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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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L’opposizione alla giunta Monti-Napolitano diventa efficace solo se è condotta da uomini e organismi decisi a cacciarla e a prendere loro in mano il governo del paese!
Comunicato CC - 24 settembre 2012

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Comunicato CC 34/12 - 27 settembre 2012

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Sette risposte a sette domande più un appello

I nostri due ultimi Comunicati, rispettivamente quello del 13 settembre e quello del 24 settembre, hanno sollevato alcuni dubbi e suscitato molte richieste di chiarimenti a cui riteniamo sia il caso di rispondere.

I due Comunicati si distinguono dai precedenti perché danno indicazioni più dettagliate circa le iniziative che gli operai organizzati e in generale le masse popolari organizzate (senza organizzazione i proletari non hanno alcun potere sociale, non sono una forza politica e quindi è inutile parlare di cosa dovrebbero fare salvo organizzarsi) possono e devono prendere oggi, subito, anche caso per caso quando non ci sono le condizioni per farlo di colpo su scala più larga. Si tratta di iniziative efficaci per far fronte alla serie di licenziamenti, cassa integrazione, chiusure di aziende, riduzione del personale e delocalizzazioni e alla disoccupazione che da tempo colpiscono le masse popolari e che nei prossimi mesi si aggraveranno se lasciamo andare le cose come le impongono la giunta Monti-Napolitano, i vertici della Repubblica Pontificia, la borghesia imperialista e le istituzioni del sistema imperialista europeo e americano. Si tratta di iniziative che anche se piccole, aprono la via a iniziative su scala più larga. In breve, i due Comunicati indicano come approfittare della debolezza dei vertici della Repubblica Pontificia, del fatto che il loro regime è estremamente instabile e la loro egemonia sulle masse popolari al minimo, le loro forze politiche (PD, PdL, UdC, ecc.) allo sbando e la Corte Pontificia divisa tra USA e UE, le prove di fascismo solo all’inizio e ancora non in grado di scatenare una guerra civile: come approfittare di queste condizioni, prendere l’iniziativa e rompere la catena con cui i vertici della Repubblica Pontificia strozzano le masse popolari.

In sostanza le indicazioni che i nostri Comunicati danno per prendere l’iniziativa contro le angherie delle classi dominanti si riassumono in due:

1. in ogni azienda che i padroni vogliono ridimensionare, chiudere o delocalizzare, gli operai organizzati possono e devono con le buone o con le cattive prendere in mano l’azienda e autogestirla: devono quindi costituire gli organismi necessari per prenderla in mano e autogestirla agendo con la forza necessaria su fornitori, clienti e banche;

2. ovunque sono abbastanza organizzate, le masse popolari (OO e OP) possono e devono con le buone o con le cattive indurre ogni azienda, ente, agenzia di amministrazione pubblica, ecc. ad assumere, organizzare e mobilitare nuovi lavoratori anche a compiere attività che esulano da quelle svolte abitualmente, possono e devono creare nuove aziende, enti, agenzie, ecc.

Il nostro partito da tempo persegue l’obiettivo di portare le OO e OP a costituire un governo nazionale composto da loro esponenti e dagli esponenti del movimento sindacale, della società civile e della sinistra borghese che  godono della loro fiducia, un governo (lo abbiamo chiamato Governo di Blocco Popolare - GBP) che abbia come programma le Sei Misure Generali: non le ripetiamo qui perché le abbiamo già esposte nel Comunicato del 24 settembre. Abbiamo anche detto ripetutamente (la proposta del GBP è illustrata in dettaglio nell’Avviso ai naviganti 7 del 16 marzo 2012) che il GBP è la combinazione di due componenti di cui la principale è costituita dalle OO e OP che indicano caso per caso i provvedimenti a cui il GBP dà forma e forza di legge nazionale (e che quando necessario e possibile fa materia di accordi internazionali). Nei due Comunicati di settembre illustriamo in maggiore dettaglio che nei precedenti, le iniziative principali delle OO e OP, quelle intese ad attuare la parola d’ordine “a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso”. L’attuazione di questa parola d’ordine è la base di ogni percorso realistico, attuabile di rinascita economica, ambientale, intellettuale e morale del nostro paese, di ogni percorso realistico di uscire dalla crisi generale del capitalismo. Se non contempla l’attuazione di questa parola d’ordine, ogni progetto di uscita dalla crisi e di rinascita è velleitario, illusorio, campato in aria ... quando non è puramente e semplicemente un imbroglio (in questo caso bisogna vedere quali sono le mire degli imbroglioni). L’attuazione di questa parola d’ordine a sua volta implica o trascina con sé l’attuazione del resto del programma del GBP, suscita inevitabilmente l’ostilità delle istituzioni del sistema imperialista e quindi la lotta delle masse popolari per farvi fronte e questa siamo sicuri che per avere successo porterà all’instaurazione del socialismo.

