna (1982- 1996) sono stati notoriamente suoi soci d’affari. In Germania ha tutt’oggi alleati potenti e spregiudicati.

Che Berlusconi puntasse su Craxi e abbia fatto per anni il socialista non è strano. Craxi era l’espressione più avanzata e più avventata, nella classe dirigente del regime DC, dei nuovi “spiriti animali” che la crisi generale del capitalismo ha sprigionato nella borghesia. I tratti che contraddistinguono la sua politica nell’ambito di quella classe dirigente parlano chiaro. Anzitutto, farla finita con i “diritti” strappati dagli operai (scala mobile, decreto di S. Valentino, ecc.) e rimetterli in riga. Nessun riguardo per il PCI, i “mostri sacri” della Repubblica antifascista, le organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista. In secondo luogo sbarazzarsi della tutela asfissiante dei vecchi “amici” e alleati, fare la propria strada, essere spregiudicati, approfittare di ogni occasione e situazione (Ghino di Tacco). Basta con i vecchi padrini. Tanto più che i vecchi padrini, anche loro in preda agli “spiriti animali” suscitati dalla nuova crisi generale, diventavano sempre più esigenti, pressanti, ingombranti: un peso. La tendenza di Craxi era anche la tendenza del Vaticano (con i suoi intrighi in Africa, nell’Est europeo e nel Medio Oriente), della Mafia (sempre più potenza internazionale e promotrice dei nuovi grandi affari) e di molti gruppi imperialisti. La nuova politica impersonata da Craxi voleva dire  scontrarsi con i vecchi padrini: gli imperialisti USA e la NATO. Ogni politica avventurosa e di “salvezza nazionale” (cioè di “salvezza propria”), in ogni paese del mondo, in questa fase, inevitabilmente lede gli interessi costituti degli imperialisti USA (Noriega, Saddam Hussein, Milosevic, ecc.). Sigonella (10 ottobre 1985) è la raffigurazione di dove in Italia portava questa tendenza. Per il piccolo borghese che “fa la cultura” al servizio del grande capitale, per il pubblico “educato” al sensazionalismo dai giornali stampati e TV, Sigonella è un incidente. Sensazionale per quattro giorni o quattro mesi e poi chiuso, scomparso.

Per i gruppi imperialisti USA era il sintomo di quanto avventato e inaffidabile fosse Craxi e un campanello d’allarme di quanto pericolosa fosse in Italia, il paese del Vaticano e della Mafia, la tendenza che egli impersonava. Le caute aperture filoarabe di Moro e poi di Andreotti, le continue punture di spillo e le lungimiranti iniziative diplomatiche del Vaticano, l’intraprendenza affaristica a 360 gradi della Mafia, con Craxi acquistavano una spregiudicata espressione ufficiale e politica. Doveva finire. Ma Craxi era spinto avanti dal suo ruolo: era il capo e il portavoce di chi voleva e doveva vincere. Il suo destino era: o avanzare o soccombere. Oggi i suoi avversari di ieri (Occhetto, ecc.) riconoscono che Craxi fu in quell’epoca fra loro l’uomo politico più moderno. Quello che non riconoscono è che fu un uomo politico velleitario: non poteva fare la nuova politica senza rompere più profondamente col sistema di potere democristiano e non poteva ancora spingersi tanto avanti contro gli interessi e la volontà della borghesia imperialista USA, prima di aver costruito più solide alleanze internazionali (Unione Europea).

Craxi quindi soccombette. Di Pietro, Borrelli e il Pool Manipulite furono gli esecutori. L’Italia più di altri paesi si presta all’esecuzione giudiziaria delle operazioni politiche: molto radicate nella nostra storia sono le attività extralegali dei potenti e massima è la divisione tra di essi. Bastava fornire informazioni e “prove” alle persone giuste e proteggerle perché potessero farle valere senza fare la fine di Ambrosoli o di Dalla Chiesa. Cosa che per gli imperialisti USA non era difficile fare, una volta presa la decisione. Le attività illegali e criminali abbondano nell’armadio di ogni uomo politico borghese e di ogni grande imprenditore (Calvi, De Benedetti, Marcinkus: chi non ricorda?) e gli organismi spionistici e polizieschi degli imperialisti USA da anni sorvegliano, controllano, costruiscono i dossier. FBI, CIA, NSA, ecc. sono dei professionisti e dei professori nello spionaggio e nei ricatti. Echelon è una loro creatura, i loro archivi sono più vasti e articolati di quelli vaticani. Vari uomini politici europei di primo piano subiscono ancora oggi i loro ricatti: non a caso gli americani hanno trafugato gli archivi della STASI e dei servizi di altri ex paesi socialisti.

Craxi fu liquidato e sulla sua scia sarebbe stato liquidato anche il suo padrino o compare Berlusconi, “se non fosse sceso direttamente in politica” a tacitare gli esecutori della giustizia americana. Questi oramai si muovevano al di là dello stretto interesse dei loro mandanti e incominciarono a inciampare e a barcollare. Berlusconi si salvò perché, più cauto di Craxi, reso edotto dalla sua parabola, diede agli imperialisti USA assicurazioni e segnali di ravvedimento e di moderazione e si pose alla testa del rinnovamento delle relazioni economiche e politiche che i maggiori gruppi imperialisti volevano.

L’autore di Il fiasco del 27 marzo (in Rapporti Sociali n. 16) aveva scritto che “le elezioni dello scorso marzo [1994] hanno mostrato che la borghesia imperialista è già oggi incapace di elaborare per il nostro paese una proposta governativa su cui riesca a unirsi e a far convergere la maggioranza elettorale”. Essa ci era invece in qualche modo e a fatica riuscita nel ‘96. La vittoria risicata del Centro-sinistra portò a compimento nel ‘96 quella “operazione Agnelli” che era fallita nel ‘94. Il vecchio Agnelli ha avuto ragione: il governo di sinistra ha fatto una politica di destra. Con ciò ha compiuto il suo servizio e la borghesia imperialista ha potuto ora dargli il benservito. Nella borghesia imperialista prevale oramai la convinzione che per attuare quella politica non occorre o non basta più un governo di sinistra. L’indebolimento, l’isolamento e la perdita di prestigio e di influenza delle organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista hanno convinto gran parte della borghesia che oramai può fare a meno di un “governo di sinistra”, che le residue organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista oramai non possono più diventare  centro di raccolta e di coagulo dell’opposizione diffusa delle masse popolari alla sua opera di rapina. D’altra parte le organizzazioni del nuovo movimento comunista sono ancora troppo deboli per essere prese in considerazione in questo ruolo.

