Materialismo dialettico e religione

Rapporti Sociali n. 28 - luglio 2001 (versione Open Office / versione MSWord)

 

1. A chi vuole affidare una funzione importante, prima, sicuramente, il cielo trasmette amarezza nel cuore e nella volontà, crea fatica per i suoi nervi e per le sue ossa, fa soffrire il suo corpo di fame e pone la sua vita in estrema miseria, lo fa confondere e disturba il suo lavoro. In questo modo egli eccita il suo spirito e fa sì che il suo carattere diventi tenace e aggiunge alle sue capacità ciò che manca.

2. Un materialista rigoroso non ha nulla da temere.

3. La strada è tortuosa, il futuro è brillante.

4. Anche se sotto i colpi frontali del destino la tua testa viene ferita e il sangue scorre, non devi guardare indietro.(1)

 

1. Quattro frasi dedicate alla figlia Li Na in occasione della licenza scolastica, Mao Tse-tung, Opere, vol.23, pag.267, ed. Rapporti Sociali, Milano, 1994.

 

 

Premessa

Abbiamo sentito, talvolta, soggetti che si dichiaravano atei esprimere giudizi sulla religione di questo tipo: “Io non credo in Dio, ma invidio chi ci crede.” Dietro a giudizi come questo sta la seguente convinzione: “Io mi rendo conto che Dio non esiste, perché ragiono in modo scientifico e sono quindi al passo con la conoscenza più avanzata dell’umanità. Questa verità che mi sta di fronte, però, è amara. Perciò invidio coloro che non sono arrivati dove sono arrivato io, e coltivano un’illusione che io vorrei avere”. Questa convinzione rientra in una concezione del mondo secondo cui quanto più si avanza tanto più si perde qualcosa (e talvolta si perde il meglio), per cui varrebbe la pena non avanzare affatto. Sul piano del senso comune, questa convinzione è quella per cui si rimpiangono i tempi in cui si credeva alla Befana. Si tratta di una concezione superficiale, e che ci interessa criticare perché è stata fatta propria da soggetti che oltre che atei si sono dichiarati comunisti, perché è una concezione di fondo della cultura borghese di sinistra e perché è una concezione essenzialmente reazionaria e falsa.

Il movimento comunista, di cui noi siamo parte, è il movimento progressivo più potente dell’umanità. Il suo procedere è dialettico, ed il processo dialettico ha questo carattere: è un processo che nega nel modo più determinato ciò che sta alle spalle, ma allo stesso tempo mantiene ciò che nega.(2) Quindi, se la credenza religiosa ha avuto una funzione positiva per l’umanità (oltre a quella negativa di servire come fantasia per coprire lo sfruttamento, come “oppio dei popoli”) allora questa funzione positiva può benissimo essere raccolta dal movimento comunista, il quale, anzi, può assolverla in modo migliore, più vero. Sappiamo che la verità è rivoluzionaria, e possiamo dire anche che la verità è bella, e comunque, anche quando sembra brutta, è sempre più bella di ogni illusione. Quindi, se i soggetti di cui parliamo all’inizio si dichiarano possessori di una verità amara che quasi scambierebbero con l’illusione religiosa, ciò significa che si ingannano. La loro concezione del mondo in definitiva è un materialismo povero, arido e grossolano, non è materialismo dialettico, ed arretrato addirittura rispetto all’idealismo religioso.(3)

 

2. Questo non vuole dire che nella trasformazione tutto cambia e tutto resta uguale, come se la trasformazione fosse un’illusione. Facciamo un esempio riferito all’essere umano: l’uomo adulto è qualcosa di essenzialmente diverso rispetto al neonato, ma si tratta sempre dello stesso individuo. In campo sociale la funzione negativa è più evidente: la classe operaia nega (distrugge) l’ordinamento capitalistico, ma la società che si va a costruire porta oltre ciò che l’economia capitalistica ha fondato. Anzi, solo la società socialista può portare a frutto il patrimonio progressivo che il capitalismo ha sviluppato.

 

3. Non a caso molti che ragionano secondo questo tipo di materialismo facilmente lo abbandonano per abbracciare qualche fede o nel corso della vita o in punto di morte quando, di fronte a quella che è la negazione definitiva della vita di un individuo, l’individuo è costretto a guardare oltre se stesso.

