INDICE di Cristoforo Colombo

INTRODUZIONE

- La scoperta dell'America

- La nuova scoperta

- La ricerca della nuova via per le Indie

- Le possibilità offerte dalla scoperta

1. IL MOVIMENTO ECONOMICO DELLA SOCIETÀ

 


Introduzione

 

Scoprire la verità attraverso la pratica,

e mediante la pratica confermare e sviluppare la verità.

Mao, Sulla pratica

  

 

La scoperta dell'America

 

Cristoforo Colombo navigò verso le Indie. Approdò invece in America. Era partito come tanti altri allora partivano, alla ricerca di oro, ricchezza e nuove terre, contando di fare meglio degli altri. Egli non si rese conto che aveva scoperto l'America né subito né poi. Le conclusioni del cammino che egli aveva aperto le tirarono altri.

Quante altre volte nella storia umana le cose sono andate così?

Molte.

Molti hanno fatto grandi scoperte senza rendersi conto di quello che avevano tra le mani. Certe volte le scoperte sono andate perse. Altre volte altri ne hanno capito il valore e hanno sviluppato le potenzialità che la cosa aveva in sé.

 Questo conferma l'importanza ed i limiti del ruolo della personalità e degli individui nello sviluppo degli uomini.

Senza il fervore di avide e disperate ricerche di ricchezza che, per motivi interni alla loro storia, animava in quegli anni le società dell'Europa Occidentale, il viaggio di Colombo e della sua piccola ciurma, anche se l'avessero egualmente compiuto, sarebbe rimasto un evento isolato e senza conseguenze, come rimasero i viaggi di tutti quelli che prima di loro erano approdati sulla terra al di là dell'oceano.

 

Sarà questa anche la sorte della scoperta fatta dalle Brigate Rosse?

Molti dei maggiori condottieri si sono già rassegnati ad un mediocre destino. Più o meno convinti, essi seguono la sorte di Cristoforo Colombo, sballonzolati tra premi e castighi, tra speranze di nuove carriere alla corte del re (scusate, della DC e del PSI) e dure storie di umiliazioni e di galera.

Altrove, oramai senza di loro e indipendentemente da loro, si decide se la scoperta che essi hanno fatto, segnerà o nò l'inizio di una svolta nella lotta tra le classi nel nostro paese, se il patrimonio di esperienze accumulato dalle Brigate Rosse e dal proletariato sotto la loro direzione sarà sparso al vento e perso o usato per aprire definitivamente un nuovo vittorioso cammino.

 

Questo è deciso innanzitutto da decine di membri delle Brigate Rosse e di rivoluzionari che, nelle galere e nella clandestinità, non solo non hanno abiurato, ma tendono tutte le loro energie per portare avanti l'opera iniziata.

E' deciso da centinaia di nuovi compagni che si mettono oggi nella lotta politica rivoluzionaria: i "signori nessuno" come li chiamano i giornalisti borghesi, credendo con ciò di sminuire il ruolo della loro attività e dando invece degli avvenimenti l'interpretazione più lusinghiera e favorevole per le Brigate Rosse. Perché la forza di una linea politica, il pegno della sua vittoria stanno  proprio nella capacità di reincarnarsi continuamente in uomini nuovi. Questo rende vani i successi polizieschi e la collaborazione dei delatori. Persino in questo momento di debolezza e di disorientamento, di diffidenza e di delazione, per ogni compagno arrestato, altri ne sorgono di nuovi. Questo dimostra che la forza propulsiva che fermenta nelle classi oppresse è incontenibile, perché ogni nuovo "signor nessuno", anche se neanche lui lo sa, è frutto non solo di un impegno e uno sforzo individuali, ma anche delle spinte e degli stimoli che in quella direzione gli hanno dato, generalmente senza rendersene conto, le migliaia di persone di cui è fatta la sua esperienza. Se è questo che vogliono dire i signori della stampa borghese, niente di più funesto potevano proferire per la loro classe. Il sangue dei martiri è seme di cristiani: si disse in altra epoca ed era già chiaro chi avrebbe vinto.