È stato proprio il successo dei governi di Centro-sinistra nell’indebolire le organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista (in particolare i sindacati già controllati dal regime) che ha reso meno necessarie per la borghesia imperialista le cautele sul fronte delle masse popolari che le avevano consigliato il ricorso al Centro-sinistra e che sono proprie della natura della borghesia di sinistra.

Il successo dei governi di Centro-sinistra nel sostenere l’espansione economica e politica dei gruppi imperialisti italiani nell’Europa orientale (emblema di ciò fu la partecipazione alla guerra contro la Jugoslavia) ha poi rinvigorito gli appetiti dei gruppi imperialisti italiani e li ha resi più insofferenti delle cautele insite nella natura del Centro-sinistra. La borghesia italiana oggi non percepisce più il comunismo come un pericolo immediato. Reputa che il vecchio movimento comunista sia oramai stato sostanzialmente liquidato proprio dai governi di Centro-sinistra e di essere in grado di impedire che il nuovo si sviluppi oltre l’attuale fase, sta nuovamente acquisendo quell’audacia, quella ferocia e quella propensione all’avventurismo che aveva completamente dismesso dopo che la sua avventura fascista l’aveva nel 1945 portata sull’orlo del baratro socialista. Tutto ciò, più la fragilità interna della coalizione di Centro-sinistra e l’acuirsi dei contrasti tra gruppi e Stati imperialisti, ha portato la borghesia imperialista a confluire in un’operazione probabilmente più solida del Centro-sinistra, a costituire una coalizione più larga tra i gruppi imperialisti e i centri di potere italiani, soprattutto in vista di una più attiva partecipazione allo scontro internazionale. La formazione del governo Berlusconi è il risultato di un processo nel corso del quale i contrasti tra i gruppi imperialisti italiani sono via via passati in seconda fila rispetto ai contrasti esterni e i gruppi imperialisti italiani si sono maggiormente compattati tra loro in campo politico di fronte ai compiti di difesa e di attacco che si impongono nelle relazioni internazionali.

 

7. Su questo argomento vedere Rapporti Sociali n. 4, pag. 26: Gli Stati e i “gruppi capitalisti” statali.

 

8. Giova ricordare che la borghesia imperialista USA e inglese non sono state solo le prime, in ordine cronologico, ad abolire i più importanti istituti (servizio sanitario nazionale, sicurezza sociale, ecc.) del capitalismo dal volto umano. Erano state anche le prime ad introdurli. Ciò per mostrare che l’evoluzione oggi in corso non consiste nella contrapposizione tra i “tradizionali” liberismo e individualismo anglosassoni e i “tradizionali” protezionismo e assistenzialismo europei. Si tratta di un’evoluzione imposta a tutta la borghesia imperialista dallo sviluppo della nuova crisi generale del capitalismo e dalle vicissitudini della lotta che la contrappone al movimento comunista (inteso come partiti e movimenti consapevoli e organizzati).

 

È un fenomeno che si riscontra in tutti i maggiori paesi imperialisti. I gruppi imperialisti dei grandi paesi si coalizzano tra loro contro i gruppi imperialisti degli altri paesi, per assicurarsi un retroterra stabile da cui muovere per ritagliarsi una parte maggiore del bottino mondiale.(7) La più vasta e più profonda (rispetto ai primi decenni del secondo dopoguerra) internazionalizzazione dell’economia capitalista, dei commerci, dei campi di sfruttamento, degli investimenti diretti e finanziari è una conseguenza della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, ma a sua volta aumenta la precarietà degli affari, la conflittualità e la ricerca di competitività e di un retroterra pacificato da cui muovere alla conquista del mondo. Tutto ciò in ognuno dei maggiori paesi imperialisti spinge i gruppi imperialisti a coalizzarsi per creare nel proprio paese condizioni politiche più favorevoli alla propria espansione nel mondo. All’avanguardia di questo processo sono i gruppi imperialisti USA.(8) Essi da una parte hanno imposto e impongono agli altri paesi l’apertura ai flussi dei loro investimenti diretti e finanziari e ai loro commerci, le privatizzazioni, la protezione dei loro brevetti e l’abolizione delle barriere e delle protezioni nazionali, dall’altra usano in modo sempre più spregiudicato e unilaterale la loro supremazia militare, la loro forza politica (le relazioni, la forza di convinzione e di infiltrazione, ecc.), il loro ruolo di fornitori della moneta fiduciaria mondiale e favoriscono le loro grandi aziende con l’enorme spesa del Pentagono nella ricerca applicata e con lo spionaggio. Questo costringe gli altri gruppi imperialisti a  seguire la loro strada, ognuno a sua maniera. Internazionalizzazione e conflittualità sono aspetti inseparabili dell’imperialismo durante la crisi generale. La mondializzazione condotta nell’ambito di rapporti di produzione capitalisti comporta l’oppressione e la rapina dei capitalisti più deboli da parte dei più forti e l’oppressione e lo sfruttamento più estremi dei lavoratori proletari e semiproletari e dei lavoratori autonomi. Da qui le vaste e multiformi opposizioni alla mondializzazione, quali che siano i progressi che essa comporta e le coalizioni di gruppi capitalisti nella lotta tra loro.

Queste le origini del compattarsi della borghesia imperialista italiana sulla soluzione Berlusconi e le basi su cui poggia la possibilità che il suo governo si distingua nettamente da quelli che lo hanno preceduto e abbia una certa durata.

 

Qual è il compito del nuovo governo Berlusconi?