  

Il compito che spetta a noi è quello di definire il passaggio dialettico attraverso cui ci possiamo lasciare alle spalle le fedi religiose sviluppando una concezione del mondo che mantenga ed esalti ogni ricchezza che quelle fedi hanno saputo cogliere. Per assolvere questo compito procediamo sul percorso tracciato fino ad oggi dal movimento comunista, e prendiamo come base quanto è già stato fatto da coloro che entro tale movimento sono stati i massimi teorici e dirigenti. Ci riferiamo, cioè, principalmente a Marx, a Engels, a Lenin, a Mao Tse–tung, e non tanto né solo come a coloro che hanno dedicato maggior attenzione alla questione religiosa, ma soprattutto come a coloro che hanno dato fondamento e sviluppo al materialismo dialettico.

 

L’analisi della questione religiosa nella teoria rivoluzionaria classica

La teoria rivoluzionaria si compone della scienza economica, della scienza politica, della scienza filosofica (il materialismo dialettico). Questa composizione può essere accusata di schematismo, ma gli schemi hanno la loro utilità, e non necessariamente uno schema è qualcosa di non vero, o una gabbia che rinchiude la realtà. Nel caso nostro la scienza economica è lo strumento più potente per l’indagine della realtà oggettiva, che corrisponde alla società umana per come è determinata dal modo di produzione capitalista. La scienza filosofica è quella dove si definiscono la concezione del mondo e il metodo della classe rivoluzionaria, scienza che si elabora in primo luogo entro la coscienza soggettiva della classe, cioè entro il partito comunista. La scienza politica è lo strumento principale attraverso cui questa coscienza soggettiva trasforma quella realtà oggettiva. La questione religiosa interessa ognuna di queste scienze.

La religione definita come “oppio dei popoli” è risultato dell’analisi della scienza economica. Il lavoro di Marx ed Engels è molto ricco di risultati in questo senso, e non a caso l’espressione “oppio dei popoli” è stata coniata da loro. In questo senso la liberazione dalle illusioni è la liberazione da condizioni che rendono le illusioni necessarie: non ci può essere liberazione dalla religione per via di una critica teorica della religione, ma solo con l’abolizione pratica dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La condizione economica, infatti, secondo la concezione materialistica è l’elemento principale e primo, quello che, in questo caso incessantemente genera date concezioni spirituali. Secondo la concezione materialistica quindi bisogna agire su questo elemento per abolire la sua facoltà di generare illusioni. Allo stesso tempo l’analisi della condizione economica (dei rapporti di produzione) ci permette di comprendere sia in generale che in particolare le concezioni spirituali che si sono generate entro la società condizionata da quei rapporti di produzione.(4)

 

4. Un’analisi esemplare in questo senso è quella di Marx sulla “questione ebraica” (vedi K. Marx, Scritti politici giovanili, Einaudi, Torino, 1975, pp. 355 – 394).

 

La scienza politica è naturalmente volta ad abolire il sistema dello sfruttamento capitalista, e quindi ad abolire i suoi orrori e i suoi errori. Questo è il suo fine generale. In particolare la scienza politica e la pratica che ad essa si accompagna hanno a che fare con la religione come credo fatto proprio da gran parte delle masse popolari. Questo è particolarmente vero in Italia, dove il cristianesimo ha avuto radicamenti e sviluppi importanti, e dove ha sede una potenza imperialista come il Vaticano. Il metodo da utilizzare in queste situazioni è tracciato nei programmi del movimento comunista, e anche nel Progetto di Manifesto Programma del nuovo Partito Comunista Italiano elaborato dalla Segreteria Nazionale dei CARC. È un metodo che consente la massima libertà religiosa, seguito anche nelle Dieci misure propagandate dal Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista (“punto 3: libertà per i fedeli di ogni religione di organizzare le loro pratiche religiose”). I partiti comunisti non reprimono le religioni. Combattono le condizioni che rendono quelle religioni necessarie ma, finché quelle condizioni esistono, non possono pretendere di abolirne gli effetti per decreto, o attraverso la repressione, o attraverso la distruzione degli oggetti di culto. Se anzi tra le masse popolari si esprime l’esigenza di avere uomini e donne addetti alle pratiche religiose, quali sacerdoti dell’uno o  dell’altro culto, il lavoro di tali uomini e donne andrà considerato come lavoro socialmente utile, e a coloro che lo svolgono sarà data possibilità di mantenersi.

