Indice generale dei supplementi alla voce

Supplemento a La Voce n. 10

marzo 2002

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Insegnamenti della storia del movimento comunista italiano

 

Indice

1. Per un rinnovamento del partito socialista (1920)

2. Il compagno G.M. Serrati e le generazioni del socialismo italiano (1926)

 

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Per un rinnovamento del partito socialista

(programma de L’Ordine Nuovo e della sezione socialista torinese, aprile 1920)

 

Presentazione

Pubblichiamo questo documento perché illustra lo stato e le caratteristiche del Partito socialista italiano (allora membro della Internazionale comunista) nel corso del “biennio rosso” (1919-1920) e perché indica, già nel 1920, la rivoluzione socialista come obiettivo attuale del movimento comunista in Italia. La prima questione ci interessa in merito al problema della forma della rivoluzione socialista e della natura del partito comunista. La seconda ci interessa nell’ambito del bilancio dell’esperienza del vecchio PCI che intendiamo fare e che è importante per comprendere più a fondo gli insegnamenti del movimento comunista del nostro paese durante la prima ondata della rivoluzione proletaria.

Questo programma venne steso in aprile del 1920 e fu pubblicato su L’Ordine Nuovo del 8 maggio 1920. Nell’aprile del 1920 la classe operaia torinese aveva fatto il lungo sciopero dei metalmeccanici chiuso con una sconfitta e in settembre avrebbe partecipato alla occupazione delle fabbriche. La redazione de L’Ordine Nuovo e la sezione torinese del PSI erano strettamente legati alla classe operaia torinese e l’autorità di Gramsci, nella redazione e nella sezione, era grande.

Il programma qui pubblicato fu fatto arrivare al vertice della Internazionale Comunista che stava preparando il II Congresso (19 luglio-8 agosto 1920). Lenin studiò il programma e la 17esima delle sue Tesi sui compiti fondamentali del II Congresso dell’Internazionale comunista dice: ”Riguardo al Partito socialista italiano, il II Congresso della III Internazionale ritiene sostanzialmente giusta la critica al partito e le proposte pratiche enunciate come proposte al Consiglio nazionale del Partito socialista italiano, a nome della sezione torinese del partito stesso, dalla rivista L’Ordine Nuovo del 8 maggio 1920. Tali proposte corrispondono pienamente a tutti i principi fondamentali della III Internazionale.

Il II Congresso della III Internazionale invita pertanto il Partito socialista italiano a convocare un congresso straordinario per esaminare queste proposte, nonché tutte le decisioni dei due congressi dell’Internazionale comunista, al fine di correggere la linea del partito e al fine di epurare il partito stesso, e in particolare il suo gruppo parlamentare, dagli elementi non comunisti”.

Di fatto nel PSI il programma era avversato, oltre che dai riformisti, anche dai massimalisti (facenti capo a G.M. Serrati) e dalla corrente astensionista facente capo a Bordiga e non venne adottato dal partito.

 

Per un rinnovamento del partito socialista

(programma de L’Ordine Nuovo e della sezione socialista torinese)

 

1.- La fisionomia della lotta delle classi è in Italia caratterizzata nel momento attuale dal fatto che gli operai industriali e agricoli sono incoercibilmente determinati, su tutto il territorio nazionale, a porre in modo esplicito e violento la questione della proprietà sui mezzi di produzione. L’imperversare delle crisi nazionali e internazionali che annientano progressivamente il valore della moneta dimostra che il capitale è stremato; l’ordine attuale di produzione e di distribuzione non riesce più a soddisfare neppure le elementari esigenze della vita umana e sussiste solo perché ferocemente difeso dalla forza armata dello Stato borghese; tutti i movimenti del popolo lavoratore italiano tendono irresistibilmente ad attuare una gigantesca rivoluzione economica, che introduca nuovi modi di produzione, un nuovo ordine nel processo produttivo e distributivo, che dia alla classe degli operai industriali e agricoli il potere di iniziativa nella produzione, strappandolo dalle mani dei capitalisti e dei proprietari terrieri.