 

Proprio perché indicano in modo più dettagliato le iniziative che le OO e OP devono prendere e che possono prendere anche caso per caso, incominciando su piccola scala, da dove ne hanno già la forza, i due Comunicati di settembre hanno suscitato dubbi e obiezioni. Raggruppiamo dubbi e obiezioni per punti, dando punto per punto le spiegazioni necessarie e chiediamo a ogni organismo di ragionarvi sopra senza riserve: solo con una convinzione profonda e ben fondata delle proprie ragioni e delle proprie potenzialità, è possibile gettarsi in una lotta accanita e condurla con l’audacia, la determinazione, lo spirito d’iniziativa e l’intelligenza necessari per vincere.

 

1. Sono gli operai organizzati capaci di gestire le aziende, in particolare le grandi aziende come ad esempio la FIAT di Termini Imerese, l’ILVA di Taranto, ecc.?

Lo sono se lo vogliono e se, per incominciare, almeno un certo numero di essi traducono la loro volontà in comportamenti concreti coerenti con le leggi proprie del ruolo che devono svolgere.

Certo la gestione delle aziende non è un’arte che gli operai già conoscono. La società borghese per sua natura esclude la massa dei lavoratori dal conoscere e imparare a gestire le aziende. Solo alcuni sindacalisti sono a volte ammessi nei consigli d’amministrazione o in altri organismi di direzione, ma a fare scena e per lo più si tratta di sindacalisti disposti a imbrogliare i lavoratori per conto dei padroni. Le attività aziendali sono avvolte in misteri e segreti: gli stessi dirigenti e i loro più stretti assistenti (tecnici e professionisti) sono vincolati da segreti professionali.

Ma la gestione delle aziende è un’arte che gli operai possono imparare, come tutti hanno imparato a leggere, a scrivere e a far di conto: cosa che per secoli era stata riservata ai preti e ai ricchi. Ma cosa fare nell’immediato, subito? Gli operai organizzati devono mettere a lavorare i tecnici e i professionisti: gli esperti a cui anche i padroni fanno del resto ricorso. I proprietari delle aziende, gli azionisti, gli investitori, le autorità superiori, i direttori i funzionari dei fondi d’investimento non sanno neanche loro gestire le aziende: si servono di tecnici e di professionisti. Lo stesso faranno gli organismi operai, solo che tecnici e professionisti lavoreranno secondo direttive stabilite dagli operai organizzati (cioè dai comitati formati dagli operai e dai loro delegati e dalla  struttura gerarchica dei comitati: come in qualche misura già hanno mostrato i Consigli di Fabbrica negli anni ’70 del secolo scorso). Tecnici ed esperti non saranno più vincolati dal segreto, ma dovranno anzi spiegare, rendere conto agli operai della loro attività e formare gli operai alla gestione delle aziende.

“Ma gli operai dovranno pagare tecnici e professionisti più di quanto prendono loro stessi!”

Certamente, perché per un po’ di tempo avranno a che fare con gente educata a lavorare per soldi, a fare i mercenari, benché per una parte di essi già oggi conti molto anche la passione per il proprio lavoro e il ruolo sociale che svolgono con la loro professione. La crisi del capitalismo è arrivata anzi a manifestazioni di una gravità tale che persino alcuni membri della borghesia imperialista e del clero, comunque esponenti del campo della borghesia imperialista [MP pagg 166 - 171] sono disposti a collaborare con gli operai organizzati se questi, anziché limitarsi a protestare e denunciare, prendono in mano la gestione delle aziende. Non dovranno dare ai tecnici e ai professionisti compensi pari a quelli che prendono ora i dirigenti (compensi da centomila euro al mese e più sono correnti tra i dirigenti di aziende, enti, ecc.: si vedano a conferma le cifre che dà Roberto Perotti nel suo articolo Oltre i costi della politica solo il silenzio su il Sole 24 Ore del 22 settembre). Comunque dovranno dare loro compensi dieci o venti volte il salario minimo degli operai dell’azienda, ma ne varrà la pena. Dovranno invece inflessibilmente scartare tecnici e professionisti che si ostinano a non lavorare secondo le direttive degli operai organizzati o le travisano o sabotano.