La scienza filosofica constata che gli dei sono creazioni (immaginazioni) degli esseri umani e nega, quindi, le concezioni religiose che affermano il contrario, che, cioè, gli esseri umani sono creati da un dio. Questa constatazione è il punto di partenza per ogni ulteriore sviluppo della concezione materialista dialettica in merito alla religione.

 

 

*****Manchette

Le dieci misure per l'instaurazione del socialismo

Per che cosa lottiamo e chiamiamo gli operai, i lavoratori, le donne e i giovani delle masse popolari a lottare aderendo e unendosi nel Fronte Popolare per la ricostruzione del Partito Comunista? Per costruire un partito comunista che conquisti il potere estromettendo la borghesia imperialista e avvii la costruzione di una nuova società, la società socialista. Un partito comunista che abbia come programma immediato l'insieme delle misure e delle trasformazioni concrete per l'instaurazione del socialismo.

 

1. Tutto il potere è assunto da un nuovo Stato i cui organi, a ogni livello, sono Consigli di delegati dei lavoratori eletti e revocabili. Esso ha lo scopo di reprimere la borghesia imperialista, dirigere la riorganizzazione di tutte le attività collettive, in conformità agli interessi e volontà delle masse. Polizia, forze armate e magistratura popolari dipendenti a ogni livello dai Consigli. Liberazione di tutti i prigionieri politici anticapitalisti. Effettivo e adeguato reinserimento nella vita sociale degli altri detenuti appartenenti alle masse popolari.

2. Scioglimento di tutti gli ordinamenti e le istituzione del vecchio Stato della borghesia e confisca di tutte le loro dotazioni. Smantellamento di tutte le basi militari e di tutte le agenzie degli Stati imperialisti. Riconoscimento del diritto di autodeterminazione per le parti del paese dove si fossero sviluppati movimenti nazionali.

3. Libertà per i fedeli di ogni religione di organizzare le loro pratiche religiose. Abolizione del Vaticano e di tutti gli altri privilegi della Chiesa cattolica. Nazionalizzazione di tutte le proprietà che il Trattato del Laterano del 1929 e le successive modifiche hanno dato al Vaticano e di tutte le proprietà degli ordini religiosi e affini.

4. Rottura di tutti i trattati internazionali che contrastano con l'instaurazione del socialismo, uscita immediata dalla NATO, dalla UE e dalle altre organizzazioni create per l'aggressione e il saccheggio imperialisti. Applicazione dei principi di coesistenza pacifica nelle relazioni con tutti i paesi. Collaborazione con gli Stati e i movimenti che lottano contro l'imperialismo, per la liberazione nazionale e per il socialismo.

5. Abolizione per tutti i membri della borghesia imperialista di ogni diritto politico e delle libertà di riunione, di organizzazione e di propaganda; confisca di tutti i loro beni personali mobili (denaro, titoli, gioielli) e immobili; iscrizione obbligatoria al Servizio Nazionale del Lavoro. Cambio della moneta: sostituzione dell'euro con nuova moneta nazionale.

6. Libertà politiche e civili per ogni membro delle masse popolari con uso gratuito dei mezzi pratici necessari per esercitarle (edifici, mezzi di comunicazione, di informazione e di trasporto, ecc.). Libertà di riunione, di organizzazione, di propaganda, di sciopero, di accesso all'informazione e all'istruzione. Divieto di tutte le forme di oppressione e discriminazione razziale, sessuale e culturale. Rispetto delle proprietà individuali e collettive dei membri delle classi delle masse popolari.

7. Inserimento delle donne delle masse popolari nella vita economica, politica e culturale senza alcuna discriminazione rispetto agli uomini. Diritto per tutti i ragazzi e i giovani a ricevere una formazione integrale e gratuita, a svolgere un lavoro sano, a disporre degli spazi e dei mezzi per il libero sviluppo delle loro attività. Assoluta parità di tutti i diritti politici e civili per tutti i lavoratori immigrati. Diritto per tutti i bambini a essere amati, a vitto e alloggio sani, all'assistenza familiare e all'educazione. Rispetto per ogni anziano e diritto ad avere una vita sociale dignitosa. Sicurezza sociale, sanità e scuola gratuita per tutti.

