Politica da Fronte e settarismo

Rapporti Sociali n. 30 - giugno 2002 (versione Open Office / versione MSWord)

 

Nell’aggiornamento al marzo 2002 del sito della rivista marxista - leninista Scintilla (1) compare un articolo dove si critica il “frontismo”, e che presta attenzione dunque anche al Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista (FP-rpc). Interventi del genere sono utili. Contrastano con l’abitudine ad interessarsi solo del proprio orto. Servono a chiarirsi le idee, all’interno e all’esterno di ogni organismo.

 

1. http://www.geocities.com/scintilla_mail

 

Ricambiamo l’attenzione, e consideriamo cosa scrive Scintilla, che inizia con una dichiarazione ottimistica. Scintilla scrive: “… sotto i colpi della crisi generale del capitalismo, l’idea di un partito unico e centralizzato si diffonde. Essa penetra nella coscienza di un numero sempre maggiore di operai di avanguardia, di lavoratori combattivi e di intellettuali onesti che sentono l’esigenza di dare una risposta adeguata al livello di offensiva che la borghesia impone”. Precisiamo che “l’idea di un partito unico e centralizzato” non si diffonde principalmente “sotto i colpi della crisi generale del capitalismo”. Quest’idea si diffonde grazie soprattutto alle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista che hanno lavorato ponendo come obiettivo principale la ricostruzione del partito. I redattori di Scintilla svalutano l’aspetto soggettivo e sopravvalutano la condizione oggettiva del processo di ricostruzione. Questo significa avere una visione meccanica del processo, pensare che, siccome le cose peggiorano, allora ci si convince che è arrivata l’ora di fare sul serio. Effetti meccanici di questo tipo non si danno. La crisi investe tutto il mondo, e non in tutto il mondo cresce l’idea di un “partito unico e centralizzato”. La crisi poi si è verificata in altre epoche, senza che necessariamente si facesse avanti ovunque l’idea di cui si parla. Infine, subordinare il processo di ricostruzione del partito a “colpi” diretti contro le masse popolari dalla borghesia imperialista è riflesso della posizione movimentista, che poco dovrebbe avere a che fare con quella dei compagni di Scintilla. Infatti, è proprio del movimentismo agire non in base ad una strategia propria, ma solo per reazione, appunto, ai colpi che la borghesia di volta in volta sferra. All’opposto il processo di ricostruzione del partito è la pratica che più di ogni altra rientra integralmente in ambito soggettivo, e cresce quindi se i soggetti che vi s’impegnano sanno come farla crescere, e viceversa arretra se essi sbagliano.

Insomma, se oggi il processo di ricostruzione del partito avanza (il processo, e non solo la sua idea) ciò è da attribuirsi principalmente al merito delle FSRS che vi si stanno applicando. Scintilla afferma che “l’idea penetra”. Da dove penetra? Dove si è formata? Non si è formata nel mondo delle idee di Platone, ma perché qualcuno ha lavorato per formarla. I compagni di Scintilla insistono: “La situazione attuale, lo sviluppo delle contraddizioni della società capitalistica fanno sì che questo fermento crescerà, che la formazione di un partito proletario indipendente sarà favorita dal maturare delle condizioni obiettive, dalla crescita del movimento rivoluzionario delle masse su scala nazionale ed internazionale”. La strategia di Scintilla, dunque, consiste nell’attendere che le condizioni oggettive si evolvano fino al punto giusto, fino al momento in cui sarà il caso di passare all’atto pratico? Oggi questo non sarebbe possibile, secondo Scintilla. Da un lato, si presume, questa impossibilità è dovuta alle ragioni sopra riportate: la situazione evolve nel senso giusto, ma non ancora in modo sufficiente per dare il via al lavoro vero e proprio. Dall’altro “perché le diverse realtà che a causa dell’egemonia revisionista si sono trovate ad agire per decenni una isolata dall’altra, hanno inevitabilmente accumulato una quantità di scorie “locali”, di influenze ed errori teorici e pratici provenienti dalle più diverse fonti e dalle precedenti esperienze (ciò vale ovviamente anche per noi)”. Scintilla conferma, quindi, che il processo di ricostruzione dipende da pregi e difetti di chi lo porta avanti. Si tratta poi di sapere quali “scorie” riguardano i compagni di Scintilla, poiché essi affermano che pure loro, come tutti, ne hanno accumulate. Noi, leggendo ciò che Scintilla scrive, cercheremo di individuarne i limiti, favoriti dal fatto che giudicando le cose dall’esterno si ha una visione più  oggettiva della realtà.

