Indice delle lettere aperte

 

A Anna e Roby

15 luglio 2001

 

Cari Anna e Roby,

è arrivata all’e.mail di La Voce la vostra richiesta di “notizie di Giuseppe Maj”, me l’hanno trasmessa ed eccomi qui a darvi una risposta che spero avrete modo di raccogliere in tempo ragionevole. Tutto grazie alla vostra iniziativa e alle tecnologie moderne, che, come vedete, sono disponibili anche per essere usate per migliorare la vita, oltre che per renderla più difficile.

Sono commosso della vostra richiesta. Quando uno sparisce all’improvviso dalla vita di persone care, senza essere morto ma anche senza potere annunciare la partenza e spiegare perché parte, si domanda che effetto faranno su di loro l’improvvisa sparizione, l’assenza che si prolunga e il silenzio. E una delle cose che si desiderano è spiegare il motivo della sparizione e dell’assenza. Perché la conoscenza dei veri motivi eviti fraintendimenti ed eviti che quello che è un sacrificio necessario sia preso per indifferenza. Al contrario, io vorrei che la mia sparizione vi servisse almeno a comprendere meglio il contesto sociale in cui si svolge e si svolgerà la vostra vita, onde possiate più efficacemente contribuire a regolarlo. Quindi in questa lettera vi esporrò i veri motivi per cui all’improvviso sono scomparso. Per forza di cose devo partire da lontano. La mia sparizione non dipende da fatti personali o familiari. È la conseguenza di una decisione collettiva di comunisti che si sono assunti il compito di ricostruire un vero partito comunista. Per costruire su basi solide il nuovo partito e non ricadere nelle difficoltà che hanno portato il primo alla dissoluzione, occorre che alcuni compagni vivano in modo tale da essere irraggiungibili dai capitalisti e dal loro Stato, in clandestinità. Perché siamo arrivati a questa conclusione? Qui bisogna fare un passo indietro e prendere il discorso un po’ più alla larga.

Da alcuni decenni il dominio che gli uomini nel loro insieme hanno raggiunto sulla natura, le forze materiali e spirituali, gli strumenti e le conoscenze con cui attingono dalla natura quanto occorre loro per vivere, hanno cambiato la relazione tra ogni singolo individuo e la natura. Da una parte nessun individuo è più in grado di produrre da solo o di propria iniziativa quello che usa per vivere, ogni individuo può produrre solo come componente di un complesso sociale (di un’azienda) o in ogni caso produce nessuna o al massimo solo poche di quelle cose che lui stesso direttamente userà. D’altra parte quello che complessivamente gli uomini producono dipende oramai solo secondariamente dalla natura (dal clima, dalla fertilità naturale del suolo, dai minerali disponibili, insomma dalla lotta contro la natura) e principalmente dagli ordinamenti sociali. Per ogni individuo il contesto sociale, le relazioni sociali, l’ordinamento sociale sono l’unico mezzo (canale) e anche l’unico limite ed ostacolo per disporre dei mezzi materiali e spirituali necessari per la sua vita. Quindi la conoscenza del contesto sociale e del modo di modificarlo è oggi diventata la scienza più necessaria per la vita. La trasformazione o conservazione dell’attuale contesto sociale è diventato l’oggetto di ogni lotta reale tra gli uomini. La fonte di tutte le difficoltà materiali e spirituali che l’individuo incontra nella sua vita sta negli ordinamenti sociali in cui è costretto a condurre la sua vita. Un tempo si diceva che l’Italia era un paese povero perché mancava di materie prime (carbone, ferro, petrolio, terra, ecc.). Oggi vedete che non è vero: era un argomento addotto dai ricchi per convincere gli italiani poveri a rassegnarsi alla loro povertà e in effetti, nonostante quella proclamata povertà nazionale, gli italiani ricchi non si facevano mancare niente. Ogni tanto sentite dire che per stare tutti meglio bisogna anzitutto produrre di più. Non è vero. Per la maggior parte degli articoli, quanto oggi si produce è già più che sufficiente per tutti i sei miliardi circa di uomini e di donne e comunque gli ostacoli ad aumentare l’attuale produzione sono solo di ordine sociale, dipendono anch’essi dall’ordinamento sociale. Basterebbe ripartire diversamente quello che si produce. Solo che per ripartirlo diversamente, bisogna anzitutto cambiare il modo di produrlo. Infatti oggi se i ricchi non hanno nella ripartizione tutto quello che vogliono, bloccano la produzione: chiudono le aziende che sono loro, non investono più capitali che sono loro e così bloccano tutta la vita sociale. I provvedimenti governativi di questi anni sono tutti tesi a soddisfare questo ricatto: bisogna nella ripartizione dare di più ai ricchi e quindi togliere ai proletari, altrimenti i ricchi bloccano la produzione (chiudono le imprese, non investono, vanno a investire altrove) e per i proletari sono guai peggiori degli attuali. A loro volta i ricchi non investono per vivere, ma per aumentare la loro ricchezza. Se i loro profitti non aumentano quanto vogliono, smettono di investire. Se smettono di investire e chiudono le aziende, loro hanno lo stesso quanto usano per vivere “secondo i loro bisogni”, per smodati, pervertiti e arbitrari che questi siano: Berlusconi ha cinquanta o sessanta ville e col suo patrimonio stimato tra 20 e 50 mila miliardi di lire può continuare a vivere da nababbo anche se liquida le sue aziende! Il presidente della Banca d’Italia non reputa degno di sé uno stipendio inferiore a qualche miliardo di lire l’anno e lo stesso vale per ogni grande capitalista, papa, presidente, cardinale, ministro o altra autorità di alto livello. Mentre se le aziende chiudono, per i proletari sono guai. Questo è l’ordinamento sociale che oggi direttamente o indirettamente condiziona la vita di tutti, uomini e donne e che si chiama capitalismo.