8. Realizzazione del dovere e del diritto di ogni persona adulta a svolgere un lavoro socialmente riconosciuto: creazione del Servizio Nazionale del Lavoro a cui devono iscriversi tutti gli adulti abili al lavoro che non svolgono già un lavoro riconosciuto, a disposizione dei Consigli per lavori socialmente utili. Diritto di ogni persona a disporre di condizioni dignitose di vita sulla base della sua iscrizione al Servizio Nazionale del Lavoro o dello svolgimento di altro lavoro riconosciuto. Riduzione del tempo di lavoro obbligatorio, miglioramento delle condizioni di lavoro. Uso gratuito di tutti i servizi pubblici e delle reti: energia elettrica, telefono, acqua, gas, posta, trasporti urbani, ferroviari e su strada, ecc.

9. Nazionalizzazione di tutte le banche e società finanziarie di ogni genere e di tutte le imprese ed enti di proprietà della borghesia imperialista: industriali, agricole, commerciali, dei trasporti, dei servizi, delle comunicazioni e di ogni altro genere. Affidamento di essi in gestione ai Consigli. Rispetto della proprietà delle aziende familiari, individuali e cooperative. Creazione di un Consiglio nazionale dell'economia con l'incarico di coordinare tra loro l'attività di tutti gli organismi economici, bancari e finanziari gestiti dai Consigli e di coordinare con essi l'attività delle imprese familiari, individuali e cooperative, con l'obiettivo di rafforzare la produzione e indirizzarla a soddisfare i bisogni materiali e spirituali delle masse.

10. Affidamento in gestione ai Consigli di tutti i servizi pubblici (servizi sanitari, scolastici, assistenziali e culturali, lavori pubblici, trasporti, acque, strade, porti, ecc.). Impiego dei beni immobili confiscati alla borghesia imperialista per dare a ogni famiglia un'abitazione sana e spaziosa e per soddisfare gli altri bisogni individuali e collettivi delle masse popolari.

  

*****

 

Il superamento della religione entro il materialismo dialettico

Il superamento della religione si ha nella pratica, come s’è detto, attraverso l’abolizione delle condizioni che la rendono necessaria in quanto concezione illusoria. La pratica mantiene sempre priorità rispetto a ogni teoria, e anche rispetto al materialismo dialettico. “La pratica è il criterio della verità”(5): questa è la premessa fondamentale del materialismo dialettico, di ogni sua premessa e di ogni sua conclusione. La teoria dal canto proprio conserva autonomia, non è, cioè, una riproduzione meccanica della realtà. Ha proprie leggi che sono, fondamentalmente, le leggi della logica. Il superamento della religione a livello teorico segue quelle leggi, partendo dalle premesse che fondano il materialismo e la dialettica.

La concezione del mondo del proletariato è materialista ed è dialettica.(6) È materialista perché riconosce che la realtà oggettiva è indipendente dalla coscienza, ed è dialettica perché riconosce che ogni cosa è contraddittoria.(7) Queste sono le due premesse su cui si fonda la nostra concezione del mondo: sono conoscenze elaborate a seguito dell’esperienza millenaria dell’umanità e continuano a confrontarsi con quell’esperienza, perché per quanto fondamentali non sono dogmi, ma verità che si confermano solo e sempre in relazione alla pratica.

 

5. Mao Tse-tung, Opere, Ed. Rapporti Sociali, Milano, 1991, vol. 5, pag.243. La pratica come criterio di verità è affermata da Lenin, da Marx, da Hegel. “… è indubbio che in Hegel la pratica si pone come un anello nell’analisi del processo della conoscenza e precisamente come il trapasso alla verità oggettiva… Marx si ricollega quindi direttamente a Hegel, introducendo il criterio della pratica nella teoria della conoscenza…” (Lenin, Quaderni filosofici, Editori Riuniti, 1971, pag. 196–197).

 

6. Mao Tse – tung, op. cit. pag. 134: “Il materialismo dialettico è la concezione del mondo del proletariato”.

 

7. Mao Tse – tung, op. cit., pag. 188: “… la contraddizione esiste nel processo di sviluppo di ogni cosa”.

 

8. Il cristianesimo e l’ebraismo spiegano questi passaggi con la narrazione biblica: Dio condanna gli esseri umani a guadagnarsi il pane con il sudore della fronte.