E' deciso da milioni di proletari che le vicende della vita economica, politica e culturale delle società imperialiste, in questi e nei prossimi anni, costringono ad abbandonare sempre più una vita modesta ma tranquilla e incomparabilmente migliore di quella vissuta dalla generazione precedente; da milioni di proletari a cui i comunisti indicano la strada e che dai comunisti sono rafforzati nella ribellione ed educati alla rivoluzione.

E' deciso in fondo da milioni di uomini di ogni parte del mondo che contribuiscono in mille differenti modi, spesso inconsapevolmente, a determinare la strada che prenderà la lotta tra le classi in ogni paese.

 

Questo opuscolo è scritto da compagni consapevoli della posta in gioco ed è dedicato ai compagni del movimento rivoluzionario, con l'obiettivo di contribuire a chiarire alcuni problemi intricati ricevuti in eredità dai protagonisti delle lotte degli anni passati, per liberare tutte le potenzialità creative che quelle lotte hanno messo in luce.

Una linea rivoluzionaria non si costruisce come teoria a tavolino, come si fa con un bilancio del passato e con un libro di storia. Si costruisce verificando man mano praticamente i passaggi. E' come un lavoro di ricerca sperimentale in cui non si potrebbe andare oltre la prima formulazione di una ipotesi generale, certo non arbitraria ma fondata su tutta l'esperienza già esistente, se l'ipotesi non potesse poi essere verificata e precisata dagli esperimenti.

Noi siamo consapevoli che la trattazione di molti degli argomenti che affrontiamo risente dei limiti della nostra esperienza. Ma il nostro obiettivo è dar vita a un processo che ci permetta di valorizzare l'esperienza di tutti i compagni per procedere sulla nostra strada. La nostra è una proposta di temi, una prima formulazione e un invito a tutti i compagni del movimento rivoluzionario, in primo luogo a quelli dei gruppi organizzati, ad impegnarsi in un'impresa comune costruendo gli strumenti collettivi necessari al suo compimento.

 

Precisiamo subito che con l'espressione «movimento rivoluzionario» non intendiamo il movimento delle classi e delle società che rivoluzionano il loro modo d'essere. Intendiamo invece l'insieme degli individui e degli organismi che si pongono il compito della rivoluzione socialista. Facciamo questa precisazione dato lo stadio di confusione e di dispersione da cui partiamo. Questa ci sembra l'espressione, tratta dal gergo del passato, più adatta a descrivere questa realtà prodotta dal passato e in cui fermenta il futuro.

Chi sono questi individui e organismi?

Essi sono tutti coloro che lavorano coerentemente alla causa della rivoluzione socialista, pongono l'assolvimento di questo compito come attività propria e, nel corso delle lotte attraverso cui passa il raggiungimento dell'obiettivo, svolgono un ruolo tale che li mantiene nel campo della rivoluzione.

Il confine del movimento rivoluzionario, così inteso, è posto da ogni organismo come risultato di  una analisi del movimento della società e dei problemi da risolvere nella fase (delle discriminanti della fase). Quindi può succedere che un organismo sbagli a tracciare il confine del movimento rivoluzionario. E' uno dei rischi che corriamo e cercheremo di evitarlo con l'osservazione, lo studio, la verifica e l'autocritica.

Noi consideriamo che oggi siano interni al movimento rivoluzionario quelli che ritengono la lotta condotta dalle Brigate Rosse negli anni 70 una lotta principalmente positiva e che si pongono il compito di comprendere, salvaguardare, applicare, usare, valorizzare e sviluppare gli insegnamenti e i risultati pratici di quella lotta.

  

 

La nuova scoperta

 

Le Brigate Rosse hanno messo in luce il ruolo della lotta armata come componente della lotta del proletariato per il potere nella fase di accumulazione delle forze, nelle condizioni delle società imperialiste. La «propaganda armata», l'attività delle organizzazioni combattenti e in primo luogo delle Brigate Rosse negli anni 70, è stata la chiave che ha aperto la strada e messo in luce la via.

La reazione di rigetto assoluto, di antagonismo e di incompatibilità assoluta delle società imperialiste nei loro confronti è stata la verifica del successo dell'opera delle Brigate Rosse e della vittoria della loro attività nella fase detta della «propaganda armata» (1).

