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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Comunicato CC 11/2013 14 marzo 2013

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Il ruolo della Corte Pontificia nel mondo e in Italia

 

Ieri pomeriggio i cardinali hanno nominato il nuovo capo della Corte Pontificia, il cardinale gesuita argentino Mario Bergoglio che con il nome di Francesco I prende il posto del dimissionario Papa Ratzinger. La scelta non è casuale. Il cardinale era stato già candidato come Papa nel 2005 quando però fu eletto Ratzinger e i cardinali riuniti l’altro ieri in conclave hanno rapidamente raggiunto l’accordo sul suo nome.

Mario Bergoglio è un cardinale noto in Argentina e altrove perché ostenta uno stile di vita modesta e combina l’ attenzione alle opere di carità verso i poveri con la difesa a tutti i costi del potere della borghesia imperialista e del clero. La sua opera è caratterizzata dalla lotta contro le comunità cristiane di base, contro i fautori della Teologia della Liberazione e contro i movimenti progressisti latinoamericani (dal governo Kirchner in Argentina al movimento bolivariano di Chavez in Venezuela) e dalla connivenza con la dittatura militare che insanguinò l’Argentina nel periodo 1976-1983 e con i governi che successivamente spremettero l’Argentina agli ordini del Fondo Monetario Internazionale. Ma la sua è stata un’opera condotta sempre in sordina, coerente con la linea dettata all’inizio del secolo XVII dal cardinale gesuita Roberto Bellarmino: la Chiesa Cattolica deve governare, ma restando dietro le quinte. La sua personalità corrisponde quindi ai compiti che i capi della Chiesa Cattolica e la Corte Pontificia devono affrontare in questi anni di crisi del capitalismo. È un indice del livello raggiunto dalla crisi del sistema imperialista il fatto che proprio uno dei fautori del governare stando in seconda fila e manovrando gli altri, sia ora chiamato a governare direttamente, per la prima volta nella storia della Chiesa Cattolica.

La Corte con la gerarchia che fa capo ad essa è uno dei principali pilastri della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Essa ha ramificazioni e agenti in tutti i paesi e svolge un ruolo politico importante in tutti i paesi con popolazione di origine europea o che sono stati colonie della borghesia europea, per la conservazione del sistema sociale borghese e quindi del sistema imperialista mondiale, nonostante la crisi insanabile del capitalismo.

In Italia inoltre da quasi settanta anni a questa parte la Corte Pontificia è il centro del sistema di potere della borghesia imperialista, al punto che a ragione chiamiamo il regime Repubblica Pontificia e che chi si ostina a prescindere da questo fatto è costretto a lamentarsi ora dell’assurdità ora di uno ora di un altro aspetto della società italiana, senza capire la ragione di quello che gli capita tutt’attorno. Perché la Corte Pontificia è un centro di fatto, ufficialmente non esistente e quindi irresponsabile: ma proprio per questa ragione ogni discorso sulla legalità (la criminalità organizzata, la corruzione, l’evasione ed elusione fiscali, l’economia in nero, l’amministrazione della giustizia, l’applicazione delle leggi e della Costituzione, ecc., ecc.) è aria fritta; per dirla usando le parole di Massimo d’Alema, “l’Italia non è un paese normale”, un caso unico del suo genere tra i paesi imperialisti. Lo stato a cui è ridotta la città di Roma è una fotografia esemplare dello stato a cui il dominio della Corte Pontificia ha ridotto il nostro paese.

Con l’elezione del nuovo Papa la Chiesa Cattolica sceglie di “cambiare tutto per non cambiare niente”. Che dovesse non cambiare niente, è inscritto nella sua natura che è definita dal ruolo di pilastro del sistema imperialista mondiale assunto  a seguito della conciliazione tra Chiesa Cattolica e borghesia e della loro alleanza contro il movimento comunista decisa dopo la Comune di Parigi (1871), ai tempi di Leone XIII. Il “cambiare tutto” consiste nell’accentuazione che la Corte Pontificia darà alla sua opera caritativa, alla sua immagine e in una certa misura anche al suo ruolo effettivo di organizzatore della beneficenza dei carnefici verso le loro vittime, di fronte al precipitare della crisi del capitalismo con il suo carico crescente di miseria e di guerra, di fronte alla guerra di sterminio non dichiarata che si aggrava di giorno in giorno, condotta dalla borghesia imperialista contro le masse popolari in ogni angolo del pianeta.

Per illustrare la sostanziale continuità implicita nella scelta di ieri, riproduciamo in Appendice a questo Comunicato e proponiamo all’attenzione dei compagni e dei simpatizzanti del Partito i due Comunicati diffusi dalla Commissione Provvisoria del CC del Partito al momento della morte di Papa Wojtyla e dell’elezione di Papa Ratzinger nel 2005, prima che il mondo entrasse nella fase acuta e terminale della crisi del capitalismo. Chi li leggerà attentamente, troverà gli strumenti per inquadrare vari aspetti della situazione presente.

Con l’elezione del nuovo Papa la Corte Pontificia non prende nettamente partito nello scontro che si delinea nella Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Lo scontro dovrà ancora svilupparsi più nettamente, prima che la Corte Pontificia debba prendere una posizione. Quindi i contrastanti interessi pro e contro l’ Unione Europea continueranno ad agitare la vita della Corte e a riflettersi nella politica dei vertici della Repubblica Pontificia che spremono le masse popolari italiane e saccheggiano il nostro paese per conto della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Nessun contributo alla soluzione della loro crisi politica verrà dall’elezione del nuovo Papa.

La soluzione resta interamente nelle mani dei comunisti italiani e di quanti altri si assumono il compito di promuovere l’organizzazione degli operai e delle altre classi delle masse popolari. Solo le masse popolari organizzate possono dare una svolta al corso delle cose. Questo resta quindi il principio che guida l’attività politica del nuovo Partito comunista italiano.