 

La realtà oggettiva è quindi indipendente dalla coscienza. Questa sua qualità è determinante: noi scopriamo una realtà oltre il nostro pensiero. È una scoperta che otteniamo non senza sforzo: infatti l’umanità raggiunge questa verità dopo molteplici esperienze negative, dopo aver sperimentato molte volte che il mondo non è un riflesso di noi stessi, dopo aver constatato che la realtà risponde alle nostre esigenze solo attraverso la trasformazione che le imprime la nostra pratica lavorativa (8) e solo dopo che ne abbiamo compreso qualità essenziali attraverso la conoscenza scientifica. Ciò che vale per la specie vale per l’individuo: il bambino riconosce la realtà a sé esterna solo attraverso un processo che dura anni.

Già la concezione magica del mondo comprende, in qualche modo, che esiste qualcosa oltre al nostro pensiero: i riti, le formule magiche, gli amuleti e tutto quanto appartiene a questa concezione deve valere a guadagnarsi il favore di esseri a noi estranei, dei o potenze naturali. Le religioni, e in particolare le religioni monoteiste, costituiscono un passo avanti rispetto alla concezione magica. Il dio unico è la sintesi estrema a cui arriva la concezione religiosa. Non esiste, però, come essere oggettivo: è soltanto un modo in cui gli esseri umani sono arrivati a immaginarsi la realtà come un tutto unico.

Questo dio quindi è un essere immaginato. Si presta a essere utilizzato per giustificare la divisione in classi e lo sfruttamento di una classe sull’altra: infatti sta di fronte a noi come opposto, e ciò significa che se noi siamo imperfetti egli è perfetto, se noi siamo mortali egli è immortale, se noi siamo impotenti egli è potente. Tutte queste sue qualità positive a fronte delle nostre qualità negative sono fatte proprie dalla classe che ci opprime. Quella classe è nel giusto, è  invincibile, merita ogni sacrificio da parte nostra, e così via.

Onnipotenza, creatività, eternità, assolutezza, infinità sono tutte qualità che la religione attribuisce al dio, e che la classe dominante attribuisce a sé.(9) La religione divide la realtà: per essa lo spirito è una cosa, la materia un'altra. Tutto ciò è specchio di quella divisione in classi che la classe dominante afferma come insuperabile.

Andiamo oltre, e torniamo a noi, alle nostre premesse di fondo. È vero che esiste qualcosa d’altro rispetto a noi. Non è un dio, ma è la realtà materiale,(10) che crea e si ricrea, che si sviluppa in ciò che è infinitamente grande e in ciò che è infinitamente piccolo e che infinitamente si trasforma. Che relazione ha questa realtà materiale con la nostra coscienza?

La realtà materiale è contraddittoria, perché ogni cosa nella sua totalità e in ogni sua parte è contraddittoria. Questo significa che ogni cosa è unità di opposti. Anche la realtà materiale, quindi, è unità di opposti, cioè è se stessa e il proprio opposto, e l’opposto della materia è il pensiero. Così si descrive, a livello teorico, il processo di generazione della coscienza entro la materia.

 

9. Quando si afferma che la classe dominante, la borghesia imperialista, è onnipotente, e che le masse popolari sono inerti come sassi, incapaci di slancio creativo, si è del tutto all’interno della concezione religiosa anche se ci si dichiara di sinistra, o rivoluzionari, o comunisti. “Ritenere che la gente che ci circonda non capisce, senza pensare che la gente può cambiare. È come credere nel fato e pensare che le cose non possono cambiare.” (Mao Tse-tung, Opere, cit., vol. 5, pag.245).

 

10. “… l’unica ‘proprietà’ della materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza.” (Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, in Opere scelte, Ed. Riuniti, Roma 1973, vol. III, p.214).

 

La materia, la realtà oggettiva, genera la coscienza come qualcosa a sé opposto e da sé distinto, e attraverso la coscienza la materia si riconosce e si trasforma. Questo processo, che interessa la totalità del reale, si ripete nella generazione del partito. La coscienza della classe operaia non è affatto la somma delle coscienze di tutti gli operai, come può pensare qualcuno. La coscienza della classe operaia, ciò attraverso cui la classe si riconosce come soggetto distinto e autonomo, ciò attraverso cui la classe si organizza e opera la trasformazione rivoluzionaria, è il partito comunista. La classe operaia genera in sé, come organo distinto da sé, il partito comunista, così come nella totalità del reale l’essere materiale genera una coscienza che ne è parte integrante e allo stesso tempo da esso si distingue come opposto.

