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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Comunicato CC 04/2016 - 20 marzo 2016

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Imparare dagli avvenimenti del Brasile e dalla spedizione di Obama a Cuba

Per la vittoria delle forze che conducono l’offensiva popolare e progressista dell’America Latina!

Per la rivoluzione socialista in Italia!

Il primo paese imperialista che romperà le catene del sistema imperialista mondiale aprirà la via anche alle masse popolari degli altri paesi!

In Brasile l’ala destra della borghesia locale ha lanciato l’attacco contro il governo federale che fa capo al PT (Partito dei Lavoratori), a Luiz Inacio Lula da Silva e a Dilma Rousseff. Nel suo attacco essa gode dell’appoggio della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. L’attacco rientra nell’operazione di ampio respiro che i gruppi imperialisti americani stanno mettendo in opera per riportare l’America Latina sotto il loro pieno controllo, operazione di cui fanno parte i colpi di Stato in Honduras (2009) e in Paraguay (2012), il rovescio elettorale della corrente di Nestor e Cristina Kirchner (2003-2015) e l’insediamento (dicembre 2015) del governo di Mauricio Macri in Argentina, i ripetuti tentativi di destituire il presidente Maduro in Venezuela, l’operazione Obama-Bergoglio per integrare nuovamente Cuba nel sistema imperialista mondiale. Le forze popolari e progressiste dispongono di grandi riserve e di ampi spazi di manovra: la vittoria dipende interamente da loro e farà fare un passo avanti alla rivoluzione in America Latina.

Ma non è sulle forme in cui si svolge l’attacco al governo federale del Brasile né sulle motivazioni ufficiali di esso (la partecipazione del PT e quella personale di Lula, Dilma Rousseff e altri dirigenti del PT al sistema di spartizione illegale di denaro praticato dagli esponenti della classe dominante) che vogliamo richiamare l’attenzione dei nostri lettori, bensì sull’insegnamento che da questo attacco e dall’esito che avrà devono ricavare i comunisti italiani a proposito delle condizioni e delle forme della rivoluzione socialista nel nostro paese.

A questo fine iniziamo inquadrando gli avvenimenti in corso in America Latina nel contesto storico di cui fanno parte e nella lotta di classe di cui sono espressione. È un percorso che parte da lontano.

 

La vittoria dei revisionisti moderni nel Partito Comunista dell’Unione Sovietica (XX Congresso, febbraio 1956) ha introdotto nel movimento comunista internazionale un’infezione che ne ha gradualmente indebolito le forze e minato lo slancio con cui dal 1917 era avanzato nel mondo. La controffensiva lanciata nel movimento comunista dal Partito Comunista Cinese capeggiato da Mao Tse-tung (Rivoluzione Culturale Proletaria 1966-1976) non ha avuto successo e la malattia ha fatto il suo corso. Sull’America Latina nel periodo che va dalla vittoria della rivoluzione a Cuba (1959) fino alla fine degli anni ’90 i gruppi imperialisti americani sono riusciti a mantenere la loro cappa opprimente stroncando i movimenti guerriglieri e schiacciando i movimenti progressisti con terroristici colpi di Stato militari e sanguinose dittature civili o militari. Rispetto a questo corso generale delle cose, la persistenza delle Forze Armate  Rivoluzionarie (FARC) in Colombia, la transitoria vittoria della guerriglia sandinista in Nicaragua (1979-1990) e l’avanzata di Sendero Luminoso in Perù (1980-1992) sono stati movimenti controcorrente che non hanno inciso sulla corrente principale: sono stati solo conferme che il fuoco covava sotto la cenere.

Dalla fine degli anni ’90 la resistenza popolare, la nausea che l’orgia di sangue provocava in una parte delle stesse classi dominanti e delle loro forze armate e civili, i sacrifici crescenti imposti ai popoli dell’America Latina dal sistema imperialista mondiale (a sua volta indebolito sempre più gravemente dalla nuova crisi generale del capitalismo), hanno portato al rovesciamento del corso delle cose. In un numero crescente di paesi dell’America Latina si sono affermati governi progressisti che hanno usato per migliorare le condizioni di vita della massa della popolazione (alimentazione, abitazione, sanità, istruzione, ecc.) una parte delle grandi rendite terriere e minerarie (in particolare da petrolio e gas) fino allora incamerate dai gruppi imperialisti americani, sionisti ed europei e dalle oligarchie locali. È stata l’offensiva popolare e progressista che ha caratterizzato l’America Latina nel nuovo secolo. La vittoria elettorale di Hugo Chavez alle elezioni presidenziali del 1998 in Venezuela ha inaugurato il nuovo corso e Cuba vi ha contribuito con le riserve rivoluzionarie che sotto la guida del Partito Comunista Cubano aveva eroicamente accumulato e difeso contro l’assedio americano ed europeo.

