La dittatura del proletariato 

Rapporti Sociali 33 - aprile 2003   (versione Open Office / versione MSWord)

 

Nella storia dell’umanità che noi conosciamo (meno di diecimila anni) la politica è sempre stata la gestione degli affari della società (degli affari pubblici, degli affari che riguardano tutti i membri della società, la loro vita associata e le conseguenze individuali di essa) da parte di una minoranza che la avoca a sé, estromette da essa i lavoratori che costituiscono la massa della popolazione, la esclude dagli strumenti materiali e intellettuali necessari per la gestione degli affari pubblici, fa della gestione degli affari pubblici un suo monopolio. La politica è nata ed è sempre stata una gestione “privata” degli affari pubblici, combinata con lo sfruttamento economico della massa della popolazione da parte di una minoranza di sfruttatori che per questo accaparra per sé la gestione degli affari pubblici, la politica, e assegna ad essa anzitutto e soprattutto la funzione di conservare le condizioni del suo sfruttamento economico e dei suoi privilegi sociali. Da qui il disarmo della massa della popolazione, l’esclusione della massa della popolazione dal patrimonio culturale della società e dai mezzi necessari a gestire gli affari sociali.

Lo Stato incarna (concretizza) questa gestione privata degli affari sociali, da parte di una minoranza di sfruttatori e di privilegiati. Chiamiamo politica questa gestione degli affari di tutti da parte di una minoranza. Per questo la politica è un'attività particolare, a se stante, non praticata da tutti i membri della popolazione che sono invece oggetto dell’attività politica della minoranza, la subiscono. Quando noi comunisti diciamo che nel futuro non esisterà più Stato e non esisterà più la politica, vogliamo appunto dire che gli affari comuni e pubblici non saranno più oggetto di una gestione “privata”, cioè riservata a una minoranza di individui privilegiati che ne escludono la massa della popolazione, i lavoratori; che la gestione degli affari comuni e pubblici sarà un’opera cui parteciperanno tutti i membri della popolazione, ovviamente ognuno con le sue capacità e le sue caratteristiche; che le attività particolari connesse a questa gestione, gli affari militari, della giustizia, ecc. saranno svolti dalla massa della popolazione che avrà gli strumenti materiali e intellettuali, il tempo e le risorse per apprendere e svolgere queste attività.

La gestione privata degli affari pubblici (cioè la politica e lo Stato) è nata nella preistoria dell’umanità (Engels la descrive sulla base dello studio di popolazioni primitive in L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato). Essa si è perpetuata nel corso dei secoli lungo tutta la storia che conosciamo (nel Manifesto del partito comunista del 1848 Marx ed Engels dicono “la storia è storia di lotta tra classi”).

La politica e lo Stato sono sorte per necessità. Sono state una scoperta progressiva e di grande utilità per il progresso materiale e intellettuale degli uomini, non meno delle scoperte del fuoco e della lavorazione dei metalli. Le società che hanno fatto questa scoperta o l’hanno adottata sono sopravvissute e si sono sviluppate; quelle che non l’hanno fatto si sono estinte. La politica e lo Stato erano condizioni indispensabili per perpetuare la divisione in classi e lo sfruttamento economico, per fare in modo che questi adempissero al loro ruolo progressivo di sviluppo delle forze produttive materiali e intellettuali degli uomini.

Può sembrare duro affermare crudamente questa realtà, ma noi comunisti non siamo né utopisti né sognatori. Se non capiamo le ragioni che hanno reso necessaria la scoperta della politica e dello Stato, se non capiamo le ragioni per cui solo le società che hanno adottato la politica e lo Stato sono progredite, se non capiamo le ragioni del successo universale di questa scoperta, non capiamo neanche le ragioni che oggi hanno reso superflua e dannosa la loro persistenza e che quindi richiedono la loro estinzione e porteranno alla loro estinzione, al comunismo.(1)

 

1. Questo vale in generale ogni volta che si denuncia un male attuale. Chi denuncia e non indica le cause che hanno fatto sorgere e generalizzare quel male (che hanno assicurato il suo successo storico) e le condizioni della sua estinzione (come di solito fanno i preti e i  politici borghesi quando denunciano, auspicano, promettono e si impegnano), o è uno sciocco o è un demagogo: denuncia il male non per porvi fine ma per conquistare per sé la simpatia della gente che soffre di quel male e se ne vorrebbe liberare.

 

Le forze produttive oramai create rendono oggi necessaria oltre che possibile la sparizione della divisione in classi, dello sfruttamento di classe e quindi anche l’estinzione della politica e dello Stato.

La dittatura del proletariato è la gestione ancora “privata” degli affari pubblici (cioè è la politica) nella fase di transizione tra la società attuale e il comunismo; una gestione ancora “privata” ma mirata alla sparizione della divisione in classi, dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo e quindi della politica e dello Stato.

È la gestione degli affari pubblici da parte di una delle classi sfruttate, la classe operaia, già però organizzata in classe dirigente (quindi da parte del suo partito comunista e delle organizzazioni di massa delle classi e dei gruppi sociali sfruttati e oppressi, donne, giovani, minoranze, ecc.), per attuare una transizione che via via crea le condizioni generali, materiali e intellettuali, culturali e in generale sociali necessarie perché ogni adulto partecipi alla produzione svolgendovi un ruolo utile, per abolire i rapporti di produzione capitalisti, l’iniziativa economica individuale tesa a diventare sfruttatori del lavoro altrui, la proprietà privata delle forze produttive materiali e intellettuali e la divisione dei ruoli nel lavoro (tra dirigenti e lavoratori, tra lavoratori intellettuali e lavoratori manuali, tra uomini e donne, tra zone e settori avanzati e zone e settori arretrati, tra nazioni e paesi avanzati e nazioni e paesi arretrati), per attuare universalmente nella distribuzione delle risorse il principio “a ognuno secondo i suoi bisogni”, per rendere tutta la popolazione partecipe del patrimonio culturale della società e del suo sviluppo. Così la politica, come gestione privata degli affari pubblici e lo Stato che ne è la materializzazione gradualmente scompaiono e con essi scompaiono tutto il lordume, la corruzione, i privilegi, le manovre, i segreti e le barbarie che di necessità accompagnano la politica. Noi comunisti non siamo per una “politica pulita”, che non può esistere perché la politica è esclusione delle masse popolari (sarebbe come essere per un’acqua asciutta); siamo per una politica che porta all’estinzione della politica.

Questo è il concetto della dittatura del proletariato. Fu Marx che, elaborando l’esperienza della Comune di Parigi del 1871, ha scoperto che per arrivare all’estinzione della politica e dello Stato era necessaria una fase di passaggio in cui fosse la classe operaia organizzata a esercitare la politica con un suo Stato (vedasi Critica del programma di Gotha, 1875). Il concetto è stato sviluppato e arricchito da Lenin (vedasi Stato e rivoluzione, 1917).

 

***** Manchette

“La dittatura del proletariato è una lotta tenace, cruenta e incruenta, violenta e pacifica, militare ed economica, pedagogica e amministrativa, contro forze e tradizioni della vecchia società. La forza dell’abitudine di milioni di uomini è la più terribile delle forze. Senza un partito di ferro, temprato nella lotta, senza un partito che goda la fiducia di tutto quanto vi è di onesto nella sua classe, senza un partito che sappia interpretare lo stato d’animo delle masse e influire su di esso, è impossibile condurre a buon fine una lotta simile”. (Lenin)

*****

 

Rapporti Sociali 1985-2008 - Indice di tutti gli articoli