Al governo Berlusconi la borghesia imperialista assegna un preciso compito storico. Il suo consolidamento e la sua durata dipenderanno dal successo con cui riuscirà ad adempierlo. Il mandato affidatogli dalla borghesia comprende due aspetti distinti, ma che s’influenzano e si condizionano a vicenda.

Il primo consiste nel portare avanti più velocemente e con più forza l’eliminazione delle conquiste dei lavoratori dipendenti (proletari) e dei lavoratori autonomi. Il secondo è guidare e sostenere i gruppi imperialisti italiani nell’allargare i propri affari nel mondo. “Rendere l’azienda Italia più competitiva” è la parola d’ordine che li riassume entrambi.

Quanto alla sua politica interna, alla politica contro le masse popolari, il governo Berlusconi cercherà di attuare con più arroganza e sfrontatezza la stessa politica che il Centro-sinistra stava attuando e avrebbe attuato. Qualunque fosse stato l’esito delle elezioni politiche, la borghesia imperialista avrebbe lanciato nei prossimi mesi un attacco in grande stile proprio contro gli operai delle medie e grandi aziende e contro i dipendenti pubblici. Essi sono il baluardo principale, benché più in senso passivo che attivo, contro il dilagare nuovamente libero della barbarie capitalista nella società. La borghesia imperialista deve rendere più precario il loro rapporto di lavoro e con ciò diminuire anche la loro forza contrattuale e il loro salario reale e costringerli a pagare, oltre ai contributi sociali, anche nuovi contributi alla borghesia finanziaria tramite i fondi pensione. Circa sette milioni di lavoratori hanno il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro scaduto e la borghesia sta saggiando il terreno per la sua eliminazione. La vittoria su questo fronte aprirà alla borghesia imperialista la strada per ridurre le pensioni ai più anziani, continuare la sua campagna di eliminazione dei lavoratori autonomi per intere categorie (allevatori, benzinai, negozianti, contadini, albergatori, camionisti, ecc.) in cui è in ritardo rispetto ai suoi concorrenti(9) e intensificare la privatizzazione dei servizi pubblici e la trasformazione in merci, accessibili solo a chi ha i soldi per pagarle, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e di altre minime condizioni di civiltà di cui oggi la massa della popolazione ancora gode, sia pure ad un infimo livello.(10) È il programma comune a tutti i gruppi politici borghesi che erano in lizza per governare. In questo campo il governo Berlusconi si scontrerà sia con le organizzazioni di massa residue del vecchio movimento comunista, i cui titolari pur asserviti alla borghesia non possono abbandonare semplicemente il campo pena il suicidio, sia con le forze nascenti del nuovo movimento comunista.

 

9. Ovviamente il movimento economico della società attuale crea anche centinaia di migliaia e milioni di nuovi lavoratori autonomi. Le statistiche dicono che negli USA attualmente vi sono 33 milioni di lavoratori autonomi (il 25% circa del totale della forza lavoro).

Ma anzitutto, e ciò è importante per capire come si sta trasformando la società attuale, le nuove categorie di lavoratori autonomi sono, ancora più delle vecchie, dipendenti dalle banche, dai monopoli loro fornitori o loro clienti e dall’andamento generale degli affari: cioè sono meno realmente autonomi, sono più vicini ai lavoratori a domicilio che ai piccolo-borghesi di un tempo.

In secondo luogo i nuovi nati non eliminano i tormenti dei condannati a morire né la loro resistenza, che diventerà sempre più accanita se la classe operaia prenderà la direzione di essa come di un aspetto della lotta generale contro la borghesia imperialista. È solo una caricatura del marxismo (Lenin la chiamerebbe “economicismo imperialista”) quella concezione che trascura la lotta attuale contro la borghesia imperialista di quelle categorie che il corso delle cose condanna comunque prima o poi a scomparire.  La società per cui noi lottiamo non è e non può essere la società della piccola produzione e della piccola proprietà, conservate come reperti da museo. Ma la classe operaia offre una via di trasformazione del tutto diversa da quella che la borghesia imperialista cerca di imporre.

 

10. In questa fase, come reazione alla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, la borghesia ritrasforma in settori produttori di merci quelle attività che il movimento comunista aveva trasformato in servizi sociali a disposizione di tutti quale base minima della vita sociale nella civiltà moderna: assistenza sanitaria, istruzione, servizi personali agli inabili, servizi in rete - trasporti, fornitura d’energia, sistema viario e fognario, acquedotti, ecc. Ovviamente la loro natura di servizi sociali prorompe poi ad ogni passo e viene invocata dalla stessa borghesia a gran voce ogni volta che si tratta di imbrigliare i lavoratori addetti a queste attività e vietare ad essi libertà di organizzazione, di azione sindacale, di sciopero.

Contemporaneamente e sotto la stessa costrizione, la borghesia sta forgiando nuovi campi di valorizzazione del capitale. Aspetti della vita individuale e sociale (la procreazione, i rapporti sessuali, il divertimento, la cultura, l’educazione dei bambini, ecc.) sono staccati dalla tradizionale sfera di attività “naturale” dell’individuo e delle famiglie e diventano rami specifici dell’attività economica e le prestazioni ad essi corrispondenti sono trasformate in merci. A somiglianza di quello che il capitalismo ha fatto nel corso della storia, quando ha sottratto via via dalla sfera della tradizionale attività della famiglia contadina, prima la produzione del vestiario, poi quella degli attrezzi e via via altre attività, erigendo ognuna di esse in settore economico autonomo produttore di merci (sussunzione formale).

