La Voce n. 12


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Che i comunisti dei paesi imperialisti

uniscano le loro forze per la rinascita

del movimento comunista!


    Risoluzione approvata dalla quarta riunione della CP allargata ad alcuni fiduciari

 

    La crisi del capitalismo e la resistenza delle masse popolari

 

    Errori di dialettica

        1. Le formazioni economico-sociali imperialiste

        2. Le crisi generali del capitalismo

        3. Il bilancio del movimento comunista

        4. La lotta tra le due linee nel partito

        5. Il bilancio dei paesi socialisti

        6. La rivoluzione socialista nei paesi imperialisti

        7. Il metodo della linea di massa

 

    Conclusione

 

    Per questo appello la CP ha tenuto conto degli scritti programmatici dei seguenti partiti e organizzazioni


 

 

Risoluzione approvata dalla quarta riunione della CP allargata ad alcuni fiduciari

 

Proletari di tutto il mondo, unitevi! Poco più di 150 anni fa Marx ed Engels, i fondatori del movimento comunista come movimento cosciente e organizzato, lanciavano con il Manifesto del partito comunista questo appello e, nonostante tutti i cambiamenti intercorsi da allora a oggi, esso resta pienamente valido e indica la condizione della vittoria della classe operaia e delle masse popolari sulla borghesia imperialista. Esattamente 100 anni fa Lenin, il dirigente della prima rivoluzione proletaria vittoriosa, indicava con la sua opera Che fare? le caratteristiche generali dei partiti comunisti di cui la classe operaia aveva bisogno per dare inizio all'epoca socialista. Sulla base di questi precedenti, la Commissione Preparatoria (CP) del congresso di fondazione del (nuovo) Partito Comunista Italiano si rivolge ai partiti comunisti, alle organizzazioni comuniste, ai comunisti non ancora organizzati e alle organizzazioni che lottano per instaurare il socialismo (cioè a tutte le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista - FSRS) dei paesi imperialisti perché mobilitino e uniscano le loro forze per fare in modo che la classe operaia e le masse popolari di ognuno dei paesi imperialisti abbiano al più presto un partito comunista che tenga pienamente conto dell'esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e sia all'altezza del compito che il procedere della seconda crisi generale del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria in sviluppo pongono ai comunisti. A questo fine espone e sommariamente motiva le proprie concezioni e i propri propositi rispetto a questo compito internazionalista. Il compito per cui la CP è sorta e che la CP intende portare a termine è la convocazione del congresso di fondazione del (nuovo)Partito Comunista Italiano. Proprio il lavoro per realizzare questo obiettivo mostra sempre più chiaramente ad ogni passo che la rinascita del movimento comunista nel nostro paese è legata da mille fili alla rinascita del movimento comunista nel resto del mondo: in particolare alla sua rinascita negli altri paesi imperialisti e in modo speciale alla rinascita nei paesi imperialisti europei a cui il nostro paese è strettamente legato. Riteniamo che sia una concezione sbagliata per nazionalismo ritenere che la rinascita del movimento comunista possa procedere illimitatamente in un singolo paese anche se essa non si sviluppa, almeno in una certa misura, in altri paesi. Noi non ci rivolgiamo ai comunisti degli altri paesi per presunzione o per mancanza di riguardo e stima per la loro esperienza e il lavoro che essi stanno svolgendo. Al contrario, intendiamo sottoporre ai comunisti di altri paesi le nostre concezioni e i nostri propositi per stabilire con essi dei legami basati sulla critica e l'autocritica che aiutino ognuno a realizzare meglio e più celermente i suoi obiettivi. L'avanzamento di ognuno di noi è condizionato dall'avanzamento degli altri. Ciò configura e delimita un campo di lavoro comune, a conferma del carattere internazionale della trasformazione a cui lavoriamo: la vittoria della rivoluzione proletaria, l'instaurazione del socialismo e la marcia verso il comunismo.

 

La crisi del capitalismo e la resistenza delle masse popolari

 