 

Promuovere l’organizzazione delle masse popolari, la moltiplicazione di Organizzazioni Operaie e Popolari!

 

Promuovere il coordinamento ad ogni livello delle OO e OP!

 

Rafforzare le OO e OP e promuovere il comune orientamento a costituire un loro governo d’emergenza!

 

Costituire ovunque nella clandestinità Comitati di Partito!

 

Avanti verso il Governo di Blocco Popolare!

 

Avanti verso l’instaurazione del socialismo!

 

 


Appendice 1

 

Comunicato 2 aprile 2005

La fine del regno di Carol Woityla e il bilancio della sua opera

 

La borghesia imperialista ha messo in scena per le masse popolari una lunga, sfarzosa e grottesca celebrazione della fine del regno del papa Carol Woityla, Giovanni Paolo II, senza limiti di mezzi e di risorse finanziarie e materiali. Non si tratta del comprensibile rito funebre di addio al loro “dio-in-terra” dei devoti cattolici, creduli o fanatici, che approfittano della loro posizione di potere per costringere il resto della popolazione a sottostare ai loro sentimenti, sia pure in violazione dei più elementari diritti democratici alla libertà di religione, di culto e di coscienza. Promotori, animatori, organizzatori e impositori del lutto collettivo sono le autorità della borghesia imperialista. I più loschi figuri del mondo sfilano davanti alla salma di Woityla. I responsabili delle guerre di saccheggio e di rapina vengono a rendergli omaggio. Finanziano i lussuosi funerali con pubblico denaro quelli che licenziano e delocalizzano, quelli che negano ai pensionati, ai bambini, agli ammalati delle masse popolari le risorse per i più modesti bisogni, quelli che negano ai lavoratori dignità e persino il salario. È la totalità della borghesia imperialista che, al di sopra delle differenze di religione, compresi i borghesi più miscredenti, dà fiato alle trombe per la sfarzosa cerimonia in onore del capo della “chiesa dei poveri”. Essa è coerente con l’insegnamento del suo ideologo fascista Giovanni Gentile: non importa che la borghesia creda o non creda in dio e in altre fantasie ultraterrene, ma essa deve dare una profonda formazione religiosa alle masse popolari che le renda rassegnate all’inferno terrestre in attesa del paradiso ultraterrestre. La borghesia italiana si distingue in quest’opera. Per giorni e giorni uomini politici e giullari di ogni colore, ballerine e giornalisti di regime si sono esibiti e si esibiscono senza pudore e riserve in una immonda gazzarra. Con tutti i mezzi di cui il regime dispone, inondano il paese di sproloqui celebrativi dell’uomo e della sua opera. L’intero paese e le sue pubbliche risorse, quelle che scarseggiano ogni volta che si tratta di soddisfare un bisogno delle masse popolari o di aumentare i salari, sono distolte dall’opera corrente e destinate alla celebrazione, che sarà ben più fastosa e dispendiosa di quelle che Berlusconi e la sua banda organizzarono per il G8 di Genova, per la riunione della NATO a Pratica di Mare e per altri analoghi avvenimenti. La classe dominante unita ha imposto a tutto il paese, con la collaborazione compunta di tutti gli esponenti delle forze politiche borghesi dall’estrema destra all’estrema sinistra, un rito collettivo di culto della personalità che non ha confronto con quelli pur spudorati e significativi che ha recentemente messo in opera in occasione della morte di Norberto Bobbio, Giovanni Agnelli, Nicola Calipari e altri simili “santi” della sua causa. Miscredenti notori si confondono con notori bigotti, Berlusconi con Prodi, Fini e Bertinotti con Andreotti, raffinati intellettuali con organizzatori di squadracce fasciste, Cacciari con Storace e Alemanno. Tutti insieme cercano di approfittare il più possibile della credulità e della religiosità, dei timori e delle speranze di una parte importante delle masse popolari. Cercano di incrementare, grazie alla morte del pontefice, l’operazione ideologica e politica di cui egli è stato per quasi tre decenni il loro operatore. È un rito barbarico di unità nazionale agli ordini della borghesia per la morte di uno dei suoi massimi esponenti.

Questa grande operazione di condizionamento dell’opinione e dei sentimenti delle masse popolari rende palese una trasformazione storica importante ai fini della rivoluzione socialista per cui noi comunisti mobilitiamo la classe operaia e il resto delle masse popolari. La borghesia ha assunto il potere politico in Europa occidentale con una lotta accanita contro il clero, le chiese, le monarchie e la barbarie che esse impersonavano. La decapitazione del re di Francia nel 1793 e la conquista di Roma nel 1870 restano eventi emblematici della sua lotta per il potere. In pochi decenni le relazioni della borghesia con il clero e tutto il vecchiume reazionario e l’oscurantismo clericale sono radicalmente cambiate. L’orchestrazione pubblicitaria dell’agonia del principe Ranieri di Monaco in contemporanea con quella del papa di Roma conferma, su scala cento volte minore, questo stesso rovesciamento di relazioni.