 

Il piano di rilancio economico di Berlusconi prevede molti incentivi per i capitalisti perché compiano investimenti produttivi: privatizzazioni, sgravi fiscali per i ricchi e per le aziende, libertà d’azione contro i lavoratori e contro le risorse naturali, eliminazione delle imposte di successione, sulle donazioni (il Vaticano gliene è grato) e sulle fusioni, detassazione degli utili reinvestiti (legge Tremonti), un grandioso piano di lavori pubblici. Un piano che combina il Piano di Rinascita Democratica del suo vecchio maestro Gelli con le misure liberiste del primo governo Mussolini del 1922. Sulla scia di questi incentivi concessi ai grandi capitalisti, essi faranno un salto in avanti nell’evasione e nell’elusione fiscali, nelle speculazioni e nelle frodi, nell’economia criminale mentre l’apparato fiscale si scatenerà contro i piccoli proprietari, i pensionati e i lavoratori dipendenti. Ma sono misure che possono ben poco contro una crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale.(11) Non è il capitale che oggi manca: le enormi speculazioni di Borsa lo confermano. Esso è anzi troppo abbondante, tanto che i profitti ottenuti con le attività produttive (cioè sfruttando direttamente la forza-lavoro), per quanto enormi, non bastano a valorizzarlo tutto. L’acqua c’è, ma il cavallo non beve. Le attività messe in opera dai capitalisti non bastano a impiegare tutto il capitale disponibile. Gli incentivi ai capitalisti hanno un’efficacia limitata e transitoria. Persino Keynes ne ha già spiegato la relativa inutilità. Né la borghesia italiana e il suo governo possono avvalersi degli strumenti di rapina mondiale su cui la borghesia USA ha costruito il suo ultimo boom economico. Mentre d’altra parte gli altri gruppi imperialisti, e in particolare quelli europei, grideranno alla concorrenza sleale e alla violazione dei trattati. Quindi il rilancio economico promesso da Berlusconi anche nel migliore dei casi avrà dimensioni modeste e sarà di breve periodo.

 

11. Su questo argomento vedere Rapporti Sociali n. 12/13, pag. 32: La seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale o Progetto di Manifesto Programma del nuovo Partito comunista italiano, cap. 1.4 e 1.6.

 

Quanto alla sua politica estera, il governo Berlusconi eredita dai governi di Centro-sinistra alcuni successi importanti. Oggi molti gruppi imperialisti italiani sono lanciati in ottima posizione nella colonizzazione dei paesi dell’Europa orientale e delle ex repubbliche sovietiche. Lo Stato italiano li sostiene efficacemente con i suoi strumenti. La partecipazione alla guerra contro la Jugoslavia ha dato sicurezza ed entusiasmo a vari gruppi imperialisti italiani. Ma in questo campo, per proseguire l’opera del Centro-sinistra, il governo Berlusconi dovrà in tempi brevi risolvere problemi nuovi. I contrasti tra i gruppi imperialisti USA da una parte e dall’altra i gruppi imperialisti europei (in primo luogo franco-tedeschi) si sono acuiti. Per mantenere i loro interessi costituiti, gli imperialisti USA devono ricorrere in ogni angolo del mondo a sempre nuove imposizioni, vessazioni, rapine e prepotenze. Di conseguenza gruppi e Stati di altre parti del mondo, rapinati e oppressi in misura crescente dagli imperialisti USA, sono tentati di allearsi con i gruppi imperialisti europei che sono i maggiori e meglio piazzati avversari dei gruppi imperialisti USA. Le circostanze obbligheranno il governo Berlusconi a schierarsi in uno scontro che vorrebbe evitare: con l’imperialismo USA come  suo strumento di disturbo nell’Unione Europea o con i gruppi imperialisti franco-tedeschi contro i gruppi imperialisti USA. L’arresto dell’azione di Manipulite contro Berlusconi fa pensare che egli abbia dato ai gruppi imperialisti USA garanzie sostanziali di affidabilità. Sigonella non si ripeterà. Alla stessa conclusione portano anche le varie umilianti iniziative messe in atto da Berlusconi e dai sui alleati per eliminare l’ostilità del movimento sionista e del suo Stato, Israele, nei loro confronti. L’alleanza recentemente contratta dalla famiglia Agnelli con la General Motors (rifiutando l’apparentamento con la Volkswagen) e il ruolo avuto da Agnelli nella nuova edizione del governo Berlusconi confortano questa tesi. La recente presa di posizione della nuova amministrazione USA a favore dei paradisi fiscali è un’apertura a Berlusconi e alla Mafia. La diffidenza verso Berlusconi dei governi tedesco e francese confermano il probabile indirizzo filoamericano del governo Berlusconi. Berlusconi interrogato in proposito, ha risposto con una battuta: “Io sono dalla parte dell’America prima ancora di sapere da che parte stia l’America”.

Ma le battute potrebbero nascondere altri propositi. Infatti vi sono solidi fatti che spingono in senso contrario. Gli interessi economici e finanziari dei gruppi imperialisti italiani dipendono oggi più dai legami europei che da quelli americani. I progetti economici di Berlusconi (dagli sgravi fiscali ai grandi lavori pubblici) devono misurarsi con compatibilità finanziarie fissate in trattati che o si rispettano o si rompono con le conseguenze del caso. Inoltre la politica USA oggi è tutt’altro che riguardosa verso i suoi alleati. Essa è anzi sempre più esigente, arrogante e facile a sacrificare i loro interessi per i propri. Chi vuole conquistare terreno nel mondo, deve calpestare gli interessi dei gruppi imperialisti USA. E infine difficilmente il Vaticano accetterà una politica di acquiescenza agli USA.

 

È possibile che il governo Berlusconi realizzi il compito assegnatogli?

Il governo Berlusconi è stato portato al potere da uno schieramento abbastanza vasto di gruppi imperialisti. Il Centro-sinistra ha molto logorato le organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista e ha impostato la lotta per soffocare o rallentare lo sviluppo del nuovo movimento comunista.(12) Nonostante questo il governo Berlusconi non avrà vita facile.

 

12. Contro la ricostruzione del nuovo partito comunista, chiave di volta del nuovo movimento comunista, i governi di Centro-sinistra hanno impostato una lotta sistematica che combina l’intimidazione di compagni e organismi impegnati nella ricostruzione del partito con la confusione tra ricostruzione del partito comunista e altre tendenze, in particolare il terrorismo.

Essi hanno rimesso in uso e impiegato sistematicamente il reato di associazione sovversiva: “Chiunque nel territorio dello Stato promuove, organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti economico-sociali costituiti nello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni aventi per fine la soppressione violenta di ogni ordinamento politico e giuridico della società. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da uno a tre anni” (art. 270 Codice Penale).