Per uscire dalle difficoltà che limitano e alla maggior parte degli uomini soffocano la loro vita, occorre cambiare l’ordinamento sociale. Occorre togliere ai ricchi la possibilità di bloccare la produzione, cioè abolire la loro proprietà privata dei mezzi di produzione e occorre riorganizzare la società in modo che gli uomini e le donne decidano democraticamente cosa bisogna produrre, come bisogna produrla e chi deve produrla e quindi finalmente possano anche decidere democraticamente e liberamente come ripartire tra loro quanto hanno deciso di produrre e hanno effettivamente prodotto. Quando saremo arrivati a questo, siccome ce ne sarà perché tutti possano soddisfare i loro bisogni, ciascuno avrà “secondo i suoi bisogni”, cioè sarà il comunismo.

Va bene, direte a questo punto, ma cosa c’entra questo con la tua sparizione? C’entra, c’entra. Vi dicevo prima che la distruzione dell’attuale ordinamento sociale (il capitalismo) e l’instaurazione di un nuovo superiore ordinamento sociale (il comunismo) è l’oggetto reale di ogni lotta reale tra gli uomini. Certamente oggi c’è molta confusione nelle teste e nelle azioni degli uomini, vi è una gran confusione intellettuale e morale. È facile capire che chi vuole conservare l’ordinamento esistente, ha tutto l’interesse a mantenere ed alimentare la confusione sulla vera causa delle difficoltà che turbano la vita della stragrande maggioranza degli uomini e delle donne, sul modo di porvi realmente fine e sui compiti che ogni individuo deve svolgere per contribuire a porvi fine. La conoscenza del contesto sociale e del modo di modificarlo non è una cosa che si trova al supermercato né si insegna nelle scuole. Il supermercato e le scuole sono in mano di chi vuole conservare l’attuale contesto sociale e quindi alimenta la massima confusione sulla vera causa delle attuali difficoltà, sul modo di porvi realmente fine e sui compiti che ogni individuo deve svolgere per contribuire a porvi fine. L’esperienza del movimento comunista ha tuttavia chiarito a grandi linee la vera causa delle attuali difficoltà e il modo di porvi realmente fine. È la teoria che guida il movimento comunista, la sua teoria. Il partito comunista è l’organizzazione di quelli che assimilano questa teoria e la applicano per promuovere la mobilitazione, l‘organizzazione e l’attività di tutti quelli che hanno interesse a cambiare l’attuale ordinamento sociale e instaurare il comunismo, che in ogni paese costituiscono la gran massa della popolazione. In primo luogo è il partito degli operai perché la classe operaia è, per le condizioni pratiche della sua vita nella società attuale, la più portata a capire la vera causa delle attuali difficoltà di tutte le masse popolari e ad agire nel modo necessario per porvi realmente fine. Ma è anche il partito di tutti quelli che condividono l’obiettivo e i metodi per realizzarlo.

