Chi dirige il FP-rpc?

Rapporti Sociali n. 29 - marzo 2002 (versione Open Office / versione MSWord)

 

Il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista viene un po’ alla volta delineandosi meglio. Si tratta di creare un ambito che di fatto metta in relazione tra loro la più gran quantità possibile di FSRS (e di organizzazioni di massa anticapitaliste), che crei relazioni aperte tra tutte le FSRS e momenti di incontro collettivo in modo che esse svolgano tra loro un dibattito libero e diffuso sulle condizioni della costituzione del partito comunista, il suo programma e la sua natura, che ogni iniziativa politica sia condotta da tutte le FSRS che la condividono e sia usata come terreno di verifica e di inchiesta, che siano solidali tra loro contro la borghesia imperialista e le operazioni della controrivoluzione preventiva.

La costituzione di un ambito del genere viene facendosi strada dal 1998. La prima proposta in tal senso risale alla Dichiarazione congiunta datata 5 settembre 1998 firmata da Iniziativa Comunista, Linearossa e Movimento Proletario Anticapitalista (vedasi Rapporti Sociali n. 21, pag. 6) e venne ripresa alcuni mesi dopo da IC e da LR (Appello contro la frantumazione nella lotta per la ricostruzione del partito comunista). Come spesso succede, la prima concezione rispecchiava solo in parte le esigenze reali che con maggiore o minore forza si impongono a ogni FSRS. Solo l’esperienza avrebbe diviso ciò che era vitale da ciò che era velleitario sogno soggettivo o strascico del passato. La Dichiarazione e poi l’Appello proponevano di costituire una specie di federazione di FSRS che doveva invertire la tendenza alla frantumazione e servire come fase di passaggio dalle FSRS al partito comunista. Inteso in questo modo, la proposta ebbe vita breve anche per gli stessi autori. Essa aveva aspetti positivi (contro l’isolamento delle FSRS l’una dall’altra e per la centralità del compito della ricostruzione del partito comunista). Ma aveva limiti tali che la rendevano irrealizzabile. Quali? Il principale è che non teneva conto della trasformazione che le FSRS devono compiere per dar luogo al partito e, in secondo luogo, non teneva conto neanche delle differenze e delle divergenze esistenti tra le FSRS sia quanto alla loro composizione, alla loro vita interna, alla loro attività, sia quanto alla teoria che le guida (concezione del mondo, analisi della situazione, linea e metodo di lavoro). Di conseguenza non indicava il modo per favorire la trasformazione e per trattare le divergenze. Né proponeva esplicitamente discriminanti (chi unire),(1) né proponeva un metodo per superare le divergenze favorendo la trasformazione. L’unità proposta non escludeva esplicitamente la lotta, ma di fatto, escludendo lo scontro e sopprimendo la differenza, subordinava l’avanzato all’arretrato e impediva che l’avanzato, procedendo e aprendo la strada, guidasse l’arretrato. Poneva l’organizzazione prima della politica. Era insomma inficiata di quello che abbiamo chiamato rapporto da intergruppo (Rapporti Sociali n. 23/24, Quale collaborazione con le FSRS? pag. 12). L’unità proposta era basata sulla buona volontà. Mentre riusciremo a crearla solo se seguiamo le leggi del percorso necessario. I limiti della proposta erano tali da rendere impossibile l’attuazione. I CARC fecero allora alcuni tentativi per porre all’ordine del giorno quei limiti,(2) ma non ebbero successo. I proponenti non volevano ascoltare ragione e i CARC nell’immediato non erano nelle condizioni per assumere in prima persona la proposta adeguandola alla situazione effettiva, di cui non avevano neanche essi una coscienza sufficiente.

 

