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Scheda - Reddito di Cittadinanza (RdC)

Edizione 1 - aggiornamento 14 febbraio 2019


In questa Scheda sono inserite anche informazioni relative al Reddito di Cittadinanza desunte dal testo del Decreto Legge ancora in discussione alla Commissione Lavoro del Senato, impegnata a presentarlo in aula per la votazione entro martedì 19 febbraio 2019. Il D.L. riguarda aspetti importanti del RdC: chi ne ha diritto, l’ammontare, la durata, il rinnovo, il controllo, il ruolo dei vari enti coinvolti, ecc. Per dettagli, vedere il Fatto Quotidiano del 12 febbraio, Decretone, 1.600 emendamenti. M5S: “Aumentare reddito per nuclei numerosi”. Lega: “Obbligo servizio civile per giovani” - (https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/12/decretone-1-600-emendamenti-m5s-ampliare-reddito-per-nuclei-numerosi-lega-obbligo-servizio-civile-per-giovani/4966299/).

Vi possono quindi ancora essere variazioni importanti rispetto a quanto scritto in questa Edizione I della Scheda. Cosa che si aggiunge alle incertezze sollevate dal fatto che le eventuali domande che quasi 2 milioni di famiglie (in povertà assoluta nel 2017) potrebbero presentare entro il 6 marzo 2019, dovrebbero essere vagliate da Ministero e INPS nel giro di pochi giorni perché l’erogazione del RdC incominci effettivamente dall’inizio di aprile 2019. Resta poi il fatto che i 6 miliardi di euro stanziati per i 9 mesi del 2019 (aprile - dicembre) distribuiti anche solo a 1.5 milioni di famiglie porterebbero a 444 euro mensili a famiglia.



Premessa

La Scheda contiene anche informazioni sul Decreto Legge n.150 del 2015, uno dei decreti del Jobs Act del governo Renzi, utili per capire il ruolo che nel RdC hanno ANPAL, Centri per l’Impiego, Regioni, Comuni e altri enti. Infine, ci sono (cap. 5) proposte di lavoro per sfruttare la misura del RdC a favore della nostra linea “allargare la breccia e creare le condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare”.

Indice

Capitolo 1. Alcuni riferimenti normativi della misura del Reddito di Cittadinanza (RdC), pag.1

1.1 Creazione di una rete nazionale dei servizi per il lavoro, pag. 1

1.2 Istituzione dell’ANPAL e di ANPAL Servizi Spa, pag. 2

1.3 Competenze delle Regioni in materia di lavoro, pag. 3

1.4 Patto per il Servizio e offerte di lavoro “congrue”, pag. 3

1.5 Agevolazioni per le imprese, pag. 4

Capitolo 2. Precedenti misure di sostegno al Reddito e differenza con il RdC , pag. 4

Capitolo 3. Fondi stanziati per il Reddito di Cittadinanza (RdC) , pag. 5

3.1 Requisiti economici di accesso, condizioni e riconoscimento, pag. 5

3.2 Il Patto per il Lavoro e il Patto per l’Inclusione, pag. 7

3.3 Le agevolazioni per le imprese, pag. 8

Capitolo 4. Le principali istituzioni e strutture pubbliche su cui poggia l’attuazione del RdC, pag. 9

4.1 I centri per l’Impiego e le Regioni, pag. 9

4.2 I Comuni, pag. 10

Capitolo 5. Mobilitare le OO-OP a trasformare la misura contro la povertà in misura per il lavoro utile e dignitoso per tutti, pag. 10

5.1 Usare il RdC contro la morte lenta delle aziende pubbliche e capitaliste, pag. 11

5.2 Usare il RdC come strumento per sviluppare il controllo popolare, pag. 12

***

Capitolo 1. Alcuni riferimenti normativi della misura del Reddito di Cittadinanza (RdC)

Prima di entrare nel merito della misura del RdC e spiegare in cosa consiste (come vi si accede, cosa comporta per il beneficiario, cosa comporta per le imprese che assumono, ecc.) e gli appigli che offre alla nostra azione, è opportuno considerare che essa, in larga parte, si impianta sul quadro normativo definito dal Jobs Act e in particolare dal Decreto Legge 14 settembre 2015 n.150 (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/09/23/15G00162/sg) che ha disposto il “riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive”. Riportiamo di seguito i punti più rilevanti ai fini della comprensione della misura del RdC.


1.1 Creazione di una rete nazionale dei servizi per il lavoro costituita da:

a) Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), che ha il compito di coordinare la rete nazionale dei servizi per il lavoro;

b) strutture regionali per le Politiche Attive del Lavoro (Centri per l’Impiego, CpI da ora);

c) INPS, in relazione alle competenze in materia di incentivi e strumenti a sostegno del reddito;

d) INAIL, in relazione alle competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro;

e) Agenzie per il lavoro e altri soggetti che si accreditano presso le Regioni di competenza per servizi di formazione professionale, somministrazione di lavoro, supporto alla ricollocazione professionale, ricerca e selezione del personale;

f) fondi interprofessionali per la formazione continua;

g) fondi bilaterali;

h) Istituto Nazionale per le Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), che nel 2016 ha ereditato e ampliato le funzioni dell’ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) in materia di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche che hanno un impatto sul lavoro;

i) ANPAL Servizi Spa (ex Italia Lavoro Spa);

k) Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, università e istituti di scuola secondaria di secondo grado in qualche modo impegnati in politiche del lavoro.