Questo reato fu introdotto dal fascismo con le leggi eccezionali del 1926 e col Codice Rocco del 1931, con la differenza che, meno ipocritamente, l’articolo indicava espressamente i comunisti e gli anarchici come bersaglio.

I governi di Centro-sinistra hanno potenziato l’applicazione di questo reato fino al decreto-legge approvato dal governo Amato un mese prima delle elezioni (4 aprile) che equipara la ricostruzione del partito comunista ai peggiori reati previsti dal Codice Penale. Hanno messo in opera mille angherie per intimidire singoli e organismi (l’ultima in ordine di tempo: l’arresto elettorale di otto membri di Iniziativa Comunista con 80 perquisizioni). Hanno intossicato l’opinione pubblica con la sistematica equiparazione della ricostruzione del partito comunista al terrorismo. Per creare tra le masse un terreno ostile alla ricostruzione del partito comunista hanno compiuto e simulato attentati attribuendoli ai comunisti e hanno sfruttato sistematicamente gli attentati compiuti dai piccoli gruppi di militaristi e lo stato generale di insicurezza e precarietà generato dalla borghesia stessa.

 

In quanto fin qui detto sono state indicate le difficoltà che esso incontrerà nel realizzare il suo compito. Meno successi raccoglierà nel realizzarlo, più sarà contestato dall’interno stesso della borghesia imperialista e anche della maggioranza che lo sorregge. Il successo elettorale conquistato il 13 maggio dai gruppi non coalizzati nei due schieramenti principali  indica quanto forti restino i dissensi nella borghesia imperialista. Potranno Berlusconi e la sua banda diventare i “soldati di ventura” degli imperialisti USA? Sono abbastanza piccoli per poterlo diventare: la parte del bottino che gli imperialisti USA dovrebbero sacrificare non sconvolgerebbe i loro sogni. Ma contro chi, se imboccassero questa strada, se non contro i gruppi imperialisti tedeschi e francesi? Saranno abbastanza forti e coraggiosi perché per gli imperialisti USA valga la pena assoldare tali capitani? Oseranno essi imbarcarsi in questa avventura?

La maggioranza di Berlusconi è tenuta assieme dai mezzi personali di Berlusconi e dalla speranza di conquistare un grande bottino. Ma è composta di parti che hanno interessi divergenti. In particolare il Vaticano basa il suo seguito popolare, fonte essenziale della sua potenza finanziaria e politica, sullo sfruttamento delle paure generate tra le masse popolari da ogni novità cui la borghesia imperialista deve ricorrere per creare nuovi campi di valorizzazione del capitale: dalla mondializzazione alla clonazione agli Organismi Geneticamente Modificati, dall’energia nucleare alla fecondazione artificiale alla manipolazione genetica, dai trapianti alla prostituzione alla tratta di donne, uomini e bambini. La Lega Nord basa il suo seguito sulle paure che l’immigrazione e la mondializzazione suscitano tra le masse e nell’opposizione alla brutale distruzione di abitudini e di relazioni che la borghesia imperialista deve imporre. Tutto ciò contrasta direttamente con l’ammodernamento dei mezzi e delle relazioni economiche e politiche e con la “messa a coltura” di nuovi terreni di valorizzazione del capitale a cui il governo Berlusconi deve guidare “l’azienda Italia”. Potranno il Vaticano e la Lega Nord convivere con uno sforzo di modernizzazione spinta, necessaria per “rendere più competitiva l’azienda Italia” e con il bisogno di immigrati da sfruttare all’osso e da usare come arma di ricatto contro i lavoratori indigeni? Il federalismo e il decentramento sono la proposta politica con cui la Lega Nord ha catturato l’insofferenza delle masse popolari verso un potere politico che era diventato completamente estraneo e ostile. Ma il governo Berlusconi, lungi dal decentrare, dovrà fare per forza di cose una politica di accentramento: dove vi sono tanti interessi contrastanti, l’indirizzo unitario obiettivamente necessario può svilupparsi solo come prevalenza di un interesse che si impone agli altri, si può ottenere solo se il più forte sacrifica al suo interesse gli altri interessi e li sottomette. Difficilmente il governo Berlusconi potrà anche solo sostituire all’unico centralismo di Roma tanti centralismi regionali che comunque escluderebbero ogni autonomia locale ai livelli inferiori. È quindi difficile che il governo Berlusconi possa evitare di portare la Lega Nord a una crisi traumatica e l’eventuale soddisfacimento delle sue richieste in termini di creazione di nuovi centralismi regionali metterà comunque a nudo il carattere illusorio della proposta della Lega rispetto alle domande a cui vuole essere risposta.

Il conflitto di interessi infine non consiste solo nella deviazione verso l’impero di Berlusconi di una certa quantità di pubblico denaro: ogni borghese e ogni uomo politico borghese ha usato lo Stato e il servizio nella pubblica amministrazione per arricchirsi. Esso consiste soprattutto nel fatto che Berlusconi, che ha adoperato il suo impero economico per conquistare il potere politico, ora metterà il governo di una delle maggiori potenze economiche del mondo al servizio del suo impero economico: gli altri gruppi imperialisti non possono tollerare simile “concorrenza sleale”.

Questi sono alcuni, probabilmente i principali fattori oggettivi per cui sarà difficile al governo Berlusconi mantenere la direzione dei gruppi imperialisti. O egli riuscirà nel breve periodo a distruggere ogni opzione di ricambio borghese, o le opposizioni borghesi si coalizzeranno nuovamente contro di lui per spazzarlo via.

Ma esiste anche “il piano inferiore” su cui poggia tutto l’edificio. Il programma di Berlusconi, in questo sostanzialmente uguale a quello dell’Ulivo, prevede “lacrime e sangue” per la massa dei lavoratori dipendenti e autonomi. Sono ancora rassegnati a subire? Sono ancora costretti a subire?