 

(1) Chi sostiene che tale reazione da parte della borghesia è dovuta ai fatti d'arme in sé, agli attentati, alle perdite di uomini subite dalla classe dominante è un cieco o un impostore.

Le società imperialiste (di tutti i paesi imperialisti, non solo dell'Italia) hanno mostrato e mostrano che possono tollerare al loro interno e riassorbire gli attentati e le perdite di uomini, anche di membri della classe dominante, prodotti dagli scontri tra le varie cosche armate della stessa classe dominante (dall'eliminazione di Enrico Mattei all'eliminazione di Roberto Calvi, dalla strage di Peteano all'eliminazione del gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa) nonché gli attentati fascisti e parastatali (dalla strage di Piazza Fontana alla strage di Bologna), al punto che gli uni e gli altri sono diventati prassi normale in ogni paese imperialista e con un numero di perdite, tra i membri della classe dominante, molto superiore finora a quello causato dall'attività delle BR e di organismi affini.

E' insostenibile anche la tesi che la reazione di rigetto della classe dominante è legata agli attentati commessi dalle Brigate Rosse e da organismi affini. Infatti basta che gli autori degli attentati si convertano, che cessa tale reazione nei loro confronti (vedasi Peci, Franceschini, Barbone, Viscardi: per citare solo un esemplare per ogni specie della confraternita dei «pentiti»). E, convertiti, gli stessi autori di attentati a nome delle BR, diventano apprezzati invitati di salotto. Per contro (cosa particolarmente significativa per chi vuole capire) l'ostilità, venuta meno nei confronti degli autori degli attentati, viene riversata pari pari e moltiplicata contro supposti o reali membri delle BR cui è addebitabile solo l'appartenenza alle stesse. Ciò conferma che non è l'azione militare e l'attentato che sono incompatibili e inaccettabili dalla società imperialista, ma il progetto politico, le potenzialità che l'azione militare, l'attentato contenevano in sé allo stadio di potenziale. Per cui è evidente che, se si tolgono queste potenzialità, o se queste potenzialità non sono mai esistite (ad es. negli attentati individualistici di anarchici e di altri esponenti di situazioni e correnti marginali), per la classe dominante gli attentati diventano fatti di ordinaria amministrazione, situazione con cui convivere. Le azioni militari delle Brigate Rosse hanno provocato una reazione di rigetto solo perché invece erano fattori di sviluppo, elementi di crescita ed affermazione di quelle potenzialità. Su questo devono riflettere coloro che vedono come nostro principale compito presente la ripresa o continuità dell'attività militare. Se non è interna a un progetto di mobilitazione del proletariato e delle masse popolari per la conquista del potere, l'attività militare diventa un fenomeno di devianza sociale e quindi una componente non antagonistica della società imperialista. Quindi il nostro compito principale del presente è la costruzione teorica e pratica del progetto non la ripresa dell'attività militare.

 

Le Brigate Rosse hanno operato una svolta innovativa in una pratica del movimento comunista dei paesi imperialisti oramai sancita da una lunga tradizione storica. In questa pratica gli obiettivi in campo politico erano l'allargamento e il completamento della democrazia borghese (e, dove sopravvivevano, l'eliminazione definitiva dei residui feudali), mentre ci si preparava a prendere il potere quando lo Stato borghese fosse arrivato al collasso. Proprio perché questa pratica aveva raggiunto i limiti delle sue potenzialità, aveva dato tutto quello che poteva dare, finché si restava  nel suo alveo era inevitabile il trionfo del revisionismo moderno. Sul suo terreno erano inefficaci tutti gli sforzi per resistere al revisionismo e alla collaborazione di classe (per quanto generosi, sinceri e autorevoli essi fossero: come per es. quelli di Secchia). Non è per azzardo che in tutti i partiti comunisti dei paesi imperialisti, il revisionismo moderno ha vinto senza traumi e fratture rilevanti politicamente.

 

Le Brigate Rosse hanno innovato in questa tradizione. Questo rappresenta il nocciolo della loro esperienza. Questo ne ha fatto un'esperienza rivelatrice di grandi inesplorate potenzialità.

