La Voce n. 13


Dal campo delle FSRS

 

Tre fasi, ma con posizioni ben definite

 

Ritengo, credo a ragione, che l'articolo Sull'avanguardia e sulla direzione della lotta di classe pubblicato sul n. 27 (nov.-dic. 02) di Il Futuro (pag. 33-42) sia una risposta all'articolo I tre stadi di Umberto C. pubblicato sul n. 9 (nov. 01) di La Voce. Le tesi ivi espresse quindi non vanno considerate solo in generale alla luce della situazione politica del nostro paese e del punto a cui si trova la ricostruzione di un vero partito comunista, ma anche più in particolare alla luce del punto di vista espresso dal compagno Umberto C. e condiviso dalla redazione di La Voce.

Verrebbe da congratularsi che i redattori di Il Futuro concordino che occorre dividere il nostro lavoro in tre fasi o stadi, che attualmente siamo al primo stadio (quello in cui “si va conformando il nucleo della futura avanguardia, un'epoca in cui si va strutturando il partito ... si sforzano di elaborare una strategia rivoluzionaria per la presa del potere e, allo stesso tempo, di darsi una struttura organizzativa che gli permetta di avanzare verso questo obiettivo”) e anche che in questa fase la lotta ideologica tra chi concorre alla formazione del “nucleo della futura avanguardia” deve essere sviluppata senza riguardi anche con le “forze” amiche. La tesi che oggi siamo al primo stadio rompe con le tesi e le tendenze a porre la ricostruzione del partito comunista come compito da demandare a un indefinito futuro, a quando la classe operaia sarà diventata (per conto suo o per l'attività condotta in ordine sparso da singoli comunisti e dai circoli raccolti attorno a ognuno di loro) diversa da quella che è oggi; lo pone invece come compito che sta ai comunisti di oggi assolvere. È un chiarimento giusto e importante. Ma i redattori di Il Futuro circondano queste giuste affermazioni di considerazioni tali che le congratulazioni sarebbero fuor di luogo.

L'articolo ovviamente, come ogni articolo, enuncia delle tesi: questo è il carattere pratico, operativo di un articolo. Scrivere un articolo è un'attività pratica che consiste nell'esporre delle idee. Ma anziché entrare in merito ed esporre francamente le proprie posizioni su ognuno degli argomenti che essi ritengono indispensabili (“analisi delle classi sociali”, “strategia corretta e praticabile per la presa del potere”, “un'ipotesi teorico-pratica di lavoro nazionale”, “un progetto nazionale che agglutini tutte le forze che sono disposte a far avanzare il processo rivoluzionario”, ecc.), o criticare le posizioni che in merito altri hanno esposto o stanno praticando, gli autori dell'articolo espongono un elenco dei temi su cui bisogna elaborare delle tesi, consigli su come fare ad elaborarle, rischi che si corrono nell'elaborarle, lamenti su quelli che nell'elaborare le loro tesi non si attengono ai consigli (ma neppure li nominano: che già sarebbe qualcosa), ecc. ecc. Come se fossimo all'anno zero. In sintesi: la situazione è un disastro, per fortuna che ci siamo noi che sappiamo anche se non diciamo!

Se si considera che il gruppo politico che redige Il Futuro è sulla piazza da almeno 15 anni (il numero 0 di Il Futuro è uscito nel 1987), francamente non c'è di che congratularsi. Tanto più se si considera che appena un po' prima gli autori hanno sentenziato che “non si può parlare di vere e proprie tesi, ... sarebbe impensabile pretendere che nel lavoro che segue si possano incontrare le risposte definitive a tali questioni. Non è stata, del resto, neppure la nostra intenzione”. Per approdare alla perla chiarificatrice: “Del resto delle risposte “definitive” in una materia in continuo movimento, neppure esistono” (pag. 34). Amen. Siccome “tutto si muove” come già spiegò Eraclito nel quinto secolo avanti Cristo e ogni cosa è in continuo movimento, è impossibile avere idee definitive su alcunché. Ma allora, perché diavolo scrivete articoli? Beninteso, niente è definitivo nel senso che non cambia mai. Il mondo cambia, le circostanze cambiano e anche la nostra conoscenza delle circostanze e la nostra linea cambiano. Ma come fate ad agire in determinate circostanze se non avete delle tesi definitive su quelle circostanze e circa il da farsi in quelle circostanze?

Questo è agnosticismo! Così avete un altro -ismo di cui lamentarvi! Voi come lo chiamate il non avere idee chiare e definite sulle circostanze in cui lavorate e sul da farsi nella situazione in cui oggi vi trovate e, anziché correre ai ripari, addirittura sostenere che è impossibile averne? A che cosa pensate quando pensate? Su che cosa avete mai idee definitive sia pure solo relative a quello a cui pensate?