 

2. Come possono le nuove aziende gestite da operai organizzati trovare fornitori, clienti, crediti (denaro) per pagare fornitori e salari?

- Trovare fornitori, di regola non sarà un problema. Se non ne esistono in Italia, li troveranno all’estero. Li trovano perfino (legalmente o di contrabbando) le aziende di paesi che la “comunità internazionale” dei gruppi imperialisti sottopone a sanzioni. Basta pagarli. Una volta costituito il GBP, aiuteranno anche le relazioni di scambio, collaborazione e solidarietà che il GBP stabilirà con altri paesi (la 6° delle Sei Misure Generali). Quindi il problema si riduce ai crediti bancari (al denaro) di cui trattiamo un po’ più avanti.

- Trovare clienti, sarà anche questo possibile anche se meno semplice. Clienti ne hanno già le aziende che i padroni vogliono ridimensionare, chiudere o delocalizzare e altri ne esistono: quelli a cui la “comunità internazionale” dei gruppi imperialisti applica sanzioni e quelli esclusi dall’acquisto per vie legali stante le condizioni (di prezzo o d’altro genere) imposte dai gruppi, dalle istituzioni, dalle regole e dalle consuetudini del sistema imperialista mondiale. Mentre esiste la sovrapproduzione di merci in alcune parti della società e in alcuni paesi, in altri gi stessi prodotti non sono disponibili in quantità sufficiente a soddisfare i bisogni per una vita civile. In alcuni casi si tratterà di fare prezzi convenienti per i clienti e di infrangere regolamenti e leggi. In alcuni altri casi si tratterà di ridurre la produzione nei limiti richiesti. Ma né le entrate riscosse dai clienti dovranno necessariamente pareggiare le uscite aziendali per acquisti e salari perché questi saranno comunque finanziati dalle banche, né la riduzione della quantità di prodotti comporterà licenziamenti perché il tempo di lavoro risparmiato dalla produzione principale sarà dedicato ad altre lavorazioni o alla formazione e ad altre attività utili.

Come evitare la guerra tra aziende predicata da Marchionne?

Dividendo la produzione tra le aziende con accordi patrocinati dal GBP, se si tratta di aziende nazionali. Ricorrendo alle relazioni indicate dalla 6° delle Sei Misure Generali se si tratta di aziende di altri paesi, mettendo a contribuzione la rete di traffici internazionali che in questi anni si è sviluppata su larga scala.

 - Avere dalla banche crediti (denaro) per pagare fornitori e salari, questo sarà possibile imponendo alle agenzie bancarie di dimensionare i crediti in euro ad ogni azienda secondo le esigenze della produzione aziendale, alle dimensioni necessarie per finanziare acquisti e salari: cosa che gli operai organizzati (e le masse popolari organizzate) possono imporre direttamente ai dirigenti delle banche facendo leva anche sugli impiegati bancari e che il GBP (quando sarà costituito) imporrà anche per legge.