Prepotentemente, di un sol colpo hanno sgomberato il campo da quell'atmosfera gelatinosa e vischiosa che sembrava inglobare tutto e tutti, capace di riassorbire ogni contraddizione, di smussare ogni contrasto, di far impazzire con mille perché e mille percome chi non accettava le verità di regime, di ridurre a caso singolo per poi eliminarlo chi non si lasciava assorbire, di terrorizzare sapientemente dove gli altri mezzi fallivano. Esse hanno gettato il caos in una classe dominante abituata da anni a muoversi con la indulgenza, la condiscendenza e la sicurezza di chi conduce il gioco, ha il coltello dalla parte del manico e sempre qualche arma di riserva. Esse hanno usato le contraddizioni di una classe abituata da anni ad avere di fronte solo proteste e richieste e ne hanno scombussolato piani e idee.

Scompostamente e prepotentemente hanno imposto il fatto che la rivoluzione proletaria è anche un fatto d'armi, di guerra, che al socialismo si arriva solo combattendo. E questo non come cosa detta (questo lo era già), ma come cosa che nella società imperialista si costruisce giorno dopo giorno sviluppando la guerra contro la classe dominante.

E' stata una scoperta semplice e sconvolgente insieme, come l'uovo di Colombo.

  

La ricerca della nuova via per le Indie

 

Le Brigate Rosse non sono arrivate a questa scoperta per intuizione geniale. Esse sono state il risultato più alto di un movimento di massa che, a mille livelli diversi di spontaneità, determinazione, coscienza, coerenza, coinvolgeva centinaia di migliaia di persone. Sono state il prodotto più alto, estremo, delle lotte di quegli anni, lotte che esplorarono gli estremi limiti, le possibilità estreme della democrazia borghese, del progetto di società del benessere (lavoro, casa, istruzione, diritto di iniziativa politica e sindacale, ecc. per tutti) che la borghesia sbandierava da più di vent'anni.

 

Il risultato più alto di quest'esplorazione fu la ribellione, la rivolta, il rivolgimento armato, la negazione di tutto il progetto di società del benessere della cui esasperazione ed estremizzazione l'esplorazione era il prodotto. Per questo le Brigate Rosse riuscirono ad affermarsi nonostante i loro limiti: come Colombo poté andare in America perché tutti cercavano la via più breve e più sicura per le Indie. Ma in questo vi erano anche i limiti delle Brigate Rosse. Cosi come erano e senza trasformarsi, potevano continuare a vivere finché nella classe dominante perdurava la contraddizione da cui avevano tratto origine. Non vivevano ancora di forza propria, ma della debolezza dell'avversario. Data la concezione del mondo, il patrimonio teorico e la consistenza umana che venivano loro dal contesto sociale da cui erano sorte, le Brigate Rosse hanno potuto rompere i vecchi equilibri, il vecchio progetto, ma non hanno potuto portare avanti il risultato, svilupparlo. Da quel contesto sociale potevano trarre elementi sufficienti per rompere il vecchio, ma non per costruire il nuovo.

 

 

 Le possibilità offerte dalla scoperta

 

Il lavoro degli anni presenti sta nel risolvere questa contraddizione. Questo rappresenta il compito della ripresa. La ripresa non sta nel ricominciare a fare il già fatto. Il compito che l'inizio dell'attività delle Brigate Rosse doveva svolgere nella società imperialista è già assolto. E' impossibile rifare oggi quel che si faceva ieri; tentare di rifarlo è un errore e una dispersione di energie. E questo non, come alcuni hanno detto, perché porterebbe agli stessi risultati (le sconfitte e gli sbandamenti dei primi anni 80).

Il principale risultato dell'attività di allora, del nostro inizio, non furono le sconfitte e lo sbandamento. Il risultato principale della nostra azione di allora fu dare espressione politica alla fine del progetto di società del benessere, fu la creazione nella società imperialista di un centro della lotta politica del proletariato contro la borghesia, fu costruire l'anello di transizione tra la fase dell'attività rivendicativa delle masse nell'ambito della crescita economica e la fase della lotta per il potere nel contesto della crisi economica delle società imperialiste. Ma, appunto, questo risultato è già stato raggiunto. Rifare oggi quello che si faceva allora vuol dire fare un'azione senza più lo scopo di quell'azione, senza che esista più l'oggetto sulla quale essa si esercitava.