1.2 Istituzione dell’ANPAL e di ANPAL Servizi Spa

ANPAL è un ente vigilato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed stato istituito con il Decreto Legge 14 settembre 2015 n.150 accorpando in sé alcune funzioni, personale e risorse di altri ambiti, come ad es. il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (di cui usa le sedi) e l’ISFOL. ANPAL ha il compito di coordinare a livello nazionale le politiche del lavoro (per chi è in cerca di lavoro, per i disoccupati e per la ricollocazione, per la formazione professionale), gestisce un sistema informativo in cui confluiscono le informazioni utili all’inserimento professionale (ad es. le comunicazioni di disoccupazione) e attraverso cui vengono monitorate le prestazioni di lavoro. Inoltre ANPAL gestisce l’albo nazionale dei soggetti accreditati per le politiche attive, cioè le “Agenzie per il Lavoro” che sono suddivise in:

a) Agenzie di somministrazione di tipo generalista che somministrano manodopera (sezione I dell’albo nazionale), che possono somministrare sia lavoratori a tempo indeterminato che determinato;

b) Agenzie di somministrazione di tipo specialistico, che possono somministrare solo lavoratori a tempo indeterminato (sezione II dell’albo nazionale);

c) Agenzie di intermediazione che fanno attività di mediazione tra domanda e offerta (ad es. raccolgono i curriculum, svolgono le preselezioni, effettuano su richiesta del committente le comunicazioni conseguenti all’assunzione, realizzano la formazione finalizzata all’inserimento (sezione III-IV-V dell’albo nazionale);

d) Agenzie di ricerca e selezione del personale che su incarico del committente individuano le candidature idonee al ruolo richiesto (sezione IV dell’albo nazionale);

e) Agenzie di supporto alla ricollocazione professionale su incarico dell’organizzazione committente (sezione V dell’albo nazionale).

ANPAL Servizi Spa è la società in house dell’ANPAL (le società in house sono aziende pubbliche costituite in forma di società privata, tipicamente società per azioni, il cui capitale è detenuto in toto o in parte, direttamente o indirettamente, da un ente pubblico che affida loro sue attività ausiliarie o di produzione: un modo per gestire come società private un pezzo dell’Amministrazione Pubblica, corrispondente alla esternalizzazione praticata dalle aziende private). È stata creata il primo gennaio del 2017. ANPAL Servizi Spa nasce come trasformazione di Italia Lavoro Spa, ereditandone in larghissima parte gli addetti. Le informazioni più recenti sul numero di dipendenti sono di ottobre 2018 e relative ad una mobilitazione dei lavoratori di ANPAL Servizi che hanno denunciato che su un totale di circa 1.300 dipendenti, 800 sono precari con contratti a termine o di collaborazione ( precari che ricollocano disoccupati, aspetto denunciato di recente da Landini). I dipendenti sono operatori che svolgono attività di assistenza tecnica per le Regioni e la rete dei Centri per l’Impiego. Per l’attuazione del RdC è prevista l’assunzione presso ANPAL Servizi Spa di 6.000 tutor (i navigator) con il compito di formare i dipendenti dei CpI.


1.3 Competenze delle Regioni in materia di lavoro

Il D.L. n.150 assegna alle Regioni alcuni compiti, tra cui: garantire l’esistenza e la funzionalità dei Centri per l’Impiego, individuare misure di attivazione di beneficiari di ammortizzatori sociali, predisporre strategie di occupazione, effettuare l’accreditamento degli enti di formazione. Nel definire l’offerta formativa (la formazione per uno specifico lavoro), le Regioni devono riservare una quota per le persone selezionate dai CpI.


1.4 Patto per il Servizio e “offerte di lavoro congrue”

Le funzioni attribuite all’ANPAL stabiliscono che i disoccupati comunichino per via telematica all’ANPAL la disoccupazione (e che questa sia confermata entro 30 giorni dalla data della dichiarazione) e contattino i CpI per la stipula di un Patto di Servizio personalizzato (se il disoccupato non comunica, viene comunque contattato dai CpI).

Il Patto di Servizio personalizzato si stabilisce tra il disoccupato e il CpI e comporta che il disoccupato dia la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il CpI. Il Patto contiene: l'individuazione di un responsabile delle attività; la definizione del profilo personale di occupabilità secondo le modalità tecniche predisposte dall'ANPAL; la definizione degli atti di ricerca attiva che devono essere compiuti e la tempistica degli stessi; la frequenza ordinaria di contatti con il responsabile delle attività; le modalità con cui la ricerca attiva di lavoro è dimostrata al responsabile delle attività.

Nel Patto di Servizio deve essere inoltre riportata la disponibilità del disoccupato alle seguenti attività:

- partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro, come la stesura del curriculum vitae e la preparazione per sostenere colloqui di lavoro o altre iniziative di orientamento;

- partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altre iniziative di politica attiva o di attivazione;

- accettazione di congrue offerte di lavoro , definite sulla base dei seguenti principi:

a) coerenza con le esperienze e le competenze maturate;

b) distanza dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;

c) durata della disoccupazione;

d) retribuzione superiore di almeno il 20 per cento rispetto all’indennità percepita nel mese precedente, da calcolare senza considerare l'eventuale integrazione a carico dei fondi di solidarietà (questa “condizione” non è ripresa nei dispositivi del RdC).

Il Patto di Servizio dà accesso alla NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego). Se la disoccupazione eccede i 4 mesi ed è riconosciuta, il disoccupato può chiedere al CpI presso cui ha stipulato il Patto di Servizio l’assegno di ricollocazione (che non concorre alla formazione del reddito e il cui ammontare è definito dall’ANPAL) che può essere speso per attività di formazione e reinserimento lavorativo presso i soggetti accreditati (ad es. corsi di formazione regionali).


1.5 Agevolazioni per le imprese

In base al D.L. n.150, i benefici normativi o economici riconosciuti ai “datori di lavoro” per l’assunzione di specifiche categorie di lavoratori, costituiscono incentivi all’occupazione (le Regioni che intendono creare un incentivo all’occupazione devono comunicarlo all’ANPAL). Questo decreto stabilisce anche i principi generali sulla fruizione dei benefici, definendo i casi in cui questi non spettano.

Il D.L. Reddito di Cittadinanza individua chiaramente 5 casi di agevolazioni per le imprese che assumono i lavoratori (vedi capitolo 3.3) e rispetto all’impianto generale del D.L. n.150 si presenta come un’integrazione (vedi ad es. l’eliminazione del punto d nelle offerte congrue).