 

In questi ultimi anni le forze promotrici e protagoniste del nuovo corso dell’America Latina sono alle prese con la controffensiva della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Essa si combina con l’aggravarsi della crisi generale del capitalismo (entrata nel 2008 nella sua fase acuta e terminale), con il crescente contrasto tra i gruppi imperialisti americani e quelli franco-tedeschi, con l’importante ruolo in campo economico, finanziario e anche politico assunto a livello mondiale dalla Repubblica Popolare Cinese che si trova ancora nella seconda (restaurazione graduale e pacifica del capitalismo) delle tre fasi percorse dai primi paesi socialisti.

Questo percorso indica le grandi riserve di cui dispongono le forze rivoluzionarie latinoamericane. È nell’interesse del movimento comunista di tutto il mondo che esse ne sappiano approfittare: la vittoria nello scontro in atto dipende principalmente da loro ma la loro vittoria sarà anche la nostra. A loro volta i progressi nella rivoluzione socialista che stiamo facendo in Italia è il nostro principale contributo alla loro vittoria.

 

Queste vicende latinoamericane hanno avuto e hanno notevoli ripercussioni nella lotta per la rinascita del movimento comunista in corso nel nostro paese (come nel resto del mondo).

In primo luogo l’offensiva delle forze popolari e progressiste in America Latina iniziata alla fine degli anni ’90 ha rafforzato e rafforza la fiducia delle masse popolari in se stesse e in particolare rafforza noi comunisti della Carovana del (n)PCI e tutti quelli che lottano per la rinascita del movimento comunista. Far conoscere alle masse popolari italiane le vittorie delle forze popolari e progressiste in America Latina e festeggiarle, denunciare la partecipazione della Repubblica Pontificia e del suo governo all’aggressione, promuovere in Italia manifestazioni di solidarietà e favorire l’instaurazione di contatti e il rafforzamento di legami tra organismi italiani e latinoamericani (in particolare di Cuba, del Venezuela, della Bolivia, dell’Ecuador, ecc.) sono anche contributi che diamo al progresso della nostra lotta. È una strada da perseguire con determinazione e con intelligenza e conoscenza crescenti delle cose e degli organismi.

In secondo luogo l’offensiva delle forze popolari e progressiste in America Latina è stata e viene usata in senso anticomunista (anche se in maniera diversa) da vari organismi italiani. Tra questi spiccano Rete dei Comunisti e, tra i suoi esponenti, il prof. Luciano Vasapollo. Per questo trattiamo della cosa facendo riferimento particolarmente ai loro discorsi, alle loro parole d’ordine e alle loro operazioni, ma rivolgendoci anche a tutti gli altri. Nella sinistra italiana è un continuo invocare il dibattito, il confronto e la discussione, ma altrettanto diffusa è l’abitudine di offendersi e  scappare sdegnati ogni volta che nella critica delle linee e delle idee diamo nome e cognome ai portatori di esse. Questo non ci fa demordere: la critica è un’arma e in una battaglia seria non si vibrano colpi nell’aria.

 

In cosa consiste l’uso anticomunista in Italia dell’attività delle forze popolari e progressiste dell’America Latina?

Consiste principalmente nell’usare i successi della rivoluzione in America Latina per rinnegare l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e in particolare quella dei primi paesi socialisti, per accantonare gli insegnamenti che essa ha dato sulla strategia della rivoluzione socialista in Italia e nei paesi imperialisti e per deviare la lotta contro la crisi.