Oggi il nostro compito è partire da dove siamo arrivati per andare oltre. Fare il salto a partito è l'obiettivo che tanti hanno invocato, il cui bisogno e la cui urgenza tanti hanno avvertito.

Quindi i compiti di oggi sono l'impianto teorico, la comprensione scientifica del movimento economico e politico della società, la linea politica, il programma di trasformazione di questa società, le linee particolari necessarie per far agire ad un livello più alto ciò che negli anni passati abbiamo scoperto muovendoci a tentoni, d'istinto, sull'onda dell'entusiasmo e degli stimoli che ci venivano da tutta una classe in fermento. Il nostro compito di oggi sta nel far sì che quanto abbiamo scoperto venga compreso a fondo, diventi solido patrimonio teorico e si materializzi in uomini e organismi, verifichi e confermi la sua giustezza nella pratica, si dia le sue forme concrete di espressione nell'attività di un organismo articolato nelle sue varie strutture, nei suoi militanti, nei suoi simpatizzanti, giù giù fino alle masse da cui è quotidianamente alimentato.

Il problema non sta nel fatto che ieri ci siamo mossi a tentoni. Non avremmo potuto fare diversamente e questo ci ha insegnato grandi cose. Il problema ora è mettere a frutto quegli insegnamenti.

Questo è il compito di oggi.

Oggi la fedeltà alla causa del comunismo non è solo non abiurare, non vendersi, ma è soprattutto lavorare tenacemente, dedicare tutte le nostre energie per portare avanti la nostra opera.

 

Oggi sta a noi risolvere i problemi posti dai nuovi compiti, dal terreno più favorevole, dall'esperienza accumulata, dalla porta che è stata aperta.

Il nostro obiettivo è la costituzione in partito degli organismi e degli individui che compongono il movimento rivoluzionario.

La parola d'ordine che riassume i nostri compiti immediati di fronte a questo obiettivo è la lotta all'idealismo, al soggettivismo, al militarismo, al movimentismo nell'ambito del movimento rivoluzionario.

 

***

 

 In questi ultimi anni, in quegli organismi e tra quei compagni che costituiscono oggi il movimento rivoluzionario, si è parlato molto di lotta all'idealismo, al soggettivismo, al militarismo e al movimentismo. Ma per ora il cammino fatto nella loro liquidazione è inversamente proporzionale al parlare fatto.

Possiamo dire, senza esagerare, che nelle analisi della situazione e nel modo in cui si cerca una risposta alla domanda del momento: «che fare?», «che via prendere?» si ritrovano ancora oggi gli stessi errori che si riscontravano nelle azioni e nei piani di ieri.

Oggi a noi non interessa lanciare un ulteriore appello alla lotta contro l'idealismo, il soggettivismo, il militarismo e il movimentismo. Ma ci interessa affrontare, basandoci sull'esperienza e richiamandoci all'esperienza dei nostri lettori, quei problemi che più o meno confusamente vengono posti e comunque vengono fuori ogni volta che si discute sul da farsi. Dapprima vogliamo separare con cura i vari problemi, per quanto possibile analizzandoli uno per uno, per arrivare infine ad una sintesi che ci consenta di dare alla domanda una risposta basata sul movimento reale delle cose.

Perché, e questa è una prima discriminante tra noi e gli idealisti, per rispondere al «che fare?», «che via prendere?» non sono importanti i nostri pensieri e i nostri desideri, ma le tendenze reali presenti nel movimento oggettivo, economico e politico, della società. E' infatti questo movimento oggettivo della società che determina sia il movimento delle grandi masse sia le vie percorribili. Solo se il nostro pensiero è un riflesso fedele delle tendenze reali e dunque è una giusta guida nell'azione, esso diventa una forza; al contrario, se ci dà un'immagine falsata dalla realtà, esso risulta essere un ulteriore ostacolo.

 

 


INDICE di Cristosforo Colombo - Capitolo 1 - IL MOVIMENTO ECONOMICO DELLA SOCIETÀ

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