 Lo sforzo forsennato di resistere al proprio declino e la lotta contro il movimento comunista hanno portato oggi la borghesia a prostituirsi in particolare ai piedi di pontefici e santoni e ad affidare ad essi quella direzione ideologica e morale della mobilitazione reazionaria delle masse che essa ha più difficoltà a gestire direttamente. Essi devono far leva proprio sui timori suscitati tra le masse popolari dall’opera devastatrice dell’ordinamento borghese e dalle rivoluzionarie scoperte tecniche di questo periodo e sulla demoralizzazione indotta tra le masse popolari dalla crisi del movimento comunista. Devono così raccogliere la parte più ampia possibile delle masse popolari e incanalarle nell’attesa del paradiso in cielo onde distoglierle dalla costruzione di un ordinamento civile qua in terra. Alcuni decenni fa, nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, la borghesia affidò ancora la direzione ideologica e morale della sua crociata anticomunista a suoi illustri dirigenti: da Clemenceau a Lloyd Gorge, da Wilson a Churchill, da Mussolini a Hitler. I papi dell’epoca collaborarono certo con energia alla sfrenata crociata anticomunista che si svolse anche allora da un capo all’altro della terra, ma non furono essi ad averne la direzione ideologica e morale. La nuova crisi del capitalismo è iniziata nella metà degli anni ‘70 grossomodo come il regno di Woityla e la decadenza della borghesia si è molto aggravata. Il movimento comunista dagli anni ‘50 è entrato in una fase di declino, ma la prima ondata della rivoluzione proletaria ha elevato il livello di coscienza e di organizzazione delle masse popolari ad un livello che la borghesia non riesce a cancellare completamente con i suoi metodi di un tempo. Per la direzione ideologica e morale del suo sforzo di mantenere in piedi il suo ordinamento sociale e impedire la rinascita del movimento comunista, essa ha dovuto ricorrere a personaggi come il papa di Roma, il Dalai Lama e tutta la serie crescente di santoni e cultori del mistero e del sovrannaturale.

È un nuovo modo per promuovere la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. I suoi elementi costitutivi sono la beneficenza e l’opera pia individuali, il volontariato, il perfezionamento individuale, la fede nel soprannaturale e la soggezione al capo che lo impersona in terra, la convinzione che l’ordinamento capitalista della società non si discute perché è quello dettato da dio e dalla natura umana che egli ha fatto al tempo dei tempi, tutto questo combinato con la miseria materiale e morale dei non eletti e la soddisfazione morale di ogni eletto per la sua pia opera individuale e il proprio servizio a dio e al capo. La privata virtù individuale degli eletti deve impedire lo sforzo collettivo di costruire un mondo di giustizia e di civiltà. Persone che vivono nello sfarzo e nel lusso senza limiti di spreco, promuovono il culto dei poveri e degli ammalati a cui negano dignità e pubbliche risorse onde fare di essi l’oggetto di privata beneficenza. Questo genere di persone, mistificatori e “pifferai di Hammerlin”, tanto più pullulano e assurgono a un grande ruolo sociale quanto più la situazione appare senza vie d’uscita. E la situazione attuale senza via d’uscita effettivamente lo è non solo per la borghesia imperialista, ma anche per le masse popolari fin quando i comunisti e il proletariato, le classi e i popoli oppressi non riescono a raccogliere le forze necessarie per aprirsi l’unica via di progresso realistica, che ha i suoi presupposti già nel mondo attuale: la rinascita del movimento comunista, una nuova ondata della rivoluzione proletaria e l’instaurazione di nuovi paesi socialisti. Finché non riescono a concepire e costruire una soluzione nella realtà, anche le masse popolari hanno in qualche misura bisogno come analgesico di una soluzione nella fantasia. Carol Woityla ha saputo usare le risorse del suo regno per assurgere, tra i predicatori di tali soluzioni di fantasia, a un livello eminente. Giustamente tutta la borghesia gliene riconosce il merito, si prosterna al suo cadavere e si chiede se troverà un adeguato successore.

Quale ruolo ha avuto papa Woityla per le masse popolari?

A sentire la borghesia e i suoi portavoce, Carol Woityla è stato una persona di qualità uniche e sovrumane. Berlusconi assicura e Bush conferma che lascerà un’orma indelebile nella storia: prima e dopo Cristo, prima e dopo Napoleone, prima e dopo Woityla. Molti anni fa, un imperatore romano, Caligola, proclamò che il suo cavallo preferito era un senatore dell’impero e i mezzi di cui disponeva erano tali che i senatori dell’impero non fecero obiezioni sul nuovo collega. Fu una metamorfosi ben più straordinaria di quella che la borghesia cerca di presentare oggi alle masse popolari  di mezzo mondo. Se si basa la valutazione di una singola persona sulle sue private virtù e sulle sue doti misteriose e nascoste, chi ha i mezzi per imporre i suoi giudizi può dichiarare Giovanni Agnelli un benefattore degli operai e Carol Woityla un benefattore di tutta l’umanità grazie alle sue doti sovrumane. Ma l’umanità è in realtà in condizione di valutare i benefici che ha tratto dall’opera di papa Woityla. Dal momento che la borghesia proclama papa Woityla benefattore dell’intera umanità, non è più delle sue private virtù e delle sue misteriose qualità che bisogna discutere, ma degli effetti che la sua attività ha avuto sulla situazione dell’umanità. È oggi migliore di quanto lo fosse circa trent’anni fa quando Carol Woityla assunse il regno del Vaticano e la direzione della chiesa cattolica?