Costruire un vero partito comunista è quindi il primo passo per realizzare il nostro obiettivo, cioè l’abolizione del capitalismo e l’avvio della riorganizzazione della società in senso comunista. Nel nostro paese, finché un gruppo di persone dice che bisogna ricostruire un vero partito comunista, non corre molti problemi. Le difficoltà pratiche, economiche e culturali, limitano inizialmente il raggio d’azione e l’influenza sociale di un simile gruppo e rendono irrilevante la sua forza politica. Non fa gran danno alla classe dominante e quindi è tollerato. I guai che la classe dominante riserva a un gruppo del genere sono proporzionali alla sua forza politica. Se un simile gruppo riesce a superare quelle iniziali difficoltà economiche e culturali e acquista una qualche influenza sociale, allora la classe dominante mette in azione le forze, statali e no, che ha predisposto per soffocare il movimento comunista.

In ogni società capitalista, i capitalisti hanno mezzi di azione sociale di cui essi solo dispongono. Ogni capitalista può comperare ogni tipo di attività di altri uomini la cui capacità lavorativa esiste come merce (e quasi tutte le capacità lavorative oggi sono in vendita: dal professore, al prete, al soldato, al manovale) e disporne a suo piacimento, può disporre del prodotto sociale nella misura della sua ricchezza personale e del credito che altri capitalisti gli fanno, può disporre di se stesso e del suo tempo, può influenzare il resto della società grazie al prestigio, alla cultura, alle conoscenze, alle relazioni e all’esperienza di comando e di direzione che sono connesse al suo ruolo nella società, al suo stato. Un grande capitalista americano, Gould, già decenni fa diceva: “Potrei assoldare metà degli americani per uccidere l’altra metà”. Questi privilegi pongono ogni capitalista in condizione di enorme favore ogni volta che deve competere con qualunque semplice operaio. Questi non può disporre liberamente neanche di tutta la sua giornata: lui se non lavora non mangia. Anche nella più libera, onesta e rigorosa democrazia borghese, l’operaio è enormemente svantaggiato rispetto al capitalista. Quando in una società capitalista si tratta di far prendere alla massa della popolazione una direzione piuttosto che un’altra, il capitalista ha un vantaggio enorme su ogni operaio. Tuttavia gli operai, proprio per quelle condizioni pratiche della loro vita cui accennavo sopra, sono riusciti più volte e in più casi a sormontare lo svantaggio in cui l’ordinamento sociale capitalista li relega. Organizzandosi in partito comunista, grazie al loro numero e al loro spirito collettivista sono riusciti a fare come partito quello che nessuno di loro poteva fare individualmente. Orbene, ogni volta che questo è successo e gli operai tramite il loro partito comunista sono riusciti ad acquistare nella società un’influenza tale da mettere in pericolo la soggezione della massa della popolazione ai capitalisti e la rassegnazione al loro ordinamento sociale, i capitalisti non si sono più accontentati dei privilegi che l’ordinamento sociale conferisce loro per convincere la massa della popolazione delle loro ragioni, ma hanno fatto ricorso a corruzioni, infiltrazioni, intimidazioni, provocazioni, manovre occulte, trame, complotti, ricatti, assassini e stragi per corrompere, disgregare, disperdere ed eliminare il partito comunista. Hanno violato essi stessi le leggi che ufficialmente si erano date, hanno costruito istituzioni e corpi specificamente dedicati a violarle e non sono arretrati di fronte a nessun mezzo e a nessun delitto per impedire che fosse eliminato l’ordinamento attuale e i privilegi che esso conferisce loro (e le sofferenze, le difficoltà e le limitazioni che impone alla massa della popolazione).