Da quando il 15 agosto del 1971 il Governo Federale USA (presidente R. Nixon) ha unilateralmente stracciato l’Accordo di Bretton Woods (1944), il denaro non è più costituito né direttamente né indirettamente da una merce particolare (oro, argento, ecc.). Da più di 40 anni il denaro sia nei singoli paesi sia internazionalmente è solo credito bancario: credito fatto dalle singole banche e dalle banche centrali secondo regole, criteri e abitudini elastici (cioè non fissi, ma accettati dalla comunità dei banchieri, dei finanzieri, dei ricchi e dei dirigenti delle istituzioni del sistema imperialista mondiale - è la loro democrazia: un dollaro, un voto, per dirla con uno slogan). La crisi finanziaria che affligge oggi in forma diversa tutto il mondo, deriva dal carattere arbitrario, soggettivo, storico di queste regole, criteri e abitudini e dalla forzatura e dalla violazione di esse che, per mantenere in vita il modo di produzione capitalista nonostante la sua crisi, banchieri, finanzieri, speculatori e dirigenti delle istituzioni del sistema imperialista mondiale hanno compiuto e continuano a compiere (né possono fare altrimenti). Certo questi hanno violato e forzato per fare profitti, ognuno spinto dall’avidità di accumulare denaro: cosa che gli altri suoi colleghi “capiscono” e cercano di imitare. L’iniziativa degli operai e delle masse popolari organizzate introdurrà invece la violazione e la forzatura per esigenze della produzione di beni e servizi. Sarà quindi un’operazione di forza e conflittuale compiuta dalla classe cui i signori del sistema imperialista non concedono di farne di violazioni e forzature di quel genere. Ma per gli operai e le masse popolari meglio questo conflitto che la miseria, la precarietà, le proteste autolesioniste e per lo più inefficaci. Una volta concesso, un credito in euro concesso all’azienda gestita dagli operai organizzati, vale come tutti gli altri crediti. La banca che l’ha concesso sarà sottoposta a pressioni come lo sono oggi per il loro Debito Pubblico gli Stati più deboli. Ma farla fallire, sarà per i signori del sistema imperialista europeo e americano un problema come lo è far fallire uno Stato che non obbedisce alle loro ingiunzioni (vedasi Islanda, Argentina, ecc.). Di inviare le cannoniere a minacciare i debitori non è il caso e far fallire una banca che è pur sempre un grande debitore, è un problema per i suoi creditori. Tanto più che perfino le banche centrali (la FED, la BCE, le banche centrali di Pechino, di Londra, del Brasile, dell’Inghilterra, del Giappone, ecc.) litigano già tra loro sulla quantità di credito che ognuna di esse concede e sul controllo sulle altre banche e istituzioni finanziarie, al punto che neanche la Banca dei Regolamenti Internazioni (BRI - Basilea) riesce più a metterle d’accordo. Ecco perché sarebbe una sciocchezza uscire noi ora dal sistema monetario dell’euro, dato che se solo prendiamo l’iniziativa, possiamo invece trasformarlo in una trappola a nostro favore per i signori del sistema imperialista europeo e americano!

In sintesi, gli operai e la masse popolari organizzate con la loro azione di forza imporranno ai banchieri la preminenza della produzione di beni e servizi sull’accumulazione di denaro, di titoli di credito e di capitale (accumulazione la cui completa eliminazione non può essere immediata: sarà uno degli aspetti dell’instaurazione del socialismo). Questa violenza, questa lesione alla libertà di banchieri, finanzieri, speculatori e dirigenti delle istituzioni del sistema imperialista mondiale, questa intrusione degli operai organizzati nel loro monopolio sconvolgerà il loro mondo e susciterà le loro reazioni furiose e indignate. Bisognerà fare fronte ad esse: ma farci fronte non è impossibile perché banchieri, finanzieri, speculatori e dirigenti delle istituzioni del sistema imperialista mondiale non sono entità astratte, hanno nomi, cognomi e sedi, hanno molto da perdere e hanno in  ogni paese nemici numerosi, “il 99%”. Dovremo imparare ad allearci con questa maggioranza schiacciante, a mobilitarla. Cosa non scontata, ma possibile.

 

3. Quali effetti avrebbe sul piano internazionale, rispetto agli altri paesi l’iniziativa degli operai italiani organizzati?

Gli operai italiani organizzati che prenderanno in mano la gestione della loro azienda (e il GBP quando sarà costituito) dovranno regolare una serie di questioni internazionali. Essi le potranno regolare sulla base di accordi di scambio, collaborazione e solidarietà con le aziende, gli enti e le istituzioni degli altri paesi disposti a farlo.

Se al comando delle relazioni internazionali ci sono i rapporti di credito e debito, quindi l’accumulazione di denaro, di titoli finanziari e di capitale, le relazioni tra paesi sono per forza di cose relazioni di guerra, quelle che Marchionne ingenuamente ha proclamato ad alta voce. Sono relazioni di concorrenza e di competizione: o relazioni di sfruttamento e di oppressione o relazioni di soggezione; o dominare o essere dominati.