Capitolo 2. Precedenti misure di sostegno al reddito e differenza con il RdC

Le precedenti misure di sostegno al reddito sono state:

a) Sostegno Inclusione Attiva (SIA) è una misura di contrasto alla povertà creata dal Governo Renzi nel maggio 2016. Prevedeva l'erogazione di un beneficio economico (Carta SIA) alle famiglie in condizione di povertà in cui almeno un componente fosse minorenne, disabile (anche maggiorenne) o donna in stato di gravidanza accertata. Per godere del beneficio, il nucleo familiare del richiedente doveva aderire ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete integrata di interventi, individuati dai servizi sociali dei Comuni (coordinati a livello di “ambiti territoriali”), in rete con gli altri servizi del territorio (i Centri per l'Impiego, i servizi sanitari, le scuole, ecc.) e con i soggetti del “terzo settore”, le parti sociali e tutta la comunità. Il progetto veniva costruito insieme al nucleo familiare e coinvolgeva tutti i componenti, instaurando un patto tra servizi e famiglie che implicava una reciproca assunzione di responsabilità e di impegni. Dal 1° gennaio 2018 il SIA è stato sostituito dal Reddito di Inclusione (REI).


b) Reddito di Inclusione (REI) è stato introdotto dal Governo Gentiloni nel 2016 e termina a fine marzo 2019, data in cui inizia l’assorbimento dei fondi stanziati per il REI nel Fondo del RdC. In questo trasferimento sono incluse le risorse economiche stanziate per il REI e destinate ai Comuni, mentre sono escluse le risorse riservate ai municipi che costituiscono il cosiddetto Fondo Servizi, di cui i municipi possono continuare a disporre.

Il REI si differenzia dal RdC nei seguenti punti:

- la soglia di reddito al di sotto del quale deve essere concesso: 6.000 euro annui per il REI, 9.360 euro per il RdC;

- entità dell’erogazione : fino a 539 euro per il REI, fino a 780 euro per il RdC;

- ricerca attiva del lavoro : il beneficiario del RdC deve compilare un diario delle attività svolte settimanalmente per testimoniare la ricerca attiva del lavoro, mentre per il beneficiario del REI l’attività era meno controllata;

- ruolo dei Comuni :

a) per il REI erano i Comuni ad avere la regia con fondi appositi che i servizi sociali utilizzavano per l’assegnazione del REI;

b) per il RdC sono i Centri per l’Impiego ad avere la regia e i Comuni sono coinvolti per quanto riguarda l’attivazione di progetti di inserimento sociale, ma senza avere a disposizione risorse economiche specifiche per finanziarli. La mancanza di fondi specifici per i Comuni è uno dei motivi di contrasto tra gli amministratori locali e il governo a proposito del RdC. L’ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani - (nelle mani dei partiti delle Larghe Intese) ha denunciato che uno dei motivi del fallimento del SIA è stato proprio il fatto che i Comuni non avevano risorse sufficienti;


Con l’avvio del RdC, i beneficiari del REI potranno usufruirne per il 2019, anche senza aver prima sottoscritto il progetto personalizzato di presa in carico da parte dei servizi sociali del Comune e quindi eventualmente il Patto per il Lavoro.

Rispetto alle precedenti misure, il RdC è una manovra che punta a coinvolgere su scala più ampia le masse popolari in stato di povertà, ossia i 5 milioni di poveri individuati dall’ISTAT sulla base dell’inchiesta per l’anno 2017 ( ISTAT La povertà in Italia, anno 2017, nota pubblicata il 26 giugno 2018 [https://www.istat.it/it/archivio/217650]).


Capitolo 3. Fondi stanziati per il Reddito di Cittadinanza (RdC)

Per l’attuazione del RdC il governo M5S-Lega ha stanziato nella Legge di Bilancio 2019 (comma 255 e 256) un [ http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2018-12-31&atto.codiceRedazionale=18G00172 ] apposito “Fondo per il reddito di cittadinanza” che complessivamente provvede ad avviare il RdC e a riorganizzare e potenziare i Centri per l’Impiego (CpI). La ripartizione del “Fondo per il reddito di cittadinanza” è la seguente:

- per il 2019: 7.100 milioni di euro di cui un importo fino a 1 milione è destinato al potenziamento dei CpI. Le notizie date dalla Conferenza delle Regioni (in mano ai partiti delle Larghe Intese) ad oggi (14 febbraio 2019) riportano che il fondo è in realtà di 480 milioni di euro;

- per il 2020: 8.055 milioni di euro di cui un importo fino a 1 milione è destinato al potenziamento dei CpI (le notizie date dalla Conferenza delle Regioni ad oggi (14 febbraio 2019) riportano che il fondo è in realtà di 420 milioni di euro) e un importo fino a 10 milioni è destinato a finanziare ANPAL Servizi Spa per l’assunzione dei 6.000 navigator;

- per il 2021: 8.317 milioni di euro.


3.1 Requisiti economici di accesso, condizioni e riconoscimento

I beneficiari del RdC devono avere i seguenti requisiti:

- essere cittadini italiani, europei, stranieri lungosoggiornanti, stranieri titolari del diritto di soggiorno o familiari di un cittadino italiano o dell’Unione Europea;

- essere residenti in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo;

- avere un valore dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) inferiore a 9.360 euro. Per chi non arriva a questa soglia, lo Stato integra con un sussidio mensile (fino alla somma massima di 780 euro/mese);

- il valore del patrimonio immobiliare (diverso dalla casa di abitazione) non deve superare la soglia di 30.000 euro (al contrario di quanto scrive Cremaschi nell’articolo “ E la montagna di promesse di Salvini e Di Maio partorì il topolino di Junker” del 9 gennaio 2019);

- il valore del patrimonio mobiliare (depositi, conto corrente, ecc.) non deve essere superiore ai 6.000 euro. Questa soglia però varia a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare (è accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro; è incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo; le somme sono ulteriormente incrementate di euro 5.000 per ogni componente con disabilità, come definita a fini ISEE, presente nel nucleo);

- un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. La predetta soglia è incrementata ad euro 7.560 ai fini dell’accesso alla Pensione di cittadinanza. In ogni caso la soglia è incrementata ad euro 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risiede in abitazione in affitto, come da Dichiarazione Sostitutiva Unica ai fini ISEE (di seguito denominata “DSU”).