* Giorno dopo giorno si vanno acuendo le contraddizioni tra la borghesia imperialista e le masse popolari dei paesi oppressi e degli stessi paesi imperialisti. Contemporaneamente si acuiscono le contraddizioni tra i gruppi imperialisti e i loro Stati. La contraddizione tra il carattere collettivo raggiunto dalle forze produttive materiali e spirituali degli uomini da una parte e dall'altra la sopravvivenza dei rapporti di produzione capitalisti diventa sempre più antagonista e si manifesta su piani via via più numerosi (la devastazione dell'ambiente e la messa in discussione dell'integrità della stessa specie umana sono degli esempi) e in misura via via più forte. La sopravvivenza dei rapporti di produzione capitalisti miete sempre più vittime tra le masse popolari degli stessi paesi imperialisti oltre che sprofondare le masse popolari dei paesi oppressi e degli ex paesi socialisti in un baratro senza fondo. All'inizio negli anni '70 del secolo scorso è finito il periodo di ripresa dell'accumulazione del capitale e di sviluppo dell'attività economica seguito alla Seconda Guerra Mondiale ed è iniziata la seconda crisi generale del capitalismo. La crisi indotta nel movimento comunista dal prevalere del revisionismo moderno è arrivata fino al crollo del campo socialista, alla liquidazione di gran parte dei partiti creati nell'ambito della prima Internazionale Comunista e alla scomparsa di gran parte delle istituzioni (Stati, partiti, organizzazioni di massa) create dalla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Il declino del vecchio movimento comunista ha permesso al capitalismo di dispiegarsi di nuovo in tutta libertà in ogni campo e in ogni angolo del mondo secondo la sua vera natura. È ritornato in primo piano il carattere reazionario, antipopolare e distruttivo del capitalismo nella sua fase imperialista. Il risultato è che a partire dall'inizio degli anni '90 la crisi generale del capitalismo procede più celermente su grande scala e a livello mondiale, a conferma che il capitalismo è storicamente superato.

Ciò spinge la borghesia imperialista a intensificare la guerra di sterminio che di fatto essa conduce contro le masse popolari dei paesi imperialisti e dei paesi oppressi per creare condizioni di sfruttamento adeguate alla valorizzazione della massa di capitale accumulato. Nello stesso tempo i gruppi e gli Stati imperialisti sono spinti dalle necessità della valorizzazione del capitale a una nuova guerra interimperialista. In particolare i gruppi imperialisti europei possono far valere i loro interessi economici e politici contro la rapina e l'arroganza dei gruppi imperialisti USA solo costituendosi come potenza politica e militare contrapposta agli USA. Per i gruppi imperialisti regolare i conti tra loro diventa per ognuno di loro una questione di vita o di morte sempre più pressante: nel capitalismo non esiste altro modo per affermarsi. Solo incamminandosi su questa strada l'UE può sopravvivere e svilupparsi. Questa è la strada che ineluttabilmente e spontaneamente la borghesia imperialista segue e per seguirla deve con le buone o con le cattive indurre le masse popolari e anche la classe operaia a marciare con lei.

Lo sviluppo della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti consiste nel trasformare la guerra di sterminio che oggi le masse popolari subiscono, in una guerra che esse combattano in modo organizzato, prendendo l'iniziativa nelle loro mani con una strategia e delle tattiche adeguate a portarla fino alla vittoria. Solo lo sviluppo della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti può impedire una nuova guerra interimperialista prevenendola o trasformarla in guerra rivoluzionaria. La rinascita del movimento comunista è quindi una necessità.

 

* La resistenza che le masse popolari oppongono al procedere della crisi generale del capitalismo da anni si sviluppa non solo nei paesi oppressi e nei paesi ex socialisti, ma anche nei paesi imperialisti. Ma sinora essa, soprattutto nei paesi imperialisti, non agisce che marginalmente come scuola di comunismo perché non è orientata e diretta dalla classe operaia tramite i suoi partiti comunisti. Al contrario essa si è sviluppata in forma spontanea e in ordine sparso.

Da una parte singoli proletari ed elementi delle masse popolari "lottano uno ad uno contro la borghesia". La loro resistenza sfocia e si disperde nel ribellismo individualista, nell'abbrutimento individuale, in tentativi di salvarsi individualmente e aprirsi individualmente una strada, in comportamenti genericamente antisociali di individui e di piccoli gruppi, in aggressioni e vandalismi senza distinzione di classe, in criminalità generica anarchica e individualista che imita il comportamento dei capitalisti, in attività sovversive di individui e di piccoli gruppi slegati tra loro.

Dall’altra parte i lavoratori "di una data categoria in un dato luogo lottano contro il singolo borghese che li sfrutta direttamente", la loro resistenza resta confinata alle lotte sindacali e rivendicative, intrisa di illusioni riformiste e di deviazioni spontaneiste e avventuriste; in vari casi la resistenza si sviluppa sotto la direzione di organizzazioni asservite alla borghesia imperialista, di sindacati di regime e di residue organizzazioni di massa del vecchio movimento socialista e comunista oramai succubi della borghesia o addirittura manovrate da essa.

In altri casi i lavoratori, anziché lottare contro i rapporti borghesi di produzione e la classe che a forza ne impone la conservazione, lottano contro altri lavoratori. Di fatto succede che borghesia imperialista trasforma la contraddizione tra sé e le masse popolari in mille contraddizioni tra parti delle masse popolari e la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi del capitalismo si sviluppa sotto la direzione di forze apertamente reazionarie, fasciste e razziste.