Il riferimento alla crisi economica dei compagni di Scintilla, ad esempio, è limitato. Si dice che la crisi è “generale”, e da come la si presenta s’intuisce che il suo decorso non può che aggravare le contraddizioni proprie del modo di produzione capitalista. Non si prevede, in altre parole, una soluzione della crisi dietro l’angolo, frutto di qualche bella trovata o di qualche “piano della borghesia per risolvere la crisi”. La consapevolezza delle leggi oggettive secondo cui la realtà si svolge certamente pone l’analisi di Scintilla un pezzo avanti rispetto ad ogni soggettivismo, ma il loro modo di descrivere resta generalissimo e superficiale. La mancanza di profondità e di articolazione dell’analisi nei particolari che la compongono è una buona base per non fondare una pratica reale, per limitarsi a dichiarazioni di principio, per esporre, infine, il campionario di atteggiamenti che si accompagna al dogmatismo e alla sua sterilità.

 

2. Vedi, in questo numero, l’articolo Quale Fronte per la ricostruzione del partito?.

 

 

Scintilla ritiene che il partito sorgerà attraverso un processo di fusione. La stessa idea è stata espressa da Linearossa, organismo che a sua volta propone un Fronte in cui aggregarsi per costituire il Partito.(2) Prima di procedere su questa strada, bisogna capire come mai i molteplici tentativi di unione svolti in passato dalle varie forze sono tutti falliti. Ci chiediamo poi come in concreto possa realizzarsi tale fusione stanti le differenze tra i vari organismi. Ad esempio, Linearossa (LR) è d’accordo sul fatto che bisogna fondersi, ma sarebbe disponibile a perdere in questa fusione il proprio riferimento al maoismo, tratto distintivo rispetto, tra gli altri, ai compagni di Scintilla? Laboratorio Marxista (LM) in un processo di fusione con Politica Comunista (PC) rinnegherebbe una strategia basata sul riconoscimento di questa come una crisi di sovrapproduzione di capitale, se PC non ammette tale natura della crisi? Al di là di tutto è in ogni caso improbabile che il superamento delle differenze avvenga tramite un dibattito, tramite “accordi tra i vertici” e che l’aggregazione proceda, come dice Scintilla, “in maniera ‘indipendente’ da qualsiasi gruppo, circolo o singolo compagno, basandosi sul contenuto del lavoro di ciascuno e non sul fatto che esistano determinati soggetti in quanto tali”. Dovrebbe procedere in assenza di ogni riferimento concreto, senza alcun riferimento alla pratica, in altre parole, ma basandosi solo sul “contenuto”. Da premesse del genere è molto probabile che l’unico frutto sarebbe il dibattito infinito, il confronto tra discorsi ciascuno dei quali pretende di essere giusto, coerente, logico, scientifico, fedele alla tradizione. Chi giudica, infatti, la maggior validità di un contenuto su un altro? Su quale contenuto si fonda la scelta della linea dirigente e dei dirigenti veri e propri? Chi dirige il Fronte?