Il RdC stabilisce dei parametri rispetto ai beni durevoli (macchine, moto, barche, ecc.):

- nessun componente del nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta o con cilindrata superiore a 1.600 cc, nè motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, eccetto gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità; nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto.

L’ammontare del RdC: il Reddito di cittadinanza è dato dalla somma di una componente ad integrazione del reddito familiare (quota A) e di un contributo per l’affitto o per il mutuo (quota B).

La quota A per un individuo solo può arrivare fino ad un massimo di 500 euro al mese e viene maggiorata tenendo conto del numero e della tipologia di componenti il nucleo familiare (es. maggiorenni e minorenni).

La quota B non può essere superiore in caso di affitto a 280 euro al mese, in caso di mutuo a 150 euro al mese.

Possono prevedersi anche misure non monetarie ad integrazione del RdC, quali agevolazioni per l’utilizzo di trasporti pubblici, di sostegno alla casa, all’istruzione e alla tutela della salute.

La richiesta del RdC: si presenta al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, compilando un modulo predisposto dall’INPS e presentando la Dichiarazione Sostitutiva Unica ai fini ISEE (sarà l’INPS ad associare la domanda all’ISEE). Ci sono tre modi per fare la richiesta: presso Poste Italiane (che provvede ad inserire la richiesta sul portale del Ministero); on line, direttamente sul portale del Ministero; presso i Caf. Le richieste presentate entro il 6 del mese (a partire dal 6 marzo 2019), se accolte danno diritto a godere del RdC dall’inizio del mese successivo.

Entro 30 giorni dalla comunicazione dell’INPS di accoglimento della domanda, tutti i componenti del nucleo devono rendere la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro (DID), che al momento può essere resa:

presso i Centri per l’impiego ,

presso i patronati convenzionati con l’ANPAL.


Il beneficiario riceve la Carta Reddito di Cittadinanza: con essa può prelevare mensilmente in contanti al massimo 100 euro, fare acquisti e pagamenti di ogni genere (ha come unico divieto, l’utilizzo dei soldi per il gioco d’azzardo).

La concessione del RdC comporta il controllo dell’INPS e la sua approvazione ai “requisiti di povertà” del richiedente. A questo fine l’INPS utilizza sia le informazioni presenti nella propria banca dati, sia quelle del Pubblico Registro Automobilistico, dell’Anagrafe tributaria e delle amministrazioni pubbliche detentrici di dati.

Per ricevere il RdC, oltre ad avere i requisiti economici, è necessario accettare alcune condizioni: dare la propria disponibilità immediata al lavoro e aderire ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, che può prevedere anche servizi alla comunità, riqualificazione professionale, completamento degli studi, ecc. Al rispetto di queste condizioni sono tenuti tutti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non occupati e che non frequentano un regolare corso di studi o di formazione.

Sono esclusi dal rispetto di queste condizioni i beneficiari della Pensione di Cittadinanza, i beneficiari del RdC pensionati o di età pari o superiore ai 65 anni, i componenti con disabilità (fatta eccezione per gli obblighi legati al collocamento mirato).

Entro 30 giorni dal riconoscimento del RdC, il beneficiario è convocato:

dai Centri per l’Impiego per stipulare il Patto per il Lavoro, se almeno uno dei componenti del nucleo familiare ha uno di questi requisiti:

- assenza di occupazione da non più di due anni;

- età inferiore ai 26 anni;

- essere beneficiario della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) o di un altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione;

- aver sottoscritto negli ultimi due anni un Patto di Servizio in corso di validità presso i CPI (vedi punto 1.4).

dai servizi dei Comuni competenti per il contrasto alla povertà, per stipulare il Patto per l’inclusione sociale, nei casi in cui la situazione è complessa.


3.2 Il Patto per il Lavoro e il Patto per l’Inclusione

Il Patto per il Lavoro si stipula tra il beneficiario del RdC e il CpI e consiste nella collaborazione del beneficiario a redarre il bilancio delle proprie competenze con gli operatori del CpI e nella disponibilità del beneficiario a rispettare gli impegni previsti nel Patto: ricerca attiva del lavoro e redazione di un diario settimanale che la attesta, disponibilità a fare corsi di formazione o riqualificazione professionale, sostenere colloqui psico-attitudinali e/o prove di selezione e infine accettare almeno una delle tre offerte “congrue”. Mentre il D.L. n.150 stabiliva 4 principi di offerta congrua (vedi 1.4), il RdC ne mantiene solo 3: coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate; distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico; durata dello stato di disoccupazione.

Le offerte congrue sono:

nei primi dodici mesi di fruizione del beneficio è congrua un’offerta entro 100 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile in cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta; entro 250 chilometri di distanza se si tratta di seconda offerta; ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta;

decorsi dodici mesi di fruizione del beneficio è congrua un’offerta entro 250 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario nel caso si tratti di prima o seconda offerta, ovvero ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta;

In caso di rinnovo del beneficio, è congrua un’offerta ovunque è collocata nel territorio italiano anche se si tratta di prima offerta.

Se nel nucleo familiare sono presenti persone con disabilità , la distanza non può eccedere i 250 chilometri dalla residenza del beneficiario sia per la terza offerta di lavoro che nel caso di rinnovo del beneficio.

Fino al 31 dicembre 2021 , chi ha stipulato il Patto per il Lavoro con il Centro per l’Impiego ottiene l’ assegno di ricollocazione da spendere in corsi di formazione presso i Centri per l’Impiego o presso gli enti accreditati (vedi 1.1 lettera e ).

Se il beneficiario del RdC rifiuta un’offerta di lavoro congrua (dopo averne già rifiutate due) o se, indipendentemente dal numero di offerte precedentemente ricevute, rifiuta un’offerta congrua dopo il dodicesimo mese di fruizione del beneficio, perde il beneficio del RdC.