1. È indispensabile tracciare discriminanti e che siano discriminanti giuste, chiaramente definite, discusse, assimilate e applicate nella pratica. Le FSRS prima di essere una categoria, sono un fenomeno storico (si veda in proposito l’articolo I tre stadi, pubblicato su La Voce n. 9). Sono quanto resta del movimento comunista (inteso come movimento cosciente) a seguito del lavoro di corruzione e devastazione compiuto in esso dal revisionismo moderno e della lotta condotta in esso contro il revisionismo moderno. Dopo 150 anni di movimento comunista e dopo i grandi successi conseguiti da esso nel secolo XX, vi sono concezioni che si dicono comuniste ma che in realtà sono state espulse come scorie e rami secchi dal movimento comunista nel corso del suo sviluppo e come condizione del suo successo (anarchismo, trotskismo, bordighismo, ecc.). Con i gruppi e gli individui che impersonano queste concezioni non è possibile alcun serio discorso sulla ricostruzione di un partito comunista adeguato ai compiti della nostra fase, è sbagliato porre la ricostruzione del partito comunista come compito co mune con essi. Non principalmente perché i loro membri siano tutti individualmente collegati agli organismi della controrivoluzione preventiva, benché storicamente i gruppi che impersonano quelle concezioni siano stati di fatto ripetutamente, in diversi modi e non casualmente strumentalizzati dagli organismi della controrivoluzione preventiva. Ma principalmente perché, per costruire un partito comunista adeguato ai compiti della fase, noi dobbiamo valorizzare le tendenze positive esistenti nelle masse popolari e il positivo del vecchio movimento comunista, a cui quelle concezioni sono ostili per natura e per nascita. In generale dobbiamo anzitutto porci all’altezza del vecchio movimento comunista, come suoi eredi e liberarci dalle deviazioni che già esso ha dimostrato essergli ostili o estranee. Da qui dobbiamo partire per fare quei progressi nel campo della concezione del mondo e dell’arte rivoluzionaria richiesti sia dal bilancio della sconfitta del vecchio movimento comunista ad opera del revisionismo moderno sia dalla mutata situazione.

 

2. Vedasi Rapporti Sociali n. 19 (in particolare Le sei discriminanti e i quattro problemi) e n. 20, 21 e 23/24 (in particolare Quale collaborazione con le FSRS?).

 

Non a caso il tentativo di attuazione della proposta naufragò di lì a pochi mesi senza che i proponenti ne tirassero mai pubblicamente un bilancio. Un modo di procedere assolutamente negativo, che favorisce proprio quella frantumazione che la proposta voleva combattere. Ma gli aspetti positivi che la proposta conteneva continuarono a farsi valere. Essi esistono nella realtà delle FSRS e delle loro attività, prima di esistere nella coscienza di alcuni loro membri: tutti nel loro lavoro urtano contro i propri limiti.

Gli aspetti positivi della proposta del fronte si sono espressi in varie iniziative che da allora in qua sono state prese da varie FSRS. Basti pensare al Coordinamento Comunista (Movimento per la Confederazione dei Comunisti, Contro-piano, Rete dei Comunisti, ecc.), all’appello (Unire le forze!) lanciato nel settembre 2000 dalla redazione di Scintilla e accolto in tempi successivi dal Circolo Lenin di Catania e dalla redazione di Politica comunista di Firenze, all’appello lanciato dal Comitato Marxista-Leninista d’Italia (La via al comunismo), ai ripetuti convegni nazionali e regionali promossi nell’ultimo anno.

Nell’estate del 2000 la proposta venne rilanciata dalla Commissione Preparatoria (CP) del congresso di fondazione del (nuovo)Partito Comunista Italiano (La Voce n. 6). La CP sosteneva che “in occasione delle prossime elezioni politiche [quelle che poi si tennero nel maggio 2001] le FSRS devono costituire un Fronte per la ricostruzione del partito comunista che presenti proprie liste in ogni circoscrizione elettorale in cui ha la forza necessaria e conduca la campagna elettorale all’insegna della parola d’ordine “ricostruire il partito comunista”, per raccogliere collaborazioni, sottoscrizioni, consensi e voti alle proprie liste e diffondere la nostra parola d’ordine anche più in là di quelli che la raccoglieranno subito e che già nelle prossime elezioni si schiereranno con noi”. I CARC hanno raccolto e fatto proprio questo appello in occasione delle elezioni (il bilancio di questa iniziativa è stato pubblicato su Rapporti Sociali n. 28) e lavorano dopo le elezioni per fare del FP-rpc l’ambito di cui dicevo all’inizio (vedasi la proposta di Piattaforma datata settembre 2001).

La costituzione di un simile Fronte è un passo importante verso la ricostruzione di un vero partito comunista che sia all’altezza della situazione rivoluzionaria in cui ci troviamo.

Quali sono i compiti principali posti dalla costituzione del Fronte?

Anzitutto bisogna coinvolgere almeno di fatto il più gran numero di FSRS che soddisfano alle discriminanti. A questo fine bisogna contattarle tutte, non limitarsi a quelle che si suppone saranno d’accordo. Ma ancora più importante di ciò è che tutte le FSRS che aderiscono al Fronte pratichino con ognuna delle FSRS che soddisfano alle discriminanti un rapporto da Fronte. Perché se soddisfano alle discriminanti, anche se ancora non aderiscono al Fronte (e ciò indica il predominio della destra), esiste in ognuna di esse una sinistra che può essere mobilitata e perché, proprio perché soddisfano alle discriminanti, ad esse sono legati anche lavoratori avanzati capaci di partecipare alla ricostruzione del partito comunista.