“... è assolutamente necessario un franco e sistematico confronto, uno scambio di esperienze e di critiche fraterne, una analisi, una elaborazione politica e programmatica comune, un rapporto con le più alte esperienze a livello internazionale. Tutto ciò senza altra limitazione che non siano i principi che tutti i sinceri comunisti dividono, cioè il riconoscimento del patrimonio rivoluzionario del marxismo-leninismo.” È questo il contenuto su cui ha da fondarsi il processo di ricostruzione secondo i redattori di Scintilla. Tale processo ha garanzia di successo, invece, se la relazione non è principalmente quella tra gli addetti ai lavori, tra i “sinceri comunisti”, ma principalmente è quella tra chi lavora alla ricostruzione del partito e le masse popolari, tra i principi enunciati e la loro applicazione pratica, tra il dire e il fare insomma. Entro il Fronte quindi la “elaborazione politica e programmatica comune” è quella che la pratica ha indicato come giusta ed efficace. In questo senso abbiamo scritto (Rapporti Sociali n. 29, p. 8) che il Fronte è diretto da chi “fa proposte più giuste”. La stessa cosa d’altra parte è sostenuta in Scintilla,(3) nell’articolo contro il maoismo che compare nel suo sito web accanto a quest’articolo contro il frontismo.(4)

 

3. “Opinioni e punti di vista differenti - entro limiti precisi e accettati di comune accordo - rimarranno inevitabilmente per un certo periodo, fino a quando il rapporto teoria-prassi si incaricherà di dimostrare da che parte sta la ragione e si creeranno le condizioni per una unità di tipo superiore”. (: Marxismo- leninismo o maoismo?).

 

4. All’articolo contro il maoismo è riferito, su questo numero di Rapporti Sociali, l’articolo La critica dogmatica firmato da M. Martinengo.

  

I compagni di Scintilla hanno ragione quando dicono che la questione qualitativa è essenziale nel processo di ricostruzione del partito (“mancano - ancora prima dei ‘numeri’ - le condizioni teorico-politiche”). Lo diciamo da sempre contro tutti coloro che si ostinano a negare l’importanza della teoria rivoluzionaria. Il risultato che tutti ci proponiamo tuttavia è raggiunto se si coglie la dialettica tra pratica e teoria. Il riferimento alla pratica in ogni modo è formale se è la situazione oggettiva che si deve adeguare ai principi, se si attende che la storia ci dia ragione. La storia ci darà ragione se ci metteremo al lavoro. L’attuale mancanza del partito comunista non è dovuta al fatto che non è arrivato ancora il momento giusto per rimetterlo in piedi. Da quando è iniziata l’epoca imperialista ogni momento è quello giusto: la mancanza del partito non è imputabile alle condizioni oggettive, ma all’inadeguatezza di coloro che si dichiarano comunisti. Costoro devono quindi prima di tutto sottoporre a critica la propria esperienza, individuare i propri limiti e superarli, cambiando pelle, trasformandosi. Il Fronte quindi funziona non come luogo di fusione, ma come strumento di trasformazione.

 

“La formazione e lo sviluppo della forma superiore del movimento operaio, il partito, è possibile solo se si unisce il socialismo scientifico, i nostri grandi ideali sociali e politici con il movimento operaio. Oggi esiste un profondo distacco fra questi due aspetti: comunisti e proletari stanno uno a fianco dell’altro, distaccati, separati. Dobbiamo battere la tendenza che vede i comunisti in disparte e scissi, legarli saldamente, unirli in primo luogo con le avanguardie operaie che aspirano ad organizzarsi in partito. Essere comunisti non significa sventolare una bandiera rossa o essere dei nostalgici dell’epoca della dittatura del proletariato. Significa conquistare un’influenza nella classe operaia, creare solide relazioni con le masse sfruttate, essere parte attiva nella vita sociale del paese, crescere nella intensa lotta di classe contro la borghesia ponendosi alla testa della lotta di tutti gli sfruttati e gli oppressi per una società ed una vita migliore”. Cosi scrivono i compagni di Scintilla, e aggiungono: “Per fare questo, per unire la teoria e la pratica, per sviluppare la coscienza delle masse e creare i legami di cui abbiamo bisogno, abbiamo sottolineato più volte che il primo passo da fare è la creazione di un giornale politico nazionale, base di un regolare lavoro fra le masse”.(5)

 

5. Giornali nazionali ne sono esistiti e ne esistono. Resistenza è un giornale nazionale. Chiediamo ai compagni di Scintilla in cosa Resistenza differisce da ciò che loro propongono. Risponderanno che non è utile allo scopo perché propaganda la deviazione maoista?