Il Patto per l’ Inclusione: nel caso in cui la situazione familiare del richiedente del RdC è complessa, i servizi sociali dei Comuni procedono ad una valutazione multidimensionale del nucleo familiare per avviare il percorso di attivazione sociale e lavorativa coinvolgendo, oltre ai servizi per l’impiego, altri enti territoriali competenti.


3.3 Le agevolazioni per le imprese

a) Assunzione senza mediazione di Agenzie per il Lavoro (Agenzie Interinali)

L’impresa ottiene uno sgravio contributivo se il beneficiario è assunto a tempo indeterminato e se non viene licenziato nei primi 24 mesi.

L’importo dello sgravio contributivo si ottiene sottraendo alle 18 mensilità del RdC, le mensilità di cui il beneficiario ha già goduto (al numero di mensilità risultante si aggiunge una mensilità in caso di assunzione di donne e di soggetti svantaggiati) e non sarà comunque inferiore a 5 mensilità (elevate a 6 in caso di soggetti svantaggiati e donne).

Il “datore di lavoro”, contestualmente all’assunzione del beneficiario di RdC, può stipulare presso il CpI un Patto di Formazione con il quale garantisce al beneficiario un percorso formativo o di riqualificazione professionale.

b) Assunzione tramite Agenzie Interinali ( Adecco, Manpower, ecc.)

Lo sgravio contributivo è concesso se il beneficiario è assunto a tempo indeterminato e se non viene licenziato nei primi 24 mesi ed è diviso a metà tra il “datore di lavoro” e il soggetto privato accreditato che fa da intermediario tra il beneficiario del RdC e l’impresa. L’importo dello sgravio contributivo è come quello definito nel punto a.

Anche in questo caso il “datore di lavoro”, contestualmente all’assunzione del beneficiario di RdC può stipulare presso il CPI un Patto di Formazione, per garantire al beneficiario un percorso formativo o di riqualificazione professionale.

c)Assunzione dopo percorso formativo presso Enti di formazione accreditati

Gli enti di formazione accreditati sono enti a cui le Regioni riconoscono la funzione formativa: sul sito dell’ANPAL è disponibile l’albo nazionale dei soggetti accreditati. Se le leggi regionali lo permettono, questi enti possono stipulare presso i CpI e presso i soggetti privati accreditati un Patto di Formazione con il quale garantiscono al beneficiario del RdC un percorso formativo o di riqualificazione professionale anche con il coinvolgimento di Università ed enti pubblici di ricerca.

Se in seguito a questo percorso formativo il beneficiario di RdC ottiene un lavoro, coerente con il profilo formativo, gli Enti ottengono un contributo, anche sotto forma di sgravio contributivo, come quello definito nel punto a.

L’altra metà del contributo viene percepita dal “datore di lavoro” che assume il beneficiario.

d) Le agevolazioni si applicano a condizione che il “datore di lavoro” realizzi un incremento netto del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato, a meno che attraverso tali assunzioni provveda alla sostituzione di lavoratori andati in pensione.

e) Ai beneficiari del RdC che avviano un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale entro i primi 12 mesi di fruizione del RdC è riconosciuto in un’unica soluzione un beneficio addizionale di sei mensilità di RdC, nei limiti di 780 euro mensili.

f) Le agevolazioni non spettano ai “datori di lavoro” che, nel triennio precedente alla richiesta, siano stati destinatari di provvedimenti sanzionatori concernenti violazioni di natura previdenziale o in materia di tutela delle condizioni di lavoro che costituiscono cause ostative al rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC).


Capitolo 4. Le principali istituzioni e strutture pubbliche su cui poggia l’attuazione del RdC

4.1 I Centri per l’Impiego e le Regioni

I Centri per l’impiego (CpI) sono uffici della pubblica amministrazione a cui è demandata la funzione di gestire il mercato del lavoro a livello locale (sono gli eredi del vecchio Ufficio di Collocamento). Dipendono dalle Regioni, che fermo restando il ruolo di ANPAL, mantengono le loro competenze in materia di: orientamento relativo al collocamento, programmazione regionale e relativo coordinamento; promozione e avvio di attività imprenditoriali; promozione di iniziative di collocamento per fasce deboli; attività coordinate con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; politiche attive e di monitoraggio.


I CpI sono distribuiti per province, per coprire ognuno un bacino di circa 100.000 abitanti. Ad oggi è in corso di aggiornamento il numero complessivo CpI: il Presidente dell’ANPAL (Maurizio del Conte) ne segnala 552, con un totale di circa 8.000 dipendenti. Inchieste recenti stimano che oggi solo il 3% dei disoccupati che si rivolge ai CpI, riesce a trovare un impiego. Secondo l’ISTAT, vi si rivolgono almeno 2 milioni di persone all’anno.


La trasformazione da Ufficio di Collocamento a Centro per l’Impiego si è tradotta in una revisione delle funzioni del Centri di Collocamento. I passaggi chiave sono stati i seguenti:

- con il Decreto Legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (decreto attuativo della legge Bassanini 59/1997) sono stati istituiti i Centri per l'Impiego, destinati ad essere regolati da apposite leggi regionali (infatti hanno assunto diversi nomi: Centri Regionali per il Lavoro, Centri Regionali per l'Impiego, Centri Servizi per il Lavoro, ecc.);

- il Decreto Legge n. 297/2002, introduce la figura dei soggetti privati: le agenzie per il lavoro. L'introduzione di questi soggetti privati è giustificata con le sollecitazioni dell'Unione Europea che aveva più volte sanzionato l'Italia dinanzi alla Corte di Giustizia Europea per il monopolio pubblico nel collocamento dei lavoratori. In questo modo la legge creava un regime di concorrenza tra i servizi pubblici e gli operatori privati autorizzati;

- la Legge Biagi (Legge 14 febbraio 2003 n. 30 attuata tramite il D.L.10 settembre 2003, n. 276) nel 2003, oltre a introdurre nuove tipologie di contratti di lavoro (co.co.pro accanto al co.co.co - figura già creata nel 1997 con il pacchetto Treu - e altre tipologie che vanno dalla somministrazione all'apprendistato, al contratto di lavoro ripartito, al contratto di lavoro intermittente, al lavoro accessorio e al lavoro occasionale, nonché il contratto a progetto), ha disciplinato le agenzie di somministrazione di lavoro (decretando il passaggio definitivo della materia del lavoro al carattere privato anziché pubblico) che nei fatti “competono” con i CpI per il collocamento e ottengono profitti dall’attività che svolgono.