L’offensiva delle forze popolari e progressiste in America Latina viene definita da alcuni suoi esponenti e portavoce come “Socialismo del XXI secolo”. Noi non intendiamo dire ai protagonisti latinoamericani dell’offensiva se la via che ognuno di essi segue è giusta o sbagliata né a quali condizioni avrà successo: se cioè in definitiva porterà all’instaurazione del socialismo o a una nuova vittoriosa controffensiva imperialista del genere di quella degli anni ’60, ’70 e ’80 del secolo scorso. Non lo facciamo perché non siamo nelle condizioni di farlo. Il marxismo e più in generale la concezione comunista del mondo ci insegnano l’unità di teoria e pratica, ci insegnano che la rivoluzione socialista e la rivoluzione di nuova democrazia sono processi universali (processi comuni di tutta l’umanità che il capitalismo ha unificato) che vanno però di paese in paese e di fase in fase tradotti in strategie particolari, ci insegnano che solo il partito che fa la rivoluzione in un paese è in grado di valutare le condizioni e scoprire la via per farla: infatti non si tratta di elaborare interpretazioni del paese, ma di trasformarlo. Quindi qui parliamo unicamente della rivoluzione socialista in Italia.

Il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria indica che la strategia della rivoluzione socialista anche in Italia è la Guerra Popolare Rivoluzionaria (GPR). È l’insegnamento tratto da Mao, la conclusione a cui era arrivato anche Gramsci (guerra di posizione) e che abbiamo illustrato nel nostro Manifesto Programma (2008) e in successivi documenti del Partito. Alcuni organismi e intellettuali italiani invece innalzano anche loro l’insegna del “Socialismo del XXI secolo” per l’Italia e l’Europa. Ma cosa intendono con questa espressione e in che forma la oppongono alla strategia delle GPR?

 

Finora l’offensiva delle forze popolari e progressiste in America Latina si è svolta senza instaurare la dittatura delle forze popolari rivoluzionarie. Vale a dire

1. senza che le masse popolari rivoluzionarie organizzate prendessero il potere in ogni paese e in ogni sua zona e, libere dall’oppressione culturale, politica e pratica della borghesia e del clero, esercitassero il ruolo di pubbliche autorità, prendessero liberamente decisioni e mettessero direttamente in opera le decisioni prese;

2. senza reprimere le forze reazionarie ed eliminare ogni loro libertà d’azione: senza togliere alla borghesia e al suo clero la stampa, le TV, le scuole, le case editrici, le università, gli istituti culturali e gli altri mezzi di comunicazione, di confusione, di diversione e di intossicazione delle idee e dei sentimenti delle masse di cui essi sono i proprietari quasi esclusivi non solo a livello internazionale (irraggiungibile) ma in ogni paese; senza togliere loro i mezzi d’azione e di cospirazione politica (locali, libertà di comunicazione, organizzazione e propaganda politica, obbligo di ogni adulto a un lavoro utile e a tempo pieno, ecc.) e in generale l’agibilità politica; senza eliminare le mille istituzioni attraverso le quali la borghesia imperialista internazionale e i suoi alleati e agenti locali impongono al popolo la loro egemonia culturale e politica;

3. senza creare proprie forze armate: o hanno lasciato intatte le forze armate allevate e formate dalla borghesia imperialista americana ed educate dalla lunga storia di repressione aperta e sanguinosa o subdola e segreta contro le masse popolari (facendo leva sulla neutralità che quelle forze armate ora professano, sulla nausea che il tanto sangue  versato ha provocato anche nelle loro file, sul disgusto per la condizione miserabile in cui il sistema imperialista ha ridotto il loro paese) oppure le hanno epurate solo degli elementi apertamente irriducibili e solo parzialmente riformate. Il compito dell’organizzazione militare delle masse popolari rivoluzionarie non è stato ancora affrontato.

Parimenti finora l’offensiva delle forze popolari e progressiste in America Latina si è svolta senza creare un apparato produttivo in mano al popolo, senza cambiare il modo di produzione: la borghesia internazionale e soprattutto la borghesia e il clero locali continuano ad avere sostanzialmente in mano il grosso dell’apparato di produzione e di distribuzione, dell’apparato di importazione ed esportazione, delle banche e delle altre istituzioni monetarie e finanziarie. Su questa base l’ala sinistra della borghesia contratta la sua collaborazione con il governo del paese mentre l’ala destra conduce la guerra economica a cui il governo si contrappone manovrando la rendita mineraria (in particolare da petrolio e gas) che ha nazionalizzato, il sistema fiscale e la spesa pubblica.

Non vogliamo né possiamo (come già detto e nel senso sopra chiarito) entrare nel merito dell’esito che avrà la lotta in corso in America Latina. Noi auguriamo la vittoria delle forze popolari e progressiste, la loro vittoria aiuterà la nostra lotta e ci rafforzerà, ad esse va tutta la nostra solidarietà.