 

In altre parole l’unione tra teoria e pratica si riduce alla pratica di portare la teoria alle masse. Questo è sicuramente un lavoro essenziale e, infatti, anche noi lo facciamo da anni. Non esaurisce però il nesso tra teoria e pratica, non spiega i motivi interni per cui tra comunisti e masse popolari si è aperta la distanza che oggi sperimentiamo e che siamo impegnati a colmare, i motivi per cui i revisionisti hanno potuto fare tutto il danno che hanno fatto in Italia e in tutto il mondo e per cui coloro che si dichiarano veri comunisti non sono stati in grado di contrastarli.

 

L’attenzione dei compagni di Scintilla, una volta esposte alcune dichiarazioni di principio, diventa critica contro coloro che seguono le direzioni sbagliate, contro il “cosiddetto frontismo”. Sarebbe d’aiuto che questi compagni dicessero nome e cognome dei soggetti che si criticano, in modo da risparmiare la fatica di individuarli, e di non confonderli gli uni con gli altri. Tra i soggetti in questione, comunque, ci sono sicuramente il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista (FP-rpc), dato che si cita un passo della Piattaforma di quest’organismo, e forse il Fronte della ricostruzione del partito comunista proposto da Linearossa, che dovrebbe essere l’organismo cui si rivolgono le accuse di eclettismo e di praticismo gretto.

Scintilla a fronte di tutto questo ripresenta l’unità fondata sui principi. Siamo d’accordo con loro in quanto riteniamo che il partito si costruisce attraverso un confronto interno che passa anche attraverso lotte ideologiche. L’esperienza del Partito Operaio Socialdemocratico Russo è esemplare. Non abbiamo mai avuto timore di affrontare lotte ideologiche  entro gli stessi CARC, anche se i CARC non sono né saranno mai il partito. Il fatto che siano cresciuti attraverso lotte ideologiche dimostra tuttavia che hanno lavorato con stile di partito. La lotta interna è espressione della natura contraddittoria del partito, e questa contraddittorietà si manifesta prima, durante e dopo la costituzione del partito stesso. Il confronto sulle questioni di principio di cui i compagni di Scintilla parlano è questo. Se non è questo cosa altro è?

Secondo i compagni di Scintilla, presumiamo, il partito è l’insieme che riflette esattamente i principi della teoria rivoluzionaria. Ciò che non riflette tali principi è fuori del partito. Questa concezione non rispecchia la contraddittorietà della vita reale, dei suoi movimenti e dei suoi processi: è una concezione dogmatica. Nell’articolo citato contro il maoismo si nega la tesi di Mao Tse-tung sull’universalità della contraddizione. È da questa negazione che discende la posizione dei compagni di Scintilla sul partito. Secondo Mao (e secondo noi) se tutto è contraddittorio anche il partito comunista lo è (e lo è anche il Fronte, come pure lo è Scintilla). Il movimento per superare le contraddizioni è quello attraverso cui si genera e attraverso cui cresce il partito. Diversamente per Scintilla il partito è l’unità compatta e indivisibile fondata sui principi. Ragionando con questi criteri non si capisce né come il partito nasce né come può morire. Se il partito è compatto come ha potuto, da un certo momento in poi, iniziare a disgregarsi? Al momento in cui ha iniziato a disgregarsi come mai non è bastato il riferimento ai principi per arrestare il processo? Il riferimento ai principi come mai non è bastato a risalire la china in cinquant’anni di predominio del revisionismo?