Nell’attuazione del RdC, il ruolo dei CpI è centrale e per questo sono previste delle misure di potenziamento:

Rafforzamento dell’organico

Attività di formazione qualificata

Riqualificazione delle strutture e creazione di un logo che li rende riconoscibili

Rafforzamento delle strumentazioni

Realizzazione di un software unico che integra tutte le banche dati dei CpI del territorio e che garantisce al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e al Ministero dello Sviluppo Economico il controllo a livello nazionale di come procede il RdC.

Lo stanziamento di fondi previsto per il potenziamento dei CpI è costituito dalla somma di:

- fondi che vengono investiti direttamente nei CpI (fino ad un miliardo di euro sia per il 2019 che per il 2020). Con questi fondi, a partire dal 2019, le Regioni procedono all’assunzione di personale da destinare ai CpI fino a 4.000 dipendenti. I dipendenti saranno assunti a tempo indeterminato e tramite concorso pubblico.

Nella Legge di Bilancio 2019, la spesa prevista per l’assunzione nel 2019 è di 120 milioni di euro, mentre a partire dal 2020 è di 160 milioni di euro.

La ripartizione dei fondi è diversa per ogni Regione.

- fondi che vengono attribuiti all’ANPAL Servizi Spa per l’assunzione di 6.000 dipendenti con contratto a tempo determinato (precario) con funzione di tutor (i famosi navigator ) con un profilo professionale idoneo a formare il personale dipendente dei CpI per svolgere le nuove funzioni previste dal RdC. La somma dei fondi stanziati per l’ANPAL Servizi Spa è di importo fino a 10 milioni di euro per il 2020.

I 6.000 dipendenti dell’ANPAL Servizi Spa non dipendono dalle Regioni, ma utilizzeranno le sedi dei CpI.


Le Regioni sono un “fronte caldo”: in quanto responsabili dei CpI, hanno un ruolo di primo piano sia per l’attuazione del RdC, sia per il boicottaggio della misura. La Conferenza delle Regioni (organismo che si confronta con il governo per le politiche sul lavoro) è in mano ai partiti delle Larghe Intese (7 regioni alla coalizione di centro destra, di cui 3 con Presidenti eletti nelle liste della Lega; 13 a coalizioni di centro sinistra).

Attualmente uno dei nodi di scontro tra la Conferenza delle Regioni e il governo riguarda l’assunzione del personale per potenziare i CpI, poiché sono ancora bloccate le assunzioni di 1.600 persone previste nel 2017 e perché non sono ancora chiare le competenze e le sistemazioni dei 6.000 tutor che saranno assunti dall’ANPAL.


4.2 I Comuni

Il RdC prevede il coinvolgimento dei Comuni (compresi i Municipi e le circoscrizioni) per la realizzazione di progetti e attività socialmente utili (in ambito culturale, sociale, artistico, ecc.) in cui coinvolgere i componenti maggiorenni dei nuclei familiari beneficiari di RdC: tutti devono fare al massimo 8 ore a settimana non remunerate.

Inoltre i Comuni devono attivare un regime speciale per i membri di nuclei familiari che risultano essere particolarmente disagiati e per cui è necessario anche un inserimento sociale oltre che lavorativo (il Patto di Inclusione).

Un elemento di contrasto tra gli amministratori locali e il governo è che non sono previsti fondi speciali per permettere ai Comuni l’attivazione di questi progetti, diversamente da quanto previsto nella legislazione del REI che invece stanziava dei fondi appositi che venivano gestiti dai servizi sociali dei Comuni.

Anche per il coinvolgimento degli enti locali, l’attuazione del RdC si presta allo sviluppo del nostro intervento sulle Organizzazioni Operaie e Popolari (da ora OO-OP): dobbiamo portarle a indurre le Amministrazioni Locali ad attivare lavori socialmente utili e pretendere i relativi finanziamenti.


Capitolo 5. Mobilitare le OO-OP a trasformare la misura contro la povertà in misura per il lavoro utile e dignitoso per tutti.

Usiamo la misura del RdC e il sommovimento che crea tra le masse popolari, concentrandoci su:

- come possiamo e dobbiamo servirci del RdC per alimentare, sostenere e promuovere la lotta contro la morte lenta delle aziende pubbliche e capitaliste;

- come possiamo e dobbiamo servirci del RdC per alimentare, sostenere e promuovere il protagonismo delle masse popolari nell’individuare i lavori di cui c’è bisogno nella propria città o nel proprio quartiere;

- come possiamo e dobbiamo sfruttare appigli del Contratto di Governo e con l’applicazione dei suoi aspetti progressisti alimentare la lotta per la costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza e per creare le condizioni necessarie per la costituzione del Governo di Blocco Popolare.

Per ognuno di questi punti, dobbiamo combinare due livelli distinti:

- l’azione dei comunisti (il nostro ruolo) nell’indurre le OO-OP ad agire da Nuove Autorità Pubbliche: diamo le indicazioni più concrete e più dettagliate che siamo capaci di individuare su come possono attivarsi, usiamo la nostra conoscenza del contesto locale e nazionale e il nostro uso del materialismo dialettico per allargare la loro visuale, per combinare operazioni di coordinamento, scambio di esperienza, iniziative Comuni con altre OO-OP e per allargare il nostro quadro d’insieme.

- l’azione delle OO-OP svolta indipendentemente da noi per valorizzarle ed estenderle.