Parafrasando il Comunicato emesso il 20 maggio dalla Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano, si può dire che l’azione di rapina, che il governo Berlusconi porterà avanti con più forza e cinismo di quanto fatto dai governi di Centro-sinistra, approfondirà il solco che già oggi divide la grande massa  della popolazione italiana dalla borghesia imperialista. Confidare il governo del paese a Berlusconi è stato per la borghesia imperialista un gesto dettato dal coraggio della disperazione: essa rinuncia, più apertamente di quanto l’abbia mai fatto da un secolo a questa parte, a combattere il movimento comunista impegnandosi a eliminare quelle manifestazioni immediate del capitalismo che portano le masse ad abbracciare il comunismo.(13) Essa più apertamente che mai pone le masse nella condizione di doversi rimboccare le maniche e di poter fare affidamento solo sulla classe operaia e sul comunismo.

 

13. Quando nel 1966 Walter Reuther, anticomunista e capo del grande sindacato americano UAW, ruppe con la AFL-CIO (che come presidente della CIO nel 1955 aveva contribuito a costituire), egli rimproverò a George Meany, presidente della AFL-CIO: “Non c’è differenza tra UAW e AFL-CIO quanto all’impegno a combattere l’aggressione comunista, ... la linea seguita da AFL-CIO ... non rafforza, ma al contrario indebolisce la lotta contro il comunismo ... L’anticomunismo in sé e per sé non è sufficiente. Per combattere il comunismo bisogna eliminare le situazioni che esso sfrutta, l’ingiustizia sociale ed economica”.

Questa era allora la linea generale della borghesia imperialista, da noi del regime DC. Che nelle condizioni create dalla nuova crisi generale la borghesia imperialista abbia dovuto rinunciare alla linea indicata da Reuther, è il preannuncio della prossima sua sconfitta.

 

In un modo o nell’altro, sia pure in ordine sparso, in misura diversa e con tempi diversi, non c’è classe delle masse popolari che non risentirà sulla propria pelle e a proprio danno dell’opera del governo Berlusconi. Nelle condizioni pratiche della vita sociale moderna, le misure che il governo Berlusconi deve realizzare moltiplicheranno i conflitti, le malattie, la povertà, l’abbrutimento, i disastri “naturali” e il caos. Ciò darà luogo, inevitabilmente e spontaneamente, a mille forme di opposizione. Perfino una parte di quelli che hanno aperto la strada a Berlusconi, dovranno in qualche misura opporsi al suo governo e appoggiare l’opposizione, anche solo per difendere i loro interessi particolari e per mantenere una qualche influenza tra le masse popolari. Sta a noi comunisti unire i mille e dispersi movimenti di opposizione, imparare a coordinarli tra loro e a fare in modo che uno profitti all’altro, convogliarli in un indirizzo unitario sotto la direzione della classe operaia esercitata tramite il suo partito comunista e fare della lotta contro il governo Berlusconi la forma concreta della lotta per il socialismo nel nostro paese, nell’ambito della rinascita del movimento comunista, della generalizzazione della lotta antimperialista e della diffusione della lotta per il socialismo in corso in tutto il mondo. A quelli che sono spaventati dall’avvento del governo Berlusconi, ai disfattisti che seminano paura e portano alla rassegnazione, ricordiamo sempre che neanche col fascismo (e ora non siamo a quel punto!) la borghesia riuscì a soffocare definitivamente il movimento comunista che anzi ne uscì più forte di prima.

L’avvento del governo Berlusconi apre nuove prospettive di lotte e di vittorie per il movimento comunista nel nostro paese. Gli avvenimenti hanno confermato che i revisionisti, i riformisti e la sinistra borghese aprono la strada all’avvento della destra. Solo il movimento comunista può guidare le masse popolari alla salvezza e a uscire dal marasma in cui la borghesia imperialista le ha portate. Proprio il fallimento dei revisionisti, dei riformisti e della sinistra borghese conferma che è indispensabile costruire un vero partito comunista, che le masse popolari, il proletariato e la classe operaia hanno bisogno di un vero partito comunista. Sta a noi comunisti fare in modo che l’esperienza quotidiana si trasformi per un numero crescente di lavoratori in lotta, in organizzazione, in coscienza e in una lotta di livello superiore.

Già oggi l’opposizione al governo Berlusconi e al suo programma tra le masse popolari è forte. Benché la borghesia imperialista abbia spinto la candidatura di Berlusconi in mille modi, le masse popolari italiane non hanno tributato a Berlusconi un plebiscito e hanno punito severamente la “sinistra borghese” e il suo supporto esterno, il PRC, che hanno aperto la strada al governo Berlusconi.

Il raggruppamento Berlusconi ha perso, rispetto al ‘96, da 1.2 a 2.5 milioni di voti a seconda di quale delle tre votazioni (Camera proporzionale, Camera maggioritaria, Senato) si considera; in nessuna votazione esso ha superato il 50% dei  voti validi, il 37% degli elettori. La “sinistra borghese” (DS + PRC + PDCI) nelle elezioni della Camera proporzionale nel ‘96 aveva avuto 11.1 milioni di voti, quest’anno ne ha avuto solo 8.6 milioni: 2.5 milioni di meno, il 22%. Da soli PRC + PDCI nel ‘96, quando non erano ancora scissi, avevano avuto 3.2 milioni di voti, quest’anno ne hanno avuto complessivamente solo 2.5 milioni: 700.000 di meno, il 23%.(14)

 

14. Il PDCI, frutto di una scissione di destra del vecchio PRC, nel ‘98 al momento della scissione aveva raccolto il 58% dei deputati, alle elezioni di quest’anno ha raccolto il 19% dei voti complessivi del ‘96 e il 25% dei voti complessivi di quest’anno: la conclusione è che il PRC seleziona a dirigenti la parte più destra del suo seguito.

 

Nonostante i limiti imposti al diritto di sciopero e di associazione e il ricatto della delocalizzazione degli impianti, del licenziamento, della disoccupazione, dell’esternalizzazione e dell’immigrazione, la conflittualità sul posto di lavoro resta per i lavoratori un’arma potente: per fare profitti, i padroni hanno bisogno della pace sociale. Tenuto conto dell’assenza di una prospettiva generale di vittoria e di un centro di orientamento, di organizzazione e di direzione, cioè dell’assenza di un vero partito comunista, dobbiamo concludere che le masse popolari e in particolare la classe operaia del nostro paese si battono con grande forza e partecipazione.