I principi, in realtà, se restano dichiarati sono astrazioni, idee, e chi si limita a dichiararli è idealista e dogmatico. Quando poi manca la dialettica, idealisti di codesto tipo non possono riuscire a cogliere la realtà né a trasformarla.

Chiediamo ai compagni di Scintilla di riflettere su tutto questo, e di dare delle risposte. Il Fronte entro cui operiamo è un ambito dove non ci si limita a fare un enunciato e a spedirlo per mare con una bottiglia, come si usa oggi tra le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS). Il modo in cui il Fronte si costituisce oggettivamente pone le varie forze, al suo esterno e al suo interno, nella condizione di dare risposte determinate.

Chiediamo ai compagni di Scintilla di affrontare con più serietà il dibattito in corso e di rispondere alle questioni essenziali. Solo questo è utile, e questo noi stiamo facendo rispetto alle posizioni da loro espresse. Non serve utilizzare le occasioni di dibattito senza entrare nella sua organicità, senza confrontarsi con gli altri, svicolando di fronte alle questioni poste, facendo finta di non aver sentito e limitando il discorso alla ripetizione dell’analisi delle proprie tesi.

 

I compagni di Scintilla avanzano una critica ai cosiddetti “frontisti” che si articola in cinque punti. In generale, senza scendere a considerare ogni punto a sé, se ne deduce che questi compagni non hanno compreso cos’è il FP-rpc, il che è possibile sia perché si tratta di qualcosa di nuovo (anche per noi) sia perché forse non ci siamo spiegati. L’incomprensione di Scintilla dipende però anche dalla sua impostazione dogmatica piuttosto che dialettica. Il FP-rpc è un ambito dove si esercita il confronto dialettico, quindi dove identità varie entrano tra loro anche in conflitto, però orientando tale conflitto verso l’obiettivo comune, la ricostruzione del partito. Ciò è perfettamente conforme alla nostra concezione del mondo. Sappiamo che ogni organismo che si costituirà sarà contraddittorio: tale sarà il partito, tale è il fronte. Si tratta dunque di affrontare queste contraddizioni, conoscendo le leggi del loro sviluppo. I compagni di Scintilla, invece, vedono nel confronto dialettico l’espressione di elementi senza nesso, che se ne stanno insieme ecletticamente come preti, autonomi e querciaioli si ritrovano a Porto Alegre. Se la pensano in questo modo, devono spiegare cosa intendono per confronto dialettico. Noi pensiamo che codesti compagni non prevedano il confronto dialettico interno, ma solo quello tra sé e gli altri, tra chi ha ragione e chi da tale ragione più o meno si discosta. Una simile impostazione solo superficialmente si può chiamare dialettica, per ciò che riguarda la teoria, e non porta alla ricostruzione del partito, per ciò che riguarda la pratica.

Lo stesso confronto con gli altri si volge a distanza, senza una reale presa di contatto: negli articoli contro il “frontismo” e contro il maoismo non si dice a chi si sta rivolgendo la critica, e alle richieste di incontro e di discussione avanzate dai  CARC si risponde che esistono divergenze ideologiche talmente abissali da rendere inutile ogni confronto diretto. Scintilla quindi intende la ricostruzione del partito come cosa da discutere entro la ridotta schiera di elementi la cui denominazione d’origine marxista leninista è controllata e, per quanto ne siamo a conoscenza, limitandosi a discuterne, senza in alcun modo praticarla. Lasciamo a chi legge il giudizio su cosa significa quest’atteggiamento e su quali possibilità abbia di produrre qualche risultato utile.