Ma siamo decisamente contro le tesi di quelli che propongono anche per l’Italia strade apparentemente analoghe a quelle dell’offensiva popolare e progressista latinoamericana. In realtà, nelle nostre concrete condizioni, è la riproposizione della via parlamentare e pacifica al socialismo (con loro a fare da “sponda politica delle masse” nelle istituzioni della Repubblica Pontificia): in sostanza la via di Togliatti & C, cioè un socialismo senza dittatura del proletariato e senza rivoluzione, ma a differenza di Togliatti rinnegando apertamente l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. In sostanza alzano l’insegna del “Socialismo del XXI secolo” come denigrazione, condanna (sottintesa o sussurrata) e alternativa del socialismo “terzinternazionalista”, del socialismo dell’Unione Sovietica (nella cui storia neanche distinguono l’epoca di Lenin e di Stalin da quella di Kruscev e di Breznev), della Cina di Mao e in generale dei primi paesi socialisti. Se Berlusconi agita il “libro nero del comunismo”, se Bertinotti e Ferrero hanno gridato e gridano agli “errori e orrori” del socialismo del XX secolo, se Oliviero Diliberto ha insinuato che la rivoluzione in Unione Sovietica non si doveva fare scrivendo che “le condizioni per instaurare il socialismo non ci sono neanche oggi”, Vasapollo e Rete dei Comunisti si limitano a scrivere che anche per il nostro paese il socialismo senza dittatura delle masse popolari rivoluzionarie sulla borghesia e sul clero, senza forze armate rivoluzionarie, senza nazionalizzazione dei mezzi e delle condizioni della produzione è il “socialismo del XXI secolo”.

Questo è il “Socialismo del XXI secolo” che propongono (seriamente, è il caso di precisare!) in Italia agli operai e al resto delle masse popolari, senza avere in mano neanche la rendita mineraria su cui i governi promotori dell’ALBA latinoamericana hanno fatto leva e con una storia politica come la nostra, tanto diversa da quella latinoamericana. Vi immaginate il capo di un’ala progressista delle Forze Armate italiane che (a somiglianza di Hugo Chavez) vince le elezioni contro la Corte Pontificia e la NATO, dopo aver capeggiato due anni prima un colpo di Stato (fallito) contro di loro? Dove è la Cuba d’Europa?

 

Conosciamo bene le condizioni del nostro paese, la sua composizione di classe, la natura e la storia delle classi sociali italiane e delle rispettive forze politiche e siamo parte in causa. L’idea di risolvere la crisi che soffoca e devasta il nostro paese semplicemente uscendo dall’Unione Europea, con il paese in mano a un governo a proposito del quale Rete dei Comunisti & C. non dicono nulla, creando un’alleanza con i governi, quali che essi siano, degli altri paesi del Mediterraneo (ALBA MEDITERRANEA, scimmiottatura dell’ALBA latinoamericana), di uscire dalla NATO semplicemente chiedendo agli imperialisti americani di levare il disturbo e altre proposte analoghe sono sciocchezze di cui non varrebbe neanche la pena parlare se la storia miserabile della putrefazione della Repubblica Pontificia non  avesse ridotto il nostro paese allo stato intellettuale e morale attuale. Neanche la lezione della Grecia, del governo Syriza e di Tsipras è valsa da insegnamento.

Sì, è proprio sulla strategia della rivoluzione socialista e sul bilancio della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria che dissentiamo da simili sciocchezze reazionarie. Il resto (natura del partito comunista, tattica del Governo di Blocco Popolare, compiti dei sindacati alternativi e di base (conflittuali) e della sinistra sindacale, ruolo del M5S e altri aspetti della tattica) sono conseguenze.

 

La lotta in corso in Brasile, in Venezuela e in altri paesi dell’America Latina è parte della nostra lotta.

Non lasciamoci fuorviare da chi la strumentalizza contro il movimento comunista.

Imparare dall’esperienza è un aspetto imprescindibile della concezione comunista del mondo.

Il dibattito franco e aperto è strumento indispensabile per arrivare alla verità.

 

 

Avanti compagni, con coraggio e intelligenza!

Faremo dell’Italia un nuovo paese socialista!

Contribuiremo alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza nel mondo!

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste nell’usare TOR [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html].

 

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