 

Vi sono insomma tutte le condizioni perché le masse popolari, e in particolare gli operai, diano del filo da torcere a Berlusconi e alla sua banda e gli contendano palmo a palmo il terreno. Ma i lavoratori sono realisti. Per sviluppare su larga scala le lotte rivendicative e di difesa delle conquiste, occorre creare le condizioni per cui si apra sempre di più alle masse una prospettiva di lotta per il socialismo. È inattuabile la pretesa di condurre i lavoratori a lottare su grande scala per una società borghese meno efficiente, meno competitiva, meno mondializzata, più chiusa, più rigida e per alcuni aspetti persino più arretrata nei rapporti e negli ordinamenti che la reggerebbero, di quella che Berlusconi e la sua banda vogliono imporre. I lavoratori possono mobilitarsi su grande scala solo nella lotta per il socialismo. E il lavoro per questa mobilitazione si sintetizza oggi nella ricostruzione di un vero partito comunista.

È quindi tutt’altro che scontato che il governo Berlusconi possa dare, nemmeno nell’immediato, alla borghesia imperialista quella pace sociale di cui essa ha bisogno. Di conseguenza il suo consolidamento e la sua stabilità dipendono in definitiva anche dalle masse popolari, dalle loro lotte rivendicative e dallo sviluppo del nuovo movimento comunista. La lotta delle masse popolari contro il governo Berlusconi sarà dura, ma le masse popolari possono vincere.

 

Quale opposizione al governo Berlusconi? Cosa dobbiamo fare noi comunisti perché le masse popolari lottino efficacemente contro il governo Berlusconi?

Proprio perché le nostre forze sono limitate, noi dobbiamo individuare in modo giusto il nostro ruolo, concentrarci su di esso e in funzione di esso svolgere tutte le nostre svariate attività.

Alcuni compagni credono che il nostro ruolo d’avanguardia consista oggi nel colpire il più dolorosamente possibile la borghesia imperialista sperando che le masse popolari ci seguano e imprecando perché non ci seguono. I rappresentanti più puri e più ingenui e spontanei di questa concezione sono i militaristi, ma non sono i soli. Questa concezione porta ad isolarci dalle masse e a lasciare le masse senza direzione. Non è una concezione comunista, è estranea alla storia del movimento comunista, che più volte l’ha combattuta, ha fatto i conti con essa e l’ha confutata nella teoria e nella pratica.

Il ruolo d’avanguardia che noi comunisti dobbiamo svolgere e il solo che dobbiamo svolgere consiste nel promuovere la mobilitazione delle masse perché lottino efficacemente e con prospettive di vittoria contro la borghesia imperialista. Ciò non vuol dire che i compiti dell’avanguardia sono gli stessi compiti delle masse. Al contrario: a volte si tratta persino di lavori che si svolgono lontano dalle masse, di lavori modesti, oscuri e ripetitivi. Ma sono sempre lavori strettamente  legati alle masse nel senso che di fase in fase realizzano quelle condizioni senza le quali le masse non riescono a dispiegare la loro grande forza nella lotta contro la borghesia imperialista, sono lavori che costruiscono aspetti che l’esperienza ci insegna essere indispensabili alle masse. Il lievito non fa il pane, ma senza lievito l’impasto non diventa pane. Se un centro non convoca la manifestazione, in generale le masse non manifestano.

 

La campagna elettorale che abbiamo condotto sotto l’insegna del Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista è stata anche una scelta chiara, pubblica e pratica per la concezione comunista del nostro ruolo. Non è stata uno spostamento a destra, in senso legalitario, nel senso del riconoscimento che esisterebbero oggi spazi, maggiori di quelli che vedevamo ieri, per far valere gli interessi degli operai e delle masse popolari nell’ambito della società borghese. È stata un’iniziativa per raccogliere e mobilitare i lavoratori avanzati che già oggi sono disponibili a lavorare alla ricostruzione del partito comunista e per creare tra le masse popolari un terreno più favorevole alla ricostruzione del partito comunista.

Nonostante i ritardi e i limiti con cui ci siamo impegnati in questa campagna, essa ha dato alcuni risultati positivi e soprattutto ha dato alcuni importanti insegnamenti di cui dobbiamo fare tesoro nella nuova fase che ora ci sta davanti.

 

1. In questa nuova fase noi dobbiamo anzitutto chiamare i comunisti e i lavoratori avanzati a costituire ad ogni livello organizzazioni che, per quanto diverse tra loro in altri aspetti, si propongono apertamente, pubblicamente e dichiaratamente il compito di creare le condizioni necessarie alla ricostruzione di un vero partito comunista, alla definizione del suo Manifesto Programma a partire dal Progetto di Manifesto Programma pubblicato nel 1998 e alla riunione del suo congresso di fondazione. L’obiettivo principale comune di tutte queste organizzazioni si manifesta e si traduce nella comune appartenenza al Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista, l’ambito in cui si sostengono l’un l’altra e che rende il loro lavoro più efficace.

Gli elementi avanzati delle masse popolari, proprio per il ruolo che ognuno di essi individualmente già svolge tra i suoi compagni, dovranno far fronte e chiamare i loro compagni a far fronte all’attacco più feroce che il governo Berlusconi è incaricato di condurre. Per farvi fronte in modo in qualche misura adeguato, i lavoratori avanzati avranno bisogno del partito comunista. Anche quelli che non hanno ancora stabilito un legame con il lavoro di ricostruzione del partito, avranno buone ragioni per legarsi a noi nei mesi a venire. Quelli che, grazie alla campagna elettorale, hanno avuto modo di conoscere il lavoro di ricostruzione del partito e le organizzazioni che lo conducono, sono i candidati più prossimi a costituire le nuove organizzazioni.

La critica più corrente che viene fatta ai CARC è: avete una buona teoria, ma avete un ruolo molto limitato nell’attività delle masse popolari (cioè nella promozione, organizzazione, direzione dell’attività delle masse popolari). È una critica ai limiti dello sviluppo che finora abbiamo raggiunto, ma è anche un riconoscimento che siamo sulla buona strada. Noi dobbiamo chiamare ogni lavoratore e ogni compagno che ci rivolge una critica del genere, a fare sua quella buona teoria e a contribuire a superare quei limiti che vede così bene: anche noi li vogliamo superare.