Nessuno oggi può ancora onestamente dire che i capitalisti si limitano a sfruttare contro gli operai i privilegi del loro stato. Anche dopo la sconfitta del fascismo, Gladio, P2, servizi segreti, complotti e stragi hanno costellato la storia della repubblica italiana e hanno contribuito non poco a distruggere il vecchio movimento comunista. A Milano si è concluso da poco uno dei processi sulla strage di p.zza Fontana (12 dicembre ‘69) e la sentenza, che non cambia per nulla l’effetto politico che la strage ebbe, descrive tuttavia una parte delle trame predisposte dai capitalisti italiani e stranieri per impedire il successo dei comunisti. Quegli stessi che hanno predicato la sottomissione e la rassegnazione al dominio dei capitalisti, hanno dovuto implicitamente ammettere che i capitalisti non si sarebbero rassegnati a perdere le loro ricchezze e il loro potere neanche se la maggioranza della popolazione l’avesse voluto. Il segretario del vecchio partito comunista, Berlinguer, nel 1973 lo disse apertamente: neanche con la maggioranza dei voti i comunisti avrebbero potuto prendere il potere in Italia. Per andare al governo, i comunisti dovevano ... smettere di essere comunisti e adottare un programma che andasse bene ai capitalisti. Fingere di essere un partito di sinistra ma applicare un programma di destra, come suggeriva Agnelli. Sulla strada indicata prima da Togliatti e poi da Berlinguer siamo arrivati alla corruzione del partito comunista, al suo scioglimento e al governo D’Alema che ha aperto la strada all’attuale governo Berlusconi.

È ovvio che noi vogliamo ricostruire un vero partito comunista. Quindi non vogliamo trovarci nelle condizioni in cui Togliatti aveva ridotto il primo partito comunista e che Berlinguer ha apertamente riconosciuto nel 1973. Il nuovo partito comunista deve essere fuori della portata dei capitalisti, deve essere costruito in modo tale da essere sostanzialmente fuori della portata delle loro corruzioni, infiltrazioni, intimidazioni, provocazioni, manovre occulte, trame, complotti, ricatti, assassini e stragi, da essere fuori dalla portata delle loro polizie, dei loro servizi segreti, delle loro squadracce, delle loro guardie e dei loro killer e dalle altre istituzioni che hanno predisposto per corrompere, disgregare, disperdere ed eliminare il partito comunista

Questo comporta, tra l’altro, che una parte dei membri del partito spariscano dalla circolazione, entrino in clandestinità, vivano e lavorino in modo che i capitalisti non possano, nonostante tutti i loro mezzi e i loro desideri,  tenerli sotto controllo e, quando a loro piaccia, colpirli o imprigionarli. È una vita complessa, ma possibile se si segue una linea di condotta giusta e se da parte delle masse popolari c’è almeno un certo appoggio. A suo tempo il fascismo aveva messo fuorilegge i comunisti, come associazione sovversiva. Anche allora il partito comunista continuò lo stesso ad esistere e a lavorare e in definitiva fu il partito comunista che seppellì il fascismo, non viceversa. La differenza col vecchio partito comunista è che oggi noi non abbiamo aspettato che fossero i capitalisti a metterci fuorilegge. Abbiamo imparato la lezione della storia dell’Italia e di altri paesi. Finora ho sempre parlato dell’Italia, ma la sostanza di quello che ho detto vale per tutti i paesi imperialisti, sotto questo aspetto fondamentalmente simili all’Italia. Non è una malattia nazionale quella di cui parlo e quello che ho detto per l’Italia è anzi confermato dalle vicende degli altri paesi imperialisti: dagli USA alla Germania al Giappone. La controrivoluzione preventiva è la sostanza di ogni regime di ogni paese imperialista, anche di quelli più tranquilli: i capitalisti e il loro Stato calpestano ogni diritto individuale pur di impedire che il movimento comunista si sviluppi oltre un livello minimo. La sicurezza nazionale (cioè del loro ordinamento sociale) è superiore a ogni altro diritto. A Genova proprio in questi giorni le polizie violano il domicilio di migliaia di famiglie e la libertà di riunione e di circolazione di altre decine di migliaia al di fuori di ogni disposizione di legge e in violazione di quelle che esistono. Noi abbiamo imparato la lezione e abbiamo prevenuto i capitalisti. Ciò è molto meglio per noi e per tutto il movimento che ha bisogno di un vero partito comunista.