Cosa vuol dire avere un rapporto da Fronte?

Semplicemente tre cose. 1. Studiare le loro posizioni, la loro esperienza e le loro opinioni, farne oggetto di dibattito e di critica pubbliche e assimilare il positivo. 2. Invitare sistematicamente e pubblicamente queste FSRS alle proprie iniziative e partecipare attivamente alle loro tutte le volte che sono giuste e che ci sono le forze per farlo. 3. Praticare la solida rietà con queste FSRS di fronte alle manovre e alla repressione degli organi della controrivoluzione preventiva e della borghesia imperialista in generale.(3)

Alcuni compagni hanno già posto la questione: chi dirige il FP-rpc? È una questione importante e bisogna dare una risposta chiara e giusta. Dare risposte chiare è un mezzo per arrivare alla risposta giusta. Il FP-rpc non ha, né attualmente può avere, una direzione in senso organizzativo. Vi sono situazioni in cui una direzione in senso organizzativo non può esistere, sarebbe nociva ed inutile e ogni tentativo di crearla finisce o nel grottesco o nello sfascio. Sono situazioni che si sono già presentate varie volte nella storia del movimento comunista. Marx ed Engels hanno addirittura ripetutamente sciolto delle organizzazioni (Lega dei Comunisti, I Internazionale) perché erano diventate un intralcio allo sviluppo del movimento.(4) Ci sono situazioni in cui esiste un’unione di fatto che non consente, per le sue caratteristiche, una unità organizzativa (quindi una direzione). Anche la II Internazionale per i primi dieci anni di vita, durante il suo periodo più positivo, in cui condusse lotte internazionali come quella del 1° maggio e delle 8 ore e, per dirla con Stalin, favorì la costituzione di partiti operai marxisti in vari paesi, non aveva un organo di direzione. I partiti aderenti tenevano periodicamente dei congressi internazionali in cui approvavano delle risoluzioni programmatiche e concordavano anche alcune iniziative comuni. Per il resto mantenevano una rete di rapporti di dibattito e di solidarietà tra di loro. Per le FSRS del nostro paese creare un ambito del genere è oggi un importante passo avanti, contro l’isolamento e la frantumazione, favorirà e accelererà il dibattito (la definizione del programma e della natura del futuro partito), potenzierà le iniziative positive di ogni FSRS, favorirà il radicamento delle FSRS nelle masse (la raccolta del contributo dei lavoratori avanzati).

 

3. Questo è il motivo per cui dopo gli arresti di maggio i CARC hanno promosso la solidarietà nei confronti degli arrestati e di IC, benché non condividano la linea adottata dagli arrestati e da IC dopo gli arresti.

 

4. Engels ne parla esplicitamente nella sua lettera a Ph. Becker del 10.2.1882 (Opere, vol. 35).

 

L’organizzazione e la direzione del FP-rpc dipendono dal suo compito storicamente determinato. In questa fase il FP-rpc è l’ambito delle FSRS e delle organizzazioni di massa che, nonostante le diversità e le divergenze, pongono come compito prioritario la ricostruzione del partito comunista, vogliono contribuire alla ricostruzione del partito comunista, riconoscono la necessità di raccogliere il contributo di tutte le FSRS che sono in grado di dare un contributo e stabiliscono un ambito di queste FSRS definito dalle discriminanti. In questo ambito assumono ognuna determinati impegni verso le altre in vista dell’obiettivo comune: la ricostruzione del partito comunista.

In primo luogo di tratta di attivare il dibattito. Smettere di proclamare che bisogna fare l’analisi, aggiornare la nostra concezione del mondo (nel senso di comprendere il mondo di oggi alla luce del patrimonio teorico del movimento comunista e della sua esperienza), fare il bilancio del movimento comunista. Smettere di proclamare tutto questo e farlo, smettere di farlo isolatamente e farlo con tutte le FSRS del FP-rpc. Produrre, studiare e criticare quello che è stato e che viene prodotto, verificarlo nell’esperienza. In quale fase viviamo? Quale partito comunista dobbiamo costruire? Quali condizioni dobbiamo creare per costituirlo? Il FP-rpc sarà tanto più vitale quanto più darà in questo campo. Non è principalmente una questione organizzativa, ma una questione ideologica. È un compito a cui tutti quelli che lo vogliono sono in grado di dare un contributo. Basta che ognuno dia quello che effettivamente ha. Le idee non cadono dal cielo. Non vengono, principalmente, dai libri. Vengono principalmente dall’esperienza (e ognuno ne ha e ne può fare) e dall’elaborazione dell’esperienza (e ognuno può conferire la sua esperienza e partecipare all’elaborazione nella misura delle sue capacità).