 

2. Per legare i lavoratori avanzati alla ricostruzione del partito comunista, dobbiamo svolgere in ogni classe delle masse popolari, ma in primo luogo tra gli operai delle medie e grandi aziende, una vasta opera di propaganda e di agitazione contro il governo Berlusconi e l’azione di rapina che esso promuoverà per conto di tutta la borghesia imperialista e dobbiamo sempre combinare la lotta contro ogni aspetto particolare della rapina con la lotta contro il governo Berlusconi e contro la borghesia imperialista che lo ha portato e lo mantiene al potere. In particolare quindi dobbiamo propagandare le Dieci Misure Immediate.

La nostra propaganda e agitazione deve tendere a promuovere a ogni livello la più ampia unità dei lavoratori contro il  governo Berlusconi e la sua azione di rapina. Dobbiamo unire i lavoratori facendo leva, in ogni gruppo di lavoratori, sugli interessi reali che li contrappongono ai padroni e mettere in secondo piano le idee e le fantasie discordanti sotto cui ogni gruppo di lavoratori oggi presenta i suoi interessi. Noi siamo sicuri che queste fantasie saranno superate gradualmente, ma tanto più rapidamente quanto più le masse si impegneranno direttamente in una lotta vittoriosa contro i padroni, il loro Stato e i loro ordinamenti sociali.

In questo ambito dobbiamo dedicare particolare attenzione e risorse allo sviluppo delle lotte rivendicative degli operai. Le rivendicazioni economiche e normative della classe operaia, benché particolari, hanno un ruolo diverso da quelle delle altre classi. L’asservimento, l’oppressione e lo sfruttamento della classe operaia è “legato” al salario, alle norme del rapporto di lavoro e alla condizione in cui gli operai si trovano sul luogo di lavoro. Tutte le forme di oppressione e di sfruttamento che ci sono nella società attuale derivano dal rapporto di lavoro salariato capitalisti-operai o poggiano su di esso. L’evoluzione quantitativa di questo rapporto, le piccole conquiste preparano il grande salto, sono scuola di comunismo, sono strumento per l’accumulazione delle forze. Combattendo per i suoi interessi diretti e immediati, la classe operaia accumula le condizioni per prendere la direzione della lotta che ogni classe delle masse popolari conduce, ognuna per i suoi interessi, contro la borghesia imperialista.(15)

In conclusione, dobbiamo fare di ogni lotta rivendicativa e di difesa dei propri diritti, condotta anche solo da una piccola parte delle masse popolari, una scuola di comunismo (linea di massa).

 

15. Quanto al fatto che dobbiamo sfruttare il fatto che ogni classe delle masse popolari combatte per i suoi interessi (e non cercare di farle abbandonare la lotta che conduce nell’inutile tentativo di portarla a fare una lotta che noi immaginiamo), vedere lo scritto La classe operaia in Rapporti Sociali n.26/27.

 

 

3. I residui centri del vecchio movimento comunista, in particolare i sindacati di regime, saranno obbligati, per sopravvivere come organizzazioni di massa, a fare da centro di aggregazione e di organizzazione dell’opposizione degli operai e delle masse popolari. È un aspetto nuovo della fase che si apre oggi. Noi dobbiamo approfittare di questo aspetto della nuova fase. Sbaglieremmo se continuassimo a ripetere le nostre vecchie parole d’ordine che nella nuova situazione hanno perso di significato o addirittura sono diventate sbagliate. Il governo Berlusconi cercherà di completare l’opera che i governi di Centro-sinistra hanno già portato a buon punto: disgregare e disperdere completamente (o asservire completamente) le organizzazioni di massa dei lavoratori, in particolare i sindacati riconosciuti dalla massa dei lavoratori, che sono ciò che resta del vecchio movimento comunista e che da tempo sono ampiamente controllate dalla borghesia. Noi dobbiamo chiamare le masse a difenderle dal governo Berlusconi e dai padroni e nello stesso tempo a imporre ad ogni livello la volontà e gli interessi dei lavoratori in modo da farle funzionare nella misura maggiore possibile come centri di raccolta e di organizzazione delle masse e di promozione della loro resistenza contro i padroni. A questo fine, in nessun caso dobbiamo metterci al seguito dei gruppi borghesi d’opposizione al governo Berlusconi, dobbiamo mantenere in modo assoluto la nostra autonomia di costruttori del nuovo partito comunista: essa è l’autonomia della classe operaia che lotta per il comunismo. Al contrario dobbiamo dimostrare pazientemente a ogni lavoratore che i governi di Centro-sinistra, la borghesia di sinistra, i riformisti e i revisionisti hanno aperto la strada a Berlusconi, illustrare i vari aspetti del lavoro che hanno condotto in questo senso e mostrare sulla base dell’esperienza che la borghesia di sinistra, i riformisti e i revisionisti non sono capaci di promuovere realmente e di dirigere efficacemente la lotta contro il governo Berlusconi perché sono legati da mille fili ad esso e al sistema che lo ha generato e che lo sostiene.

 

Noi possiamo rivoltare a nostro favore la costituzione del governo Berlusconi, farne un evento favorevole alla nostra causa, favorevole al lavoro per la ricostruzione del partito comunista, ma alla condizione che manteniamo ad ogni costo  la nostra autonomia dalla borghesia di sinistra e dalle organizzazioni ad essa asservite. A questa condizione possiamo attirare al nostro lavoro e raccogliere i contributi anche degli ex partigiani e dei lavoratori che hanno partecipato alle grandi lotte contro il regime DC condotte negli anni ‘50 e ‘60 e che ora vedono dove il revisionismo e il riformismo hanno condotto quanto resta del vecchio movimento comunista, di tutti i lavoratori che non intendono rassegnarsi al futuro che il governo Berlusconi vuole loro imporre. Noi possiamo fare della lotta contro il governo Berlusconi la forma concreta nel nostro paese della lotta per il comunismo.

 

Marco Martinengo

 

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