Infatti i compagni che vivono e lavorano nella clandestinità sono per così dire la garanzia che la borghesia, qualunque cosa faccia, non riuscirà a distruggere il nuovo partito comunista e quello che esso rappresenta per tutte le masse popolari. Potrà colpirlo qua e là, ma non paralizzarlo ed eliminarlo. Questo è un fattore indispensabile per il successo della nostra causa e anche un’arma di dissuasione contro la borghesia. L’esistenza di un partito clandestino, se questo ha una linea giusta, è un elemento di forza per tutto il vasto movimento di lotta che le masse popolari conducono contro i capitalisti e il loro Stato alla luce del sole: non solo perché fornisce ad esso con continuità un centro di orientamento e di direzione, ma anche perché in qualche misura lo protegge dai colpi che la borghesia potrebbe infliggergli. Sapendo di poterci colpire ma non eliminare e che ogni suo colpo accresce la determinazione dei comunisti, l’arruolamento di nuovi membri nel partito e il sostegno delle masse popolari verso il partito comunista, la borghesia si muove con più cautela anche nel colpire il movimento che si svolge alla luce del sole.

Ecco i motivi della mia improvvisa sparizione e del mio persistente silenzio. Silenzio relativo per altro, perché La Voce esce regolarmente e in essa vi è anche il mio contributo. Spero che abbiate la possibilità o che vi procuriate la possibilità di leggere la rivista e i comunicati della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista di cui sono membro. Ne segue anche che sto bene finché i capitalisti non mi hanno sotto controllo: cosa che mi auguro non avvenga mai, ma che, se per disgrazia o per errore nostro avvenisse, non cancellerebbe quello che con i miei compagni si sarà comunque nel frattempo costruito. Infatti non si tratta di un’avventura individuale che si chiude col successo o la sconfitta di una persona, non si chiude nemmeno con la sua vita. Si tratta di un’opera collettiva che alcuni compagni hanno iniziato e che verrà portata avanti fino al suo compimento soprattutto da altri compagni: infatti essa per vincere ha bisogno dell’apporto di migliaia e del sostegno di milioni di giovani, di donne, di lavoratori per i quali è anche l’unico mezzo per porre fine al marasma, alla precarietà e alla criminalità che li circonda e li travolge e per incominciare ad impiegare al servizio delle proprie aspirazioni migliori e dei propri bisogni e in collaborazione fraterna con i lavoratori di ogni paese, razza e nazione le enormi potenzialità materiali e spirituali che gli uomini hanno accumulato.

Questo almeno per ora è tutto. Spero che sia abbastanza chiaro, ma non esitate a chiedere chiarimenti e ad esprimere le vostre obiezioni. Sono contento che abbiate sollecitato mie notizie e spero che comunicheremo ancora nel futuro. Le tecnologie moderne, a usarle bene, presentano vari vantaggi. Il mezzo da voi scelto è ottimo e può essere adoperato anche nel futuro. Per me è bello e importante avere vostre notizie. Sia notizie della vostra vita personale (fate solo attenzione al fatto che i messaggi via internet sono registrati e controllati dalle autorità) sia notizie della vita che si svolge attorno a voi. Il comunismo è lotta per trasformare la vita quotidiana delle masse popolari e quindi parte dalla conoscenza più profonda possibile della loro vita quotidiana. Ogni faccenda di scuola, di lavoro, di relazioni fra giovani e con gli adulti mi interessa non solo personalmente ma anche “professionalmente”, cioè come comunista di professione. In generale io non posso raccontarvi fatti della mia vita personale, perché sarebbe raccontarli anche alle polizie e dare loro un tassello da aggiungere al mosaico delle informazioni che raccolgono su di noi per rintracciarci. Non fatevi bloccare da questa squilibrio: in generale voi potete raccontarmi tutti gli avvenimenti della vostra vita che si svolgono comunque alla luce del sole.

E con questo basta per ora. Un abbraccio affettuoso a voi, ai vostri genitori e ai vostri cugini a cui vi prego di far conoscere questa mia risposta portando loro nel contempo i miei saluti.