In secondo luogo si tratta di sviluppare iniziative comuni. Discutere con le altre FSRS e le organizzazioni di massa le iniziative (analisi, obiettivi, metodi) che si intendono fare, invitare le altre FSRS e le organizzazioni di massa a partecipare, fare assieme quelle attività che è possibile con chi è in grado di farle, facilitare la conoscenza da parte delle altre  FSRS e organizzazioni di massa della propria attività e della propria vita interna (il bilancio delle iniziative). È la verifica del dibattito, la migliore comprensione delle cose che si dicono, del rapporto teoria-pratica.

Infine praticare e promuovere la solidarietà contro la borghesia imperialista, avendo chiaro che questa solidarietà fa bene anzitutto a chi la fa ed educa le masse alla lotta contro la borghesia imperialista.

Se questo è il compito storicamente determinato del FP-rpc, chi lo dirige allora? Di fatto lo dirige chi fa proposte giuste. Ogni direzione organizzativa che si cercasse oggi di imporre sia pure di comune accordo diventerebbe una camicia di forza e una pena. E sarà così fino a quando si creeranno condizioni per un salto. Noi crediamo che questo salto sarà legato alla fondazione del partito.

Ultima nota. Alcuni compagni temono che se fanno passi avanti, perderanno i contatti con una parte dei compagni e delle masse con cui ora sono in qualche modo legati. Ciò frena la loro adesione al FP-rpc. In linea di massima bisogna partire dall’idea che se ciò si verifica, si è fatto male il passo. Chi è avanti e non ha contatti con le masse, non li ha perché è in qualche aspetto arretrato o deviato. Non è la bravura del medico che fa fuggire o morire l’ammalato, ma ciò che il medico non sa o non riesce a fare. La deviazione più comune in questi casi consiste nel pretendere che tutti quelli collegati con noi facciano con noi un passo avanti perché noi abbiamo capito che è giusto farlo. In realtà esiste per ogni individuo e per ogni gruppo un processo di crescita, con le sue leggi e i suoi tempi. Essere avanzati significa comprendere leggi e tempi del processo e favorirlo, non voler far crescere i ravanelli tirandoli su. I comunisti in generale non rompono con le masse arretrate: definiscono ambiti di attività e di organizzazione diversi. Vale in proposito l’insegnamento datoci da Mao nel pezzo riportato in Rapporti Sociali n. 2 pag. 14, a cui rimandiamo. Con l’avvertenza che non va interpretato al modo di Linearossa che si appoggia ad esso per stabilire che “la strategia [sic!] adeguata (per la trasformazione dei comunisti) è l’avanzamento graduale”. Insomma: avanti adagio adagio, quasi fermi. Ciò è mascherare il proprio codismo con l’arretratezza (vera o supposta) degli altri. Non costringere ad avanzare chi non è disposto ad avanzare, non significa fermarsi in attesa. D’altra parte nessun ammalato si lamenta del medico e lo cambia perché è troppo bravo. Se uno non solo non vuole avanzare lui, ma non vuole che nessun altro avanzi, allora non di masse arretrate si tratta, ma di forze soggettive deviate da cui è necessario non lasciarsi guidare, per non subordinare l’avanzato all’arretrato.

 

***** Manchette

 

La Voce

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno III, novembre 2001

 

Indice

Un passo avanti

Comunicato “autunno caldo” diffuso dalla CP il 14 settembre

Il governo Berlusconi deve ancora superare la prova

Le Giornate di Genova - In memoria di Carlo Giuliani

I tre stadi - Cosa fare per costituire il nuovo partito comunista?

L’attività di affissione del Comitato Stella Rossa

Sempre sulla settima discriminante

L’ottava discriminante

Le tre deviazioni

Contro l’economicismo e alcune deviazioni derivate

 

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La questione del PCE(r)

Articolo di Umberto C.

Supplemento 2 a La Voce n. 7 (maggio 2001)

 

Il testo e la rivista La Voce sono disponibili sul sito della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (n)PCI:

www.nuovopci.it

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