Entro la totalità del reale la contraddizione appartiene a ognuno degli opposti: è contraddittoria la materia ed è contraddittorio il pensiero. Da un lato la materia oggettiva genera entro di sé la coscienza soggettiva. La stessa coscienza dal proprio lato si divide, e dentro di sé riproduce la contraddizione tra oggettività e soggettività. È coscienza che è in sé divisa, che è soggetto e che è oggetto.

Il metodo dialettico ci insegna che ciò che è uno resta uno solo se si divide in due,(11) e i due di cui stiamo parlando sono non tanto forme diverse della stessa cosa,(12) ma cose diverse, anzi opposte. Quindi i due poli della contraddizione interna alla coscienza sono una stessa coscienza, sono l’unico soggetto, che allo stesso tempo è quello e un altro, un soggetto e un oggetto. Noi non siamo “soli con noi stessi”, ma insieme a noi stessi. Non è un rapporto tra noi e un’immagine riflessa, o tra noi e un dio da noi immaginato, presente alla nostra coscienza. È rapporto immediato tra la coscienza e l’infinita ricchezza della realtà oggettiva e concreta che sta prima di tutto e sempre fuori di noi e indipendente rispetto a noi, ma anche dentro di noi, e in identità con noi.

 

11. Quando si dice che l’uno si divide in due ciò non significa che l’unità si perde, ma che si conserva come identità di opposti.

 

12. Non sono, cioè, due facce della stessa luna, o due modi di essere che si alternano come il giorno segue alla notte.

 

Secondo la religione ciò che il materialismo descrive come realtà materiale è qualcosa di passivo, di sordo alle nostre esigenze, di morto. La religione non rivela la ricchezza che la realtà materiale racchiude in sé, perché non comprende il  nesso tra l’essere e il pensare. Prende una verità, quella secondo cui esiste qualcosa d’altro dalla nostra coscienza, attribuisce a questo altro una coscienza che sarebbe diversa rispetto alla nostra e lo chiama dio. In realtà quella coscienza è diversa in noi, non fuori di noi. Il materialismo che afferma l’oggettività come esterna al soggetto è dialettico perché afferma l’oggettività come interna all’oggetto.

Abbiamo trattato la relazione tra oggettività e soggettività in un modo che forse risulta astruso. In realtà stiamo trattando di questioni astratte, e l’astrazione è necessaria per l’argomento in questione. Oltretutto stiamo spiegando alcuni aspetti della realtà attraverso lo strumento della dialettica, per cui si afferma qualcosa e immediatamente dopo si afferma il suo contrario: si dice che la realtà oggettiva è esterna e poi che è interna alla coscienza, si dice che la coscienza è il soggetto e poi che è anche l’oggetto. Non stiamo facendo confusione né misticismo. L'esposizione della dialettica ha questa complicazione, per cui si fanno affermazioni che sono l’una il contrario dell’altra e si pongono l’una dopo l’altra. Le affermazioni contrarie sono invece vere contemporaneamente, e si pongono l’una di fronte all’altra non per annullarsi, ma come opposti in un’unità. Quando si legge, e in generale quando si cerca di conoscere qualcosa, si tende a considerare la realtà in modo unilaterale, a prendere qualcosa come verità assoluta e a negare assolutamente il suo contrario. Questa unilateralità si supera attraverso la dialettica, e lo sforzo necessario indica che stiamo facendo passi avanti.