5.1- Usare il RdC contro la morte lenta delle aziende pubbliche e capitaliste

Nel corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista sospinta dai suoi interessi e dalle leggi della sua natura, tutte le imprese capitaliste dei paesi imperialisti sono condannate alla delocalizzazione e tutte le imprese pubbliche e gran parte dei servizi pubblici dei paesi imperialisti alla privatizzazione. Stante questo corso delle cose,

a) in ogni azienda capitalista o pubblica in cui abbiamo un intervento in corso, dobbiamo indurre le OO-OP:

- a raccogliere i dati (inchiesta) relativi a carenza di personale, svolgimento delle turnazioni, personale in CIG, personale in via di pensionamento, personale con contratti precari (in questo caso dobbiamo scoprire l’arco temporale dei rinnovi: spesso si prolunga per anni e per i lavoratori equivale ad un contratto a tempo indeterminato, ma senza diritti e senza le connesse incombenze economiche per l’azienda), personale nei reparti confino e numero dei licenziamenti politici;

- a mappare le fabbriche dell’indotto della propria azienda (questo contribuisce anche ad allargare il nostro quadro d’insieme) e a usare le relazioni che OO-OP hanno per fare in altri posti lo stesso lavoro di reperimento dati (inchiesta);

b) a informarsi su quali sono nel proprio territorio le aziende (capitaliste e pubbliche) e gli enti pubblici che usufruiscono del Patto per il Lavoro assumendo personale in cambio di sgravi fiscali, in particolare per:

- fare in modo che le aziende usino il RdC per stabilizzare il personale precario già esistente: conoscere il numero dei precari è il primo passo da fare;

- fare in modo che il RdC non diventi per le aziende uno strumento ulteriore di sfruttamento dei lavoratori, per lo più sgravato degli oneri fiscali, come è stato Garanzia Giovani del governo Renzi (finito il contributo alle imprese, tutti licenziati) e operare affinché gli sgravi fiscali dell’azienda abbiano ricadute positive sul territorio, ad es. per l’aumento degli occupati a tempo indeterminato e senza Jobs Act;

- trattare apertamente e con ampia propaganda la contraddizione tra i lavori che servono nel territorio (in termini di bonifica, manutenzione e rafforzamento di servizi di pubblica utilità, ecc.) e i lavori che vengono proposti ai beneficiari del RdC (le aziende traggono profitto e non è detto che il lavoro per cui assumono è utile);

c) a presentare al Centro per l’Impiego di riferimento, al proprio Comune e ai Comuni limitrofi, un piano di assunzioni per la propria azienda e spingerli ad attivarsi per questo;

d) a fare appello ai disoccupati, ai precari e ai cassintegrati della zona a usare il RdC per essere assunti nelle aziende e per essere formati nelle professionalità che OO-OP vedono utili e da rafforzare e integrare, sulla base delle necessità della collettività;

e) a fare ampia propaganda dei dati raccolti, con interviste, volantinaggi, iniziative pubbliche, in particolare presso le aziende stesse (serve per coinvolgere il maggior numero di lavoratori possibile), presso i Centri per l’Impiego, presso i Comuni e/o i municipi (che nei prossimi mesi saranno “presi d’assalto”) e nel territorio cittadino, prediligendo iniziative pubbliche e di piazza (influenzando indirettamente il resto delle masse popolari).

Per quanto riguarda noi, dobbiamo concepire questo lavoro come stato di avanzamento progressivo: iniziare da un reparto (di azienda, di ospedale, ecc.) e impostare l’azione sulla base dell’inchiesta svolta.


5.2 Usare il RdC come strumento per sviluppare il controllo popolare

Dobbiamo fare leva sul fatto che il RdC prevede l’attivazione dei Comuni per l’attuazione di progetti socialmente utili alla collettività in cui impiegare i beneficiari del RdC e dobbiamo trasformare “l’intenzione” in azione per un lavoro utile e dignitoso per tutti. Tra le masse popolari è ormai assimilato che lo stato di abbandono e incuria del territorio ha raggiunto livelli intollerabili e che peggiorano di giorno in giorno:

- territori abbandonati all’inquinamento e al dissesto idrogeologico;

- edifici pubblici (scuole, ospedali, ecc.) pericolanti quanto a stabilità e quanto a impianti (elettrici, idraulici, fognari, ecc.);

- strutture (strade, ferrovie, ponti, ecc.) in dissesto o con manutenzione insufficiente (il Ponte Morandi di Genova è un monito!);

- servizi pubblici (trasporti, sanità, istruzione, commercio, ecc.) carenti, obsoleti, lasciati al degrado;

- edifici pubblici e privati abbandonati, lasciati andare in malora e abbandonati alla criminalità organizzata o al degrado;

- abitazioni private pericolanti quanto a stabilità e quanto a impianti obsoleti o trascurati.

Nella nostra propaganda dobbiamo dire chiaramente che la causa di tutto ciò che non va, è la direzione della società in mano alla borghesia imperialista e che per farla finita con questo stato di cose bisogna farla finita con il capitalismo.

A questo orientamento, facciamo seguire operazioni tattiche che portano le OO-OP a:

a) individuare i lavori che servono nel proprio quartiere o città e a farne un ampia propaganda, indicando ognuno di essi come un campo in cui le istituzioni devono assumere personale. I punti di partenza sono gli ambiti di interesse pubblico e collettivo (le scuole, gli ospedali, i caseggiati, le asl, i consultori familiari, i parchi, ecc.):

- controllare lo stato strutturale degli edifici: bisogna fare e pubblicare “relazioni tecniche” (tenuta del cemento, crepe, misure antisismiche, uscite di sicurezza, allarmi incendi, estintori, presenza di amianto, igiene e pulizia, ascensori, illuminazione, ecc.);

- controllare se il personale impiegato per le scuole, gli ospedali (o i reparti), i caseggiati è adeguato o sotto organico, verificare le risorse pubbliche che vengono impiegate per la manutenzione, ecc.;

- segnalare in maniera vistosa e con ampia propaganda gli edifici pubblici e privati vuoti, fatiscenti o abbandonati, segnalare le buche per strada, i ponti e tutte le altre strutture pericolanti (qui c’è bisogno di manutenzione, qui servono i lavoratori!);

- indicare le aziende capitaliste e pubbliche sotto organico e che hanno bisogno di assumere (trasporti, rifiuti, manutenzione, assistenza, ecc.);

b) mobilitare quartiere per quartiere i comitati territoriali e tematici, le associazioni di volontariato, i tecnici (ingegneri, architetti, docenti e studenti universitari) a svolgere queste attività, a propagandarle e a svilupparle, nel caso in cui già le fanno (la maggior parte delle OO-OP ha una buona conoscenza del contesto in cui vive/lavora) all’interno della lotta per un lavoro utile e dignitoso per tutti.