Se i compagni di Scintilla riusciranno, con un giornale nazionale o con qualsiasi altra forma, a stabilire qualche forma di contatto con gli operai e con i lavoratori avanzati, dovranno rispondere a chi chiede loro i motivi di ciò che la propaganda borghese chiama “crollo del comunismo”. Non basterà dire che hanno vinto i revisionisti, bisognerà dire perché è successo. Noi non sappiamo se alcuni limiti di interpretazione della realtà che emergono da ciò che leggiamo in Scintilla stanno nel fatto che questi compagni soffrono più di altri del distacco tra comunisti e movimento operaio. Diversamente comprenderebbero che la discriminante posta entro il Fronte, secondo la quale entrano solo coloro che danno una valutazione positiva dei 150 anni di storia del movimento comunista, ha molte funzioni positive. Serve a selezionare tra le FSRS, i lavoratori avanzati e le masse popolari elementi preziosi per il processo di ricostruzione del partito. Questa valutazione positiva ad oggi è molto meno diffusa di ciò che probabilmente pensano i compagni di Scintilla, quindi è un elemento che va ricercato, che una volta trovato ha da essere coltivato, che insomma richiede lavoro, umiltà e nessuna presunzione. I compagni di Scintilla parlano come se la valutazione positiva dei 150 anni di storia del comunismo sia una cosa scontata.

 

Il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista non è il partito. Entro il Fronte non valgono i criteri che sul piano politico, ideologico e organizzativo valgono per il partito. Siamo d’accordo con i compagni di Scintilla, quando affermano che si deve fondare sui principi del socialismo scientifico. Ci differenzia da loro la consapevolezza che questa fondazione è risultato di un processo, e che il socialismo scientifico, come ogni scienza, si evolve.(6)

 

6. Scintilla ammette che il socialismo si evolve, come accade per ogni scienza, ma non dice come, quindi la dichiarazione è formale.

 

Il Fronte come insieme di molteplici posizioni non corre il rischio di vedersi franare il terreno sotto i piedi, proprio perché non è il partito. La molteplicità del Fronte ha la sua unità in altro, nel partito, e perciò questa molteplicità può dispiegarsi come libertà e non come caos. Non è caos eclettico perché al suo interno le posizioni sono connesse in modo organico, l’obiettivo le obbliga al confronto, sono tenute a trasformarsi. Dice bene Scintilla quando afferma che il Fronte si basa su una “contraddittoria unità”, ma sbaglia a dare connotazione negativa al termine: ogni unità è contraddittoria e proprio in questo sta la sua forza.

Il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista non è la stessa cosa dei Fronti Popolari che si sono costituiti nella storia del movimento comunista. È qualcosa di nuovo. Si identifica con quei Fronti perché come loro fonda la propria unità sulla tendenza ad un obiettivo comune, ma si differenzia da loro perché nel caso nostro l’obiettivo è la ricostruzione del partito. Le precedenti esperienze di Fronti Popolari videro la partecipazione di partiti comunisti già costituiti (e vinsero quando furono i partiti comunisti a guidare i Fronti, come dimostrato in modo magistrale dal PCC diretto da Mao Tse - tung entro il Fronte antigiapponese). Oggi un partito comunista in Italia non è costituito. Cosa vieta di lavorare in un Fronte che si proponga la ricostruzione del partito come obiettivo? Il fatto che l’obiettivo sia nuovo non è di per sé sbagliato. Non siamo condannati a ripetere le esperienze del passato e non siamo prigionieri di una concezione del mondo magica, secondo la quale le formule, se non sono ripetute secondo la tradizione degli avi, non funzionano. La diffidenza verso il nuovo impedisce, tra l’altro, di comprendere la sua natura positiva. I precedenti Fronti si unirono tutti per resistere a fronte dell’attacco della borghesia imperialista, per rispondere, quindi, all’iniziativa  dell’avversario. Un Fronte Popolare per la ricostruzione del partito, invece, sorge su iniziativa nostra, per un obiettivo nostro, non (principalmente), per difenderci dall’attacco avversario ma essenzialmente per condurre l’attacco.