In generale, poi, quando si tratta di questioni filosofiche, visto che la filosofia è scienza del pensiero astratto, delle idee, si corre il rischio di essere accusati di essere astratti o addirittura idealisti. Si dimentica che ogni grande dirigente del movimento comunista si è occupato della scienza filosofica. È vero che entro il movimento comunista questa scienza ha avuto e ha meno attenzione rispetto all’economia e alla politica. Marx si ripromise di dare un’esposizione della dialettica dal punto di vista strettamente filosofico, ma non ebbe modo di farlo. Mao Tse–tung scrive: “La dialettica ci appare difficile perché non c’è ancora nessun testo che presenti la dialettica in modo adeguato… Prima o poi dobbiamo compilare un libro del genere… Finora non abbiamo avuto la possibilità di scrivere un libro utile sull’argomento, ma non è detto che essa non si presenti nel futuro.” (Mao Tse–tung, Opere, cit., vol.5, p.159). Nemmeno Mao tuttavia riuscì a portare a termine quel lavoro per cui fino ad allora, egli dice, è mancata “la possibilità”. Probabilmente il motivo per cui di filosofia ci si è occupati meno che di altro sta nel fatto che la possibilità è mancata, perché di filosofia ci si può occupare quando sono state assolte altre necessità fondamentali, e la necessità fondamentale per la classe operaia è l’analisi della situazione oggettiva dal punto di vista economico e la padronanza dello strumento politico per la trasformazione rivoluzionaria. Politica ed economia quindi vengono prima, ma della scienza filosofica non si può fare a meno, perché è componente di fondo della teoria rivoluzionaria. Perciò si comprende come mai, ogni volta che l’avanzata delle masse popolari ha subito sconfitte più o meno pesanti (dopo il 1848 in Europa, dopo il 1905 in Russia, negli anni Trenta in Cina, e, per quanto ci riguarda, dopo gli anni Settanta in Italia), i dirigenti del movimento comunista hanno rivolto la loro attenzione alla dialettica intesa come scienza filosofica.

 

Il materialismo dialettico è una concezione del mondo. È la concezione del mondo del proletariato, e in particolare del partito comunista: ciò significa che entro il partito tale concezione si trova esposta e praticata, come metodo, al livello più determinato. Il partito è da un lato sintesi, coscienza della classe operaia, dall’altro è insieme di membri, ognuno dei quali è un individuo con una coscienza individuale. È nella dimensione individuale della coscienza che l’ideologia borghese e le concezioni religiose che la sostengono tentano di insinuarsi, alimentando tutto ciò che di negativo appartiene all’individuo che non sa andare oltre a se stesso: l’egoismo, l’ignoranza, le paure che accompagnano tutto questo. Ma, come dice Mao Tse-tung, “un materialista rigoroso non ha nulla da temere”. Il materialismo, infine, non gli serve come concezione del mondo che valga a dargli pace interiore a fronte di un mondo che va per conto suo. Gli serve come metodo per la trasformazione di quel mondo.

 Ciò vale in generale. In particolare, quando io non mi considero come essere umano in generale, ma agisco come membro di un partito comunista, la relazione non è quella generale tra la mia coscienza individuale e la realtà oggettiva nella sua totalità, ma è quella tra me come individuo e il partito. È relazione tra essere individuale ed essere collettivo, relazione di differenza e di identità. Quando un membro del partito agisce secondo la linea del partito, quando segue la disciplina del partito, non abbiamo una pecora che va con il gregge di Cristo il pastore, ma abbiamo il partito stesso che agisce. Non c’è, per noi, una chiesa la quale ha relazioni speciali con un essere supremo il quale emana dogmi. C’è (c’è stato e ci sarà) un partito che vive se incarna le esigenze delle masse popolari, che si identifica, quindi, con noi che delle masse siamo parte e che con il partito ci identifichiamo.

 

C’è qualche remora a trattare di questioni religiose tra le forze soggettive della rivoluzione socialista. Sembra che a farlo si rischi di sporcarsi le mani, così come se si decide di partecipare alle elezioni indette dalla borghesia si rischia di essere considerati già venduti al nemico. Oggi limitarsi a ripetere che la religione è “l'oppio dei popoli” non significa fare un buon servizio alla critica. Chi si limita a questo riproduce il disprezzo borghese per le masse, che sarebbero, oltre che arretrate e vili, stordite dalla droga dello spirito. La concezione religiosa va criticata, non serve alla trasformazione della realtà, ma per superarla bisogna metterci le mani dentro, vedere come funziona, quali sono i suoi principi attivi, come mai ha avuto il successo che ha avuto nei millenni. Le istituzioni religiose funzionano sempre meno, è vero, ma funzionano ancora, e a ogni sconfitta del movimento comunista ritornano a fare danno. Il movimento comunista ha individuato da subito la natura mistificatoria delle concezioni religiose, ma se si rimane a questo si resta ai primi principi. Questi principi se non sono sviluppati si riducono ad astrazioni, e in generale non basta che si comprenda la falsità di una cosa perché quella cosa scompaia immediatamente. Si tratta quindi di entrare nei particolari, con gli strumenti della critica. Gli strumenti sono quelli della nostra concezione del mondo e del nostro metodo, cioè il materialismo e la dialettica. Lo scopo è sviluppare la nostra concezione, per adeguarla a un partito comunista che ha da lavorare in un paese dove la Chiesa Cattolica domina soprattutto attraverso la sua potenza economica ma anche attraverso la sua influenza spirituale. L’analisi che abbiamo esposto è un punto di partenza. Ad essa ha da accompagnarsi l’analisi che, appunto, individua nel Vaticano il principale ostacolo allo sviluppo del movimento comunista nel nostro paese e quindi il nemico più serio per il partito comunista. Oltre a questo faremo seguire un’altra analisi necessaria, che comprenda i limiti del vecchio partito comunista italiano di fronte alla critica della religione. Stabiliti i termini oggettivi e soggettivi della questione avremo così una base sufficiente per sviluppare la questione in modo completo e nuovo.