Se al comando delle relazioni internazionali c’è la produzione di beni e servizi, si tratta di stabilire tra paesi e istituzioni accordi e regolamenti che consentano a tutti di produrre i beni e i servizi nella quantità di cui sono capaci e di scambiarli in cambio della quantità di cui hanno bisogno per una vita dignitosa secondo i migliori standard di civiltà che la specie umana ha raggiunto. Quando la sovrastruttura finanziaria si sbriciola, riemerge il vecchio capitalismo in crisi fatto si aziende che producono merci, ma nel contesto costituito dalla sovrastruttura finanziaria mondiale che è una novità storica.

Al livello raggiunto oggi dalle forze produttive, di beni e servizi se ne possono produrre per tutti: è possibile produrre quantità illimitate di beni e servizi. In questi ultimi decenni la specie umana ha vinto la lotta che per millenni gli uomini hanno condotto contro il resto della natura per strapparle quanto necessario per sopravvivere e progredire. Questa lotta ha condizionato la specie umana lungo tutti i millenni della sua esistenza: ha determinato la sua divisione in classi sociali e la lotta tra di esse, la successione dei vari modi di produzione. Questa lotta è oramai storicamente superata: cioè la specie umana possiede i mezzi e le conoscenze necessarie per produrre quantità illimitate di beni e servizi. L’insufficienza della produzione, dove sussiste è dettata solo da questioni inerenti l’organizzazione sociale della specie umana stessa (la sopravvivenza della divisione in classi sociali e la lotta di classe, il modo di produzione capitalista, i sistemi di relazioni sociali e il sistema di relazioni internazionali fondati su di esso). Ci sono quindi ampi margini per creare relazioni internazionali di scambio, collaborazione e solidarietà.

 

4. Ma se tutti hanno un lavoro utile e dignitoso, se ogni adulto ha quindi un reddito assicurato, come sarà assicurato il progresso della produttività del lavoro?

Per produttività del lavoro intendiamo da una parte la quantità di beni e servizi che un collettivo di lavoratori produce in un dato tempo, dall’altra la quantità di materie prime e ausiliarie e di energia che un dato collettivo impiega per produrli.

I portavoce e lacchè della borghesia imperialista e del clero, economisti come Alesina e Giavazzi ben remunerati consulenti della giunta Monti-Napolitano, sbandierano ancora oggi come legge di natura che l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione porterebbe alla neghittosità generale. Ma è una storiella che i capitalisti  raccontano da tempo, come i nobili e il clero raccontavano la storiella di Menenio Agrippa. Un ritornello tanto vecchio che già nel Manifesto del partito comunista del 1848 Marx ed Engels lo hanno considerato e liquidato con poche righe del capitolo II. Noi ne abbiamo trattato ampiamente nel capitolo V (obiezione 6) nel nostro Manifesto Programma. I primi paesi socialisti nel periodo della loro crescita e avanzata, cioè nella prima delle tre fasi della loro vita, hanno smentito in pratica questa storiella con i loro rapidi successi (e la loro successiva decadenza, come abbiamo più volte e chiaramente spiegato [vedasi ad esempio I primi paesi socialisti e I quattro temi principali da discutere nel movimento comunista], non fu dovuta al pieno impiego, ma fu dovuta al prevalere della destra, cioè all’influenza della borghesia, delle sue abitudini e tradizioni, nei partiti comunisti per l’inesperienza e i limiti della sinistra, ai privilegi che conseguentemente i dirigenti si attribuirono e al rafforzamento ed estensione nei paesi socialisti dei residui rapporti sociali borghesi e preborghesi; la transizione dal capitalismo al comunismo è possibile e necessaria, ma non è né un miracolo, né una “conversione sulla via di Damasco”, un colpo di sole; è una trasformazione delle relazioni sociali: dei comportamenti e della concezione del mondo di milioni di individui che si trasformano principalmente sulla base della loro esperienza).