2.- Gli industriali e i proprietari terrieri hanno realizzato il massimo concentramento della disciplina e della potenza di classe: una parola d’ordine lanciata dalla Confederazione generale dell’industria italiana trova immediata attuazione in ogni singola fabbrica. Lo Stato borghese ha creato un corpo armato mercenario predisposto a funzionare da strumento esecutivo della volontà di questa nuova forte organizzazione della classe proprietaria che tende, attraverso la serrata applicata su larga scala e il terrorismo, a restaurare il suo potere sui mezzi di produzione, costringendo gli operai e i contadini a lasciarsi espropriare di una moltiplicata quantità di lavoro non pagato. La serrata ultima negli stabilimenti metallurgici torinesi è stato un episodio di questa volontà degli industriali di mettere il tallone sulla nuca della classe operaia: gli industriali hanno approfittato della mancanza di coordinamento e di concentrazione rivoluzionaria nelle forze operaie italiane per tentare di spezzare la compagine del proletariato torinese e annientare nella coscienza degli operai il prestigio e l’autorità delle istituzioni di fabbrica (Consigli e Commissari di reparto) che avevano iniziata la lotta per il controllo operaio. Il prolungarsi degli scioperi agricoli nel Novarese e in Lomellina dimostra come i proprietari terrieri siano disposti ad annientare la produzione per ridurre alla disperazione e alla fame il proletariato agricolo e soggiogarlo implacabilmente alle più dure e umilianti condizioni di lavoro e di esistenza.

3. - La fase attuale della lotta di classe in Italia è la fase che precede: - o la conquista del potere politico da parte del proletariato rivoluzionario per il passaggio a nuovi modi di produzione e di distribuzione che permettano una ripresa della produttività; - o una tremenda reazione da parte della classe proprietaria e della casta governativa. Nessuna violenza sarà trascurata per soggiogare il proletariato industriale e agricolo a un lavoro servile: si cercherà di spezzare inesorabilmente gli organismi di lotta politica della classe operaia (partito socialista) e di incorporare gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) negli ingranaggi dello Stato borghese.

4. - Le forze operaie e contadine mancano di coordinamento e di concentrazione rivoluzionaria perché gli organismi direttivi del partito socialista hanno rivelato di non comprendere assolutamente nulla della fase di sviluppo che la storia nazionale e internazionale attraversa nell’attuale periodo e di non comprendere nulla sulla missione che incombe agli organismi di lotta del proletariato rivoluzionario. Il partito socialista assiste da spettatore allo svolgersi degli eventi, non ha mai un'opinione sua da esprimere che sia in dipendenza delle tesi rivoluzionarie del marxismo e dell’Internazionale Comunista, non lancia parole d’ordine che possano essere raccolte dalle masse, dare un indirizzo generale, unificare e concentrare l’azione rivoluzionaria. Il partito socialista, come organizzazione politica della parte d’avanguardia della classe operaia, dovrebbe sviluppare un’azione d’insieme atta a porre tutta la classe operaia in grado di vincere la rivoluzione e di vincere in modo duraturo. Il partito socialista, essendo costituito da quella parte della classe proletaria che non si è lasciata avvilire e prostrare dall’oppressione fisica e spirituale del sistema capitalista ma è riuscita a salvare la propria autonomia e lo spirito di iniziativa cosciente e disciplinata, dovrebbe incarnare la vigile coscienza rivoluzionaria di tutta la classe sfruttata. Il suo compito è quello di accentrare in sé l’attenzione di tutta la massa, di ottenere che le sue direttive diventino le direttive di tutta la massa, di conquistare la fiducia permanente di tutta la massa in modo di diventarne la guida e la testa pensante. Perciò è necessario che il partito viva sempre immerso nella realtà effettiva della lotta di classe combattuta dal proletariato industriale e agricolo, che ne sappia comprendere le diverse fasi, i diversi episodi, le molteplici manifestazioni, per trarre l’unità dalla diversità molteplice, per essere in grado di dare una direttiva reale all’insieme dei movimenti e infondere la persuasione nelle folle che un ordine è immanente nello spaventoso attuale disordine, un ordine che, sistemandosi, rigenererà la società degli uomini e renderà lo strumento di lavoro nuovamente idoneo a soddisfare le esigenze della vita elementare e del progresso civile. Il partito socialista è rimasto, anche dopo il Congresso di Bologna, un mero partito parlamentare, che si mantiene immobile entro i limiti angusti della democrazia borghese, che si preoccupa solo delle superficiali affermazioni politiche della casta governativa; esso non ha acquistato una sua figura autonoma di partito caratteristico del proletariato rivoluzionario e solo del proletariato rivoluzionario.