 

Riassumiamo. Il FP-rpc è un organismo ampio, che si propone di raccogliere tutti quelli che intendono lavorare alla ricostruzione del partito comunista, singoli e collettivi, appartenenti alle masse popolari o alle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista, tutti quelli che sono convinti che il socialismo è possibile, che è necessario, che è cioè la necessaria via d’uscita per le masse popolari, che allo scopo di instaurare il socialismo è necessario ricostruire il partito comunista, tutti quelli che, inoltre, danno una valutazione positiva dei 150 anni di storia del movimento comunista. Anche i compagni di Scintilla quindi avrebbero titolo a farne parte, se lo riconoscessero utile. Attualmente non lo fanno, anzi ritengono che quest’esperienza sia dispersione di energie, ritengono sia inutile anche un semplice confronto e anzi si apprestano al combattimento.(7)

 

7. Alla nostra richiesta di un confronto è stata data la seguente risposta: “Cari compagni, rispondiamo al vostro messaggio del 3 dicembre. Abbiamo ricevuto per posta l’Appello/Piattaforma. Vi informiamo che non siamo interessati a partecipare ad alcun organismo per la ricostruzione del partito che non faccia propri i principi del marxismo-leninismo, il centralismo democratico, la vigilanza rivoluzionaria. Per porre fine alla frammentazione organizzativa, allo spirito di circolo, ed accingersi ad edificare un vero partito comunista, occorre anzitutto una salda unità sui fondamenti ideologici ed organizzativi, una compattezza sulle questioni di fondo. Solo su queste basi sarà possibile formare un gruppo dirigente coeso, elaborare un valido progetto di programma (massimo e minimo) e dotarsi degli adeguati strumenti di lavoro politico. Siamo contro l’eclettismo ed il gretto praticismo, contro il revisionismo e l’opportunismo nelle varianti di destra e di “sinistra”, che comportano seri pericoli per il movimento comunista. Lottiamo e lotteremo sempre per un orientamento rivoluzionario coerente ai principi, in opposizione alla confusione teorica ed a tutti gli errori, le concezioni arretrate ed oscillanti sulle questioni organizzative, tattiche, ecc., al fine di porre la causa della unificazione dei comunisti su solide basi. Interverremo ancora su questi argomenti, di modo che i proletari coscienti potranno giudicare sulle nostre divergenze di principio. Con franchezza, la redazione di Scintilla.”

 

Tuttavia questi compagni non danno vere indicazioni alternative. In sintesi essi propongono la ricostruzione del partito secondo i principi sperimentati, senza considerare che quella sperimentazione ha portato sì a grandi successi, ma anche a sconfitte. Non spiegano perché la loro proposta di ricostruzione dovrebbe avere successo ora e non ne abbia avuto in altro tempo ed altra occasione. Ripetono le stesse cose da sempre (chiamano questo “coerenza”, e non ripetizione) e ci spieghino, una volta per tutte, perché oggi dovrebbe funzionare ciò che dicevano ieri, visto che ieri non ha funzionato. Se pensano che ora la situazione oggettiva è più favorevole dovranno spiegare perché lo è. Non indicano quali passi essi intendano fare per la ricostruzione effettiva del partito. Non dicono su quali condizioni lavorano o su cui bisogna lavorare. Dicono che non ci sono le condizioni teoriche e politiche, il che significa che tutti, compresi loro, hanno limiti soggettivi, sono cioè inadeguati al compito, ma non dicono quali sono i limiti, soprattutto quali sono i limiti propri.

I compagni di Scintilla propongono quanto segue:

1) tutti quelli che si definiscono comunisti possono e devono certamente unirsi per dar vita ad un’azione organizzata in comune contro la classe dominante, per costruire con la classe operaia ed i settori popolari un fronte ampio al fine di raggiungere determinati obiettivi (di lotta di tipo anticapitalista o democratico); 2) sulle questioni di principio, sulle idee e le concezioni che caratterizzano e determinano la politica e l’organizzazione di un partito comunista, invece, non è possibile fare compromessi di sorta.