I capitalisti e il clero sono ancora fermi alla concezione che la massa degli esseri umani sarebbero per natura animali che capiscono solo la costrizione dei loro bisogni, lavorerebbero solo perché costretti con la frusta o con il ricatto della disoccupazione e della miseria. Il lavoro salariato sarebbe il massimo di civiltà compatibile con la loro natura. È una concezione del mondo che porta capitalisti e clero a considerare uno spreco e un freno alla civiltà i diritti dei lavoratori e le varie misure dello “stato sociale”, nonché il diritto alla vita garantito agli anziani. La difesa di se stessi di fronte all’avidità dei capitalisti, ai Marchionne che ancora oggi rubano agli operai i dieci minuti di pausa, i capitalisti e il clero la indicano come naturale propensione degli operai all’ozio e alla depravazione. Le attività non pagate che milioni di persone svolgono correntemente anche nella società borghese, per i capitalisti non sono attività degne di considerazione. I capitalisti sono bloccati dal fatto che i proletari lavorano malvolentieri per arricchire i capitalisti, vogliono essere pagati il più possibile, recalcitrano ad aumentare ritmi e tempo di lavoro.

La produttività del lavoro già raggiunta permette e anzi comporta l’accesso in massa di tutti gli esseri umani al patrimonio e alle attività specificamente umane; permette di ridurre il tempo dedicato alla produzione di beni e servizi a una prestazione sociale di tutti i membri della società in età per darla ognuno dei quali ad essa dovrà dedicare una parte più limitata che non ora della sua vita. Già ora nei paesi imperialisti più della metà del tempo di lavoro contrattuale dei pochi lavoratori, può essere eliminata se tutti gli adulti lavorano e se si eliminano le attività inutili o nocive a cui il sistema di relazioni sociali borghesi condanna i proletari che “meritano” [Elsa Fornero disse] di lavorare.

Certo le persone formattate dall’educazione e dai rapporti borghesi non concepiscono altro motivo per lavorare che appropriarsi di denaro. Ma questa è una loro particolare deformazione che nella nostra epoca porta al parassitismo e alla disgregazione sociale. Oggi la borghesia imperialista e il clero compiono sforzi inauditi per deformare i giovani, soffocare i loro slanci e ridurre le loro scelte all’alternativa: o ozio ed evasione o ricerca di denaro. La grande produttività già raggiunta permette invece di educare in massa le nuove generazioni alle attività specificamente umane, quelle che distinguono la specie umana dalla altre specie animali. La cultura, la ricerca, le relazioni sociali, la gestione della società e le arti saranno sempre più le occupazioni principali della massa degli esseri umani. In conseguenza di questo e dell’abolizione di ogni segreto industriale e di ogni brevetto, la produttività del lavoro che gli uomini dedicheranno alla produzione di beni e servizi crescerà con una  rapidità quale ancora non conosciamo. Il risparmio di tempo di lavoro, di materie prime e ausiliarie e di energia diventerà una delle regole guida in ogni azienda e attività.

 

5. Cosa dovrebbero fare gli operai organizzati quando i processi produttivi della loro azienda nell’immediato comportano pericoli per loro e a lungo termine comportano danni per i lavoratori, la popolazione o l’ambiente (il resto della natura)?

Una volta che il cambiamento del processo produttivo non comporta il licenziamento, la miseria e l’emarginazione sociale dei lavoratori, sono aperte le vie per ogni innovazione che riduce il pericolo e attenua o addirittura elimina i danni. Non ci saranno più resistenze a cambiare e la ricerca di processi meno pericolosi e nocivi fiorirà. Oggi sotto la direzione della borghesia imperialista e del clero, l’umanità destina enormi quantità di risorse e di energie alla guerra e alla repressione, al lusso e agli sprechi dei ricchi, limita con mille segreti la ricerca e l’applicazione universale dei risultati della ricerca, limita l’accesso agli studi e alla ricerca, fa pagare chi vuole studiare, taglia i fondi alla ricerca, resta abbarbicata a processi produttivi obsoleti e inquinanti (l’ILVA di Taranto è un esempio) finché producono profitti per i loro padroni, mette i lavoratori di fronte alla scelta “morire di inquinamento o morire di disoccupazione”, “condannare se stessi e i propri familiari all’inquinamento o condannarli alla miseria”. La gestione operaia delle aziende è affidabile dal punto di vista del risanamento delle aziende, perché gli operai sono i primi a soffrire le conseguenze negative dei processi produttivi. Mentre gli attuali padroni non sono affatto affidabili. I Clini, i Monti, i Prodi e il clero sono inaffidabili quali che siano le promesse che fanno sotto l’incalzare delle proteste: una volta placate le proteste, ritorneranno alla loro naturale politica di sempre, quella dei massimi profitti.

