Le nostre campagne sui lavoratori avanzati
e le questioni sindacali
 

Rapporti Sociali n. 29 - marzo 2002 (versione Open Office / versione MSWord)

 

Negli ultimi due anni i CARC hanno dedicato ogni anno una campagna allo sviluppo del legame tra i lavoratori avanzati e il processo di ricostruzione del partito, e per il 2002 faranno lo stesso. Questa insistenza ha motivi oggettivi e soggettivi. Infatti oggettivamente i lavoratori avanzati, e in particolare gli operai avanzati, hanno un ruolo fondamentale nel processo di ricostruzione del partito comunista, e soggettivamente riconosciamo che i nostri legami con i lavoratori avanzati sono pochi e deboli. Questo riconoscimento è stato riaffermato nel bilancio della campagna che conducemmo nel 2000. Dicemmo allora che non era il caso di demoralizzarci per la nostra condizione, perché

1.  è la condizione in cui si sono trovati tutti i partiti che non sono sorti da scissioni (come il PCI, ad esempio), ma si sono formati “attraverso un lungo percorso di lotta per dividere tra le FSRS quello che è consono alla rivoluzione socialista da quello che le è d’ostacolo”,

2.  è diverso costruire legami con i lavoratori avanzati rispetto allo “stare dentro alle lotte” che caratterizza i movimentisti o al limitare l’orizzonte del legame al terreno rivendicativo, ciò che caratterizza gli economicisti,

3.  abbiamo accumulato una discreta esperienza nel campo e gli avanzamenti nel processo di ricostruzione del partito comunista ci favoriscono,

4.  ogni piccolo passo in avanti è importante quando si segue una linea giusta, come ci insegna la lotta ventennale condotta dal PCI sotto il fascismo.

 

Il nostro impegno nello sviluppare il legame tra lavoratori avanzati e processo di ricostruzione del partito comunista ha radici profonde, e noi dobbiamo avanzare in questo campo, facendo un passo avanti deciso, un salto qualitativo. Questo è quanto ci siamo posti come obiettivo all’inizio della campagna che abbiamo condotto nel 2001. Un salto qualitativo significa procedere nella nostra trasformazione, cioè superare i limiti che abbiamo al nostro interno.

Infatti il legame tra i lavoratori avanzati e la ricostruzione del partito comunista è debole in generale: riguarda noi come riguarda ogni altra Forza Soggettiva della Rivoluzione Socialista (FSRS).(1) Ci riguarda in modo particolare in quanto ci distinguiamo tra le FSRS: ciò che ci distingue è l’uso da parte nostra dello strumento dell’autocritica. Abbiamo posto come base dello sviluppo l’autocritica, cioè il riconoscimento dei nostri limiti, e come elemento essenziale per la ricostruzione del partito la trasformazione delle FSRS.(2) Il limite principale che noi condividiamo con tutte le FSRS è la sfiducia nella classe operaia e nelle masse popolari. Il nostro impegno è da un lato combattere questa sfiducia al nostro interno, dall’altro infondere fiducia alla classe operaia stessa e contrastare l’opera di demoralizzazione, disgregazione e corruzione che la borghesia imperialista e la sinistra borghese e riformista sviluppano al suo interno.

 

1. Vedi in questo numero Le critiche di Rossoperaio.

 

2. Vedi in questo numero, nell’articolo Chi dirige il FP-rpc, le differenti impostazioni tra il Fronte Popolare come fu proposto da Linearossa, Iniziativa Comunista, Mpa, e come viene proposto oggi dalla Commissione Nazionale Provvisoria (CNP) del FP-rpc.

 

  È sintomo della sfiducia nella classe operaia l’atteggiamento generale (e quindi anche nostro) nei confronti delle grandi organizzazioni sindacali la cui direzione è stata presa in mano dai revisionisti, e tra queste in particolare la CGIL. L’adesione di milioni di lavoratori a questi organismi è considerata segno dell’arretratezza delle masse, che perciò meriterebbero la nostra sfiducia. Molte FSRS in base a questo giudizio impostano una politica sindacale ostile per principio a ogni iniziativa delle grandi organizzazioni sindacali e si sforzano di costituire sindacati alternativi. Questa linea d’intervento non ci appartiene né appartiene al movimento comunista. In particolare nell’ultima campagna abbiamo considerato la cosa con attenzione allo scopo di innalzare il livello del nostro intervento in campo sindacale. Per quanto, infatti, tra i membri dei CARC ve ne sono che svolgono o hanno svolto attività sindacale, abbiamo avuto  fino ad oggi un’ignoranza tale per cui importanti manifestazioni, ad esempio, dei metalmeccanici, si sono svolte senza che lo venissimo a sapere. Questa ignoranza, che condividiamo con molte altre forze soggettive, trae origine dalla presunzione che tutto ciò che si svolge entro sindacati come CGIL, CISL e UIL va superato.(3) Il nostro lavoro consistente nel legare i lavoratori avanzati al processo di ricostruzione del partito comunista resta senza senso e senza orientamento, se non conosciamo cosa accade nei sindacati di regime, che restano tuttora le organizzazioni che raccolgono la stragrande maggioranza dei lavoratori iscritti ai sindacati, e in particolare nella CGIL.