Questa che pare una proposta è solo una fotografia del presente. Da un lato si propongono azioni in comune contro la borghesia, in cui l’elemento unitario è appunto di carattere negativo, l’essere contro qualcosa e non l’essere per qualcosa, l’essere contro l’imperialismo senza essere per il comunismo. Il movimento no - global non è altro che questo, e ciò che propone Scintilla accade senza bisogno d’essere proposto da alcuno, e senza nesso con alcuno, meno che mai con il processo di ricostruzione del partito. Dall’altro sostengono che su politica e organizzazione del partito  non si fanno compromessi. Siamo d’accordo, ma pure questa è una determinazione di tipo negativo: dicono ciò che non si deve fare, non ciò che si deve o che si vuole fare. O meglio, dicono, in sostanza, che ciò che si deve fare è unirsi in base ai principi. L’azione di Lenin entro il Partito Operaio Socialdemocratico Russo li smentisce: il partito crebbe dividendosi sui principi, facendo prevalere quelli più giusti.

Infine possiamo anche trovare il lato positivo in ciò che essi dicono, che una linea va valutata per ciò che essa è in sé, e non per chi l’ha proposta o per chi partecipa alla sua attuazione. In questo senso il FP-rpc, costituitosi anche grazie all’iniziativa dei CARC, va valutato per ciò che è, non per chi si è assunto la responsabilità di dargli un avvio.(8)

Il FP-rpc pone discriminanti atte a coinvolgere (a organizzare) nel processo di ricostruzione del partito FSRS ed elementi avanzati delle masse popolari in modo relativamente ampio (sempre più ampio). Entro di esso possono benissimo operare forze di varia impostazione e possono benissimo confrontarsi entro di esso le tendenze che oggi fanno capo al maoismo e le tendenze che reputano il maoismo come una deviazione rispetto al marxismo-leninismo. Il confronto ha l’obiettivo di raggiungere una maggiore comprensione reciproca. Le discriminanti che esso pone sono tali da consentire questo e altro. Le discriminanti poste per l’ingresso nel Fronte segnano un quadrilatero, la cui area è aperta al confronto e alla sperimentazione.(9) Vi si entra dichiarando esplicitamente le proprie posizioni. I CARC quindi vi operano per favorire la costruzione di un partito che adotti il maoismo come concezione del mondo e come metodo, e lo dichiarano apertamente. Altri faranno altrettanto. Sarà la pratica a stabilire quale concezione è più adatta a far avanzare la lotta di classe. Si eviterà così di costituire organismi in cui si mettono le differenze in secondo piano (o si finge di farlo) in nome dell’unità contro l’attacco della borghesia, per dividersi al primo ostacolo (o per cogliere l’occasione di tirare l’acqua al proprio mulino, fingendo di fare altro). Il Fronte è un campo aperto, dove le azioni si possono svolgere in modo trasparente e aperto. È un passo avanti oltre la frammentazione delle forze. È un’occasione per lavorare concretamente alla ricostruzione del partito.

Ci auguriamo, in conclusione, di aver sgombrato il campo da equivoci. Lasciamo al confronto e alla pratica il compito di generare ogni ulteriore chiarezza e trasparenza, nel rapporto con i compagni di Scintilla e con ogni altra forza impegnata nelle parole e nei fatti a ricostruire il Partito comunista italiano.

 

 

8. L’attuale Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista si costituisce a seguito di una prima esperienza politica, proposta dalla Commissione Preparatoria (CP) del Congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano. La CP propose di costituire un Fronte per la ricostruzione del partito comunista che partecipasse alle elezioni politiche (vedi La Voce n. 6, pagg. 3 e segg.). Le forze che attuarono quanto proposto, in seguito si impegnarono a portarlo avanti e quindi a dargli una struttura distinta da quella strettamente funzionale alla scadenza elettorale.

 

9. Vedi “Chi dirige il FP-rpc?”, in Rapporti Sociali n. 29, pagg. 6 - 8.

 

 

Rapporti Sociali 1985-2008 - Indice di tutti gli articoli