5. - Dopo il Congresso di Bologna, gli organismi centrali del partito avrebbero immediatamente dovuto iniziare e svolgere fino in fondo una energica azione per rendere omogenea e coesa la compagine rivoluzionaria del partito, per dargli la fisionomia specifica e distinta di partito comunista aderente alla Terza Internazionale. La polemica coi riformisti e cogli opportunisti non fu neppure iniziata; né la direzione del partito, né l’Avanti! contrapposero una propria concezione rivoluzionaria alla propaganda incessante che i riformisti e gli opportunisti andavano svolgendo in parlamento e negli organismi sindacali. Nulla si fece da parte degli organi centrali del partito per dare alle masse una educazione politica in senso comunista; per indurre le masse a eliminare i riformisti e gli opportunisti dalla direzione delle istituzioni sindacali e cooperative, per dare alle singole sezioni e ai gruppi di compagni più attivi un indirizzo e una tattica unificati. Così è avvenuto che mentre la maggioranza rivoluzionaria del partito non ha avuto una espressione del suo pensiero e un esecutore della sua volontà nella direzione e nel giornale, gli elementi opportunisti invece si sono fortemente organizzati e hanno sfruttato il prestigio e l’autorità del partito per consolidare le loro posizioni parlamentari e sindacali. La direzione ha permesso loro di concentrarsi e di votare risoluzioni contraddittorie con i principi e la tattica della Terza Internazionale: la direzione del partito è stata assente sistematicamente dalla vita e dall’attività delle sezioni, degli organismi, dei singoli compagni. La confusione che esisteva nel partito prima del Congresso di Bologna e che poteva spiegarsi con il regime di guerra, non è sparita, ma si è anzi accresciuta in modo spaventoso; è naturale che in tali condizioni il partito sia scaduto nella fiducia delle masse e che in molti luoghi le tendenze anarchiche abbiano tentato di prendere il sopravvento. Il partito politico della classe operaia è giustificato solo in quanto, accentrando e coordinando fortemente l’azione proletaria, contrappone un potere rivoluzionario di fatto al potere legale dello Stato borghese e ne limita la libertà di iniziativa e di manovra; se il partito non realizza l’unità e la simultaneità degli sforzi, se il partito si rivela un mero organismo burocratico, senza anima e senza volontà, la classe operaia istintivamente tende a costituirsi un altro partito, si sposta verso le tendenze anarchiche che appunto aspramente e incessantemente criticano l’accentramento e il funzionarismo dei partiti politici.