L’effetto principale della sua attività, l’opera di cui la borghesia gli attribuisce il merito, è il crollo del campo socialista e la “morte del comunismo” in tutto il mondo. Ovviamente non è vero che Woityla (con o senza Reagan) è stato l’artefice del crollo del muro di Berlino, della fine dell’Unione Sovietica e della “morte del comunismo”. Woityla e Reagan non hanno avuto successo dove Hitler e Mussolini, Churchill e Roosevelt erano falliti. La Madonna di Fatima di Woityla e la Guerra Stellare di Reagan non sono riuscite a fare quello che la Wermacht di Hitler e le armate dell’Intesa non erano riuscite a compiere. Il crollo del campo socialista e l’eliminazione su grande scala delle istituzioni (partiti, organizzazioni di massa e Stati) create dalla prima ondata della rivoluzione proletaria sono principalmente il risultato dei limiti del movimento comunista stesso: limiti che esso prima o poi supererà perché sono i limiti in qualche misura inevitabili di un movimento che persegue un obiettivo innovativo come la fine della millenaria divisione dell’umanità in classi di oppressori e di oppressi. Sono quei limiti che hanno permesso che la sua direzione fosse assunta dai revisionisti moderni: dai Krusciov e Breznev, dai Togliatti e Berlinguer, dai Teng Hsiao-ping e soci. Woityla e Reagan hanno potuto cantare vittoria sul comunismo (e Berlusconi e Bush celebrare le loro gesta e attribuire ad essi il miracolo della “morte del comunismo”) solo perché il movimento comunista per motivi interni ad esso non ha saputo portare oltre l’opera compiuta durante la prima ondata della rivoluzione proletaria e quindi ha imboccato una via di declino. Non è la “morte del comunismo” che è opera di Woityla, ma è il ruolo sociale svolto da Woityla che è frutto del declino del movimento comunista. L’attività di un individuo la si comprende solo se la si colloca nel contesto degli avvenimenti in cui l’ha svolta. Finché il movimento comunista mantenne la sua “carica propulsiva” ed ebbe alla sua testa comunisti rappresentati da Lenin, Stalin e Mao Tse-tung, esso condizionò anche la chiesa cattolica come tutto il resto delle attività e delle istituzioni della classe dominante. Esso “educò” a sua immagine anche la chiesa cattolica. Portò alla sua testa personaggi come papa Giovanni XXII che cercavano di mantenerla a galla assumendo un ruolo, sia pure di coda, nella costruzione di un nuovo mondo, il “mondo di giustizia e di vera civiltà” di cui il movimento comunista era il promotore. Il movimento comunista nella fase del suo declino diretto dai Krusciov-Breznev, dai Togliatti-Berlinguer, dai Teng Hsiao-ping ha invece dato un ruolo sociale agli aspiranti seppellitori del comunismo. Nella schiera dei “seppellitori del comunismo” e dei “vincitori del movimento comunista” certamente papa Woityla è uno dei più illustri, al punto da attribuirsi quasi in esclusiva il merito dell’opera: anche la più presuntuosa delle mosche abbarbicate sul collo del cavallo si attribuisce il ruolo di cocchiera. Ma dal punto di vista delle masse popolari, sarebbe un merito? Per la borghesia certamente lo è, perché il rovescio subito dal movimento comunista corrisponde ai suoi interessi, ai suoi bisogni e ai suoi desideri. Per dare a quella semplice domanda una risposta giusta dal punto di vista della condizione delle masse popolari, basta pensare ai milioni di disperati che oggi popolano i paesi dell’ex campo socialista, ai milioni di donne provenienti da questi paesi, e in particolare proprio dalla patria di cui Woityla si dichiarava salvatore e protettore, oggi prostituite nei paesi imperialisti, ai lavoratori ridotti a lavorare a qualsiasi condizione e a qualsiasi salario la cui concorrenza oggi preme come spauracchio sui lavoratori dei paesi imperialisti, nella veste delle delocalizzazioni, dell’immigrazione, dell’importazione di merci a prezzi stracciati. Se Woityla fosse davvero l’autore della degradazione che ha devastato e ancora devasta i paesi dell’ex campo socialista dall’Adriatico al Pacifico, se egli fosse davvero responsabile di una simile catastrofe umana, ciò basterebbe a coprirlo di infamia per sempre, a farlo passare alla storia  come un Attila dei tempi moderni. Ma a ciò si aggiunge la degradazione delle condizioni materiali, morali e intellettuali delle masse popolari dei paesi oppressi e dei paesi imperialisti avvenuta negli ultimi trent’anni. Il triste degrado della condizione umana a cui abbiamo assistito negli ultimi trent’anni e il marasma economico, morale e intellettuale in cui oggi si trova l’umanità, la caduta di fiducia in se stesse e di speranza in un avvenire migliore che pervade e abbrutisce tanta parte delle masse popolari, squalificano agli occhi di ogni comunista e di ogni elemento avanzato il regno di papa Woityla, nei limiti in cui la sua attività è stata efficace. In realtà Woityla non è l’artefice di tanto cataclisma. Egli è stato solo un abile sfruttatore, a vantaggio degli interessi di potere e finanziari del Vaticano di cui era stato posto a capo, dei timori e dello sbandamento generati in tutto il mondo dal declino del movimento comunista e dal nuovo libero prorompere degli interessi e degli appetiti dei gruppi imperialisti. Questo suo ruolo, se ha consolato una parte delle masse popolari afflitte dai nuovi guai, non li ha certamente né eliminati né attenuati. Ha anzi permesso ai gruppi imperialisti di sviluppare con più libertà l’opera di saccheggio, devastazione, rapina e guerra conforme alla loro natura.

Che eredità lascia alla borghesia imperialista Carol Woityla?