 

6. Cosa dovrebbero fare gli operai organizzati quando i prodotti della loro azienda sono nocivi o inutili?

Un prodotto è necessario quando rientra nell’uso della popolazione. Di norma se l’uso di un prodotto è nocivo o inutile, va eliminato con una campagna che riguarda principalmente l’orientamento e le condizioni della popolazione che lo usa. Tale campagna sarà enormemente facilitata dal fatto che l’interruzione della sua produzione non comporta licenziamenti, ma libera energie, risorse e tempo per altre attività. È esperienza diffusa e probante che finché predominano le condizioni attuali, proibire la produzione di merci nocive (come le droghe) o inutili, non impedisce la produzione, ma crea terreno d’affari d’oro per il capitale finanziario e i banchieri e apre spazio di attività alle Organizzazioni Criminali.

 

7. Che linea dovrebbero seguire gli operai organizzati rispetto ai problemi illustrati dai fautori della “decrescita”?

Oggi gli uomini devastano e inquinano l’ambiente naturale e saccheggiano le risorse della terra perché il capitale deve per sua natura crescere illimitatamente: quindi deve aumentare illimitatamente la quantità di merci prodotte. Per sua natura il capitale deve aumentare e quindi il capitalista ha la vista corta: ogni capitalista deve fare più profitti possibile e il più rapidamente possibile. Questa è la causa prima della crescita illimitata e indiscriminata.

Quanto minore sarà il carattere capitalista dei rapporti sociali, tanto più la decisione di cosa, come e quanto produrre diventerà una decisione consapevole della società. Allora la questione di cosa, come e quanto produrre diventerà una scelta libera, nel senso che la società potrà regolarla con le stesse procedure con cui ha regolato altri aspetti della sua vita sociale: ad esempio il ricorso alla violenza individuale, l’oppressione degli uomini sulle  donne e altre caratteristiche di sue forme primitive di civiltà, man mano che la sua civiltà si è sviluppata. Ora lo farà con maggiore consapevolezza e più celermente. I fautori della “decrescita” hanno tutte le ragioni di criticare la crescita illimitata della quantità di merci prodotte. Il limite di una parte di loro è che criticano gli effetti del capitalismo, senza criticare il capitalismo e quindi diventano di fatto un puntello dei capitalisti contro le richieste dei lavoratori ancora in miseria e contro le masse popolari dei paesi oppressi che lottano per porre fine alla loro miseria. Sta a noi comunisti prendere in mano la bandiera della regolazione e pianificazione sociale del cosa, come e quanto produrre e fare di questa decisione un tratto normale della società futura.

Proprio perché ha vinto la sua lotta contro il resto della natura e ha i mezzi e le conoscenze per produrre beni e servizi in quantità illimitata, la specie umana deve essa stessa porre alla produzione di beni e servizi limiti compatibili con la conservazione e il progresso del resto della natura, da cui essa comunque non può prescindere, perché è l’albero sui cui rami è seduta. Questi limiti sono incompatibili con i sistemi di relazioni sociali e col sistema di relazioni internazionali basati sul modo di produzione capitalista: anche per questo in definitiva la specie umana deve superare il capitalismo. La lotta tra i fautori del dominio dell’accumulazione di denaro, di titoli finanziari e di capitale e i fautori della produzione di beni e servizi diventa quindi anche una lotta internazionale. Con le operazioni condotte per assumere in proprio e mantenere nelle loro mani la gestione delle loro azienda, gli operai organizzati assumono l’iniziativa anche in questa lotta internazionale: anziché essere schiacciati e strozzati dai signori del sistema imperialista mondiale, lottano per prevalere su di essi. È una lotta che gli operai organizzati certamente possono vincere, anche perché non è solo la lotta per la loro sopravvivenza: è anche la lotta per la sopravvivenza e il progresso della specie umana. Quindi man mano che progrediranno nel condurre con successo questa loro lotta, conquisteranno alleati in quantità crescente e sgretoleranno le file dei loro nemici.

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Speriamo che queste nostre risposte aiutino i nostri obiettori a risolvere i loro dubbi, a sciogliere le loro resistenze e a sprigionare le loro energie. Oltre alle obiezioni diffuse che abbiamo fin qui trattato, ne abbiamo ricevute di meno diffuse, per così dire di nicchia.