 

3. E’ la stessa presunzione che esclude ogni partecipazione alle elezioni, che considera tale partecipazione segno di arretratezza o di opportunismo.

 

 Rispetto a tutto questo stiamo definendo una rotta diversa, e nell’ultima campagna siamo intervenuti in varie assemblee congressuali dei sindacati. I compagni del CARC sono intervenuti al congresso provinciale CGIL e al congresso provinciale UIL-TUCS di Milano e al congresso FILLEA di Torino dichiarando di essere militanti comunisti, rivendicando il ruolo dirigente che aveva avuto il partito comunista (con le sue organizzazioni di massa, tra cui il sindacato) nelle conquiste di civiltà e benessere strappate dai lavoratori e dalle masse popolari, denunciando le malefatte, le svendite e la corruzione dei sindacati di regime, indicando che bisognava costringere, con la mobilitazione attiva dei lavoratori, i sindacati e i sindacalisti a fare il mestiere per cui sono pagati, con i soldi dei lavoratori, denunciando la politica disastrosa per i lavoratori e per le masse popolari che aveva svolto il centro-sinistra (“aveva aperto non una strada ma un’autostrada a 6 corsie al governo Berlusconi”) e l’importanza che assume oggi la lotta politica per abbattere il governo Berlusconi e sconfiggere il disegno politico che lo ha generato, mettendo in luce come la situazione attuale (disastri del capitalismo, la guerra, ecc.) spinge i lavoratori a organizzarsi e lottare per una nuova società non basata sullo sfruttamento, la miseria e la guerra, la società socialista. Tutti gli interventi hanno ricevuto in più occasioni applausi e consensi dei delegati, sono stati ripresi da altri delegati intervenuti e spesso hanno costretto alcuni sindacalisti a “fare discorsi più di sinistra”. L’accoglienza dei compagni alla fine dell’intervento è stata calorosa con diversi delegati che si complimentavano.

Questo non sta a dimostrare che noi siamo più bravi di altri, ma dimostra che è giusta la linea adottata dal movimento comunista sulla partecipazione all’attività sindacale nei paesi dominati dalla borghesia imperialista. I comunisti possono, e anzi devono, partecipare all’attività sindacale nelle organizzazioni che raccolgono la massima adesione dei lavoratori.(4)

 

4. I membri del PCI presero parte all’attività sindacale anche quando i sindacati erano in mano ai fascisti.

 

Molte forze soggettive sono contrarie a partecipare a qualsiasi iniziativa di sindacati come CGIL, CISL e UIL, e ritengono incompatibile la partecipazione di un rivoluzionario a simili organizzazioni. Pensano che chi vi partecipa o è un opportunista o un illuso. O ci corrompiamo, dicono, entro un’organizzazione ormai definitivamente corrotta, oppure il nostro lavoro si disperde come una goccia nel mare, cioè è un lavoro inutile. Questi sono rischi reali, e sono esiti più volte constatati nell’esperienza. Noi però li possiamo evitare con sicurezza, quando poniamo l’attività sindacale non come fine a se stessa, ma come riferita al processo di ricostruzione del partito. Là dove c’è un partito comunista o là dove si sta ricostruendo un partito comunista questi rischi sono ridotti al minimo. Il partito garantisce perciò la massima libertà di intervento, e la massima possibilità di successo.

Diversamente, coloro che non pongono la ricostruzione del partito come compito principale, e dedicano le proprie energie alla costruzione e allo sviluppo di sindacati alternativi, o di sindacati “di classe”, non solo vanno incontro agli stessi rischi, rischio di corrompersi o di pestare l’acqua nel mortaio, ma tali rischi sono per loro inevitabili. Infatti la crisi economica procede e si accelera, e non consente alla classe dominante di cedere alle lotte sindacali per quanto siano accanite e violente. Una lotta particolare può vincere, ma in generale le azioni sindacali si concludono con arretramenti. Oggi la crisi toglie margini di profitto alla borghesia, la borghesia quindi parte all’offensiva contro i lavoratori e i lavoratori si ritirano. Le imprecazioni dei sindacati alternativi non cambieranno il corso delle cose. Il nodo sta infatti non nell’arroganza della borghesia o nell’arretrare delle masse, ma nel procedere della crisi. La questione si può risolvere solo sul piano politico, con la conquista del potere da parte della classe operaia. Il partito è l’unico organismo in grado di affrontare la questione su questo piano con successo, e questa possibilità garantisce i suoi membri che possono spaziare in ogni campo d’intervento. Viceversa l’assenza del partito fa sì che ogni azione sindacale sia alla lunga condannata alla sconfitta (la crisi procede e la borghesia è sempre meno in grado di rispondere positivamente alle rivendicazioni dei lavoratori). Perciò il lavoro dei sindacati alternativi è inutile, o nel peggiore dei casi questi stessi sindacati sono luogo di nascita di un opportunismo che rispetto a quello dei sindacalisti di CGIL, CISL e UIL si distingue solo per il fatto che si veste di parole alternative.(5)