Tra i suoi imbonitori delle masse, egli era certamente uno dei più importanti ed efficaci. La borghesia bianca esagera certo il suo ruolo mondiale. Vi è molto razzismo nella celebrazione che essa fa qui da noi del suo papa: i fedeli della Mecca e di Osama Ben Laden sono dei fanatici, i fedeli che piangono e ballano per Woityla sono dei credenti. In effetti per gran parte della popolazione mondiale, dall’Asia all’Europa orientale a buona parte dell’Africa, egli o è rimasto pressoché ignoto o era un capo religioso di successo, come lo sono per la popolazione europea e americana il Dalai Lama e altri santoni di religioni orientali o di “sette” protestanti. Anche in Europa occidentale e nelle due Americhe i limiti del suo successo nel ruolo di animatore e trascinatore delle folle per conto della classe dominante sono mostrati dal successo di cento altre chiese e sette concorrenti della chiesa cattolica, che in alcuni paesi l’hanno addirittura in larga misura soppiantata. In paesi dove un tempo il clero cattolico dominava, dall’Italia alla Francia alla Spagna all’America Latina, oggi ai riti della chiesa cattolica partecipa all’incirca un decimo delle masse che vi partecipavano cinquanta anni fa. Nonostante gli enormi mezzi di cui dispone e l’appoggio delle autorità, la chiesa cattolica oggi in questi paesi riesce a reclutare un decimo del clero che reclutava cinquanta anni fa. Solo nei paesi più devastati dalla fame, dalle malattie e dalla guerra la chiesa cattolica riesce ancora, con il ricatto del cibo, dell’istruzione e di un mestiere dignitoso, a reclutare preti, frati e suore in quantità proporzionale alla gravità della miseria. La chiesa cattolica vi amministra la beneficenza e gli aiuti dei gruppi imperialisti e ne trae il suo tornaconto. Papa Woityla nei 27 anni del suo regno ha dovuto mobilitare la parte più radicale del mondo cattolico (Focolare, Legionari di Cristo Re, St. Egidio, Comunione e Liberazione, Opus Dei, Regnum Christi, ecc.), proprio per compensare con la rumorosa agitazione di una minoranza la stagnazione o la liquefazione delle comunità cattoliche di base. Ha dovuto introdurre per i vescovi il giuramento di fedeltà al papa e l’assoluta soggezione alla Curia romana per salvare l’unità della parte restante della sua chiesa che la repressione della teologia della liberazione e di ogni ruolo progressista nella trasformazione del mondo attuale hanno seriamente compromesso. La predicazione visionaria (“profetica”) di un mondo futuro nella fantasia ha dovuto diventare sempre più rumorosa e paranoica per compensare l’abbandono e anzi la lotta contro ogni impegno nel costruire un mondo nuovo e civile qui in terra. La combinazione per la chiesa cattolica di declino reale della sua influenza sulle masse popolari con un rumoroso e chiassoso attivismo fanatico di una minoranza di fedeli ha l’eguale solo nella combinazione per l’imperialismo americano di declino della sua potenza economica e politica nel mondo con una sempre più aggressiva e devastante azione militare e poliziesca. In ambedue i casi si tratta di un potere che diventa tanto più arrogante e rumoroso quanto meno convince ed è profondo. La crisi della chiesa cattolica è un aspetto della crisi del capitalismo, con cui essa si è sempre più identificata, come il cappellano che si identifica sempre più col boia man mano che l’amministrazione della repressione diventa precaria e rischiosa.

Le masse popolari italiane hanno particolarmente sofferto del ruolo che la chiesa cattolica ha assunto nella  disgregazione di ogni concreto e realistico impegno di progresso e trasformazione del mondo reale. Il Vaticano ha ereditato dalla storia un potere internazionale che i suoi capi hanno saputo prima riciclare nel mondo borghese e poi far fruttare nell’ambito della borghesia imperialista mondiale fino a divenirne una componente di grande rilievo. Il Vaticano non è solo il centro orientatore di una struttura mondiale di alcune centinaia di migliaia di quadri che dirigono moralmente milioni di persone; non è solo il centro di una rete internazionale di relazioni politiche e di manovre e intrighi politici; è anche il centro di una rete di proprietari immobiliari, di palazzinari e di speculatori fondiari, di speculatori finanziari, di banche e assicurazioni. Tra tutti i paesi, l’Italia ha la disgrazia di essere la base territoriale più ravvicinata di tutte le sue operazioni. Per opera del fascismo, a partire dalla prima metà del secolo scorso il Vaticano è diventato sempre più il governo effettivo, occulto e irresponsabile del nostro paese. La Resistenza, mentre ha posto sostanzialmente fine alla monarchia sabauda, non ha posto fine a questo corso delle cose, lo ha solo messo in difficoltà per un breve periodo. Più il movimento comunista è declinato, prima sotto la direzione dei revisionisti moderni (Togliatti-Berlinguer) e poi con la dissoluzione o trasformazione delle sue vecchie istituzioni (il vecchio PCI, il sindacato, le associazioni di massa), più il ruolo del Vaticano si è fatto arbitrario e antipopolare. Per alcuni decenni preti e chierichetti avevano dovuto promettere alle masse popolari un paradiso in terra purché non seguissero “le sirene del comunismo” e alcune cose concrete la borghesia aveva pur dovuto darle. Il declino del movimento comunista l’ha esonerata da questo dovere sgradevole e costoso, che la sopravvenuta crisi economica rendeva d’altra parte sempre meno compatibile con la natura del capitalismo. Combinandosi con le chiacchiere di revisionisti e riformisti sulla compatibilità, sulla concertazione, sull’austerità, sulle leggi naturali dell’economia (capitalista naturalmente, ma il dettaglio lo si omette) e sulla moderazione salariale, preti e chierichetti col loro papa in testa sono ritornati a giustificare e santificare per le masse popolari la sofferenza senza fine che dilaga sulla terra e a promettere solo il regno extraterrestre dei cieli.

La fine del regno di papa Woityla non è la fine del ruolo nefasto del Vaticano e della chiesa cattolica per le masse popolari. Ma per svolgere con efficacia questo ruolo Woityla aveva dovuto concentrare nella sua persona una somma di poteri reali tale che la sua scomparsa rende precario l’intero edificio. La borghesia di tutto il mondo ha perso uno degli strumenti con cui riusciva ad imporre la sua opera di devastazione, di saccheggio, di guerra e di morte. Noi comunisti dobbiamo approfittare delle contraddizioni che ne verranno e che, almeno per un po’ di tempo, aggraveranno le difficoltà dell’intera borghesia imperialista. Perfino Bertinotti e simili istrioni hanno perso un punto di riferimento su cui costruivano le loro manipolazioni e i loro giochi di prestigio. Per noi comunisti è il momento di porre con forza e in misura più vasta l’obiettivo di fare dell’Italia un nuovo paese socialista come unica via di salvezza reale e terrena per le masse popolari del nostro paese, come principale forma di solidarietà con le classi sfruttate e i popoli oppressi di tutto il mondo, come forma suprema di un amore che è il comune lavoro per costruire il nuovo e possibile mondo di giustizia e di vera civiltà, un mondo comunista.