Con queste indicazioni pratiche, le OO-OP possono prendere in mano il RdC e portiamo le più avanzate a trasformare il proprio ruolo, indichiamo chiaramente che è necessario istituire nei quartieri e nelle città (nei caseggiati, rioni, ecc.) delle “agenzie locali” che hanno la funzione specifica di controllare, monitorare lo stato dell’arte (degli edifici, delle dotazioni antincendio, delle crepe strutturali, delle caldaie, dell’amianto, ecc.) e provvedere alla manutenzione.


Dobbiamo specificare che “provvedere alla manutenzione”:

- è una questione urgente e non può essere delegata “ai costruttori dei vari Ponte Morandi sparsi per il paese”: la direzione della società da parte della borghesia tratta/spinge a trattare come questioni ancora solo private, cose che non sono più solo individuali, perché la società è altamente collettiva e la vita di ogni individuo è legata a quella degli altri: la manutenzione delle caldaie, delle tubature dell’acqua e del gas di un appartamento, l’igiene, ecc. oggi sono relegate al singolo individuo che se ne occupa con i mezzi che si ritrova o non se ne occupa affatto perché non ha i soldi, con tutte le conseguenze che questo implica quando le condizioni di vita sono già pesanti: un danno del singolo diventa un danno per tutti (così è per le caldaie che squarciano interi edifici ed altri esempi simili).


- non è da intendersi come “lavoro volontario” ma come lavoro che le OO-OP impongono di fare alle Amministrazioni Locali di ogni colore (Comuni, Municipi/Circoscrizioni), che siano del M5S e della Lega, che siano delle Larghe Intese o della sinistra borghese, che siano “anomale” alla De Magistris: che mettano a disposizione mezzi, fondi, strutture organizzative e risorse strumentali per riparare e sistemare ciò che le OO-OP indicano come urgente e che lo facciano sotto il controllo delle OO-OP (l’opera della Consulta Popolare Salute e Sanità del Comune di Napoli va migliorata e additata a modello).

Dove non ci sono i Centri per l’Impiego, le OO-OP se ne occupano direttamente e ne assumono le funzioni, spingono le Amministrazioni Locali e i raggruppamenti di tecnici e professionisti a sostenerli.


L’attuazione creativa di questa linea, impedisce il sabotaggio/boicottaggio dell’attuazione del RdC, sia esso aperto o in forma di lentezza burocratica, da parte delle istituzioni della Repubblica Pontificia, in particolare da parte degli enti locali delle Larghe Intese e della sinistra borghese, avversi al governo M5S-Lega.

Inoltre, questa linea permette di ribaltare altri aspetti insiti nel RdC di cui i media fanno ampia propaganda e di usarli come leve di mobilitazione in tanti ambienti.

- Il M5S in positivo mette al centro la questione del lavoro e della dignità (non ci sarà più nel nostro paese chi non ha nulla, come ben proclama Di Maio), ma tende anche a trattare i disoccupati come “scansafatiche” per i quali il RdC è “la prova del 9” (se “non sono disposti a spostarsi dal divano”, perdono il sussidio!). La concezione interclassista infatti porta spesso gli esponenti del M5S a colpire in basso anziché in alto.

Le OO-OP mobilitandosi, incalzano gli elettori, gli attivisti e gli eletti del M5S a fare in modo che il territorio in cui operano e/o che amministrano sia l’ambito di reclutamento dei disoccupati e che loro siano attivi e propositivi nell’indicare i campi in cui bisogna impiegare personale. Il ruolo attivo del M5S è necessario anche per impedire che il RdC diventi uno strumento di clientelismo politico per le Larghe Intese (per verificare e denunciarlo apertamente) che avendo governato per 40 anni hanno ancora in mano le redini del potere, in particolare a livello locale.

- La Lega ha dovuto ingoiare il RdC, ma oggi questo è uno strumento dei loro amministratori, attivisti ed elettori anche per mettere in pratica la parola d’ordine “prima gli italiani!”.

- Le Larghe Intese e la sinistra borghese rientrano in misura diversa tra i detrattori del RdC in chiave anti governo M5S-Lega, denunciano che il RdC è una misura assistenzialista e che non cambia le cose. Dobbiamo fare leva sulla loro stessa denuncia e in particolare con la sinistra borghese (come ad es. PaP), impedire che svolgano un’azione puramente assistenzialista: bene gli sportelli, il controllo popolare e le misure mutualistiche, ma per organizzare e mobilitare le masse popolari ad ottenere un lavoro utile e dignitoso e in definitiva a prendere il potere.


In conclusione, azienda per azienda, scuola per scuola, quartiere per quartiere, usiamo il RdC come uno strumento delle OO-OP per agire da Nuove Autorità Pubbliche e quindi come uno strumento per la costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza e del GBP.

I capitalisti attiveranno lavori socialmente utili solo se saranno costretti e in definitiva bisognerà sostituire la loro iniziativa economica privata con l’iniziativa pubblica. D’altra parte, le aziende devono diventare centri di iniziative e di attività sociali: la produzione di beni e servizi deve combinarsi in ogni azienda con le attività culturali, ricreative e di aggregazione e inclusione sociale. Così si pone fine al degrado e alla criminalità, si rende il territorio sicuro, si pone fine all’esclusione sociale e si apre la strada al rinnovamento della società in tutti i suoi aspetti. Solo così si pone fine all’oppressione di classe e di genere, all’inquinamento e alla distruzione del pianeta.