 

5. Questo lo si può già vedere oggi nella relazione più o meno ambigua che molti di questi sindacati intrattengono con il PRC, relazione che consente appoggi istituzionali e carriere politiche.

  

Soggettivamente, quindi, la militanza nei sindacati alternativi conduce nei migliore dei casi all’insuccesso. Dall’altro lato questi sindacati si separano dalla maggioranza delle masse (considerata arretrata) e disertano ogni battaglia che le masse conducono senza considerare se sia una battaglia fondamentalmente giusta o sbagliata, ma solo perché si conduce sotto le bandiere di CGIL, CISL e UIL.(6) Oggettivamente quindi producono divisioni nel campo dei lavoratori e favoriscono così l’azione della borghesia imperialista. I comunisti devono denunciare sia i sindacati di regime quando tradiscono e svendono le lotte dei lavoratori e sia le FSRS e le organizzazioni sindacali alternative che alimentano la divisione nelle masse popolari e che svolgono oggettivamente, che ne abbiano coscienza o meno, una politica succube della borghesia o funzionale ai suoi interessi.

 

6. I COBAS che durante lo sciopero del 6 luglio 2001 forzano i picchetti dei lavoratori all’Alfa di Pomigliano sono un altro grave segnale della deriva movimentista e antioperaia che hanno assunto alcune organizzazioni sindacali sorte negli ultimi 10 anni.

 

I compagni non si qualificano perché militano nell’uno o nell’altro sindacato, né noi dei CARC ci qualifichiamo rispetto alle altre forze soggettive perché leghiamo a noi un dato numero di lavoratori avanzati. Il nostro scopo è legare i lavoratori avanzati non a noi, ma al partito che si va ricostruendo. La ricostruzione del partito è l’elemento centrale, che non a caso scatena applausi e polemiche nelle assemblee sindacali siano esse della CGIL, della UIL o dei COBAS. Il compagno dei CARC intervenuto al convegno sul tema “Per un nuovo movimento operaio mondiale” organizzato da COBAS e S.In.COBAS il 29 ottobre a Frosinone nell’ambito della festa “Un altro mondo è possibile”, di fronte a un centinaio di persone tra giovani, anziani e operai della FIAT di Cassino e agli altri relatori (Vincenzo Miliucci del COBAS e Paolo Sabatini del S.In.COBAS) ha posto al centro della discussione il ruolo storico del partito comunista e il processo in atto per la sua ricostruzione. La questione ha suscitato una discussione vivace. Miliucci ha replicato che non serve il partito ma solo le lotte dal basso. Diversamente il responsabile dei S.In.COBAS ha in qualche modo riconosciuto la validità delle nostre tesi, dichiarando anche che proviene dal PCI. Con il nostro intervento abbiamo, in qualche modo, costretto questi “sindacalisti alternativi” a misurarsi sulla questione dell’organizzazione dei lavoratori e della necessità del partito comunista. Il compagno ha avuto la possibilità di fare due interventi in cui ha evidenziato la sua esperienza di lavoratore precario, di lotta tra i Lavoratori Socialmente Utili (LSU) e il processo che lo ha portato a diventare un comunista. Molti lavoratori e giovani hanno più volte applaudito calorosamente e alcuni lavoratori e giovani si sono complimentati con il compagno. Si vede quindi che sia nelle assemblee indette da CGIL, CISL e UIL, sia in quelle dei sindacati alternativi, le reazioni sono comuni (accentramento del dibattito sulla questione del partito, spostamenti a sinistra degli interventi, consensi da parte dei lavoratori, reazioni imbarazzate o irritate dagli elementi più a destra, che si trovano spiazzati). Questo dimostra che la ricostruzione del partito è questione “al di sopra” della diatriba tra CGIL, CISL e UIL da una parte e sindacati alternativi dall’altra. Questa diatriba riguarda poco chi lavora al processo di ricostruzione del partito comunista.