 

Approfittare della grottesca campagna di culto della personalità lanciata dalla borghesia imperialista!

 

Portare tra le masse popolari il bilancio reale dell’opera compiuta dal Vaticano e dalla chiesa cattolica in Italia e nel mondo durante il regno di Woityla!

 

Promuovere un orientamento comunista tra le FSRS, tra gli operai avanzati e tra gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari!

 

Consolidare e rafforzare il (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Costituire in ogni azienda, zona d’abitazione, organizzazione di massa un comitato clandestino del (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Realizzare il Piano generale di lavoro del (nuovo)Partito comunista italiano!

  

Propagandare l’esperienza del movimento comunista internazionale e italiano, dei primi paesi socialisti e della Resistenza!

 

Celebrare il 25 aprile, 60° anniversario della vittoria dei Partigiani sui nazi-fascisti!

 

Promuovere tra le masse popolari italiane la solidarietà con la Resistenza irachena, con la lotta del popolo palestinese contro la colonizzazione sionista, con le guerre popolari rivoluzionarie che si sviluppano in Nepal, nelle Filippine, in India, in Perù e altrove!

 

Viva la rinascita del movimento comunista!

 

 


Appendice 2

 

Comunicato 20 aprile 2005

Celebrare il 25 aprile, 60° anniversario della vittoria dei Partigiani sui nazi-fascisti!

 

Celebrare il 25 aprile, 60° anniversario della vittoria dei Partigiani sui nazi-fascisti!

Celebrare il 1° maggio con la parola d’ordine “fare dell’Italia un nuovo paese socialista”!

Portare tra le masse popolari un orientamento comunista in ogni campo!

Viva il Partito dei CARC e tutte le FSRS e i comunisti che si assoceranno nella loro impresa!

 

Nella loro riunione nazionale del 9 e 10 aprile i Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC) hanno deciso di costituirsi in Partito dei CARC che assume il compito di organizzare la partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della società borghese, allo scopo di promuovere l’orientamento comunista delle masse popolari, la loro aggregazione attorno al partito comunista, la loro mobilitazione e partecipazione all’attività politica rivoluzionaria, alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Con questa decisione i CARC hanno risposto all’appello che all’atto della sua costituzione il (n)PCI ha lanciato a tutte le FSRS, a tutti i comunisti, agli operai avanzati e agli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari.

La Commissione Provvisoria del Comitato Centrale del (nuovo)PCI saluta con gioia la decisione presa dai CARC. Non abbiamo dubbi che i CARC faranno un buon lavoro sul nuovo fronte, come nei quasi 13 anni della loro esistenza hanno fatto un buon lavoro nel creare le condizioni favorevoli alla ricostruzione del partito comunista. Certamente altre FSRS e altri comunisti e un numero crescente di lavoratori avanzati si assoceranno ai CARC nel condurre la lotta sul fronte sul quale essi hanno deciso di impiegare le loro energie e le loro risorse, per favorire la formazione e l’accumulazione delle forze della rivoluzione proletaria, per mobilitare le masse popolari a lottare per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro e per difendere le conquiste e i diritti acquisiti, per acuire e sfruttare le contraddizioni in seno al campo della borghesia imperialista.

Da molti anni, da quando alla fine degli anni ‘50 i revisionisti moderni hanno definitivamente e stabilmente preso la direzione del vecchio PCI, i comunisti sono assenti dal teatro della politica borghese. Gruppi e partiti della borghesia hanno avuto campo libero e ne abbiamo visto il risultato. Ognuno di essi ha avuto la massima libertà di presentarsi come “amico del popolo” e di far passare le sue divergenze politiche, le sue manovre di potere e i suoi contrasti di interesse con altri gruppi e partiti borghesi come contrasti tra un sincero amico del popolo e nemici del popolo, tra un progressista e reazionari. Persino la banda Berlusconi si presenta come una banda di riformatori e Bossi, il demagogo razzista, può presentarsi come “nemico del Palazzo” finanziato da Berlusconi che col favore del Palazzo si è costruito un impero economico. Man mano che l’intervento dei comunisti nel teatrino diventerà più efficace, questa libertà dei gruppi imperialisti si ridurrà e li costringerà ad azioni dissennate.

È inevitabile che intervenendo nuovamente in un campo abbandonato alla borghesia per decenni, i comunisti commetteranno errori. Nemici e avversari additeranno ogni errore con gioia maligna. Ma se persisteranno nella loro volontà di avanzare al servizio dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie, i comunisti impareranno a fare sempre meglio. I compagni direttamente impegnati su questo fronte daranno un importante contributo all’accumulazione delle forze rivoluzionarie e alla creazione delle condizioni per il passaggio alla seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. A questa condizione, anche le grida dei nemici e degli avversari si tramuteranno in beneficio per i comunisti e più in generale per la rinascita del movimento comunista che il (nuovo)Partito comunista italiano è impegnato a promuovere con forza e abnegazione in ogni campo.