6. - Il partito è stato assente dal movimento internazionale. La lotta di classe va assumendo in tutti i paesi del mondo forme gigantesche; i proletari sono spinti dappertutto a rinnovare i metodi di lotta, e spesso, come in Germania dopo il colpo di forza militarista, a insorgere con le armi in pugno. Il partito non si cura di spiegare al popolo lavoratore italiano questi avvenimenti, di giustificarli alla luce della concezione dell’Internazionale Comunista, non si cura di svolgere tutta un’azione educativa rivolta a rendere consapevole il popolo lavoratore italiano della verità che la rivoluzione proletaria è un fenomeno mondiale e che ogni singolo avvenimento deve essere considerato e giudicato in un quadro mondiale. La Terza Internazionale si è riunita già due volte nell’Europa occidentale, nel dicembre 1919 in una città tedesca, nel febbraio 1920 ad Amsterdam; il partito italiano non era rappresentato in nessuna delle due riunioni; i militanti del partito non sono neppure stati informati dagli organismi centrali delle discussioni avvenute e delle deliberazioni prese nelle due conferenze. Nel campo della Terza Internazionale fervono le polemiche sulla dottrina e sulla tattica dell’Internazionale Comunista: esse (come in Germania) hanno condotto persino a scissioni interne. Il partito italiano è completamente tagliato fuori da questo rigoglioso dibattito ideale in cui si temprano le coscienze rivoluzionarie e si costruisce  l’unità spirituale e d’azione del proletariato di tutti i paesi. L’organo centrale del partito non ha corrispondenti propri né in Francia, né in Inghilterra, né in Germania e neppure in Svizzera: strana condizione per il giornale del partito socialista che in Italia rappresenta gli interessi del proletariato internazionale e strana condizione fatta alla classe operaia italiana che deve informarsi attraverso le notizie delle agenzie e dei giornali borghesi, monche e tendenziose. l’Avanti! come organo della III Internazionale, dovrebbe essere organo della terza Internazionale: ne l’Avanti! dovrebbero trovare posto tutte le notizie, le polemiche, le trattazioni di problemi proletari che interessano la terza Internazionale; ne l’Avanti! dovrebbe essere condotta, con spirito unitario, una polemica incessante contro tutte le deviazioni e i compromessi opportunistici: invece l’Avanti! mette in valore manifestazioni del pensiero opportunista, come il recente discorso parlamentare dell’on. Treves che era intessuto su una concezione dei rapporti internazionali piccolo-borghese e svolgeva una teoria controrivoluzionaria e disfattista delle energie proletarie. Questa assenza, negli organi centrali, di ogni preoccupazione di informare il proletariato sugli avvenimenti e sulle discussioni teoriche che si svolgono in seno alla Terza Internazionale si può osservare anche nell’attività della Libreria Editrice: la libreria continua a pubblicare opuscoli senza importanza o scritti per diffondere concezioni e opinioni proprie della Seconda Internazionale, mentre trascura le pubblicazioni della Terza Internazionale. Scritti di compagni russi, indispensabili per comprendere la rivoluzione bolscevica, sono stati tradotti in Svizzera, in Inghilterra, in Germania e sono ignorati in Italia: valga per tutti il volume di Lenin: Stato e rivoluzione; gli opuscoli tradotti sono poi tradotti pessimamente, spesso incomprensibili per le storture grammaticali e di senso comune.

7. - Dall’analisi precedente risulta già quale sia l’opera di rinnovamento e di organizzazione che noi riteniamo indispensabile venga attuata nella compagine del partito. Il partito deve acquistare una sua figura precisa e distinta: da partito parlamentare piccolo-borghese deve diventare il partito del proletariato rivoluzionario che lotta per l’avvento della società comunista attraverso lo Stato operaio, un partito omogeneo, coeso, con una sua propria dottrina, una sua tattica, una disciplina rigida e implacabile. I non comunisti rivoluzionari devono essere eliminati dal partito e la direzione, liberata dalla preoccupazione di conservare l’unità e l’equilibrio tra le diverse tendenze e tra i diversi leaders, deve rivolgere tutta la sua energia per organizzare le forze operaie sul piede di guerra. Ogni avvenimento della vita proletaria nazionale e internazionale deve essere immediatamente commentato in manifesti e circolari della direzione, per trarne argomenti di propaganda comunista e di educazione delle coscienze rivoluzionarie. La direzione, mantenendosi sempre a contatto con le sezioni, deve diventare il centro motore dell’azione proletaria in tutte le sue esplicazioni. Le sezioni devono promuovere in tutte le fabbriche, nei sindacati, nelle cooperative, nelle caserme la costituzione di gruppi comunisti che diffondono incessantemente in seno alle masse le concezioni e la tattica del partito, che organizzino la creazione dei Consigli di fabbrica per l’esercizio del controllo sulla produzione industriale e agricola, che svolgano la propaganda necessaria per conquistare in modo organico i sindacati, le Camere del lavoro e la Confederazione generale del lavoro, per diventare gli elementi di fiducia che la massa delegherà per la formazione dei soviet politici e per l’esercizio della dittatura proletaria. L’esistenza di un partito comunista coeso e fortemente disciplinato, che attraverso i suoi nuclei di fabbrica, di sindacato, di cooperativa, coordini e concentri nel suo Comitato esecutivo centrale tutta l’azione rivoluzionaria del proletariato è la condizione fondamentale e indispensabile per tentare qualsiasi esperimento di soviet; nell’assenza di una tale condizione ogni proposta di esperimento deve essere rigettata come assurda e utile solo ai diffamatori dell’idea soviettista. Allo stesso modo deve essere rigettata la proposta del parlamento socialista, che diventerebbe rapidamente uno strumento in mano della maggioranza riformista e opportunista del gruppo parlamentare per diffondere utopie democratiche e progetti controrivoluzionari.