 Tutte queste manifestazioni della resistenza non sono cose nuove: i fondatori del movimento comunista ce le hanno già descritte nel Manifesto del partito comunista del 1848 (cap. 1), perché esse sono tipiche dei periodi in cui il movimento comunista, come movimento cosciente e organizzato, è debole. Solo che oggi esse si presentano a un livello più alto e sotto vesti nuove e molti di noi non le riconoscono. Mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria si confondono e nella confusione prevale la borghesia imperialista che ha potere, esperienza, organizzazione e collaudate prassi e istituzioni di controrivoluzione preventiva.

 

* È giusto e necessario che noi comunisti, in particolare noi comunisti dei paesi imperialisti, ci chiediamo perché nei paesi imperialisti la rinascita del movimento comunista che si vuole libero dal tumore del revisionismo moderno procede così lentamente e perché il movimento comunista ha ancora un'influenza così limitata sulla classe operaia e sulle masse popolari, benché la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi generale del capitalismo si sviluppi su grande scala. In molti paesi imperialisti ancora neanche esistono partiti comunisti. Anche in quelli in cui da anni esistono partiti che si dichiarano marxisti-leninisti e persino marxisti-leninisti-maoisti, i progressi compiuti nell'accumulazione di forze rivoluzionarie sono scarsi o addirittura nulli. Al punto che alcuni compagni, soprattutto di partiti di paesi oppressi ma anche di partiti di paesi imperialisti, arrivano a sostenere che nei paesi imperialisti è oggi impossibile accumulare forze rivoluzionarie, che la rivoluzione proletaria deve prima svilupparsi su grande scala nei paesi oppressi, che i comunisti dei paesi imperialisti non possono fare altro che resistere come piccoli gruppi in attesa di situazioni più favorevoli che lo sviluppo della rivoluzione nei paesi oppressi e l'acuirsi delle contraddizioni dei gruppi e Stati imperialisti tra loro e con le masse popolari, prima o poi creeranno. Ma si tratta di concezioni sbagliate. L’una è delega di responsabilità al movimento indotto nelle masse popolari dagli avvenimenti e di sopravvalutazione del ruolo dei loro movimenti spontanei (in definitiva di un errore di spontaneismo). L’altra è una giustificazione dell'arretratezza del movimento comunista dei paesi imperialisti di cui non si riconoscono le cause vere e della rassegnazione ad essa. L'esperienza non insegna solo che il socialismo può consolidarsi a livello mondiale solo se la rivoluzione socialista vince anche nei più importanti paesi imperialisti, benché nel contesto di una situazione rivoluzionaria a livello mondiale la rivoluzione socialista possa incominciare da qualunque paese. Essa insegna anche che senza un forte movimento comunista nei paesi imperialisti, e quindi senza forti partiti comunisti nei paesi imperialisti, il movimento comunista non si sviluppa a livello mondiale oltre certi limiti. Neanche la Rivoluzione Culturale Proletaria lanciata nel 1966 dal Partito Comunista Cinese sotto la direzione di Mao Tse-tung è riuscita a invertire la decadenza del movimento comunista. Non vi sono riuscite le notevoli vittorie della rivoluzione proletaria conquistate ancora negli anni '70 in alcuni paesi oppressi (Vietnam, Laos, Cambogia, Yemen del Sud, Nicaragua, Angola, Mozambico, Etiopia). Nei paesi oppressi dove la resistenza delle masse popolari all'imperialismo è più diffusa e forte, essa è sempre più spesso guidata da forze reazionarie e ripropone il singolare contrasto tra l'eroismo con cui le masse popolari combattono e il carattere reazionario delle forze politiche che le dirigono già manifestatosi nel passato dove l'influenza del movimento comunista mondiale, come movimento cosciente e organizzato, era più debole. La debolezza del movimento comunista nei paesi imperialisti frena e limita anche lo sviluppo del movimento comunista nei paesi oppressi dall'imperialismo. Essa ha cause interne al movimento comunista dei paesi imperialisti e non sarà automaticamente sanata né dall'acuirsi delle contraddizioni e neanche da un eventuale maggiore sviluppo del movimento comunista nei paesi oppressi. Questo certamente sta dando un contributo importante alla rinascita del movimento comunista nei paesi imperialisti, basti considerare il ruolo svolto dal Partito Comunista del Perù nel passato prossimo, ma non è la forza risolutiva. Sta a noi comunisti eliminare le cause che ci impediscono di essere alla testa della resistenza che nei paesi imperialisti le masse popolari oppongono allo sviluppo della crisi del capitalismo.

Da dove vengono le difficoltà che noi comunisti dei paesi imperialisti incontriamo nell'accumulazione di forze rivoluzionarie?

 

Errori di dialettica

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