È importante, come punto di partenza per il nostro lavoro, considerare ognuna delle molte affermazioni che si condensano in uno scritto breve, già pubblicato su questa rivista. Di seguito lo riportiamo per intero.

 

La religione e la lotta per il comunismo (13)

 

13. Rapporti Sociali 14-15, p.17.

 

Alcuni compagni assumono in modo dogmatico la tesi di K. Marx che la religione è “l’oppio del popolo”. Marx enunciò questa tesi nell’articolo Per la critica della filosofia del diritto di Hegel pubblicato nel 1844 nei Deutsche – Franzosische Jahrbucher. Quella tesi si riferiva al ruolo della religione nella lotta politica e culturale della Germania dell’epoca, in cui la religione era l’espressione culturale, a livello popolare, del partito della reazione; di certo questa tesi non rispecchia né il ruolo della religione cristiana nell’epoca della decadenza dell’impero romano (come ben illustra F. Engels nello scritto Le origini del cristianesimo) né il ruolo dell’Islam nel periodo dell’espansione dei popoli arabi (circa dal 600 al 1300), né il ruolo delle religioni cristiane nel periodo dell’espansione europea nel mondo (circa dal  1400 al 1900). La religione è una rappresentazione fantastica, non scientifica del mondo elaborata dagli uomini a cui corrispondono pratiche rituali di intervento sull’uomo e sulla natura spesso efficaci. Infatti come ogni forma di rappresentazione, anche la religione risponde a dei bisogni della vita materiale e ne rispecchia i limiti e i successi. Essa comprende la rappresentazione di un mondo desiderato e anche la sua trasfigurazione in sogno. Come ogni forma di coscienza, essa riflette la contraddizione della condizione pratica degli uomini che producono quella coscienza. In particolare la religione, come ogni altra forma di coscienza, è diversa per le varie classi e ne rispecchia le contraddizioni della vita reale. Vale per la religione quello che vale per le altre forme di coscienza e per la cultura in generale: la condizione specifica di ogni classe si riflette nella sua cultura, le contraddizioni tra le classi si riflettono nelle contraddizioni tra le scuole culturali, la cultura dominante è quella della classe dominante, ecc. Come per ogni altra forma di coscienza, anche la religione è trasformata principalmente dal movimento pratico. Nello scritto sopraccitato Marx giustamente afferma: “L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”. Bisogna trattare scientificamente anche la forma religiosa della coscienza, come quella artistica. Il fatto che il pensiero scientifico sia una forma superiore di coscienza, non cancella il ruolo delle forme inferiori. La forma superiore dimostra di essere tale anche sapendo trattare le forme inferiori. Al contrario alcuni compagni conducono contro la religione una lotta di tipo idealista, in cui la “scienza” vuole negare ciò che non sa né risolvere né trasformare. Un conto è lottare contro la confusione tra sogno e realtà, contro la pretesa di vincere una battaglia con una poesia, contro la pretesa di sostituire l’immaginazione del mondo alla sua conoscenza scientifica; un altro è negare il ruolo del sogno, della poesia, dell’immaginazione. In conclusione, i comunisti e le forze soggettive della rivoluzione socialista devono elaborare sulla base del materialismo dialettico, la relazione tra la lotta per il socialismo e la coscienza religiosa delle masse, relazione che assolutamente diverge da quella della borghesia di sinistra. La coscienza non è l’uomo, ma solo un aspetto dell’uomo. Parimenti il pensiero scientifico non è la coscienza, ma solo una parte (un aspetto) di essa.

 

Angelo Crippa

 

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