Alcuni ci hanno fatto osservare che in periodi di crisi “in ogni comunità nazionale prevalgono le tendenze centripete, all’unità”. Anche noi siamo per l’unità della società, la riteniamo necessaria stante lo sviluppo già raggiunto dalla civiltà umana, quindi siamo (e lo dice già il Manifesto del partito comunista del 1848 alla fine del suo capitolo II!) per porre fine alla lotta di classe. Ma siamo per porvi fine sulla base e con la premessa di eliminare la divisione dell’umanità in classi e le relazioni, i comportamenti e i sentimenti che da essa derivano. Proprio per questo sappiamo che la società attuale dovrà prima dividersi in due campi ben nettamente contrapposti. Proprio per questo non temiamo, ma combattiamo risolutamente gruppi e individui che vogliono “eliminare la lotta di classe” (i fautori delle “tendenze centripete”) sottomettendo le classi oppresse alla borghesia e al clero, soffocando insomma la lotta delle classi oppresse (anche se con la promessa di nutrirle bene). In particolare combattiamo senza tregua gli esponenti più criminali della borghesia e del clero che vogliono soffocare con la violenza la lotta delle classi oppresse per la propria emancipazione: i fascisti.

Alcuni (i comunisti dogmatici) sono sconcertati dal fatto che noi non infarciamo i nostri scritti e discorsi di citazioni tratte dai manuali del marxismo. Effettivamente noi non usiamo ad ogni passo le stesse parole ed espressioni che loro ripetono come versetti rituali, ma la sostanza di quello che diciamo è quella dei manuali del marxismo, presa come guida dell’azione.

 Alcuni ci obiettano che siamo poco didascalici, cioè spieghiamo poco i meccanismi del capitale finanziario, che prestiamo poca attenzione alle manovre e contorsioni delle istituzioni finanziarie. In effetti molti esponenti della sinistra borghese sono convinti che il corso neoliberista che la borghesia imperialista ha dato alla società a partire dagli anni ’70 del secolo scorso sia dovuto all’ignoranza delle buone ragioni che essi perdono tempo a spiegare o a errori di comprensione della realtà che essi perdono tempo a illustrare. Ne citiamo uno per tutti: Felice Roberto Pizzuti e il suo articolo Lo stato sociale è sempre nel mirino comparso su il manifesto del 26 settembre. In realtà la borghesia e il clero hanno impresso alla società il corso attuale a causa del declino del movimento comunista (a sua volta dovuto ai limiti di comprensione e agli errori della sinistra del movimento stesso: questa sì aveva e ha bisogno di una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe!) e al tentativo di conservare in vita il modo di produzione capitalista nonostante la sua crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale.

Infine alcuni ci rimproverano di avere un orizzonte limitato ai confini nazionali. In realtà quello che noi diciamo “in italiano” agli operai e alle masse popolari italiane, altri comunisti lo dicono ognuno nella “lingua” del suo paese agli operai e alle masse popolari della Spagna e della Grecia, degli USA e della Francia, della Germania e della Gran Bretagna. Insieme costituiamo il nuovo movimento comunista internazionale che rinasce, anche se non ha ancora trovato le forme organizzative del suo carattere internazionale.

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La lotta per uscire dal marasma della crisi del capitalismo non è un pranzo di gala. In ogni paese noi comunisti dobbiamo condurre gli operi e le altre classi delle masse popolari a prendere l’iniziativa e spezzare la catena che le strozza a partire dall’anello più debole. Le masse popolari non possono avere pace se subiscono le regole e le manovre della borghesia imperialista e del clero. Ma possono imboccare il cammino della propria emancipazione sfruttando a proprio vantaggio le regole e le manovre della borghesia imperialista e del clero, sviluppando la propria iniziativa passo dopo passo. Anche il più lungo cammino è una successione di passi. Liberarsi dal capitalismo sarà una lotta dura e acuta, ma possiamo vincerla se ci dedichiamo ad essa con slancio, con generosità, con audacia e con intelligenza.

Avanti quindi compagni!

Il futuro è nostro!

L’internazionale è la futura umanità!

 

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste nell’usare TOR [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html].