Ciò che oggi riguarda noi, nell’immediato, è la lotta contro il governo Berlusconi. Riconosciamo che la strada a questo governo è stata aperta dai governi di centro sinistra e dai sindacati che tali governi hanno appoggiato (soprattutto la CGIL). Esiste perciò continuità tra la politica del centro sinistra e quella del centro destra. D’altra parte la banda di Berlusconi si qualifica diversamente rispetto al passato, come aggregazione che intende spazzare via con arroganza quanto resta delle conquiste che le masse popolari e la classe operaia hanno strappato alla borghesia imperialista negli ultimi cinquanta anni. Esiste quindi anche discontinuità tra ieri ed oggi. Considerare la continuità senza la discontinuità significa essere unilaterali come i sindacati alternativi. Considerare la discontinuità senza la continuità significa condividere le ragioni dei sindacati di regime, per i quali se le cose oggi vanno male è perché c’è Berlusconi (perché gli italiani hanno votato Berlusconi, quindi la colpa sarebbe degli italiani). In quanto materialisti dialettici siamo capaci di pensare ad una cosa e al suo opposto insieme. Consideriamo perciò insieme unità e differenza, continuità e discontinuità, e andiamo oltre, individuando in un sindacato come la CGIL l’organizzazione che da un lato è asservita agli interessi della borghesia imperialista, dall’altro è, per quanto asservita, la più grande organizzazione dei lavoratori in Italia, costruita dai lavoratori, ricca di una storia di lotte lungo la gran parte del secolo scorso. Se la consideriamo in modo dialettico comprendiamo sia le difficoltà interne alla CGIL, sia i motivi per cui Berlusconi intende toglierla di mezzo, sia perché e come noi dobbiamo essere, in queste battaglie, presenti con le forze che abbiamo a nostra disposizione.

Con l’ultima campagna abbiamo intrapreso un cammino più deciso nella direzione giusta. Oggi partiamo dalle conclusioni seguenti. Consideriamo che il lavoro per legare gli operai avanzati ed esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari è un lavoro strategico per fare del futuro partito comunista l’avanguardia organizzata della classe operaia, capace di dirigere tutte le classi delle masse popolari nella guerra contro la borghesia imperialista. Stante la situazione concreta storicamente determinatasi nel movimento comunista del nostro paese, il lavoro per unire gli operai avanzati ed esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari nel nuovo partito comunista richiede grandi risorse e darà risultati importanti solo dopo un periodo piuttosto lungo. In questa fase il lavoro per legare alla ricostruzione del partito comunista gli operai avanzati ed esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari è uno strumento  indispensabile per condurre in porto la lotta per far dare alle FSRS quanto possono dare per costituire il nuovo partito comunista.

Nel momento attuale, infine, lo sviluppo del legame tra i lavoratori avanzati e la ricostruzione del partito comunista passa attraverso la lotta contro il governo Berlusconi, che mira a rafforzarsi e a sferrare un deciso attacco alle conquiste dei lavoratori, in particolare a quelli delle medie e delle grandi aziende, principale baluardo contro l’eliminazione di quanto resta delle conquiste di civiltà e benessere strappate dalla classe operaia. La guerra imperialista in atto è manifestazione concreta del modo in cui la borghesia imperialista intende risolvere la crisi in modo definitivo, e allo stesso tempo è strumento per l’attacco che la borghesia porta oggi contro le masse popolari di tutto il mondo, e che Berlusconi e i suoi portano contro le masse popolari italiane. È nostro impegno quindi denunciare la propaganda e la politica di guerra della borghesia imperialista tra i lavoratori e tra le masse popolari, tra i propri compagni di lavoro e nelle strutture sindacali aziendali dove operiamo. Dobbiamo denunciare nella nostra propaganda come la borghesia imperialista quando vuole trova subito migliaia di miliardi per l’esercito, gli organi di repressione e la guerra imperialista, ma non riesce a trovare neanche qualche centinaio di miliardi per ristrutturare ospedali e scuole fatiscenti o per i lavoratori che vengono licenziati. Dobbiamo denunciare che la guerra viene finanziata con il sangue dei lavoratori, con i tagli alla sanità, alla scuola, alla previdenza e a tutto quanto è stato conquistato con le lotte della classe operaia, dei lavoratori, delle masse popolari dalla Resistenza ad oggi. La lotta contro la guerra imperialista è lotta contro il governo Berlusconi e contro la borghesia imperialista, è un modo immediato per un lavoro lungo, quale è lo sviluppo del legame tra i lavoratori avanzati e la ricostruzione del partito comunista. Se lavoriamo bene non abbiamo da temere la lunghezza del lavoro. Quanto meglio lavoriamo tanto prima avremo un partito comunista che accompagnerà il lavoro per tutta la sua lunghezza.

 

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