E in un articolo del genere osate anche scrivere: “Il più grande limite [del processo di ricostruzione del partito comunista, delle FSRS che lavorano a questo fine] è la mancanza di un'elaborazione strategica e questo contrasta con la sempre più raffinata capacità di elaborazione che invece dimostra il capitalismo della sua strategia controrivoluzionaria, sia a livello particolare di ogni paese, sia a livello internazionale” (pag. 37). Dopo 15 anni di presenza sulla piazza, è un riconoscimento della propria povertà teorica. Ciò potrebbe essere un'autocritica, l'inizio positivo di un corso diverso, se non fosse riferito a tutte le FSRS che lavorano alla ricostruzione del partito comunista nel nostro paese, che avete già con sicumera squalificato come “minuscole forze in contesa”. L'importante, compagni, non è se si è piccoli, ma se si ha una concezione e una linea giuste, che permettono di aderire al processo pratico e di crescere. Quindi non sulla piccolezza o grandezza dovete soffermarvi: certo la borghesia è più grande, anche se non tanto ben messa come voi dite (“sempre più raffinata capacità di elaborazione”: a noi pare, e sfidiamo a smentirci, che non riesca a cavare un ragno dal buco, che per ogni “terrorista” che uccide, gliene nascano dieci tra i piedi).

No, compagni. Lo “spirito individualista e settario” (“uno dei principali ostacoli”, “uno spirito esageratamente diffuso nel nostro paese”) lo si combatte anzitutto conducendo una lotta aperta e conseguente sulla concezione del mondo, sul programma, sulla linea, sui metodi. Ma per assumere un simile atteggiamento, né individualista né settario per quanto si facciano critiche “a destra e a manca”, bisogna avere posizioni e riconoscere le posizioni dei propri avversari (anche se sono “minuscole forze in contesa”). Non ignorarle e gridare alla “raffinata capacità di elaborazione” della borghesia: l'unica elaborazione che voi riconoscete, stando a quello che scrivete. La CP ha delle posizioni e una strategia, un piano di costruzione del partito. E non manchiamo di esprimerle. Vi sono delle FSRS che hanno espresso delle loro posizioni su molti dei temi su cui dite che bisogna elaborare tesi: da Rossoperaio ai CARC (addirittura con un Progetto di Manifesto Programma) alla Rete dei Comunisti. Perché non entrate in merito visto che siamo nella prima delle tre fasi che a ragione ricordate?

Le FSRS che nel nostro paese lavorano per la ricostruzione del vero partito comunista non sono da disprezzare, dall'alto di una supposta (ma non ancora rivelatasi e agli altri ignota) altura di scienza e pratica rivoluzionaria. Esse sono quanto resta nel nostro paese del movimento comunista, in quanto movimento consapevole e organizzato, dopo lo scempio che i revisionisti moderni hanno fatto di esso. La confusione che regna tra di esse, che voi tuttavia ingigantite nella vostra descrizione disfattista (le forze nemiche le dipingete più grandi di quello che sono, le nostre forze più malmesse di quello che sono: in questo consiste il disfattismo), è l'indice che il nuovo movimento comunista per costituirsi e svilupparsi ha bisogno di una base teorica più solida e più ampia di quella del vecchio movimento comunista. Quindi proprio di “risposte definitive”, nella misura in cui lo sono tutte le idee giuste. E le sta elaborando, confrontando, provando e riprovando.

In un articolo in cui si tratta di esprimere le proprie posizioni (se si hanno posizioni definitive) e criticare quelle degli altri, è un truismo concludere che “la direzione del processo [rivoluzionario] sarà assunta da quella o da quelle forze rivoluzionarie che godano di un reale riconoscimento da parte delle masse, che siano capaci di portarle sulle proprie posizioni e mettersi realmente alla testa delle grandi masse” (pag. 41). Come dire che dirigerà chi sarà capace di dirigere: cosa ovvia visto che nessun movimento rivoluzionario accetterebbe di essere diretto da teste di legno nominate dal papa o dal re. Come a dire, a conclusione di tanti ragionamenti, che comunque “dirigerà chi dirigerà”: non c'è dubbio! Ma si sta discutendo di cosa fare per arrivare a dirigere, per imparare a dirigere meglio!

Senza posizioni definitive si può nel migliore dei casi essere contro lo stato presente delle cose, essere anticapitalisti: nulla più! Ma per andare dove?

Infine, via, non sbracatevi anche nell'antistalinismo! Anzi, se mi posso permettere un consiglio, andate un po' alla scuola della “conduzione stalinista della rivoluzione bolscevica”, esempio emblematico di “spirito settario” derivato da “concezione positivista” (pag. 39). Provate: abbiamo ancora molto da imparare da quella scuola! Anche perché, se ha diretto (e questo non potete negarlo) vuol dire, come salomonicamente dite anche voi, che “godeva di un reale riconoscimento da parte delle masse ed è stata capace di spostarle sulle proprie posizioni e mettersi realmente alla loro testa”. E non è poco!

Tonia N.

 


manchette:

Bisogna sempre essere ottimisti?