8. - La direzione deve immediatamente studiare, compilare e diffondere un programma di governo rivoluzionario del partito socialista, nel quale siano prospettate le soluzioni reali che il proletariato, divenuto classe dominante, darà a tutti i problemi essenziali - economici, politici, religiosi, scolastici, ecc. - che assillano i diversi strati della popolazione lavoratrice italiana. Basandosi sulla concezione che il partito fonda la sua potenza e la sua azione solo sulla classe degli operai industriali e agricoli che non hanno nessuna proprietà privata e considera gli altri strati del popolo lavoratore come ausiliari della classe schiettamente proletaria, il partito deve lanciare un manifesto nel quale la conquista rivoluzionaria del potere politico sia posta in modo esplicito, nel quale il proletariato industriale e agricolo sia invitato a prepararsi e ad armarsi e nel quale siano accennati gli elementi delle soluzioni comuniste per i problemi attuali: controllo proletario sulla produzione e sulla distribuzione, disarmo dei corpi armati mercenari, controllo dei municipi esercitato dalle organizzazioni operaie.

9. - La sezione socialista torinese si propone, sulla base di queste considerazioni, di promuovere un’intesa coi gruppi di compagni che in tutte le sezioni vorranno costituirsi per discuterle e approvarle; intesa organizzata che prepari a breve scadenza un congresso dedicato a discutere i problemi di tattica e di organizzazione proletaria e nel frattempo controlli l’attività degli organismi esecutivi del partito.

 

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Il compagno G.M. Serrati e le generazioni del socialismo italiano

(Articolo firmato Antonio Gramsci, L'Unità, 14 maggio 1926, in morte di Giacinto Menotti Serrati)

 

La personalità politica del compagno Giacinto Menotti Serrati aveva assunto significato ed importanza nazionali negli ultimi dieci anni. Ed è appunto nel quadro di questi dieci anni, caratterizzati dalla guerra mondiale e dal fascismo, che occorre esaminarla per apprezzarla giustamente.

Sono note le debolezze fondamentali del movimento rivoluzionario italiano tradizionale. La maggiore debolezza, quella per lo meno che è stata determinante nei momenti decisivi, ci pare possa essere identificata nel fatto che sempre è mancato in Italia un gruppo forte ed omogeneo di dirigenti rivoluzionari che avesse uno stretto contatto col nucleo proletario fondamentale del partito socialista. In una tale situazione era impossibile qualsiasi accumulazione di esperienze politiche rivoluzionarie, era impossibile ogni direzione collettiva, era impossibile ogni deduzione rapida che permettesse di trarre tutte le conseguenze dalle congiunture favorevoli all'iniziativa rivoluzionaria. È evidente altresì che in una tale situazione, in cui l'organizzazione effettiva era in rapporto inverso col numero degli iscritti e delle organizzazioni locali del partito, il ruolo del capo individuale fosse enorme e la responsabilità che veniva a gravare sulla persona, che a volta a volta si trovava alla testa del partito, fosse schiacciante. Questa situazione spiega come sia avvenuto che la tendenza rivoluzionaria del movimento socialista italiano, a differenza di ciò che avvenne nei riguardi della tendenza riformista, abbia visto susseguirsi alla sua dirigenza una vera cinematografia di uomini, mentre i riformisti stavano fortemente raggruppati intorno a Filippo Turati.