Altri compagni hanno finalmente compreso che l’astensionismo di principio dalla lotta politica borghese non è una posizione comunista, ma sostengono che i comunisti dovrebbero aspettare a entrare nel campo della lotta politica borghese. Aspettare che cosa? Di avere un partito comunista forte e disciplinato, rispondono. In realtà nella nostra  situazione vale il principio che bisogna “imparare a combattere combattendo”. Che cosa guadagneremmo ad aspettare? Questa è la domanda a cui quei compagni non possono dare una risposta soddisfacente. Solo i presuntuosi pensano di poter fare subito bene cose che non hanno mai fatto. Solo persone malvagie si indignano perché chi sta imparando commette errori. Approfittando degli strumenti della lotta politica borghese per mobilitare le masse popolari e aggregarle attorno al partito, si contribuisce a consolidare e rafforzare il partito. Si faranno degli errori? Ma chi ha mai imparato a camminare senza mai cadere? Impareremo anche a correggere gli errori e in questo modo ci educheremo alla critica e all’autocritica e ad affrontare le contraddizioni nelle nostre fila distinguendole dalle contraddizioni con la borghesia. In ogni campo, sono più le cose che dobbiamo imparare che quelle che sappiamo. Solo i dogmatici incartapecoriti o gli ingenui pensano di sapere già tutto, che tutto quello che c’è da capire è già stato capito e detto. La sostanza delle obiezioni all’ingresso aperto, in prima persona e da subito dei comunisti nella lotta politica borghese, quando non sono obiezioni mosse consapevolmente per frenare e distogliere a beneficio dei partiti della borghesia di sinistra, sta nell’esitazione a ingaggiare apertamente la lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, nella paura di fare errori, nella scarsa fiducia nelle capacità rivoluzionarie delle masse popolari, nella sottovalutazione del patrimonio di coscienza e di capacità organizzative che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha sedimentato nella classe operaia e nel resto delle masse popolari. Non è un caso che per lo più quelli che oggi fanno resistenza a scendere anche nel campo della politica borghese perché “non c’è ancora un partito forte e disciplinato”, sono compagni che nei mesi e anni passati poco o nulla si sono impegnati a formare un partito forte e disciplinato. Oggi i comunisti devono alzare con forza, con tutti i mezzi e in ogni campo la bandiera “fare dell’Italia un nuovo paese socialista”. Questo è l’obiettivo che risponde a tutte le ansie e le aspirazioni dei lavoratori e delle masse popolari. Solo esso riassume, sintetizza e rende realistici tutti gli altri obiettivi particolari. Attorno ad esso si uniranno e si mobiliteranno via via in numero crescente le forze migliori della classe operaia, le donne più generose e i giovani più coraggiosi. Perché non c’è altra via di salvezza per le masse popolari. L’esperienza lo dimostrerà su scala via via più vasta a ogni lavoratore, a ogni casalinga, a ogni studente, a ogni pensionato. Ma l’insegnamento dell’esperienza sarà mille volte potenziato e mille volte più efficace se quell’obiettivo sarà proclamato, spiegato e mostrato come necessario e logico sviluppo e risultato cui tende ogni lotta a difesa dei diritti e delle conquiste, ogni lotta progressista, ogni lotta tesa a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari.

La crisi politica della borghesia imperialista si aggrava ogni giorno di più. In mancanza di prospettive molti ne sono spaventati. Temono per quello che succederà nel futuro, per le azioni criminali a cui la borghesia si abbandonerà. Ma se prendiamo il nostro destino nelle nostre mani, la crisi politica dei caporioni del mondo attuale apre invece ampie possibilità di accumulazione delle forze rivoluzionarie. La borghesia imperialista incontra difficoltà crescenti ad applicare il suo “programma comune”: “eliminare le conquiste che le masse popolari hanno strappato alla borghesia durante la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e conquistare un posto di primo piano negli affari mondiali, nella spartizione internazionale del profitto estorto ai lavoratori e ai popoli oppressi, nel saccheggio dei paesi oppressi e degli ex paesi socialisti”. Gruppi e forze borghesi si azzuffano tra loro. Dobbiamo approfittare anche delle loro risse per accrescere le nostre forze. Non dobbiamo permettere che le loro risse e manovre aumentino la disperazione, la rassegnazione e la sfiducia delle masse popolari. A questo lavoro i CARC con la loro decisione di aprile hanno deciso di dare il loro contributo. È una decisione eccellente che arriva nel momento giusto.

Il successo del circo Prodi nelle elezioni regionali e amministrative di aprile ha messo in difficoltà la banda Berlusconi. Questa si dibatte furiosamente per non lasciare il campo. I lavoratori e i giovani delle masse popolari, scioperando e dimostrando nelle aziende e nelle piazze, hanno costretto la banda Berlusconi a rinunciare al progetto che le aveva attirato l’appoggio di tutta la borghesia. Il circo Prodi si prepara ad appropriarsi dei frutti della loro vittoria. Dobbiamo ora impedire che acquisti forza la nuova coalizione che cercherà di realizzare con altri mezzi lo stesso “programma  comune” della borghesia che la banda Berlusconi non è riuscita a realizzare con i suoi. Bisogna rivoltare i loro discorsi di sacrifici: che li facciano fare a Berlusconi e ai suoi accoliti, che confischino le loro aziende e i loro patrimoni costruiti con la rapina e con l’evasione fiscale. I profitti dei banchieri, degli assicuratori, dei petrolieri, dei grandi gruppi imperialisti sono uno scandalo! Il loro lusso e i loro sprechi, non ultime le risorse gettate per corteggiare il Vaticano, sono un insulto per le famiglie dei lavoratori. Bisogna mettere con le spalle al muro i partiti sedicenti comunisti (PRC e PDCI) che hanno assecondato la politica della borghesia imperialista e persistono nel farlo. Proprio il PDCI ha ospitato il banchiere Nerio Nesi che ora lo ha anche piantato in asso. Bisogna sfruttare il fatto che gruppi imperialisti USA, gruppi imperialisti franco-tedeschi, gruppi sionisti, Vaticano, Mafia, Confindustria sono sempre più contrapposti e in alcuni casi sempre più divisi anche al loro interno sulla soluzione da dare alla crisi politica italiana. Per di più devono fare i conti con il consenso che la loro soluzione deve ottenere nelle elezioni. La prassi elettorale sta sempre più stretta alla borghesia imperialista. Per quanto elabori leggi elettorali che rendono più difficile la partecipazione dei comunisti e più pilotabili le elezioni, per quanto aumenti il peso che nelle elezioni ha il denaro, il risultato è sempre meno scontato. E questo aggraverà ancora più la crisi politica della borghesia e aprirà la strada alla mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari. La crisi italiana è aggravata e aggrava la crisi europea. L’UE non può uscire dall’attuale stagnazione economica mantenendo intatto il quadro politico interno e internazionale attuale.