Non solo. Ma questa situazione spiega anche il fatto tristissimo che tutti, o quasi, i dirigenti della frazione rivoluzionaria, dopo un istante di grande splendore abbiano degenerato, abbiano rinnegato le loro precedenti posizioni o siano addirittura passati dall'altra parte della barricata. È questa certamente una delle ragioni della persistenza di una certa fortuna del riformismo fra le masse lavoratrici italiane: perché in esso la tradizione della tendenza è strettamente legata alla stessa persona, allo stesso gruppo di persone, è riuscita cioè a identificarsi permanentemente in un'organizzazione omogenea, composta sempre dalle stesse individualità.

Per esprimersi con un termine politico approssimativo, può dirsi che nel movimento socialista rivoluzionario italiano sia sempre esistita una situazione di bonapartismo in cui era possibile, a degli uomini più o meno convinti, di conquistare il posto della più alta dirigenza, con dei colpi di mano improvvisi, attraverso effimeri personali successi ottenuti in un congresso o nel corso di un'agitazione operaia. Non esisteva altra forma di selezione, appunto perché non esistevano raggruppamenti stabili strettamente collegati col proletariato urbano, cioè con la frazione più rivoluzionaria della massa lavoratrice.

Giacinto Menotti Serrati spezzò questa tradizione, nel senso che con lui arrivava alla suprema carica del partito un uomo le cui doti principali furono indubbiamente la forza del carattere e l'abnegazione. Non poté spezzarla compiutamente perché non riuscì, e neanche si propose di riuscire, a forgiare una nuova struttura che rendesse il partito più capace di azione e di iniziativa. Il fine che si proponeva Serrati nello svolgere la sua opera di direttore de l’Avanti!, cioè di guida politica e ideologica delle classi lavoratrici italiane, fu quello di attraversare il periodo della guerra mantenendo il partito unito sul terreno della negazione della guerra.

Questi due elementi, unità del partito e negazione della guerra, per stare insieme domandavano una limitazione dell'attività rivoluzionaria del partito stesso. Il programma del partito non poteva essere che quello della intransigenza formale, della non collaborazione. Esso non poteva spingersi alla formula di Lenin: "trasformazione della guerra imperialista in guerra civile", senza immediatamente porre il problema della scissione, il problema della creazione di un nuovo partito per lottare prima di tutto contro i compagni di ieri, contro gli amici e i fratelli di ieri. Ora, il tratto essenziale della personalità di Serrati, come uomo di partito, era dato invece dal sentimento dell'unità, dallo sforzo incessante di conservare questa unità che rappresentava decine e decine di anni di sacrifici e di lotta, che significava persecuzioni insieme sopportate, anni di galera insieme scontati.

Si può dire da questo punto di vista che il compagno Serrati è stato il più alto e nobile rappresentante delle vecchie generazioni del socialismo rivoluzionario italiano tradizionale; che egli ha espresso quanto di più generoso e di più disinteressato queste generazioni potevano esprimere.

Se non si tiene conto di ciò, non si può capire tutto il dramma che è stato vissuto nel dopoguerra da questa generazione e tutta l'importanza e l'altissimo valore storico che ha avuto l'adesione del compagno Serrati al partito comunista.

È nel periodo della guerra che le masse popolari italiane hanno conosciuto e amato Serrati. Egli riscattava con la sua volontà rettilinea la funzione del capo rivoluzionario, che era stata degradata da uomini come Enrico Ferri, Arturo Labriola, Benito Mussolini, espressioni massime di quel bonapartismo di partito al quale abbiamo accennato. La popolarità di Serrati non si formò nelle facili arene dei grandiosi comizi dei tempi normali, quando era facile con le smaglianti orazioni, o con la bassa demagogia, sommuovere il sangue delle folle e farsi coreograficamente portare in trionfo, quando le grandi fame si costituivano in quindici giorni per diventare infamie nei quindici giorni successivi. Essa si formò lentamente, a mano a mano che fin nei più profondi strati della vita popolare, nella trincea del Carso o nel villaggio siciliano, nonostante l'Avanti! fosse ridotto a pochissime decine di migliaia di copie, arrivava la notizia che un giornale diretto da un uomo che si chiamava Serrati non piegava né alle blandizie, né alle minacce della classe dominante e che esso testardamente e intrepidamente rispondeva "No" in nome dei lavoratori a chiunque volesse in un modo o nell'altro conquistare alla guerra la coscienza delle grandi folle.

È certo che Serrati fu allora amato come mai nessun capo di partito è stato amato nel nostro paese.

Nel dopoguerra, tutte le debolezze che erano insite nella vecchia struttura del movimento socialista italiano si rivelarono violentemente.

Innanzi ai problemi che allora si ponevano, il programma di conservare l’unità del partito fino alla rivoluzione cosi come era stata conservata attraverso l'incendio della guerra mondiale diventava un' illusione funesta.

Il compagno Serrati credette che ciò fosse possibile e forse si sforzò di crederlo, di persuadersene perché egli era legato da milioni e milioni di fili al passato, alla tradizione, perché gli sembrava impossibile che non potesse ottenersi nel momento di sviluppo delle forze rivoluzionarie ciò che era stato ottenuto durante la guerra, quando tutto pareva sfasciarsi nel movimento operaio di tutto il mondo e non solamente in Italia.

Noi, forse, delle generazioni giovani, non abbiamo dato tutta l'importanza dovuta al dramma che allora fu vissuto. Perciò abbiamo incrudelito, forse oltre misura, nell'aggressione a ciò che ci pareva inutile sentimentalismo e sterile amore per le vecchie formule e i vecchi simboli. Ma, in verità, la nostra generazione, appunto perché troppo giovane, appunto perché non aveva lottato per formare ciò che pure era una struttura organizzativa del partito e una tradizione, appunto perché non si era potuta appassionare per l'opera dei primi pionieri, appunto per tutto questo poteva percepire più distintamente l'insufficienza della vecchia generazione a svolgere i compiti resi necessari dall'approssimarsi della bufera reazionaria. Noi delle giovani generazioni rappresentavamo, in realtà, la nuova situazione nella quale anche la classe nemica, pur di conservare il potere e di schiacciare il proletariato, avrebbe distrutto le vecchie forme dello Stato create dalla giovane borghesia del Risorgimento: erano quelli, e sono rimasti, tempi di ferro e di fuoco, in cui rischia di avere ragione solo chi fa le ipotesi più pessimiste.

La grandezza del compagno Serrati e la prova, d'altronde non necessaria, di quanto la sua passione unitaria fosse profondamente sincera e dolorosa, sono date dal fatto che egli, per rientrare nelle file dell'Internazionale Comunista, determinò una nuova scissione e fu espulso dal partito che pareva essere la sua creatura. La realtà fu che, con la venuta di Serrati nel nostro partito, si chiudeva un intero periodo della storia del movimento operaio in Italia. Le vecchie generazioni del socialismo rivoluzionario italiano, dopo aver esitato a lungo e dolorosamente, si decidevano. Per esse era chiaro oramai che le vecchie organizzazioni tradizionali erano diventate mera forma senza contenuto, che la tradizione non era là dove un'etichetta sembrava indicarlo, ma viveva solo nell'organizzazione del partito comunista. Questo fu il significato della venuta del compagno Serrati nel nostro partito. Essa rivelava e sanzionava un processo molecolare che si era svolto oscuramente nella massa dei lavoratori italiani dopo la scissione di Livorno, negli anni neri del 1921 e 1922 e per il quale tutto ciò che di sincero, di onesto e di intrepido esisteva nel proletariato rivoluzionario si era incorporato nel nostro partito, spostando radicalmente le posizioni dei partiti che si richiamano alla classe operaia.

Il compagno Serrati è morto, nelle prime file del Partito comunista d'Italia, nelle prime file dell'Internazionale Comunista. Ci pare che anche nella sua morte così tragica ci sia un simbolo e una testimonianza.

Essa ha rivelato in forma drammatica come l'atroce invisibile lotta che i militanti rivoluzionari debbono condurre quotidianamente per mantenere, nonostante tutto, integre le posizioni della classe operaia di fronte alla classe dominante, comporti il sacrificio della propria vita.

Essa nello stesso tempo in cui porta le masse a onorare e salutare il compagno caduto per la causa comune, deve portare le masse a stringersi sempre più attorno al Partito che del caduto conserverà la memoria e continuerà l'opera.