Proprio per questa mancanza di prospettive sicure tutta la borghesia imperialista, anche quella più miscredente, si è unita attorno alle sottane del Papa morto e del nuovo. Sperano che il Vaticano possa realizzare una mobilitazione reazionaria delle masse di tipo diversa da quella che hanno messo in campo durante la prima crisi generale, basata sulla guerra mondiale e sul nazifascismo. Che il Vaticano, con la sua autorità morale, li possa portare a un mondo che conservi i privilegi e gli ordinamenti borghesi e nello stesso tempo non dia luogo a disordini e guerre. È la speranza di chi non ha vie d’uscita. I bonzi della Chiesa cattolica, bardati nelle loro lussuose e comiche divise di secoli fa, hanno eletto il loro nuovo capo. Individualmente è uno degli esponenti più reazionari tra loro, che ha trasfuso nella situazione attuale la sua educazione nelle file della “Gioventù hitleriana”. Il suo motto “verità e carità” fa il paio con il “conservatorismo benevolo” di Bush. Buone azioni individuali a conforto di cattive azioni politiche, a sostegno del ruolo di promotore della guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari in ogni angolo del mondo, in misura crescente perfino negli stessi paesi imperialisti e nel principale di esso, gli USA. Ma non sono le caratteristiche individuali del personaggio il fattore principale. Il fattore principale dell’azione che il Vaticano svolgerà sta nel suo ruolo nel sistema imperialista mondiale. Il Vaticano è una componente importante di questo sistema, specializzato nello sfruttare le paure che il sistema stesso suscita tra le masse popolari, per ricavare dalle masse popolari risorse per se stesso e per distogliere le masse popolari dall’impegno per creare un nuovo ordinamento sociale qui sulla terra, in nome del paradiso che con le loro sofferenze qui si guadagnano nel mondo di là.

Quello che può fare il Vaticano per risolvere la crisi in cui la borghesia imperialista è inviluppata è limitato alle soluzioni che obiettivamente questa crisi può avere. Il Vaticano va verso la sua fine, assieme al sistema imperialista mondiale. Per questo è realista la terza delle Dieci Misure Immediate che fanno parte del nostro programma e che ogni progressista e sincero democratico finirà per fare sue: “Libertà per i fedeli di ogni religione di organizzare le loro pratiche religiose e di usufruire dei mezzi necessari. Abolizione del Vaticano e di tutti gli altri privilegi della Chiesa cattolica. Nazionalizzazione di tutte le proprietà che il Trattato del Laterano del ‘29 e le successive modifiche hanno dato al Vaticano e di tutte le proprietà degli ordini religiosi e affini”. Quali che siano le sue caratteristiche personali, Benedetto XVI sarà uno degli ultimi se non l’ultimo Papa. Aboliremo lo Stato del Vaticano, creatura del fascismo e dei suoi Patti Lateranensi del 1929, strumento della lotta della borghesia imperialista contro il movimento comunista, divenuto strumento della lotta della borghesia imperialista di tutto il mondo per perpetuare il suo mondo di ingiustizie e oscurantismo crescenti.

 L’assolvimento di questo impegno è quindi un contributo che noi comunisti italiani daremo al movimento comunista e all’umanità progressista del mondo intero.

La celebrazione del 60° anniversario della vittoria dei Partigiani sui nazifascisti deve diventare l’assunzione dell’impegno a continuare e completare l’opera che essi hanno lasciato incompiuta: fare dell’Italia un paese socialista.

La celebrazione del 1° maggio deve diventare l’affermazione che vogliamo un nuovo ordine sociale, senza più sfruttamento dell’uomo sull’uomo, un ordinamento sociale diretto dai lavoratori dove sia abolita la barbarie dei lavoratori trattati come esuberi e del lavoro ridotto a variabile dipendente dal profitto, vogliamo fare del nostro paese un nuovo paese socialista e contribuire alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

Il nuovo ingresso dei comunisti nella lotta politica borghese, sfruttando quanto resta delle libertà conquistate 60 anni fa con la vittoria dei Partigiani guidati dal primo PCI, è un buon segnale dei tempi che si preparano. Un passo della lunga marcia che ci porterà al socialismo e al comunismo.

 

Promuovere un orientamento comunista tra le FSRS, tra gli operai avanzati e tra gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari!

 

Consolidare e rafforzare il (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Costituire in ogni azienda, zona d’abitazione, organizzazione di massa un comitato clandestino del (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Realizzare il Piano generale di lavoro del (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Propagandare l’esperienza del movimento comunista internazionale e italiano, dei paesi socialisti e della Resistenza!

 

Promuovere tra le masse popolari italiane la solidarietà con la Resistenza irachena, con la lotta del popolo palestinese contro la colonizzazione sionista, con le guerre popolari rivoluzionarie che si sviluppano in Nepal, nelle Filippine, in India, in Perù e altrove!

 

Viva la rinascita del movimento comunista!

 

 

 

 

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste nell’usare TOR [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html].